La Versione di Banfi

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A Landini non basta un miliardo

alessandrobanfi.substack.com

A Landini non basta un miliardo

Il governo aumenta i soldi per le bollette, ma Cgil e Uil confermano lo sciopero. L'Antitrust multa Amazon. La Ue vuole case più ecologiche. E garantisce i rider. Addio alla Wertmuller

Alessandro Banfi
Dec 10, 2021
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A Landini non basta un miliardo

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Un incrocio di notizie economiche e che riguardano l’Europa segnano questo venerdì di dicembre. Innanzitutto Omicron. Sono passate due settimane dal grande choc dei mercati finanziari che temevano il diffondersi della variante. In effetti in quindici giorni il nostro continente è andato in emergenza: Omicron va velocissimo e ha una capacità di contagio molto superiore alle altre forme di Covid. La buona notizia è che dà sintomi lievi e che la terza dose fa da barriera. La variante sta comunque mettendo sotto pressione il sistema sanitario occidentale. Da noi intanto la campagna vaccinale ha lo stesso ritmo di maggio-giugno: 500 mila dosi al giorno. E le scorte arrivano, assicura Figliuolo.

Fronte rincari bollette e sciopero generale: il governo stanzia un miliardo in più per il caro energia ma Cgil e Uil confermano lo sciopero. Nonostante il Garante abbia fatto rilievi sulle modalità dei servizi. Dall’Europa arrivano misure sui rider, il cui lavoro dipendente va riconosciuto come tale. Ma anche una stangata sulle case (Il Giornale e La Verità lanciano l’allarme) che potranno essere vendute o affittate solo se miglioreranno lo standard di minor consumo energetico. Tutta italiana invece la multa decisa dall’Antitrust nei confronti di Amazon, che non permetterebbe la concorrenza, cui Repubblica dedica l’apertura.

Nella corsa al Quirinale, da segnalare la visita cordiale di Enrico Letta alla Festa della Meloni, durante la quale il segretario del Pd è tornato a predicare il coinvolgimento di tutti per la successione a Mattarella. Coinvolgimento che vorrebbe anche Maurizio Lupi (intervista al Corriere), mentre Salvini avrebbe già avuto un colloquio a tu per tu con Pierferdinando Casini.

Dall’estero: vertice organizzato da Biden in difesa della democrazia, alla quale ha partecipato anche il nostro premier. Questione migranti: la Lamorgese si prepara al prossimo Consiglio europeo del 16 dicembre, che dovrebbe affrontare la questione. A proposito dei profughi al confine Polonia-Bielorussia c’è un articolo tutto da leggere sul Manifesto di oggi. A Parigi, racconta La Stampa, c’è una grande discussione su come debba essere restaurata Notre Dame. La cultura e lo spettacolo piangono Lina Wertmuller, grande regista italiana tanto amata ad Hollywood. È scomparsa all’età di 93 anni. La ricorda Crippa sul Foglio.

È disponibile un nuovo episodio da non perdere del mio podcast Le Vite degli altri realizzato per Chora Media e con Vita.it, grazie al sostegno della Fondazione Cariplo. È intitolato: LA SCUOLA DI VITA. Protagonista è Rosalba Rotondo, Preside dell’istituto intitolato a Ilaria Alpi e Carlo Levi, elementari e medie nel cuore del quartiere Scampia di Napoli. La scuola conta 1300 studenti di cui 300 di etnia Rom. Un esempio di vera integrazione, premiato anche in Europa. Un piccolo miracolo dove la cultura e l’istruzione contendono ogni giorno il terreno al degrado e alla criminalità. Rosalba interpreta tutto questo in modo vitale, vulcanico, quasi esplosivo. Così facendo, porta la sfida nel cuore dei ragazzi, nelle famiglie, fin nei campi rom di Giugliano. Un racconto da non perdere. Cercate questa cover…

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Vediamo i titoli.

LE PRIME PAGINE

Economia ed Europa nei titoli di oggi. Il Corriere della Sera sottolinea lo sforzo del governo: Un miliardo per le bollette. Ma il Quotidiano Nazionale avverte: Lo stop alle bollette non basta alla Cgil. Il Manifesto indirettamente conferma: Avanti sciopero. Il Mattino ricorda le osservazioni del garante sull’astensione dal lavoro proclamata da Cgil e Uil: Più fondi per le bollette. Il Garante: no allo sciopero. Mentre anche La Stampa spiega: Bollette, scudo anti-rincari Draghi aggiunge 1 miliardo. Avvenire si concentra sulle regole che l’Europa impone per i rider: Stabili in sella. Mentre Il Giornale critica le misure allo studio per incentivare le abitazioni ecologiche: Ci entrano in casa. La Verità è sullo stesso tema: Con la scusa dell’ambiente la Ue ci sequestra le case. La Repubblica esalta una decisione tutta italiana: L’Antitrust sfida Amazon. Tre giornali sono ancora sulla pandemia. Il Fatto che dà notizia del “baco” nelle certificazioni verdi: Ora il governo scopre gl’infetti col Green pass. Il Messaggero che si occupa delle regole anti Covid: Emergenza virus, ipotesi proroga. E Libero che smentisce una notizia fake circolata in ambienti No Vax: La grande bugia dei 608 morti di vaccino. Il Sole 24 Ore resta concentrato sulle tasse, oggi sul modello 730: Debiti con il fisco, tagli ai rimborsi. Mentre Domani approfondisce il tema della previdenza: Il governo aiuta solo i pensionati a danno delle nuove generazioni.

UN MILIARDO IN PIÙ PER LE BOLLETTE

Il governo aumenta i fondi per contrastare il caro bollette. Ma Cgil e Uil confermano lo sciopero, sulle cui modalità interviene il Garante. La cronaca di Ducci e Voltattorni per il Corriere della Sera.

«Le risorse per ridurre il rincaro delle bollette verranno da un fondo che potrà arrivare fino a 3,8 miliardi. Il forte rialzo dei prezzi dei beni energetici ha già spinto il governo a intervenire con uno stanziamento di 2 miliardi nella legge di Bilancio, risorse che nelle prossime ore verranno ulteriormente aumentate, portando così il totale del fondo, utilizzato per mitigare gli effetti del rincaro di gas e luce, a quota 3,8 miliardi (quasi la metà di quanto stanziato per ridurre le tasse). L'intento del governo è rimarcare la connotazione espansiva della manovra, il quadro, del resto, è quello tratteggiato dal premier Mario Draghi, ricordando i benefici del Pnrr. «Abbiamo avviato il Next Generation Eu. Nei prossimi cinque anni, l'Italia spenderà in totale più di 235 miliardi per raggiungere questi obiettivi. Intendiamo promuovere le energie rinnovabili, rinnovare il sistema dei trasporti, costruire servizi migliori per i cittadini italiani dalla sanità alla scuola». Una serie di proponimenti condivisi dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, durante un intervento dedicato all'integrazione dei temi ambientali e climatici nella nuova Politica Agricola dell'Ue. «Nel quadro del Piano nazionale di ripresa e resilienza, l'attuazione delle politiche di settore richiede una regia di sistema e una visione ampia, a garanzia - osserva il presidente - dell'efficacia delle misure per una ripartenza strutturale, solida e lungimirante, attenta al benessere dell'uomo e del pianeta». In attesa della piena operatività legata ai fondi del Pnrr, il decreto approvato ieri in consiglio dei Ministri prevede per il 2021 una serie di anticipi di spesa pari a 3,25 miliardi, da destinare a misure urgenti in materia finanziaria e fiscale, consentendo così di liberare risorse per il 2022. In pratica, l'aumento per quest' anno di 1,85 miliardi del fondo per l'acquisto di vaccini e farmaci e l'incremento di autorizzazione di spesa pari a 1,4 miliardi concessa a Rfi permettono di reperire i fondi per calmierare le bollette. Nei prossimi giorni un emendamento del governo fisserà, dunque, il nuovo tetto di spesa da destinare ai rincari dell'energia, aggiungendo così un miliardo ai 2 miliardi stanziati in manovra, ai 500 milioni ottenuti dal risparmio su Irpef e Irap e ai 300 milioni annunciati nel corso del consiglio dei Ministri della settimana scorsa, per un totale appunto di 3,8 miliardi. «Un altro miliardo per calmierare l'aumento delle bollette per cittadini e imprese - rivendica la ministra per gli Affari Regionali, Mariastella Gelmini -: è dunque ancora più difficile comprendere le ragioni dello sciopero generale». E proprio sulla protesta del 16 dicembre ieri è arrivato l'intervento del Garante della Commissione di garanzia sugli scioperi Giuseppe Santoro Passarelli che bacchetta Cgil e Uil per il «mancato rispetto della regola della rarefazione» e «del periodo di franchigia» e in una delibera chiede loro di riformulare la proclamazione dell'agitazione. Sotto accusa le proteste dei vari settori dei servizi pubblici essenziali - dai trasporti alla scuola ai rifiuti - già proclamate a livello territoriale, il divieto di sciopero per i servizi ambientali dal 15 dicembre al 6 gennaio e per le Poste la coincidenza del 16 dicembre con la data di scadenza dell'ultima rata Imu. I sindacati hanno 5 giorni di tempo per adeguarsi alle regole. Ma Cgil e Uil confermano la protesta «garantendo che lo sciopero del 16 sarà effettuato nel pieno rispetto delle norme che regolamentano il diritto di sciopero nei servizi pubblici».

DUE MILIONI DI PFIZER NEI PROSSIMI GIORNI

Fronte pandemia, la campagna di Figliuolo è ripartita con il ritmo di maggio-giugno: 500 mila dosi al giorno. E le scorte sono assicurate. Fabio Savelli per il Corriere.

«La rassicurazione: «Nelle prossime settimane arriveranno 2 milioni di dosi Pfizer», dice il commissario Francesco Paolo Figliuolo. Una comunicazione che serve a tranquillizzare sulla disponibilità di vaccini e consente alle Regioni di programmare le agende oltre il 16 dicembre. Ieri fonti regionali, prima delle nuove forniture, segnalavano il rischio di vederle terminare la prossima settimana visto l'attuale ritmo di somministrazioni «che supera le 500 mila al giorno», spiega Figliuolo. La Campania, tra le più in difficoltà, oggi ne riceverà 300 mila. La Sicilia ne ha in giacenza 120 mila e attende la prossima consegna. In Veneto 74 mila dosi nei frigoriferi, attese 130 mila entro fine dicembre. L'Emilia-Romagna ne ha 324 mila e ne aspetta a gennaio altre 144 mila. Raccontano fonti che l'obbligo vaccinale previsto dal 15 dicembre per le forze dell'ordine e il personale scolastico sta erodendo gli stock di Moderna che però sono più ampi in virtù del fatto che il booster viene inoculato a metà del dosaggio. Una buona parte degli addetti di questi due comparti aveva completato il ciclo vaccinale primario usando il preparato di AstraZeneca. La combinazione con Moderna non suscita apprensioni rispetto a chi ha avuto Pfizer e si sente in diritto di proseguire. Figliuolo ieri ha spiegato che le forniture consentono «di vaccinare 25 milioni di persone anche in vista dell'inizio dei bambini che comporterà un ampliamento della platea». Il conto della pandemia però si è scaricato sui minori: «È la più grande crisi globale nei nostri 75 anni di storia», segnala un rapporto dell'Unicef secondo il quale la malattia sta mettendo a dura prova decenni di progressi. Si stima che «un numero impressionante di 100 milioni di bambini in più ora vivano in povertà multidimensionale». (…) Il tasso di positività è salito al 4%. Aumentano di 20 i posti occupati in terapia intensiva. Sono ora sei le regioni che superano il tasso di occupazione in area critica, registra l'agenzia Agenas: Trento (17%, con un balzo del +4% in un giorno), Friuli Venezia Giulia (15%), Lazio, Liguria, Marche e Veneto (al 12%). Dati da colore giallo. Mentre la soglia del 15% per l'area medica risulta superata da Friuli Venezia Giulia (23%), Valle d'Aosta (22%), Bolzano (19%) e Calabria (17%)».

Nella certificazione verde c’è un “baco” originato dagli obblighi europei sulla privacy. Se un possessore di Green pass si infetta, la certificazione non viene revocata. Ne parla stamattina Il Fatto che già in passato aveva paventato la circostanza. Il pezzo è a doppia firma: Caselli e Della Sala.

«Un caso lo hanno raccontato le cronache torinesi de Il Corriere e della Stampa, l'altro è andato in onda nell'ultima puntata di Non è l'Arena su La7. Un ragazzo di Milano, vaccinato e in possesso di Green pass, positivo al Covid con sintomi lievi e dunque in quarantena, in barba a tutte le regole è andato a Torino per incontrare la fidanzata, superando indisturbato tutti i controlli dal Frecciarossa al ristorante, all'hotel (che almeno, secondo legge, ha fatto partire la segnalazione alla Questura, che ha denunciato il giovane per la violazione della quarantena). Il programma di Giletti invece ha trasmesso un servizio in cui un inviato girava per Napoli tra cinema, ristoranti e treni con il Green pass di un'altra persona, peraltro a casa in quarantena in quanto positiva. A ogni controllo, tutto regolare. Il pass , anche nella versione Super, ha dunque un baco: non viene revocato in caso di infezione. Eppure il Dpcm del 17 giugno 2021 (norma recepita dai successivi decreti convertiti in legge) prevedeva esplicitamente la possibilità di revocare il certificato "in caso di nuova positività accertata dopo avvenuta vaccinazione o guarigione". L'azienda sanitaria locale di riferimento avrebbe dovuto comunicare il codice identificativo del pass del positivo per inserirlo poi in una black list. Peccato che questo non sia mai avvenuto. Il Fatto lo raccontò già il 14 agosto, quando il bug - lo stesso anche per la prima certificazione verde - fu denunciato dall'esperto informatico Matteo Flora, dal professore di cybersicurezza del Politecnico di Milano Stefano Zanero e dall'avvocato Carlo Piana. L'app VerificaC19 non era infatti implementata per avere e riconoscere un'eventuale revoca. Non solo: il pass italiano doveva - e deve tuttora - adeguarsi alla normativa del digital Covid certificate europeo, che vieta per motivi di privacy le informazioni sullo stato di salute del possessore del documento: "Rispetto ad agosto - racconta Matteo Flora - è cambiata solo una cosa: l'app, da circa un mese, è abilitata per avere una revocation list, ma solo per i pass falsi. I famosi certificati a nome Hitler o Topolino sono stati revocati, ma solo perché eliminare un falso non crea alcun problema di privacy. Il nodo della normativa europea è sempre lo stesso". Eppure di black list abbiamo continuato a sentir parlare in questi mesi, nonostante la possibilità di revoca via app VerificaC19 (e solo per i Green pass falsi) esista da non più di un mese. Ma che una revocation list non sia mai esistita lo certifica adesso anche il governo. "Il ministero della Salute - informa l'Ansa - sta lavorando per attivare la temporanea revoca del Green pass alle persone che, già in possesso del certificato verde, risultino in seguito positive al Covid. Al momento questo tipo di revoca non è prevista dalle norme europee in alcun Paese, ma vige la legge secondo cui un positivo al virus commette un reato se viola la quarantena. A quanto si apprende da fonti di governo, il ministero - che sta spingendo per una norma a livello europeo - sarebbe pronto ad attivare in Italia il sistema di revoca per positività del Green pass, in attesa che il Garante della Privacy possa dare il suo ok nei prossimi giorni". E si starebbe effettivamente studiando un sistema sul modello della non fortunatissima app Immuni che "mascheri" i dati in modo che non siano troppo esposti e permetta non solo di revocare ma magari semplicemente di "sospendere" (e magari aggiornare) il pass. Pure l'Europa starebbe per ammorbidire la posizione sulle revoche. Di fatto, però, la black list era impossibile anche per altri motivi: "Ogni regione - sostiene Roberto Testi, responsabile della Prevenzione dell'Asl To1 - ha il suo sistema di gestione dei positivi e delle quarantene e non comunicano tra loro. Questo non significa che non si possa fare. Ma di fatto non accade". Insomma, il Green pass ha un problema e la soluzione non è esattamente dietro l'angolo».

OMICRON PIÙ CONTAGIOSA MA CON MENO SINTOMI

A due settimane dal Black Friday davvero nero per i mercati e che diede il via all’allarme sulla variante Omicron, sembra accertato che la malattia sia meno aggressiva. Ma più contagiosa, dice l'Ema. I casi sono in aumento a Londra. Mentre negli Usa è stato autorizzato il booster per i ragazzi di 16 e 17 anni. Il punto di Elena Dusi su Repubblica.

«Notizie dall'epicentro di Omicron: ieri in Sudafrica ci sono stati 22.400 contagi. Il 25 novembre, giorno della scoperta della variante, erano 2.500. In tutta l'Africa i contagi sono aumentati del 93% in una settimana. Neanche la Delta aveva causato un'accelerazione simile. I decessi però in Sudafrica sono stati 22: uno su mille, decisamente meno rispetto all'1-2% che vediamo da noi oggi. I dati sul campo confermano quel che dice l'Agenzia europea per i medicinali, Ema, per bocca del responsabile per la strategia vaccinale, Marco Cavaleri: «I dati preliminari ci dicono che la variante potrebbe essere più contagiosa, ma con sintomi più leggeri». La riprova potrebbe arrivare dall'ultimo dei circa quindici casi di Omicron in Italia: un 80enne della provincia di Torino tornato dal Sudafrica, non vaccinato e a rischio in quanto anziano: eppure è asintomatico e sta a casa. Se Omicron fosse davvero lieve sarebbe una grande notizia, perché i dati dei vaccini sono problematici. Pfizer sostiene che tre dosi siano sufficienti. Dai test nei laboratori del Sudafrica arriva invece notizia di un calo degli anticorpi neutralizzanti fino a 41 volte con Omicron. «I dati sono ancora preliminari e molto discordanti » ha spiegato Cavaleri. «In questa situazione non siamo in grado di decidere se i vaccini debbano essere aggiornati. Il tempo ce lo dirà. In caso, arriveremmo all'approvazione in 3-4 mesi». Pfizer prevede di avere il nuovo vaccino a marzo. Vaccinarsi resta il consiglio più diffuso. Il New England Journal of Medicine riporta i dati della terza dose in Israele: i decessi calano del 90%, gli anticorpi aumentano di 25 volte. Un rinforzo importante, in vista di un eventuale incontro con Omicron. Negli Usa ieri la Food and Drug Administration ha autorizzato le terze dosi anche per i ragazzi di 16 e 17 anni. Da noi sono previste dai 18 in su. Alle preoccupazioni per un assottigliamento delle scorte in Italia ha risposto il commissario per l'emergenza Francesco Figliuolo, annunciando altri 2 milioni di dosi Pfizer nelle prossime settimane: «Con l'attuale disponibilità si potranno vaccinare potenzialmente 25 milioni di persone». Le fiale non mancheranno nemmeno per i più piccoli. Sia l'Ema che l'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, confermano che non sono emersi problemi di salute tra i 5 milioni di bambini di 5-11 anni vaccinati negli Usa da inizio novembre. «In questa fascia d'età - spiega il direttore dell'Aifa Nicola Magrini - c'è un chiaro incremento di contagi, con 6 ricoveri su mille positivi». Agli inviti a vaccinarsi, gli italiani stanno rispondendo. «Nel periodo 1-8 dicembre - fa sapere Figliuolo - sono state effettuate oltre 3,5 milioni di somministrazioni, mezzo milione in più rispetto ai target minimi. In alcuni giorni è stata superata la soglia delle 500mila». Le incertezze su Omicron pesano. In Gran Bretagna, il paese con il tracciamento più efficace, il ministro della Salute Sajid Javid ha detto: «I contagi della nuova variante aumentano ogni 2-3 giorni. Entro la fine del mese potremmo raggiungere un milione di infezioni nel Regno Unito». Con 1.000-2.000 ricoveri al giorno, gli ospedali andrebbero in tilt. Anche la festa di Natale a Oslo il 26 novembre (giorno in cui Omicron è stata battezzata) impressiona: dei 100 partecipanti, tutti vaccinati o con tampone, 70 si sono infettati con la variante. Uno solo ha sintomi. Contagiate altre 60 persone che erano al ristorante, ma lontano dal gruppo. Segno di un virus che corre. Lo stesso Cavaleri non esclude che «entro Natale la variante diventi prevalente in Europa». Le sue tracce, prima che nei tamponi, sono state trovate nelle acque reflue dell'aeroporto di Francoforte. Vuol dire che dei viaggiatori infetti sono andati in bagno lì, ma sono sfuggiti ai controlli».

L’ANTRITRUST MULTA AMAZON

L'Antitrust italiano punisce i presunti abusi di Amazon con una multa da 1,2 miliardi. L’ammenda record è stata stabilita perché avrebbe sfruttato la posizione dominante. La società annuncia ricorso. Aldo Fontanarosa per Repubblica.

«Fa il giro del mondo la notizia della multa che Amazon subisce in Italia per mano dell'Autorità Antitrust, garante di una competizione ad armi pari tra le imprese. La sanzione da un miliardo e 128 milioni è la più alta che l'Antitrust oggi guidata da Roberto Rustichelli - abbia deciso nei suoi 21 anni di attività. L'Antitrust censura così la bulimia di Amazon che ha abusato della sua forza nel commercio elettronico. Dopo 8,7 miliardi di investimenti nel nostro Paese e la creazione di 12 mila 500 posti di lavoro, Amazon vive l'ammenda dei record come un'ingiustizia. Ricorrerà al Tar. Il sito italiano di Amazon ospita migliaia di negozianti indipendenti che vendono i loro prodotti grazie a questa vetrina. Di tutti i prodotti di Amazon.it, oltre la metà fa capo agli indipendenti. Questi venditori si trovano presto davanti a un bivio. Devono decidere se gestire in proprio la custodia dei prodotti in magazzino, la creazione dei pacchi e delle etichette con l'indirizzo del destinatario, infine la spedizione. L'alternativa è affidare queste operazioni ad Amazon, che ha un sistema di consegna collaudatissimo. L'Antitrust accerta adesso che Amazon ha indotto migliaia di venditori ad appoggiarsi alla sua logistica strappando somme che a volte - non sempre - sono cresciute nel tempo. Tanti venditori indipendenti hanno scelto Amazon (il 60% del totale nel 2019) attirati da esche succulente che solo il gigante del commercio elettronico può preparare. Questi venditori beneficiano del servizio Amazon Prime (7 milioni di abbonati in Italia) che assicura consegne rapide in uno o due giorni. Spesso ottengono che i loro prodotti abbiano accanto il tasto (BuyBox) che permette di perfezionare un acquisto con un solo clic. Gli stessi venditori partecipano agli eventi speciali, come il Black Friday, che sono sempre più frequenti e provvidenziali per chi vende. Gli sconti fanno lievitare la domanda, in quei giorni, anche del 40%. I venditori, infine, dormono sonni tranquilli nel caso di un reso. Se il compratore manda indietro il prodotto perché insoddisfatto, è sempre Amazon a farsi carico del recupero. Di fronte a tutte queste opportunità, sempre più venditori hanno rinunciato alla gestione in proprio delle spedizioni. Non solo. Si sono consegnati ad Amazon anche quando vendevano dei prodotti attraverso un sito web di loro proprietà. Ovviamente questo meccanismo può incepparsi. Errori e ritardi sono sempre in agguato. Ma l'algoritmo sentinella di Amazon (A9) è indulgente quando giudica una anomalia che prende forma lungo la logistica di Amazon; molto più severo quando invece valuta le mancanze di chi consegna in proprio. E la sua severità lo spinge a rendere sempre meno visibili i negozianti colpiti da critiche e recensioni negative dei clienti. A volta i negozi sono finanche chiusi, per presunta o reale inefficienza. L'Antitrust sanziona Amazon per oltre un miliardo perché le violazioni durano da 5 anni; hanno come regista un big del commercio in Internet; hanno prodotto danni ai consumatori, ai negozianti indipendenti, ai corrieri non legati ad Amazon, agli altri siti dell'ecommerce (come eBay o Zalando). Se la Commissione Ue plaude all'Antitrust, Amazon si sente vittima di una multa ingiusta, sproporzionata e che trasuda ingratitudine. La piattaforma è addirittura incompresa perché - dice - ha offerto una vetrina a 18.500 piccole e medie imprese italiane, ora in grado di vendere beni in Europa e nel mondo. Si può essere sanzionati per tutto questo?».

“I RAIDER SONO DIPENDENTI DI FATTO”

Ieri la Ue ha ufficializzato una proposta per sanare la condizione dei cosiddetti rider, i fattorini delle consegne in città, che sono contrattualizzati come liberi professionisti e di fatto sono dipendenti. Da Bruxelles Giovanni Maria del Re per Avvenire.

«I lavoratori delle piattaforme digitali devono avere lo stesso livello di tutele che hanno gli altri lavoratori se svolgono lavoro dipendente». Il vice presidente della Commissione Europea Valdis Dombrovskis sintetizza così il significato della proposta di direttiva sui lavoratori della «Gig economy », e cioè la galassia di servizi offerti via applicazioni per smartphone, insomma i cosiddetti «rider». Proposta ufficializzata ieri da Dombrovskis e dal commissario europeo al Lavoro Nicolas Schmit, per cercare di dare ordine a un settore in impetuosa espansione e che sempre più finisce davanti ai tribunali (secondo la Commissione, ci sono almeno 100 sentenze in materia). Secondo le stime di Bruxelles il settore occupa al momento 28 milioni di persone, destinati a salire a 43 milioni entro il 2025, a fronte di circa 500 piattaforme per un fatturato di circa 20 miliardi di euro. In realtà per la Commissione a essere falsamente classificati come autonomi è solo una minoranza di questi lavoratori: su 28 milioni, spiega Bruxelles, «si ritiene che 5,5 milioni possono essere classificati in modo erroneo come autonomi», insomma poco più del 19%. La Commissione indica cinque criteri per stabilire che un «rider» è in realtà dipendente: se la piattaforma determina il livello di remunerazioni; se c'è una supervisione del rendimento del lavoro; se viene limitata la libertà di scegliere il proprio orario di lavoro o di assenza; se vengono stabilite regole precise su come presentarsi (ad esempio con abiti recanti il logo); e infine se viene limitata la possibilità al lavoratore di costituirsi una base di clienti per svolgere il lavoro anche con altre società. Basta che vengano soddisfatti due di questi criteri perché avvenga la riqualificazione, il che obbligherà la piattaforma a garantire tutti i diritti dei dipendenti, dalle ferie pagate al rispetto del salario minimo, l'accesso ai contratti collettivi, assistenza sanitarie, assicurazione sugli incidenti. Le piattaforme o il lavoratore potranno opporsi, ma dovranno provare in tribunale che in realtà davvero non c'è questo rapporto di dipendenza. Secondo stime della Commissione, questo avrebbe vantaggi finanziari sia per i lavoratori, sia per gli erari degli Stati. Per i primi ci sarebbe un incremento di reddito di 484 milioni di euro l'anno. Una media di 121 euro per lavoratore, se però si guarda a quelli che al momento percepiscono meno del salario minimo nazionale il guadagno sarebbe di 1.800 euro, non poco. Quanto agli Stati, il calcolo è di un gettito aggiuntivo tra 1,6 e 4 miliardi di euro in contributi. L'altro punto importante è l'aspetto degli algoritmi, i sistemi elettronici completamente automatizzati che danno incarichi ai «rider» e ne valutano il rendimento. La Commissione chiede nuove tutele per i lavoratori, anzitutto il diritto di essere bene informati sul funzionamento di questi algoritmi e l'obbligo di una verifica umana oltre che della possibilità di contestazione. «E' un risultato che accogliamo con soddisfazione - ha dichiarato il ministro del Lavoro Andrea Orlando - che recepisce anche le nostre richieste». Anche il Parlamento Europeo, che dovrà approvare il testo al pari del Consiglio Ue (che rappresenta gli Stati membri), è positivo. Critiche le imprese. Confindustria contesta la «presunzione confutabile di occupazione» che «non riflette la realtà, poiché molti lavoratori delle piattaforme scelgono di lavorare come autonomi», mentre BusinessEurope (l'associazione che riunisce le confederazioni industriali Ue) parla di «dichiarazione politica» della Commissione che potrà avere un «effetto paralizzante» sul settore. «Nessuno - replica Schmit sta cercando di uccidere, fermare o ostacolare la crescita delle piattaforme, siamo tutti impegnati nello sviluppo di questa economia perché corrisponde a una domanda nella nostra società, e vogliamo che prosperi. Ma questo modello di business dovrebbe anche adattarsi ai nostri standard, compresi quelli sociali».

STRETTA UE SUI PARAMETRI ECOLOGICI DELLE CASE

Dalla Ue arriva anche una stretta sulle case. Dal 2030 ci sarà divieto di vendita o affitto se i fabbricati consumano troppa energia. La misura all'esame scatterebbe per gli immobili di classe G. Francesca Basso per il Corriere da Bruxelles.

«Il raggiungimento della neutralità climatica nel 2050 e l'obiettivo intermedio del taglio del 55% delle emissioni di CO2 nel 2030, rispetto al 1990, passano anche dalla riqualificazione energetica degli edifici, con nuovi standard che saranno proposti il 14 dicembre dalla Commissione Ue nella revisione della direttiva sul Rendimento energetico dell'edilizia (Energy performance building directive) che interessa gli edifici pubblici e privati. La nuova certificazione, come era stato anticipato ieri dal Messaggero, diventa più stringente e sarà obbligatoria per gli edifici da costruire, da ristrutturare, in caso di vendita o di rinnovo dell'affitto. Vediamo nel dettaglio cosa cambia secondo l'ultima bozza - oltre 70 pagine - visionata dal Corriere, che deve però passare al vaglio lunedì della riunione dei capi di gabinetto, prima di arrivare sul tavolo del Collegio dei commissari il 14 dicembre per la sua adozione. Una volta presentata seguirà il normale iter legislativo e dovrà essere approvata da Consiglio e Parlamento Ue. Quindi sono ancora possibili cambiamenti. Il nuovo articolo 9, che stabilisce gli standard di rendimento degli edifici, prevede al comma 1 l'obbligo per gli Stati membri di assicurare che dal 2027 gli edifici pubblici appartengano alla classe F (quindi niente più G che è la peggiore) e dal 2030 dovranno salire di un altro gradino alla classe E. Gli edifici residenziali, case e appartamenti, dovranno rientrare almeno nella classe F dal primo gennaio 2030 e passare almeno alla classe E dal 2033. Cambia anche la certificazione dell'efficienza energetica degli edifici, se la bozza viene confermata. I nuovi articoli 16 e 17 rendono più stringente il livello di certificazione degli Stati membri: dal 31 dicembre 2025 il certificato dovrà seguire un modello (template) prestabilito europeo, mentre ora gli Stati membri hanno più discrezionalità nel redigere il modello. Sarà introdotto l'obbligo di rilasciare questo certificato per gli edifici e le case che vengono costruiti, venduti, ristrutturati o anche in caso di rinnovo del contratto d'affitto (finora era in caso di un nuovo contratto). Questo vuol dire che gli edifici con classe energetica G, la peggiore nella classifica del rendimento energetico, resteranno automaticamente fuori dal mercato dal 2030 e quelli di classe F dal 2033. Sono tuttavia previste esenzioni per gli edifici considerati storici, dedicati al culto, ufficialmente protetti o temporanei, oppure inferiori ai 50 metri quadrati. La direttiva prevede anche incentivi per aiutare la riqualificazione degli edifici pubblici e privati. L'articolo 15 stabilisce che gli Stati membri potranno fornire strumenti finanziari appropriati, incentivi e altre misure per «affrontare le barriere di mercato e stimolare gli investimenti necessari nel rinnovamento energetico in linea con il loro piano nazionale di rinnovamento degli edifici». Inoltre potranno intervenire a livello regolatorio, usare il Recovery Plan, il Social Climate Fund, i fondi per la politica di coesione e il programma InvestEu. Potranno anche prevedere prestiti e mutui per le riqualificazioni degli edifici».

QUIRINALE 1. LETTA DALLA MELONI

Il segretario del Pd è stato ospite ieri della festa di Fratelli d'Italia. Dice: "Senza Draghi la maggioranza è a rischio". La cronaca di Giovanna Vitale per Repubblica.

«Che tra i due leader ci fosse del feeling, è noto da tempo: non si contano più i dibattiti e gli incontri pubblici a cui hanno partecipato, insieme, trovandosi spesso d'accordo. Come invece non accade, per entrambi, con Salvini. Ma che nella tana nera del lupo, il Letta versione cappuccetto rosso riuscisse a strappare applausi e persino qualche «bravo», beh è questa la vera novità della serata di Atreju, la kermesse di Fratelli d'Italia organizzata a due passi da San Pietro per celebrare i fasti di un partito piccolo diventato grande. Occasione utile al segretario del Pd per lanciare l'allarme sul prosieguo della legislatura in caso di trasloco di Draghi al Colle: «Non so se questa maggioranza andrebbe avanti dopo di lui. So che è una maggioranza molto difficile, fa fatica a stare insieme e se lo stiamo stati fin qui è per grande senso di responsabilità da parte di tutti», scandisce Letta, mandando in visibilio i tifosi del voto subito, qui numerosi. Sotto un tendone pieno di gente come se il Covid fosse solo un ricordo, tanti giovani e qualche vecchio camerata tirato a lucido, Giorgia Meloni fa gli onori di casa, felice di accogliere l'inquilino del Nazareno, non il primo e neanche l'ultimo dei capi partito invitati alla corte della reginetta dei sovranisti. «Enrico siediti », gli dice spiccia, riconoscendogli di essere «un antesignano della festa», anche se è la sua prima volta da segretario del Pd. Un debutto che a lui non dispiace, anche se preferisce mettere le mani avanti: «Stasera devo dare l'impressione di non essere troppo in sintonia con Giorgia che sennò chissà che si inventano. Qua è partito un film, che è divertente ma non è vero», sorride. Premessa doverosa prima di salire sul ring, dove Bruno Vespa e Maurizio Belpietro, direttore della Verità, l'aspettano per tempestarlo di domande. A cui Letta non sempre risponde, specie se si tratta di Quirinale. Mentre va dritto al punto sui temi più scomodi. «La chiarezza sui legami del passato e i giudizi sul passato in Europa è molto importante», scandisce il segretario dem quando gli chiedono del pericolo neofascista. «Affrontare questo passaggio serve a voi ed è interesse di tutti». I militanti rumoreggiano, ma l'ospite non si fa intimidire. E insiste pure sulla legge Zan, altro argomento divisivo: «Quell'applauso da derby, da gol all'ultimo minuto mi ha dato l'idea che non ci fosse alcuna voglia di mediazione», s' infervora Letta. «Ma noi abbiamo solo applaudito», urlano dal fondo. «No, è stata una reazione da curva», replica il piddino. Gelando la platea. Pronta però a scaldarsi, ma in positivo, quando il segretario dem parla di giovani, dello stop ai tirocini e agli stage gratuiti che devono essere riformati e pagati. Applausi convinti. Anche quando il leader pd si trova d'accordo con Meloni su alcuni temi a lei cari. La legge elettorale: «Io sono sempre stato per il maggioritario e non ho motivi per cambiare idea». La candidatura di Berlusconi al Colle: «Credo sia molto in salita». L'elezione del nuovo capo dello Stato, che deve avvenire «con il consenso più ampio possibile, a cominciare proprio dal coinvolgimento di Fdi». Addirittura entusiasta, il parterre , quando il capo del partito nemico scandisce: «Nella prossima legislatura andremo al governo solo se le elezioni le vinciamo. L'idea che noi dobbiamo andarci sempre per me è molto negativa». Esattamente ciò che i "fratelli" pensano da sempre. Ma qualche disaccordo resta. Su Draghi, che Letta vorrebbe alla guida del governo fino al 2023. E sul voto anticipato, che il Pd respinge, al contrario di Fdi. «Il tempo è scaduto », guarda l'orologio la padrona di casa. Se ne riparlerà, semmai, un'altra volta».

QUIRINALE 2. LUPI: “MAGGIORANZA CONDIVISA? SE SI RIESCE…”

Maurizio Lupi, leader di Noi con l’Italia parla al Corriere della Sera. Concorda con Letta sul tentativo di coinvolgere tutti in un accordo sull’elezione del Capo dello Stato, ma sostiene che la candidatura Berlusconi non è una “forzatura”. Tommaso Labate.

«Il centro ormai è un incrocio tra l'Araba fenice che risorgerà dalle sue ceneri e il Godot di Samuel Beckett, che tutti aspettano». Matteo Renzi e Giovanni Toti testano una federazione con numeri da far pesare nell'elezione del Quirinale. «Del centro c'è bisogno, eccome. Ma pensare di ricostruirlo nell'Aula del Parlamento e non in mezzo alla gente mi sembra una cosa poco lungimirante. Vede, io sono un fan della Prima Repubblica e penso che dagli errori di quell'esperienza ci sia solo da imparare. Fare le operazioni politiche esclusivamente nel Palazzo significa ignorare che presto o tardi ci sono le elezioni e rischi di trovarti senza voti». A Maurizio Lupi, presidente di Noi con l'Italia, il modellino calato dall'alto del nuovo centro di cui si parla nell'ultima settimana non piace. Ne parlerà all'assemblea nazionale del partito in programma domani a Palermo. Tanti riferimenti a De Gasperi, tantissimi. «Un altro dei problemi è che tutti si sentono De Gasperi ma ignorano la lezione di Don Sturzo, senza il quale a De Gasperi non saremmo mai arrivati». Cioè? «L'appello ai "liberi e forti" da cui prese le mosse il Partito popolare italiano, più di un secolo fa, arrivò solo dopo che don Sturzo fece il giro d'Italia ascoltando le persone, le associazioni, tutti. Allo stesso modo, chiunque abbia l'ambizione di rafforzare il centro deve partire da lì, dal Paese; non certo dai banchi del Parlamento e dai numeri da far pesare o meno nell'elezione del presidente della Repubblica. Discutiamo di proposte. La scuola, per esempio: vogliamo continuare con la politica che si riempie la bocca della qualità della scuola italiana rimanendo il Paese che in Europa paga di meno i propri insegnanti o vogliamo finalmente aumentare gli stipendi agli insegnanti stessi? Lo stesso discorso lo si può fare con gli infermieri». Resta il fatto che il presidente della Repubblica bisognerà eleggerlo. E che ogni voto peserà. «Non lo dimentico. Altri però non dimentichino che con l'andare da soli non si va da nessuna parte, perché piaccia o meno il bipolarismo c'è ancora». Si riferisce a Calenda? «Calenda dice sempre che va da solo. Io, per esempio, sto nel centrodestra. E lavoro perché, nel centrodestra, il centro sia rafforzato». Per Enrico Letta il prossimo presidente della Repubblica andrebbe eletto coinvolgendo anche Meloni. «Sono d'accordo con lui. Prima di arrivare a discutere di persone, partiamo dal metodo. Sono convinto anch' io che l'attuale opposizione di FdI debba essere coinvolta, vediamo se ci si riesce». E se non ci si riuscisse? «In questo caso, nessuno consideri "una forzatura" la candidatura di Silvio Berlusconi, tanto per fare un esempio. Il presidente della Repubblica deve essere il presidente di tutti nell'esercizio delle sue funzioni, non nella sua elezione. Nessuno trovò scandaloso che Romano Prodi fosse il candidato nel 2013; così come nessuno protestò con Sergio Mattarella, che era il candidato di una parte, e che oggi viene riconosciuto come un ottimo presidente da tutti. Proviamoci, come dice Letta, ad eleggere un presidente tutti insieme. Ma se non ci si riuscisse, anche Berlusconi deve avere la possibilità di provarci senza che nessuno batta ciglio».

QUIRINALE 3. SALVINI CHIAMA CASINI

Già ieri ne avevano parlato i giornali. Pierferdinando Casini è sempre in pole position fra i quirinabili. Oggi Il fatto riporta la notizia di una telefonata di Salvini.

«Ora il piano B di Matteo Salvini si chiama Pier Ferdinando Casini. I due si sono sentiti nelle ultime ore e a prendere l'iniziativa è stato il leader della Lega che negli ultimi giorni sta creando un asse con Matteo Renzi per individuare un candidato da votare al quarto scrutinio. La prima ipotesi che Salvini ha in testa resta quella di Mario Draghi a cui la Lega non potrà dire di no in caso di candidatura del premier. Ma come piano B sta lavorando a un asse con Renzi per fare i kingmaker per il Quirinale, come successe a febbraio per buttare giù il governo Conte. Appurato che la Lega voterà Berlusconi solo come "bandiera", nelle ultime ore Salvini ha chiamato Casini, su cui punta Renzi: "Dal quarto scrutinio potresti essere il nostro candidato". Salvini è convinto che il Pd non potrà non votare Casini perché eletto nelle file dem. Una mossa anche in chiave anti-Meloni che dovrebbe piegarsi e anti-Berlusconi, che rimarrebbe fregato. Ieri il leader della Lega con i suoi deputati ha allontanato l'ipotesi di voto anticipato: "Sul Colle saremo uniti, il prossimo presidente sarà l'interlocutore delle prossime tre legislature: questa, la prossima e quella successiva"».

BIDEN E IL VERTICE SULLA DEMOCRAZIA IN PERICOLO

Dall’estero: vertice sulla democrazia organizzato dal presidente Usa Joe Biden. Che dice: “Dobbiamo difenderla e combattere per i nostri ideali”. Interviene anche Draghi: “Le nostre istituzioni democratiche”, sostiene il nostro premier, “sono state all’altezza della pandemia, sono rimaste forti, abbiamo preservato lo Stato di diritto”. Paolo Mastrolilli per Repubblica.

«La sfida dei nostri tempi è preservare la democrazia», per contrastare le autocrazie sul piano globale, e togliere il fiato a populismi e sovranismi su quello domestico. Al netto di tutte le critiche su tempi, modi e inviti, questo è il senso del vertice virtuale ospitato ieri da Biden. Dimostrare nella pratica che il sistema democratico resta il peggiore al mondo, con l'eccezione di tutti gli altri, come diceva Churchill. E provare ai cittadini che è ancora il migliore per soddisfare le loro esigenze concrete, in modo da disinnescare le minacce degli autocrati che ammassano truppe davanti all'Ucraina, oppure navigano negli oceani come se appartenessero a loro, ma anche dei populisti e sovranisti che assaltano il Congresso Usa. Magari il Summit for Democracy non fornirà la panacea per tutti questi mali, ma a giudicare dalla stizzita critica di Cina e Russia ha centrato il tema al centro delle dispute globali. «Metà delle democrazie - ha detto Biden - hanno sperimentato un declino negli ultimi dieci anni, compresi gli Usa. C'è una recessione della democrazia, la sfida dei nostri tempi è preservarla e unirci contro le autocrazie». Il capo della Casa Bianca ha avvertito che «la democrazia non accade per caso. Non è solo una dichiarazione, ma un atto che dobbiamo rinnovare generazione dopo generazione». Il presidente ha garantito che «noi vogliamo guidare con l'esempio», ammettendo che gli Usa devono «combattere instancabilmente per essere all'altezza dei loro ideali democratici », come ha dimostrato l'assalto al Congresso del 6 gennaio. L'attenzione poi va rivolta fuori dai confini, dove «gli autocrati giustificano le loro politiche di repressione come il mezzo più efficace per rispondere alle sfide del momento». Ma è vero l'esatto contrario, e Biden vuole dimostrarlo mettendo sul piatto 424 milioni di dollari per finanziare iniziative che vanno dalla libertà di stampa alla lotta alla corruzione. Mario Draghi ha detto che le democrazie sono state «all'altezza» della pandemia: «Le nostre istituzioni sono rimaste forti ed efficaci. Abbiamo preservato lo Stato di diritto. Le nostre economie sono in forte ripresa grazie al sostegno senza precedenti fornito da governi e banche centrali». In questo quadro, il Recovery plan europeo è «un esempio di resilienza e democrazia nei giorni più bui della crisi». Gli ambasciatori cinese e russo hanno scritto insieme un articolo in cui denunciano Washington: «Sta mostrando una mentalità da Guerra Fredda, che alimenterà il confronto ideologico e le divisioni nel mondo ». Pechino è irritata per l'invito a Taiwan, il boicottaggio diplomatico delle Olimpiadi, e ora anche la legge approvata alla Camera per bandire i beni prodotti nello Xinjiang che sfruttano il lavoro forzato. Mosca lamenta lo scontro nell'Europa orientale. Magari il vertice non sarà perfetto, ma gli attacchi provano che questa è la sfida centrale della nostra epoca».

MIGRANTI, PRESSING DELL’ITALIA. VARSAVIA VIETA IL SOCCORSO

La questione migranti nell’agenda europea. La Lamorgese illustra le linee italiane per il prossimo Consiglio europeo del 16 dicembre: penalizzare chi non redistribuisce i profughi, sì a ricollocamenti volontari con quote fisse. Lanterne verdi, cresce la campagna di solidarietà. Daniela Fassini per Avvenire

«Ricollocamenti su base volontaria e un sistema che 'penalizzi' chi se ne chiama fuori. Eppoi ancora, fra le azioni urgenti per affrontare i flussi migratori, diventa importante stringere 'partenariati forti' con i Paesi di provenienza e di transito, al fine di prevenire le partenze. Ancora una volta il tema migrazioni ritorna al centro dell'agenda di Bruxelles. Sono queste infatti le linee dell'Italia illustrate dalla ministra dell'Interno Luciana Lamorgese, a Bruxelles, a margine del Consiglio Affari Interni, in vista del Consiglio Europeo del 16 dicembre, in cui i capi di Stato e di governo dovrebbero tornare sulla dimensione esterna delle migrazioni, per la terza volta consecutiva. «Noi abbiamo due principi - ha spiegato Lamorgese - uno è la redistribuzione dei migranti in maniera volontaria, perché ci saranno sempre dei Paesi come quelli di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, ndr) che non parteciperanno. Dovremo pensare anche, con la Commissione, a quelle che saranno eventuali penalizzazioni e dare avvio ad un pia- no di relocation con quei Paesi che hanno già partecipato all'epoca» degli accordi di Malta. «Siamo su questa linea, così come siamo sulla linea di partenariati forti con i Paesi terzi, perché è importantissimo che arrivino risorse a Paesi che sono in difficoltà perché riprenda l'economia del Paese: bisogna operare per prevenire le partenze - ha aggiunto - Le frontiere marittime sono ben diverse da quelle terrestri, quindi una volta che partono non è che si possono fermare in mezzo al mare. Le partenze occorre prevenirle, dopo bisogna soltanto operare per il salvataggio». Ma nella proposta di Patto Ue sulla migrazione si parla di cambiare le regole di Dublino per avere più condivisione nella gestione dei migranti che arrivano in un primo Paese Ue con un «sistema di solidarietà obbligatoria » secondo il quale «gli Stati membri devono contribuire, a seconda della loro forza e della loro grandezza». Secondo tale testo «i ricollocamenti non sono obbligatori» ha dichiarato la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson che ha sottolineato come «l'unico modo per risolvere le cose sia agire insieme». Intanto ha annunciato l'impegno di 15 Stati membri per dare protezione a 40mila afghani. «Prevenire gli arrivi irregolari va mano nella mano con il fatto di investire nei canali legali di migrazione» ha detto. Il tema dei flussi migratori è stato al centro anche dei colloqui che ieri, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha avuto con il premier polacco Mateusz Morawiecki. In particolare la crisi dei migranti al confine tra la Polonia e la Bielorussia, la situazione in Ucraina orientale e le relazioni bilaterali. Intanto c'è l'invito ad esporre una lanterna verde alle finestre per «accendere una luce sui diritti dei migranti». Lo fanno i promotori della campagna «Io accolgo» che si rivolgono alla cittadinanza in occasione della Giornata mondiale dei diritti umani, in programma oggi, aderendo all'iniziativa «#greenlight», «#lanterneverdi». «Rispettare i diritti umani - scrivono i promotori della campagna in una nota - e metterli al centro delle nostre azioni è quanto mai urgente. Accendiamo alle finestre una lanterna verde come simbolo di solidarietà e accoglienza per i migranti bloccati a tutte le frontiere d'Europa. A partire dalla Polonia, le lanterne verdi stanno già illuminando tante città europee e comuni italiani». «Come promotori della campagna Io accolgo - aggiunge la nota - vi invitiamo a fare lo stesso nelle vostre case, nei vostri uffici, nelle parrocchie e a condividere sui social una foto delle lanterne accese per far conoscere a tutti che c'è un'Italia che accoglie. Più siamo più la luce verde della solidarietà illuminerà i passi incerti dei tanti uomini, donne e bambini in viaggio, in fuga da guerre, violenze e violazioni dei diritti». Si allunga quindi l'elenco di chi vuole accendere «le luci della solidarietà», in risposta anche all'appello lanciato da Avvenire nei giorni scorsi, ispirandosi alle migliaia di profughi che tra Bielorussia e Polonia cercano aiuto e libertà nelle case dove brilla una luce verde».

Il Manifesto ospita un intervento di Izabela Wagner, docente polacca di Sociologia all'European University Insitute (Eui) di Firenze. La Wagner ha insegnato anche nelle università di Parigi e Varsavia.

«Partorire di nascosto in un sacco a pelo, ai margini di un bosco e in un territorio militarizzato. E' successo a una donna che, assistita dal marito e dal figlioletto di quattro anni, nascosta tra gli alberi ha dato alla luce un bambino con il terrore di essere scoperta dai soldati. Succede anche questo in Polonia, Stato dell'Unione europea, se si ha la sfortuna di essere una famiglia di migranti bloccata al confine con la Bielorussia. Il cordone ombelicale è stato legato con un laccio, poi tagliato con i denti. Se la mamma e il neonato ce l'hanno fatta è solo grazie all'intervento di alcuni attivisti medici che perlustrano i boschi a ridosso della frontiera per assistere i migranti in difficoltà. Nessuno ha il diritto di entrare in questa foresta di confine, dove migliaia di esuli si nascondono in condizioni disastrose. Di notte le temperature scendono a 6 gradi sotto zero e peggiorano ogni giorno che passa. Anche se mancano dati certi, si sa che molte persone sono morte per ipotermia. Quanti uomini, donne e bambini sono stati uccisi in questo modo? Sì, uccisi, perché è il divieto di soccorrerli la causa diretta della loro morte. Bisogna chiamare le cose con il loro nome. Il bambino nato nella foresta è stato fortunato: i soccorritori lo hanno portato in ospedale con la sua famiglia. Lì, grazie alla presenza di attivisti, avvocati volontari e giornalisti, la richiesta di protezione dei suoi genitori non è stata gettata nella spazzatura, come spesso accade. E sono stati collocati in un campo per richiedenti asilo. Molti altri bambini - molti, di tutte le età - non sono stati così fortunati. Come testimoniano i medici e gli attivisti presenti vicino al confine, dopo le cure d'urgenza (cambio di vestiti, scarpe, perché molti sono scalzi, in gravi condizioni per l'umidità e il freddo), dopo aver bevuto acqua e aver mangiato una zuppa - spesso l'unico pasto da diversi giorni - queste famiglie vengono riportate in camion coperti da teloni nella foresta dalle guardie di frontiera. Ufficialmente dovrebbero passare la notte in un centro per rifugiati, ma dopo poche ore vengono rilasciate vicino al confine con la Bielorussia. Un trattamento che non ha risparmiato neanche un bambino di 18 mesi con i piedi avvolti in sacchetti di plastica. Nessuna pietà per uomini, donne incinte, bambini piccoli, adolescenti, anziani, bambini disabili... tutti nella foresta ghiacciata nel cuore della notte. Ma non si tratta di respingimenti, perché questa espressione implica il ritorno in un luogo dove gli esuli possono riorganizzarsi, nutrirsi, riposare e curare le proprie ferite. Qui invece le persone sono circondate da soldati polacchi e bielorussi che si fronteggiano. Le dimostrazioni di forza militare non sono solo intimidazioni. Le pistole sono reali, così come il filo spinato. Feriscono e tagliano la carne, non importa se di un bambino, di una donna o di un uomo quando vengono spinti oltre il confine. Qui i rifugiati sono usati come la posta in gioco di un conflitto crescente. Il governo di Minsk non permette loro di tornare indietro. Passano giorni, notti, settimane, mesi ormai all'addiaccio, senza cibo né acqua. Tra questi, una percentuale di bambini mai vista prima. Che cosa stanno facendo i politici? Li abbiamo scelti in modo che possano proteggere tutti coloro le cui vite sono in pericolo nel nostro Paese, compresi quanti sono intrappolati lungo il confine. Cosa stanno facendo per fermare queste torture? Perché di questo si tratta. Facciamo previsioni, analizziamo la situazione, i problemi, le strategie e intanto gli esuli con le loro famiglie o da soli supplicano l'Europa di intervenire perché sono in pericolo di vita. I medici che intervengono nelle zone limitrofe della Foresta Maledetta sono allo stremo, in difficoltà di fronte a questo disastro umanitario e a questa politica criminale del governo polacco che vieta di prestare soccorso ai migranti, in flagrante violazione della convenzioni sui rifugiati. In Polonia le persone vengono cacciate come selvaggina, senza pietà, con i bambini costretti a mangiare radici nella speranza di placare la fame. Di notte alcuni osano bussare alle porte delle rare case che si trovano nelle vicinanze. Alcuni abitanti - i Giusti del 2021 - li aiutano di nascosto perché il governo ha annunciato pene detentive per chi soccorre i migranti invece di informare le autorità. Il sindaco di Michalowo, capo di un Comune che aiuta in modo esemplare, è già stato minacciato di essere processato per le sue azioni umanitarie. La retorica sulla sicurezza, tanto cara ai politici che alimentano la paura di un'invasione di stranieri, ha funzionato bene. Siamo riusciti a desensibilizzare gli europei sul destino dei giovani in esilio. In Polonia questa situazione era già stata sperimentata lo scorso agosto quando 32 persone, circondate da soldati polacchi (guardie di frontiera, agenti di polizia e militari) hanno trascorso più di 4 settimane senza tende, senza riparo, senza cibo, senza acqua, né assistenza medica. Presi in trappola e costretti persino a defecare sotto lo sguardo delle guardie. Tutto questo era una prova. Per un mese, sotto lo sguardo dei media, abbiamo potuto vedere intorno a questo gruppo di prigionieri la mobilitazione della società polacca. C'erano molti attivisti, un gruppo di medici sempre più numeroso, alcuni parlamentari e una visita di due (solo DUE!!!!) uomini delle chiese cattolica e protestante. Attenzione, non alti dignitari, piuttosto "ribelli". Tutta questa mobilitazione è finita all'inizio di settembre, quando le autorità hanno annunciato lo stato di emergenza e i media con attivisti e medici sono stati evacuati. Perché? Basterebbe revocare il divieto di aiutare i migranti per salvarli tutti. Le autorità polacche devono consentire alle organizzazioni umanitarie di svolgere il proprio lavoro. E i soldati devono fermare le deportazioni delle persone che sono riuscite a entrare in territorio polacco, perché ciò equivale a ucciderle. Ci sono dei civili in pericolo. Abbiamo l'obbligo di salvarli».

RISCHIO DISNEY PER NOTRE DAME

Presentata una petizione contro il “recupero disneyano” di Notre Dame a Parigi, colpita da un incendio nel 2019. Criticati le opere d’arte moderna nella navata, le installazioni interattive e gli effetti luminosi. Emanuela Minucci per La Stampa.

«Primo tweet di un professore della Sorbonne: «Stanno facendo a Notre-Dame qualcosa che su Westminster Abbey o San Pietro sarebbe stato improponibile». Secondo cinguettio di una storica dell'arte con studio vista cattedrale: «Vogliono trasformare l'abbazia in un gonfiabile attira-turisti ma sappiano che Parigi non lo permetterà». All'intellighenzia parigina proprio non è andato giù il progetto di restauro interno della loro amata cattedrale devastata dall'incendio del 15 aprile di due anni fa. Anzi, qualcuno lo considera una iattura peggio dell'incendio stesso: «Perché quel progetto autolesionistico è voluto». Non ci stanno, quindi, gli intellettuali parigini a vedere trasformare Notre-Dame in una specie di Disneyland acchiappa turisti fatta di quinte a scomparsa, led teatrali e installazioni concettuali. E ieri lo hanno urlato forte e chiaro a quella Commission nationale du patrimoine et de l'architecture (Cnpa) che doveva approvare un turbinio di effetti speciali racchiusi in uno dei simboli più intoccabili di Francia. Era normale si scatenasse il dissenso. Meno che diventasse una petizione firmata da un centinaio di personalità della cultura transalpina. Ma nonostante l'elenco di «resistenti per Notre-Dame» sia stato consegnato ieri a Le Figaro e a La Tribune de l'Art la commissione non si è lasciata intimorire e ha dato un primo via libera ai lavori. Fra le novità volute dall'Arcidiocesi di Parigi sotto la direzione di Gilles Drouin - numero uno dell'Institut supérieur de liturgie de l'Institut catholique de Paris - pure l'installazione di un nuovo fonte battesimale al centro della navata e parecchie opere d'arte contemporanea a costellare le navate laterali. Quanto alle panchine rimovibili pare che ieri siano state stoppate. La commissione non si è invece scandalizzata per l'illuminazione che cambia a seconda delle stagioni e le videoproiezioni alle pareti. I lavori sotto accusa interesseranno diverse parti della cattedrale: cappelle, vetrate, organo e naturalmente la guglia ottocentesca. E proprio da quest' ultima è partito il sogno di una modernizzazione di Notre-Dame. Peccato che l'architetto Maurice Culot, molto noto a Parigi, sostenga che ci si stia facendo prendere a dir poco la mano: «Quello che stanno proponendo è una specie di parco a tema infantile e banale che cozza totalmente con la solennità del luogo». Eppure secondo un rapporto del Daily Telegraph il progetto di restauro degli interni prevede pure cappelle a tema (c'è l'angolo dedicato all'Asia e all'Africa e quello a tema ecologista), proiezioni in varie lingue, murales e effetti luminosi e sonori che varieranno a seconda della forma liturgica al fine di creare «diversi spazi emotivi». Una Notre-Dame più inclusiva, accessibile e politicamente corretta, sostengono i progettisti. «Disneyficazione vergognosa» ribattono gli intellettuali. E accusano: «Dicono di voler evangelizzare i turisti di fede non cattolica, ma il risultato è che il monumento viene privato della sua forza spirituale in favore di un turismo effimero e spettacolarizzato». Secondo un filosofo dell'arte che ieri ha scritto una lettera a Le Monde «siamo alla follia del politicamente corretto. Vogliono fare di Notre-Dame una sala di esposizione liturgica sperimentale che non esiste da nessun altra parte, mentre dovrebbe essere un punto di riferimento, dove ogni modifica va trattata con la massima prudenza». Una cosa è certa. Le novità più importanti contenute nel progetto non riguardano le parti danneggiate. Si è colta insomma l'occasione di utilizzare i fondi raccolti per la rinascita della cattedrale per renderne più «stimolante» la visita. Il bilancio di giornata è affidato a uno striscione apparso ieri davanti alla cattedrale. Un Quasimodo in lacrime che allarga le braccia: Ce n'est plus ma maison».

LILIANA SEGRE SULLA LIBERAZIONE DI ZAKI

La senatrice a vita Liliana Segre commenta sulla Stampa la liberazione di Patrick Zaki.

«Quando la porta di una cella si apre, si aprono in realtà speranze e angosce, possono annunciarti la libertà, oppure un'esecuzione, possono consegnarti una lettera dei tuoi cari oppure portarti nella camera delle torture. Nel caso di Patrick Zaki questa volta si è aperta una speranza e io sono davvero felice che ora questo ragazzo sia libero: nessun giovane dovrebbe mai finire in una cella, essere privato della libertà senza aver fatto nulla di male. A me successe che avevo 13 anni e so bene cosa significa. Avevo votato in Senato per la richiesta di cittadinanza di questo studente dalla faccia simpatica e rimango convinta che gliela si debba concedere. In quell'occasione mi ero autoproclamata idealmente sua "nonna" e figuriamoci quindi se non aprirò la porta a questo "nipote" che spero di riabbracciare qui in Italia quanto prima. Ho letto che a lui farebbe piacere, quindi gli dico di resistere, di tenere duro perché il primo passo verso la libertà è stato compiuto. Mi aveva molto colpito la storia di questo giovane studente universitario tornato in Egitto per incontrare i suoi e incarcerato per un reato di opinione. Storia ancor più impressionante considerando quanto era accaduto a Regeni. E mi aveva toccato un episodio di cui si era venuti a conoscenza: di quando cioè gli avevano aperto la porta della cella e invece di liberarlo lo avevano semplicemente trasferito in un altro carcere. So bene che ansia ti prende quando aprono la porta della tua cella: tu speri sia per rimetterti in libertà ma sai anche che potrebbe essere per qualcosa di tremendo. Aprire una porta ha tanti significati e possiamo sapere cosa succede dopo soltanto attraversando quella soglia. Patrick lo ha fatto e posso solo immaginare con quali timori avrà camminato tra le guardie. Ora è a casa dalla sua famiglia e questo è ciò che conta. Noi qui aspettiamo il suo ritorno fiduciosi».

ADDIO LINA, AMATA DA SCORSESE E ALTMAN

È scomparsa Lina Wertmüller all’età di 93 anni. Omaggio al “grande talento che ha travolto il noioso cinema politico d'autore, senza bisogno delle quote rosa”. Il commiato è di Maurizio Crippa Sul Foglio.

«Con un nome e un cognome persino più lunghi dei proverbiali titoli fluviali dei suoi film, che scherzavano coi sommari dei rotocalchi e dei romanzi d'appendice, non era tipo da farsi mettere i piedi in testa da nessuno - colleghi maschi, attrici femmine e tantomeno critici - anche utilizzando per tutta la vita solo la versione breve: Lina Wertmüller. Con la quale s' è del resto guadagnata, senza dover rivendicare quote rosa, un posto nella storia del cinema: prima donna a essere candidata all'Oscar per la miglior regia, Pasqualino Settebellezze, nel 1977 (ma c'erano anche le nomination come film straniero e per la migliore sceneggiatura originale). E se per la statuetta alla carriera ha dovuto attendere i 91 anni, nella sua casa romana, nel 2020, poco male. L'allegria era la stessa, e anche l'allergia alle altrui ipocrisie. Ora che si riscopre che fu la regista del Giornalino di Gian Burrasca (e qualche domanda à rebours su chi abbia cavato il meglio da Rita Pavone ci vorrebbe) e poi collaboratrice di Garinei & Giovannini, si finge con un "ah, già" di aver sempre saputo da dove venisse quel suo mestiere solidissimo, quel senso dello spettacolo (leggero: non è un'offesa) che riusciva a far capire anche le cose serie, ma senza mai piegarsi ai birignao d'autore. Come sapesse far cadere la politica nel romanzo d'appendice e di costume - Mimì metallurgico, Film d'amore e d'anarchia -, o la battaglia dei sessi nella satira di costume. Scorsese adorava i suoi film, Altman s' inginocchiò per un baciamano. Henry Miller ammetteva che Hollywood non avrebbe mai avuto il coraggio, nel 1974, di girare Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto. In Italia il contrario. Il suo cinema volutamente popolareggiante, con un occhio e un orecchio al melodramma, infastidiva i puristi. Nanni Moretti nel suo film d'esordio, quello prima di prendersela con Alberto Sordi, letteralmente sbavava bile alla notizia che a Lina Wertmüller fosse stata assegnata una cattedra di Cinema a Berkley. Non ne fece una malattia, ma non cambiò giudizio neppure anni dopo: "Un cafone". Troppo disinvolto il suo cinema, lontano dalle ubbie cinéphile. Se in America perdonavano il suo essere di sinistra, in Italia non le perdonarono di non essere una devota della chiesa- partito. Tra le molte "ultime interviste" riprese ieri, ce n'è una meno frequentata, di Barbara Palombelli: "Sono sempre stata di sinistra, non ho mai avuto tessere e questo fa irritare. Mi hanno dato della craxiana, come fosse un insulto. Era un uomo intelligente, coraggioso, è stato l'unico ad alzarsi in Parlamento e a confessare la verità sui finanziamenti ai partiti". Piango la Lina Wertmüller del 1963 ossia la Wertmüller dell'esordio, ancora lontana dai titoli lunghi e da Giancarlo Giannini. In quell'anno miracoloso per il cinema ("8 ½ " ! "Il gattopardo"! "La ricotta"! "Ieri, oggi, domani"! "La bella di Lodi"!) e per l'italia tutta (boom economico) fu autrice, regista e sceneggiatrice, di un film ambientato tra Puglia e Lucania e con un titolo corto: "I basilischi". Tra Puglia e Lucania perché lei era svizzero- lucana, ma non figlia di lucani emigrati in Svizzera bensì di svizzeri scesi in Lucania, caso un po' più raro. Piango la controra che nel film è descritta magnificamente, piango i pranzi in silenzio col rumore dei cucchiai che quasi scavano nei piatti (non c'era più la fame ma c'era ancora l'appetito), piango il capofamiglia che dopo pranzo si butta nel letto incravattato, piango il circolo per soli uomini dove si parla di politica e si liquida il fascismo (che al Sud era ed è ancora un'endemia) come "quella vecchia idea", piango il bambino piccolissimo che balla il twist (erano pure i giorni del twist) senza musica, canticchiando e sgambettando nella piazza assolata. Insieme a Lina Wertmüller piango il Sud che non c'è più: il Sud dei paesi, il Sud che non offriva niente (ce ne siamo scappati quasi tutti) e però bellissimo come la noia, come i sogni, come le piazze vuote».

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A Landini non basta un miliardo

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