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"Appello alla ragione"

Missili e morti tra Israele e Iran, dopo l'attacco di venerdì. Trump: Putin ed io vogliamo la fine della guerra. Papa Leone: incontro e dialogo. Oggi G7 in Canada, ma il mondo corre verso il conflitto

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Alessandro Banfi
giu 15, 2025
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Una nuova guerra incendia il mondo. Stamattina all’alba ora italiana gli attacchi iraniani su Israele hanno fatto otto morti e 200 feriti. È l’ultima risposta di Teheran all’offensiva militare Rising Lion, iniziata da Israele venerdì, alla vigilia dei colloqui Usa-Iran sulla proliferazione nucleare. Ieri Benjamin Netanyahu aveva alzato ulteriormente il livello dello scontro colpendo gli impianti iraniani del greggio di Bandar Abbas. Adesso è a rischio l’accesso allo stretto di Hormuz da dove passa gran parte del petrolio. L’Iran denuncia decine di vittime. Sono stati ieri ufficialmente annullati i colloqui con gli americani che avrebbero dovuto iniziare proprio oggi in Oman. La propaganda degli ayatollah di Teheran ha minacciato ieri di colpire le basi di Usa, Francia e Regno Unito, alleati occidentali di Israele.

La nuova guerra israelo-iraniana dominerà il G7 che comincia oggi in Canada, sia per il rischio di un’ulteriore escalation nella regione, sia per la totale incertezza della reazione statunitense e dei suoi effetti sugli equilibri mondiali. I leader dei Sette (Giorgia Meloni è già arrivata) avranno tre giorni a Kananaskis, sullo sfondo delle Montagne Rocciose, per creare un fronte unito che spinga i contendenti alla de-escalation, sperando di includervi anche Donald Trump.

Ieri il presidente americano ha avuto una telefonata di 50 minuti con Vladimir Putin, che ha condannato le operazioni militari israeliane contro l’Iran, invitando Trump a tornare al tavolo dei negoziati per il nucleare iraniano, sventolando in cambio il suo «interesse in una rapida risoluzione del conflitto con l'Ucraina». Dopo il colloquio il capo della Casa Bianca ha commentato: «Per noi due – riferendosi a Putin – la guerra tra Iran e Israele deve subito finire».

Una voce chiara contro la guerra è stata quella di Leone XIV. Il Papa ieri ne ha parlato al termine dell’udienza giubilare svoltasi ieri nella Basilica di San Pietro gremita da seimila fedeli (qui l’integrale). «Anche in questi giorni, in effetti, giungono notizie che destano molta preoccupazione. Si è gravemente deteriorata la situazione in Iran e Israele, e in un momento così delicato desidero rinnovare con forza un appello alla responsabilità e alla ragione. L’impegno per costruire un mondo più sicuro e libero dalla minaccia nucleare va perseguito attraverso un incontro rispettoso e un dialogo sincero, per edificare una pace duratura, fondata sulla giustizia, sulla fraternità e sul bene comune. Nessuno dovrebbe mai minacciare l’esistenza dell’altro. È dovere di tutti i Paesi sostenere la causa della pace, avviando cammini di riconciliazione e favorendo soluzioni che garantiscano sicurezza e dignità per tutti».

Tanti i commenti nei giornali del fine settimana che aiutano a farsi un’idea su quello che sta accadendo. Lucio Caracciolo su Repubblica di sabato e Paolo Mieli sul Corriere di oggi (i cinque motivi per cui l’operazione israeliana potrebbe essere un clamoroso autogol per lo stesso Israele) rivelano tutte le difficoltà del momento. I cinquantamila morti palestinesi della Striscia di Gaza passano in secondo piano. Non solo ma come nota, Francesco Strazzari sul Manifesto: «La figura di Donald Trump che pone fine alle guerre attraverso un sapiente mix di negoziati e azioni decisive è una chimera molto pericolosa, tanto più per l’Europa, esposta sia sul fianco ucraino sia su quello mediorientale. È desolante come l’Italia, pavidamente muta su ogni azione di Israele, resti agganciata con pervicacia a questa illusoria proiezione».

Ultima considerazione: la vampata del nuovo conflitto è un ulteriore sdoganamento del globo verso una guerra generalizzata. Come dice Jeffrey Sachs al Fatto di sabato: «Israele promuoverà una sorta di guerra eterna. Non può uccidere tutti gli arabi e gli iraniani, però ormai sogna di farlo o almeno di sottometterli. (…) Siamo più vicini che mai alla guerra mondiale. I nostri governi si comportano come bambini che giocano con i fiammiferi. E stanno appiccando un fuoco che non sarà facile spengere».

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