2 giugno di guerra e di voto
Festa della Repubblica in nome della democrazia. Fra 4 giorni partono le Europee. Biden lancia un piano di pace per Gaza. Putin bombarda. Panetta Bankitalia: rischio debito e bisogno di migranti
2 giugno di guerra e di voto questo del 2024. C’è la minaccia reale di un conflitto compiutamente globale, con la decisione occidentale di permettere l’uso delle armi anche in territorio russo, e la grande speranza di una tregua vera in Medio Oriente, dopo che per la prima volta dal 7 ottobre Joe Biden in prima persona si è preso l’onere di un piano di pace. All’orizzonte immediato, si inizia fra quattro giorni, ci sono le urne per le elezioni europee che coinvolgono, secondo i calcoli di Eurostat, 359 milioni di elettori in 27 diversi Paesi. Non a caso sia papa Francesco, ricevendo le Acli ieri, sia Sergio Mattarella, nel messaggio sulla Festa della Repubblica, hanno evocato il valore della democrazia. Non solo perché ne vivremo un grande appuntamento, ma anche perché è percepita in qualche modo in pericolo. Donald Trump, dopo la sentenza che lo ha condannato a New York, ha detto che gli Usa sono uno “Stato fascista”: difficile dire fino a che punto l’ex presidente e i suoi seguaci romperanno il quadro costituzionale.
Ma che cosa possono decidere gli europei col loro voto? Ben poco, visto le alternative in campo. Non ci sono grandi differenze in politica estera, così come nella politica economica, dove il nuovo Patto di stabilità è stato accettato da tutti (anche se gli italiani non lo hanno votato a Strasburgo). La sinistra europea ha deciso di rinunciare al tema della pace, con l’eccezione dei socialisti spagnoli e di alcune formazioni estreme nelle diverse nazioni, sposando in pieno la linea della Nato. La destra sovranista ha trovato l’accordo con i Popolari in chiave anti-migranti, spingendo per l’idea di esternalizzare la richiesta di asilo fuori dalla Ue: quel modello Ruanda che ha fallito in Inghilterra torna in Italia grazie alla deportazione in Albania e coinvolge Ursula von der Leyen nei viaggi con la nostra premier Giorgia Meloni in Tunisia e Algeria.
Manca il disegno politico dell’Europa della pace e del dialogo che faccia sentire la sua voce nelle crisi internazionali, che non sia ridotta ad appendice civile dell’alleanza militare atlantica. Quella politica che è il contrario della guerra e dello scontro violento: l’arte del compromesso e dell’accordo. Di quell’allargamento, che sia il contrario della Fortezza Europa.
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