La Versione di Banfi

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800 mila vaccini, nonostante lo choc

alessandrobanfi.substack.com

800 mila vaccini, nonostante lo choc

La campagna vaccinale non si ferma e anzi segna un clamoroso record nelle ultime 24 ore. Sebbene il caso AstraZeneca abbia turbato l'Italia, dopo il cambio deciso dal Governo. Al G7 il nodo Cina

Alessandro Banfi
Jun 12, 2021
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800 mila vaccini, nonostante lo choc

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Nuovo importante record nelle ultime 24 ore. Dalle 6 di ieri mattina alle 6 di stamattina sono stati somministrati 806 mila 507 vaccini. Nonostante la “gelata” su AstraZeneca e il cambio delle regole in corsa per la campagna vaccinale, non sembra ci sia una flessione nel ritmo. È una notizia confortante. Evidentemente gli italiani sanno che la zona bianca in tre quarti del Paese da lunedì è il risultato della vaccinazione di massa.

AstraZeneca. Hanno fatto bene il Ministro Speranza e il CTS a decidere. Hanno trasformato le raccomandazioni in regole tassative, per precauzione. Ha spiegato con chiarezza Locatelli: è una decisione che non poteva essere presa prima, perché è determinata dalla situazione epidemiologica che si è creata ora. Certo ognuno dovrebbe chiedersi dove ha sbagliato. Il 23 aprile l’Ema aveva sottolineato che AstraZeneca era sicuro per tutte le fasce d’età, da allora qualche Regione italiana ha cominciato a usarlo anche per i giovani, soprattutto da maggio in poi. Tutti ricordate il successo del primo Open Day a Bologna la mattina del 2 giugno: si presentarono in ottomila per 1.200 dosi di Johnson & Johnson. Non di AstraZeneca. Poi alcune Regioni hanno deciso di procedere con AstraZeneca per i più giovani, del resto non c’era un divieto esplicito e così hanno fatto Liguria, Lazio, Campania, Basilicata, Molise, Calabria, Sicilia e Puglia.   

Dovrebbero farsi un esame di coscienza anche quei 3 milioni e mezzo di 60enni (sembravano due milioni e 200mila ma Figliuolo ha dato ieri questa nuova cifra) che non hanno voluto ricevere finora AstraZeneca: godono dell’Italia in zona bianca perché molti altri loro coetanei si sono fatti vaccinare e il loro rifiuto ha spinto a dirottare su altre fasce d’età un vaccino che espone ad un rischio tanto raro quanto inaccettabile nella valutazione costi-benefici. È stata criticata e disprezzata la voglia dei giovani di proteggersi, ma perché? Mi sono sembrati più responsabili di tanti loro nonni e zii, che pensano di essere superiori e più furbi. E invece semplicemente godono dei vantaggi della vaccinazione degli altri.

Al di là dell’ondata emotiva, ci sono poi responsabilità specifiche. Che vanno accertate. La 18enne morta, Camilla, soffriva di una malattia che avrebbe dovuto mettere in allarme. Chi è già andato a vaccinarsi (il 75 per cento degli anziani) sa che si viene sottoposti ad un colloquio con un medico, dove si fa un’anamnesi dettagliata. Com’è possibile che con Camilla si sia proceduto lo stesso con AstraZeneca? Lei non aveva denunciato la sua malattia o è stata sottovalutata? Per non parlare del fatto che alle prime avvisaglie di mal di testa e disturbi alla vista, si era presentata al Pronto Soccorso di Lavagna ed era stata rimandata a casa. Se l’inizio di trombosi fosse stato diagnosticato correttamente in quel momento, l’avrebbero forse salvata. È noto che da diverse settimane sono stati diffusi protocolli salva vita, messi a punto in Germania e Inghilterra almeno da marzo per questi rari casi di trombosi, soprattutto fra le giovani donne.  

Sconfortanti i risultati del G7 in Cornovaglia per quanto riguarda i vaccini ai Paesi più poveri. L’Europa ha vergognosamente frenato Biden sulla sospensione dei brevetti. Al resto del mondo l’Occidente regalerà solo un miliardo di dosi: una mancia rispetto alla necessità valutata in sette miliardi. Interessante invece la posizione italiana e il nodo del rapporto con la Cina. Ieri tre relazioni nella prima sessione di Biden, della Merkel e del nostro Draghi.

Poche novità sulla politica italiana, ma due storie colpiscono: lo scontro fisico davanti al magazzino di logistica a Lodi e la sparizione delle opere d’arte dalle sedi Rai. Sul fronte del mondo cattolico, c’è una notizia che riguarda le associazioni dei laici: il Papa cambia le regole. I responsabili andranno eletti e non più designati, in carica per non più di 10 anni. Vediamo i titoli.  

LE PRIME PAGINE

Nuove regole tassative sull’uso di AstraZeneca. Vista la situazione epidemiologica, cambia la valutazione costi-benefici sul vaccino anglo svedese. Avvenire: Vaccini, si cambia. Corriere della Sera: Vaccini, rivista la campagna. Il Giornale: Bastazeneca. Il Fatto vorrebbe le dimissioni del Commissario, sostenendo che Arcuri avrebbe fatto meglio: Figliuolo s’arrende. Ora fuori i numeri. Il Quotidiano Nazionale: E ora AstraZeneca è vietato ai giovani. La Repubblica è più secca: Il taglio di AstraZeneca. La Stampa catastrofista: AstraZeneca, salta il piano vaccini. La Verità, come il Fatto, ha il problema di addossare la colpa a qualcuno. Se per Travaglio il capro espiatorio è Figliuolo, per Belpietro è Speranza: Vaccini, l’Ema aveva avvertito. «Non dateli sotto ai 30 anni». Il Domani cerca ancora di ragionare: Il panico da AstraZeneca vince. Si complica il piano vaccinale. Il Mattino con orgoglio sottolinea che ieri Speranza ha fatto una classifica delle Regioni in base alla distribuzione dei vaccini: Campania prima. Unico quotidiano a titolare sul G7, ma in realtà sul tema dei pochi vaccini dati al resto del mondo, è Il Manifesto: Per carità. Il Messaggero è preoccupato della lentezza del Parlamento: Leggi-lumaca, scossa di Draghi. Il Sole 24 Ore dà una buona notizia sul fronte della finanza: Borsa, oltre metà delle quotate già oltre il pre Covid per ricavi e valore. Preoccupanti sulle tasse invece Italia Oggi: Fisco, il contribuente è nudo. E Libero: Torna il redditometro.

VACCINI ITALIA, IL GOVERNO DECIDE: STOP AD AZ

In una conferenza stampa a Palazzo Chigi il ministro Speranza e il Cts hanno annunciato la decisione: stop precauzionale ad AstraZeneca, sotto i 60 anni. La raccomandazione diventa un ordine tassativo. I richiami saranno “eterologhi”, cioè fatti con Pfizer e Moderna. La cronaca dal Corriere della Sera.   

«Stop all'utilizzo di AstraZeneca per gli under 60. Si fermano anche i richiami col preparato Vaxzevria per chi ha già fatto la prima dose. Il suo uso verrà destinato soltanto agli over 60 perché «è mutato lo scenario epidemiologico», cioè la circolazione del virus è già diminuita enormemente grazie alla campagna vaccinale. E perché «il rapporto tra benefici e potenziali rischi legati a trombosi rare cambia in funzione dell'età», considerazione che rende il vaccino anglo-svedese non più raccomandabile per una popolazione anagrafica in cui gli indici da letalità Covid sono quasi irrilevanti. Il Comitato tecnico scientifico, presieduto dal coordinatore Franco Locatelli, confeziona un parere che nei fatti rende marginale l'utilizzo di AstraZeneca nel prosieguo della campagna dopo alcuni recenti eventi avversi correlati alla sua somministrazione. L'analisi costi-benefici per gli under 60, basata sui dati di vaccino-vigilanza, a questo punto fa pendere la bilancia verso il totale ridimensionamento del suo contributo al raggiungimento della copertura vaccinale dell'80% degli italiani prevista per fine settembre. Il parere degli scienziati raccomanda infatti al governo di aprire alla «vaccinazione eterologa», cioè all'uso di un preparato a Rna messaggero come Pfizer o Moderna, anche per chi ha già avuto la prima dose con Vaxzevria. Il mix farmacologico è rassicurante in termini di copertura e di risposta anticorpale secondo «presupposti teorici e reali», rileva Locatelli, perché ci sono «studi già disponibili che documentano il vantaggio della combinazione» anche se dobbiamo attendere «numeri più grossi» che serviranno nei prossimi mesi per il monitoraggio. Il ministro della Salute Roberto Speranza ha detto che recepirà in maniera «perentoria» l'indicazione del Cts in una circolare attesa nelle prossime ore. Si tratta di una svolta. Decisa in un momento in cui quasi un italiano su due ha ricevuto almeno una dose e quasi uno su quattro ha completato il ciclo. Un cambio di strategia che però non investe il preparato Johnson&Johnson, stessa tecnologia di AstraZeneca a vettore virale. Locatelli dissipa i dubbi, al momento, su un vaccino usato ancora marginalmente che ha però il vantaggio di essere monodose: «C'è qualche segnalazione di fenomeni trombotici in sede inusuale, tuttavia c'è una frequenza minore e abbiamo un numero di soggetti che hanno ricevuto questo vaccino significativamente minore». 

Intervista a Letizia Moratti sul Giornale. La Lombardia, come altre Regioni, non ha mai promosso AstraZeneca per i giovani.

Cosa ne pensa? «Finalmente è stata data dal governo un’indicazione chiara. Cosa che non sempre è successo in passato. È comprensibile che le indicazioni scientifiche cambino perché si arricchiscono nel corso del tempo e dunque si fanno scelte che all’inizio di questa pandemia era difficile prevedere: la prudenza è sempre opportuna». Lei parla di prudenza. Ed è il criterio che vi ha fatto evitare gli open day di AstraZeneca per i giovanissimi e per i maturandi? «Certamente. Le nostre indicazioni regionali sono sempre state quelle di somministrare AstraZeneca sopra i 60 anni. L’unica deroga, ma dietro consenso informato e in assenza di patologie, era permettere di usare il vaccino di Oxford anche e solo agli over 50 anni. Lo stesso criterio che abbiamo adottato con Janssen a dose unica». È stato un modo di proteggere i giovani? «Con l’andamento epidemiologico attuale non abbiamo ritenuto necessario ampliare l’offerta ai ragazzi di un vaccino consigliato per gli over 60. I rischi, sebbene remoti e eccezionali, superavano i benefici». Altre regioni hanno fatto scelte più avventate pur di svuotare i frigoriferi. E ora la morte della diciottenne ligure ha sta facendo riflettere. Lei cos’ha provato quando ha sentito quella brutta notizia? «Ogni morte porta con sé un grande dolore ma di fronte a questi eventi bisogna reagire cercando di capire come evitarli affidandosi soprattutto alla scienza». Però la gente è scossa. «I vaccini sono tutti sicuri e il rischio della non vaccinazione è un rischio reale. Non si deve tornare indietro, altrimenti non potremo riprenderci la nostra libertà. I vaccini sono in una fase di evoluzione, è importante fare analisi per verificare eventuali impatti. Ma attenzione a non creare allarmismi».

Massimo Gramellini nel suo Caffè sulla prima pagina del Corriere dice cose molto condivisibili:

«Come quei fedeli che credono in Dio nonostante certi preti, molti di noi si ostinano a fidarsi della scienza nonostante gli sbandamenti di scienziati e comitati. Il successo della campagna vaccinale ci aveva aiutato a dimenticare le capriole sull'uso delle mascherine, sulla pericolosità del virus e sull'indicazione di vaccinare con AstraZeneca soltanto i giovani, completamente ribaltata nei mesi successivi senza neanche una parola di spiegazioni o di scuse. Poi però qualcuno deve aver peccato di hybris, perché soltanto una sbornia di tracotanza poteva mettere in moto la macchina dell'open day. Dopo tanto pasticciare si era finalmente trovato un criterio chiaro, quello dell'età. Che bisogno c'era di anticipare la vaccinazione dei ragazzi, se non l'ansia di accelerare le pratiche del «liberi tutti» estivo che già l'anno scorso aveva portato male? Non solo: ai giovani è stato messo a disposizione l'unico vaccino di cui esistevano scorte inevase. L'AstraZeneca che molti anziani non avevano voluto, benché fosse stato loro suggerito, ha finito per essere rifilato proprio alla categoria di persone a cui era stato sconsigliato.Qualcuno riesce a scorgere una logica scientifica in tutto questo? Adesso il comitato che sussurra al governo decide di cambiare in corso d'opera il vaccino agli under 60 già avviati sulla via di AstraZeneca, quando fino a ieri gli scienziati si dichiaravano perplessi sugli effetti di un simile mix. E la credibilità? Fino a esaurimento scorte.».

CAMILLA POTEVA ESSERE SALVATA?

La 18enne morta a Genova soffriva di piastrinopenia. Ora si indaga sull'anamnesi. Sempre dal Corriere:

«Poteva essere evitata, o prevista, la morte di Camilla Canepa? È questa la domanda su cui, in buona sostanza, si concentra l'attenzione della Procura di Genova, che sulla vicenda della 18enne ha aperto immediatamente un'inchiesta. E i primi accertamenti dei carabinieri del Nas su quanto avvenuto a partire dal 3 giugno, quando la ragazza per la prima volta si è recata in Pronto soccorso all'ospedale di Lavagna con cefalea e disturbi alla vista, aprono degli scenari inquietanti. Proprio nella prima cartella, quella presa dai carabinieri nella piccola struttura ligure, gli investigatori hanno scoperto che la ragazza aveva per ereditarietà una piastrinopenia immune e che aveva assunto farmaci ormonali. Anche quattro giorni dopo aver ricevuto la dose di AstraZeneca aveva assunto un farmaco specifico a base di ormoni. Da quell'ospedale, però, il 3 giugno Camilla è stata dimessa. Poi, il 5 giugno, la corsa al San Martino, gli interventi, il decesso. Ora l'acquisizione dei documenti mira a comprendere quali siano state le patologie di Camilla ma anche se la ragazza, al momento di farsi il vaccino, abbia riferito sia della piastrinopenia che della terapia ormonale che stava seguendo. Sarà poi determinante avere la scheda anamnestica che dovrebbe essere stata compilata da Camilla prima di vaccinarsi: aveva indicato la sua malattia oppure no? I magistrati intanto hanno già affidato l'autopsia al medico legale Luca Tajana e all'ematologo Franco Piovella, che hanno già eseguito gli esami sugli altri quattro casi di decessi dopo vaccini. Il primo è stato quello della docente Francesca Tuscano di 32 anni e poi di tre anziani, tra i 70 e gli 80 anni, cui erano stati somministrati AstraZeneca e Pfizer. Che gli eventi trombotici in soggetti così giovani possano essere determinati da cause genetiche, d'altronde, è confermato anche da Fabio Ciceri, direttore scientifico dell'ospedale San Raffaele di Milano, primario dell'Unità di Ematologia e Trapianto di midollo osseo, un'autorità in questo campo: «Normalmente a queste età le trombosi si verificano in seguito a sollecitazioni di tipo infiammatorio in soggetti predisposti. E le predisposizioni sono di due tipi: o genetiche, cioè ereditarie, oppure acquisite». Se la piastrinopenia riscontrata nelle cartelle cliniche di Camilla possa essere la causa di quanto avvenuto «è impossibile da stabilire senza analizzare con dovizia di particolari il singolo caso. La piastrinopenia, tuttavia, può essere un segnale diretto della presenza di una condizione a rischio. Ecco perché un'anamnesi puntuale e accurata in questi casi è fondamentale». Quanto alla diagnosi di una trombosi del seno venoso cerebrale «è senz' altro difficile, ma la difficoltà solitamente sta nel sospettarla in un soggetto che non presenta una storia clinica particolare. A dieci giorni dal vaccino, in un team allertato, scatta la sorveglianza immediata post-vaccinale». E scattano (o dovrebbero scattare) i protocolli di cura con i farmaci anticoagulanti e con la terapia della trombolisi, in grado di dare un chance di guarigione al paziente «soltanto se impiegati precocemente». 

G7, DRAGHI TALKS!

Entra nel vivo il G7 in Cornovaglia. Nella cronaca di Avvenire (titolo: Draghi “trascina” i leader del mondo: politiche per deboli, donne e giovani) si racconta che nella prima sessione, quella economica, i 7 Grandi hanno chiesto un intervento a Mario Draghi.

«È un po' sorpreso, Mario Draghi, quando Boris Johnson, introducendo la prima sessione di lavoro del G7, quella economica, gli cede la parola chiedendogli non una relazione, ma addirittura una «prospettiva». Il premier italiano si schermisce, guarda verso il basso mentre il leader britannico ricorda il «whatever it takes» che «ha salvato l'euro», ma da questa irrituale presentazione ha l'ulteriore conferma del suo ruolo, e del ruolo che può avere l'Italia, nella ripresa post-Covid. E con a fianco Angela Merkel e Joe Biden, gli altri due relatori della sessione, riassume la «prospettiva» in poche, asciutte parole: «In passato - spiega l'ex governatore della Bce -, in occasione delle altre crisi, nei nostri Paesi ci siamo dimenticati della coesione sociale», ma ora «è un dovere morale» esigere un cambio di passo, agire diversamente deve essere un «imperativo». Non basta tornare al Pil di prima se il prezzo sono nuove disuguaglianze, e soprattutto se indietro restano, nuovamente, «giovani e donne», in questa fase da sostenere con «politiche attive». Una ripresa sociale e non solo economica, quindi. È l'oggetto del primo faccia a faccia, all'arrivo, con lo stesso Johnson. I due assumono anche un impegno, quello di destinare 100 miliardi di dollari l'anno ai Paesi in via di sviluppo per combattere il cambiamento climatico. La ripresa sociale è al centro anche dei 30 minuti di fitto colloquio con Emmanuel Macron, il presidente francese con il quale Draghi prosegue il confronto avuto con Von der Leyen e i leader Ue su Covid, Cina e Russia. Mentre si svolgerà oggi l'atteso bilaterale con Joe Biden, con il quale il confronto, spiega Palazzo Chigi, potrebbe vertere, oltre che sui dossier internazionali, anche sulle ricette fiscali per assicurare una ripresa socialmente sostenibile. Oltre alla sessione economica, il premier in Cornovaglia guiderà anche la sessione sulla Salute, alla luce del recente evento globale svoltosi a Roma. Ma è sull'equilibrio tra investimenti, debito e mercati che i leader cercano una visione, e alla fine in effetti i leader Ue fanno sapere di riconoscersi nelle indicazioni di Draghi. Che giocano sull'equilibrio tra l'insistenza ora su politiche di bilancio espansive ma per garantire, a medio termine, quella prudenza che serve a far stare buoni i mercati».

Al di là del ruolo italiano, il vertice registra un braccio di ferro dell’Europa con Biden su almeno due temi chiave: il rapporto con la Cina e la sospensione dei brevetti sui vaccini. Luigi Ippolito sul Corriere:  

«Il nodo del contendere è il rapporto con la Cina. Gli europei chiedono un «approccio bilanciato» con Pechino, che riconosca un rapporto sfaccettato e su più livelli: dunque una Cina partner per le sfide globali, oltre che concorrente economico e rivale sistemico. Ma gli americani sono arrivati in Cornovaglia lancia in resta, vogliono dare alla luce un comunicato finale dai toni forti nei confronti di Pechino, con un linguaggio netto. Gli europei non ci stanno e stanno dando vita a un vero braccio di ferro sulla formulazione finale: «Il comunicato dovrà essere bilanciato, non naif», spiegano dalla delegazione Ue. E quindi alla fine nel testo conclusivo non dovrebbe trovare posto la domanda di un'inchiesta sull'origine del coronavirus, che gli europei considerano materia dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Più in generale, la preoccupazione dei leader della Ue è che il G7 non finisca per trasformarsi in una specie di piattaforma anti-cinese. Mentre per gli americani dovrebbe offrire anche un programma di investimenti che sia un'alternativa alla Via della Seta. Anche sui vaccini, la sospensione dei brevetti ventilata dalla Casa Bianca «non è una bacchetta magica», sostengono gli europei, per i quali «la proprietà intellettuale non è un ostacolo all'accesso ai vaccini». A questo G7, la Ue vuole vedere riconosciuto il suo ruolo di «farmacia del mondo», che esporta già metà della sua produzione. Sullo sfondo di tutto, si coglie un nervosismo più generale da parte degli europei: nulla assicura che la parabola di Biden non sia breve e presto alla Casa Bianca non possa tornare Trump o un suo emulo. E dunque le diplomazie del Vecchio Continente puntano a ottenere il maggior impegno possibile da parte degli Stati Uniti. Perché del domani non c'è certezza».

Il Fatto intervista l’economista francese Gabriel Zucman. Di lui avevamo riportato nei giorni scorsi, riprendendola dal Manifesto, la posizione sulla Global Tax per le multinazionali. Oggi torna sulla necessità di una tassa patrimoniale per i super ricchi.

«Gabriel Zucman è un economista francese, allievo di Thomas Piketty. (…) 35 anni, ispiratore della tassa minima globale sulle multinazionali, teorico della patrimoniale per i multimilionari, docente di Economia a Berkeley e direttore dell'Eu Tax Observatory. Partiamo dalle tasse che paga chi è molto ricco. Basandosi su dati dell'Agenzia delle entrate statunitense, ProPublica ha rivelato quanto poco versano, sfruttando metodi perfettamente legali, i 25 uomini più ricchi degli Usa.  (…) Cosa ne pensa? «Quello che mostrano le rivelazioni di ProPublica è che i primi 25 miliardari degli Stati Uniti pagano una quantità di tasse insignificante: lo 0,17% della loro ricchezza, nel 2018. Indipendentemente da come la si guardi, ciò implica un'aliquota fiscale effettiva bassissima anche rispetto ai loro redditi. Sebbene fosse già chiaro dai registri pubblici che un certo numero di individui ultra ricchi non paga molte tasse, è la prima volta che possiamo effettivamente quantificare il problema in modo così preciso». Come lo risolverebbe il problema? «Da un punto di vista politico, ci sono tre modi principali. Il primo è una patrimoniale, che è la via più diretta per tassare i miliardari. Il secondo è un'imposta sul reddito mark -to -market: in pratica i miliardari pagherebbero le tasse sull'aumento della loro ricchezza, indipendentemente dal fatto che questi guadagni siano realizzati o meno. Infine, si possono aumentare le imposte societarie. È un altro modo per tassare di più i grandi patrimoni, perché anche quando le società non distribuiscono dividendi, i loro proprietari in effetti pagano le tasse attraverso l'imposta societaria». Lei è stato uno dei primi a teorizzare la necessità di introdurre una patrimoniale per i multimilionari: un'aliquota del 2% per chi possiede un patrimonio oltre i 50 milioni di dollari, e del 3,5% per quelli con un patrimonio che va oltre il miliardo. Perché la considera ancora una riforma indispensabile? «È il modo migliore per garantire che i super ricchi non paghino meno tasse rispetto al resto della popolazione Ma non è facile applicarla. Molti miliardari - lo dimostra l'inchiesta Panama Papers -nascondono i loro soldi in Nazioni dove vige il segreto bancario e schermano i loro beni attraverso società anonime». Come si può applicare la patrimoniale su questi beni nascosti? Il rischio non è quello di tassare solo i milionari più trasparenti con il Fisco? «Una patrimoniale può essere applicata, ma per farlo ci vuole la volontà politica. Per questi casi bisogna prevedere sanzioni per i Paesi, le istituzioni finanziarie e gli individui che aiutano a nascondere le ricchezze». Sulla tassa minima globale proposta dagli Usa di Biden, lei ha definito l'accordo del G7 "storico, inadeguato e promettente". Perché? «Storico, perché per la prima volta dei Paesi si sono accordati su un'aliquota minima. Inadeguato, perché l'aliquota minima ipotizzata (15%, ndr) è davvero troppo bassa. Promettente, perché non c'è alcun ostacolo che impedisca di arrivare al 25%». 

GRILLO ALL’AMBASCIATA CINESE, CONTE RINUNCIA ALL’ULTIMO

Destino ha voluto che proprio ieri, durante il G7, riemergesse dal silenzio Beppe Grillo per andare in visita dall’Ambasciatore cinese in Italia. Doveva esserci anche Conte, ma poi ha rinunciato. Emanuele Buzzi sul Corriere.

«Una giornata infuocata per i vertici del Movimento 5 Stelle, scandita da riunioni sullo statuto, incontri programmati e poi (in parte) disdetti. Il caso del giorno è la visita di Beppe Grillo e Giuseppe Conte all'ambasciata cinese. L'indiscrezione trapela poco dopo pranzo e scatena la polemica politica. Per il garante - al centro di discussioni per aver ospitato sul suo blog posizioni filo Pechino - non è il primo faccia a faccia con l'ambasciatore cinese Li Junhua: era già stato ricevuto in una delle sue ultime trasferte romane nell'autunno del 2019 prima dello scoppio della pandemia. Per Conte, invece, sarebbe stato un esordio da leader in pectore del Movimento Cinque Stelle. Il vertice cade proprio nel giorno in cui il premier Mario Draghi è al G7 con i principali leader occidentali e la circostanza viene rimarcata nel mondo politico. «Nel giorno in cui inizia il G7, con Draghi che rafforza la cooperazione transatlantica e si pone come interlocutore di primo livello di Biden per tutta l'Unione europea, non possono esserci spazi per ambiguità con Cina e Russia», scrive su Twitter il dem Enrico Borghi, membro della segreteria del Pd. Il centrodestra insorge. Per la capogruppo di Forza Italia Anna Maria Bernini la visita «non poteva essere più intempestiva». La leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, affonda: «In molti si chiedono perché Grillo accompagnerà oggi Conte dall'ambasciatore cinese. La risposta è facile: per far ricevere al prossimo capo del M5S la benedizione di Pechino. È la conferma di quello che abbiamo visto in questi anni al governo della Nazione: i grillini sono la quinta colonna del regime cinese in Italia». Le polemiche montano, così nel Movimento parte il pressing per evitare che i parlamentari si espongano sul tema. Conte alla fine non partecipa all'incontro: si parla di un passo indietro, di un ripensamento dovuto agli attacchi, ma l'ex premier puntualizza il suo punto di vista con una nota. «Per impegni e motivi personali, non ho potuto essere presente all'incontro con l'ambasciatore cinese. Ho incontrato già nelle scorse settimane vari ambasciatori e leader politici stranieri. L'ho fatto quale ex presidente del Consiglio e leader in pectore del Movimento 5 Stelle. L'ho fatto e continuerò a farlo anche nelle prossime settimane, incontrando leader e ambasciatori di tutti i continenti», afferma Conte». 

TORNA IL REDDITOMETRO, CON UNA CIRCOLARE

Messo nel congelatore dal Decreto dignità, torna, grazie ad una circolare del Ministero dell’Economia, lo strumento del redditometro, per scovare l’evasione fiscale. Alessandro Sallusti per Libero:

«Ci risiamo con l'ennesimo tentativo- lo hanno fatto tutti i governi- di provare a risolvere il grande problema dell'evasione esclusivamente con misure poliziesche, cioè affrontandolo a valle, invece che intervenire a monte, mettendo mano a una grande riforma fiscale. Che questa sia una strada perdente lo dimostra il fatto che solo una piccola parte dell'evasione accertata (circa 17 miliardi l'anno) viene poi in effetti recuperata dallo Stato: l'80% del malloppo - per recente ammissione del direttore dell'Agenzia delle entrate finisce sotto la voce "inesigibile". La giungla ormai fittissima delle leggi tributarie, il carico fiscale eccessivo e la rigidità delle procedure sono nemici delle entrate corrette tanto, se non più, dei contribuenti furbetti o mascalzoni, al punto che i condoni - al netto della questione etica - in realtà sono più utili allo Stato che ai beneficiati. Si possono inserire tutti i redditometri possibili e immaginabili, inasprire le pene e pure introdurre, come avevano proposto i Cinque Stelle, il carcere per gli evasori, ma nulla cambierà se prima non si ribalta il tavolo fiscale e se ne costruisce uno nuovo, semplice e chiaro. A quel punto, ma solo allora, si potrebbe chiedere a tutti gli italiani, soprattutto a quelli benestanti, di mettere un obolo per pagare l'operazione, tipo una patrimoniale per chiudere col passato e ripartire puliti con equità. Se viceversa uno Stato incapace insiste con leggi macchinose, tipo il redditometro, a presumere i nostri redditi deve rassegnarsi a mettere in conto di solo presumere che le tasse siano pagate. Purtroppo».

SCONTRI AL PRESIDIO DAVANTI AL MAGAZZINO

Episodio inquietante la scorsa notte a Lodi, davanti ad un magazzino di logistica. Violenti scontri fra lavoratori organizzati dai Cobas e non meglio identificati “bastonatori”. La cronaca di Avvenire.

«Violenti scontri, la scorsa notte, davanti ai cancelli della Zampieri holding, azienda della logistica di Tavazzano, in provincia di Lodi, con nove lavoratori feriti, di cui uno trasportato in ospedale in gravi condizioni. Sull'inquietante episodio, la Procura lodigiana ha aperto un'inchiesta, mentre il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha chiamato il Questore di Lodi, Giovanni Di Teodoro, chiedendo di essere tenuto al corrente degli sviluppi della vicenda e il Partito democratico ha presentato un'interrogazione parlamentare allo stesso Orlando e alla ministra dell'Interno, Luciana Lamorgese. I tafferugli sono cominciati verso le 2 di ieri, quando un gruppo di persone armate di spranghe e pistole taser, secondo la ricostruzione del sindacato, ha attaccato i lavoratori che stavano manifestando contro i licenziamenti alla Fedex Tnt di Piacenza, altra azienda della logistica. Sono volati bastoni e pezzi di bancale, che hanno colpito al volto Abdelhamid Elazab. Trasportato all'ospedale in codice rosso, il lavoratore ha ripreso conoscenza nel corso della giornata e le sue condizioni non destano preoccupazione. Altre otto persone sono rimaste ferite durante gli scontri, la cui dinamica è al vaglio degli inquirenti. Secondo il sindacato Si Cobas, che ha diffuso via social un video del violento episodio, i tafferugli erano «organizzati» e i lavoratori sono stati attaccati dalle guardie private dello stabilimento, ma altri testimoni riferiscono di una lite tra i lavoratori della Fedex, che volevano bloccare l'accesso al piazzale per protestare contro la ventilata chiusura della sede di Piacenza e quelli del magazzino lodigiano, che invece volevano uscire per compiere le loro consegne. «La vicenda è da chiarire, ci sono già state situazioni simili in passato anche se la reazione non è stata in questi termini. La gente è esasperata», commenta il procuratore di Lodi, Domenico Chiaro, aggiungendo che dai primi accertamenti nessuna ipotesi è esclusa».

Per Repubblica Marco Patucchi propone un approfondimento su questo mondo dimenticato: la guerra degli invisibili.

«E' una delle tante guerre tra poveri che si combattono in Italia e nessuno lo sa. Gli invisibili. Poi succede qualcosa di grave, si accendono i riflettori, la politica e l'opinione pubblica si svegliano. Si indignano. Ma dura lo spazio di qualche giorno. I sommersi tornano sotto. Successe cinque anni fa, quando Abd El Salam, operaio egiziano, venne travolto da un Tir davanti ai cancelli del centro logistico Gls di Piacenza mentre partecipava ad un picchetto di protesta contro il lavoro precario nel subappalto. Una morte terribile. Dimenticata velocemente. Altro sussulto di indignazione per la storia dei braccialetti che regolano il lavoro nei grandi magazzini, polemiche presto scivolate via nel dimenticatoio. Riflettori accesi di nuovo qualche settimana fa per gli incidenti durante le proteste dei lavoratori a Peschiera Borromeo, a San Giuliano e nel resto dell'Emilia, contro i licenziamenti e lo sfruttamento dei dipendenti. La Fedex-Tnt, per dire, solo a Piacenza, "capitale" della logistica italiana, manda a casa 800 persone. Da più di due mesi picchetti, scontri tra lavoratori, sindacalisti arrestati per le proteste di piazza, i sospetti di infiltrazioni di squadre di "mazzieri" collusi con le aziende. Gli antefatti della brutta notte di Tavazzano, nel Lodigiano. È il pianeta sommerso degli hub della logistica, sconfinati capannoni sparsi nel Paese dove decine di migliaia di facchini (quasi tutti extracomunitari, prevalentemente africani o indiani) scaricano e caricano senza soluzione di continuità sui giganteschi camion le merci, gli oggetti che qualche ora dopo entreranno nella nostra vita quotidiana. Cibo, vestiti, arredamenti. L'inferno degli appalti e dei subappalti, delle false coop, dell'evasione fiscale e contributiva. È di qualche giorno fa la notizia dell'inchiesta della procura di Milano sulla Dhl: attraverso società di intermediazione e finte cooperative, secondo l'ipotesi degli inquirenti, il colosso della logistica controllato dalle Poste tedesche sarebbe in un meccanismo di "meri serbatoi della manodopera", che consente ampie evasioni contributive. Già sequestrati 20 milioni di euro. L'intera filiera della logistica, che va dai rider protagonisti nelle strade delle nostre città ai camionisti, muove nel nostro Paese un giro d'affari superiore ai 100 miliardi di euro, il 7% del Pil. La sola logistica di terra occupa quasi un milione di lavoratori in circa 100 mila aziende. Un business cresciuto esponenzialmente nell'era della Gig economy: le consegne dei pacchi in Italia sono passate dai 250 milioni di pezzi movimentati nel 2014 ai 625 milioni del 2019. E l'emergenza della pandemia ha moltiplicato il ruolo del settore. Ma evidentemente non le tutele e i diritti dei lavoratori. Nonostante le battaglie dei sindacati di base, egemoni nel settore, mentre i confederali provano a recuperare (invano) un terreno mai presidiato. Ennesimo specchio della crisi della sinistra italiana che in questi anni non è stata in grado di intercettare e rappresentare interi mondi del lavoro. In maggio Cgil, Cisl e Uil hanno rinnovato insieme a tutte le 24 associazioni datoriali di categoria, il contratto della logistica che era scaduto nel 2019: 104 euro medi di aumento al mese, anche se i sindacati di base Ubs e SiCobas contestano il conteggio e parlano di "briciole, un bidone firmato nel chiuso delle stanze del Palazzo". Un'opposizione pesante: a Piacenza, per dire, su 8000 lavoratori della logistica, oltre la metà sono rappresentati da SiCobas, mentre l'altra metà è divisa tra non iscritti e poche centinaia di tesserati con i confederali. Proprio Piacenza è la prima linea di questa guerra tra poveri: ormai quasi hinterland milanese, la città ai bordi dell'Emilia è all'intersezione tra l'autostrada A1 Milano-Roma e la A21 Torino-Brescia. Il Polo e il Terminal Le Mose, il Logistic Park di Castel San Giovanni, il Magna Park di Monticelli d'Ongina, i capannoni di Pontenure e del distretto Fiorenzuola: oltre 5 milioni di metri quadri di capannoni dove sono presenti tutti i giganti mondiali del retail, delle spedizioni e della logistica (Amazon, Ikea, Leroy Merlin, Unieuro, Zara, Coin, Geodis, Fercam, Dhl, Tnt, Gls...) più una miriade di piccole aziende dell'appalto».

LA RAI: SCOMPARSI QUADRI D’AUTORE

Il Messaggero racconta una storia incredibile: sono spariti dagli uffici della Rai quadri di autore famosissimi e preziosi, sostituiti da copie. C’è un’inchiesta in corso.   

«Dai quadri di De Chirico e Guttuso, alle stampe originali di Modigliani e Monet: centoventi opere preziose sono state rubate dalle sedi della Rai e sostituite con riproduzioni false. Un danno milionario sul quale non sta indagando solo la Procura di Roma: ora sul caso del sacco della Rai è scesa in campo anche la Corte di conti del Lazio. Nel mirino dei magistrati ci sono l'omessa vigilanza e la mancanza di dispositivi di sicurezza idonei a proteggere dipinti di valore, spariti nel corso degli anni dalle pareti delle sedi dell'azienda senza che nessuno se ne accorgesse, o protestasse. Nei giorni scorsi negli uffici dei dirigenti è arrivata una richiesta di chiarimenti: la Corte dei conti ha dato tempo fino alla fine di giugno per inviare una relazione sulla «regolarità dei beni artistici gestiti dalla Rai» e, nello specifico, sulla mancanza all'appello di circa 120 opere. A indagare è il viceprocuratore regionale Oriella Martorana. Il sospetto è che il danno erariale per le casse pubbliche sia milionario e potrebbe doverne rispondere chi, all'interno dell'azienda di Stato, non ha preso tutte le precauzioni necessarie a mettere in sicurezza statue e dipinti. Ma non è escluso che l'inchiesta si allarghi ancora: le opere sparite, probabilmente trafugate da un gruppo di dipendenti infedeli che le hanno sostituite con quadri falsi, potrebbero essere molte di più. Il patrimonio Rai comprende infatti 1.500 tra tele, arazzi e sculture di pregio. E adesso, dopo la scoperta fatta dai carabinieri del comando Tutela patrimonio culturale, le verifiche sono in corso in tutta l'Italia».

IL PAPA: NUOVE REGOLE DI GOVERNO PER MOVIMENTI E ASSOCIAZIONI

Importante novità regolamentare per la vita di Movimenti e Associazioni del mondo cattolico. Il Papa ha deciso che i responsabili del “governo” di queste realtà siano eletti e non durino in carica per più di 10 anni. Gianni Cardinale su Avvenire: 

«Con un decreto avente valore di legge il Dicastero per i laici, la famiglia e la vita ha stabilito nuovi limiti nella regolamentazione dei mandati delle cariche di governo di «tutte le associazioni internazionali di fedeli riconosciute o erette dalla Sede Apostolica e soggette alla vigilanza diretta del Dicastero». Una decisione presa «nel processo di definizione dei criteri per una prudente conduzione del governo nelle associazioni», al fine «di promuovere un sano ricambio e di prevenire appropriazioni che non hanno mancato di procurare violazioni e abusi». Il decreto, titolato Le associazioni internazionali di fedeli, è stato pubblicato ieri dopo l'approvazione del Papa e ha forza di legge. In esso viene stabilito che «i mandati nell'organo centrale di governo a livello internazionale possono avere la durata massima di cinque anni ciascuno». Quindi «la stessa persona può ricoprire un incarico nell'organo centrale di governo a livello internazionale per un periodo massimo di dieci anni consecutivi». Così «trascorso il limite massimo di dieci anni, la rielezione è possibile solo dopo una vacanza di un mandato». L'unica eccezione riguarda la figura del moderatore, che «può esercitare tale funzione indipendentemente dagli anni già trascorsi in altro incarico nell'organo centrale di governo a livello internazionale». Nel decreto si dispone che «chi ha esercitato le funzioni di moderatore per un massimo di dieci anni, non può accedere nuovamente a tale incarico», mentre «può, invece, ricoprire altri incarichi nell'organo centrale di governo a livello internazionale solo dopo una vacanza di due mandati relativi a tali incarichi». Il decreto prevede che i fondatori potranno essere dispensati dalle norme, ma solo qualora il Dicastero decida per una dispensa. Il decreto pubblicato ieri si applica «anche agli altri enti non riconosciuti né eretti come associazioni internazionali di fedeli, a cui è stata concessa personalità giuridica e che sono soggetti alla vigilanza diretta del Dicastero». In un articolo sull'Osservatore Romano del decano della Facoltà di Diritto canonico della Gregoriana, padre Ulrich Rhode, si esplicita che fra questi enti figurano, tra altri, il Cammino neocatecumenale, l'Organismo internazionale di servizio del sistema delle cellule parrocchiali di evangelizzazione, l'Organismo mondiale dei Cursillos de Cristiandad e il Catholic Charismatic Renewal International Service (Charis). Sul sito del Dicastero si trova un «Repertorio delle associazioni internazionali di fedeli» che recensisce i nomi e le descrizioni sommarie delle entità riconosciute o erette dal Dicastero, comprese quelle appena citate. Nell'elenco figurano, tra gli altri, anche la Fraternità di CL, l'associazione Memores Domini, la Comunità di Sant' Egidio, Nuovi Orizzonti, i Focolari».

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800 mila vaccini, nonostante lo choc

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