Armano la tregua
Putin-Zelensky duello a distanza, sganciano frasi "ordigni". Ma Washington insiste per il negoziato, europei divisi. Renzi prosciolto per Open. Salvini oggi a giudizio sui migranti. Mencarelli sul TSO
Le parole di Vladimir Putin e di Volodymyr Zelensky sono cadute ieri sull’opinione pubblica mondiale davvero come ordigni che hanno alimentato i fuochi della guerra, anche se fra di esse ci sono aperture e si avvertono spiragli verso il negoziato. Il presidente ucraino ha parlato dalla tribuna europea, invitato dai 27. La sera prima aveva cenato con Mark Rutte, segretario generale della Nato e con gli altri leader. Dopo il realismo manifestato alla vigilia (“Non potremo mai riconquistare Donbass e Crimea”), ieri Zelensky ha sgombrato il campo anche dall’ipotesi avanzata in queste settimane da Emmanuel Macron, che vorrebbe quasi ignorare la vittoria di Donald Trump: “Abbiamo bisogno degli Usa”. In altre parole, a Kiev non basta il sostegno degli europei (e l’ingresso nella Ue), vuole la garanzia diretta della Nato. Allo stesso tempo il presidente ucraino ha reagito duramente ai messaggi in arrivo da Mosca e ha definito Putin “un pazzo nazista”.
Vladimir Putin ha parlato nella conferenza stampa di fine anno ed è sembrato anche lui disposto a parlare col presidente americano della fine della guerra. Ha detto: «La politica è l’arte del compromesso. Noi abbiamo sempre detto di essere pronti ai negoziati. Solo che la controparte ha sempre rifiutato di parlarci». Solo che poi ha aggiunto una velenosa richiesta, come precondizione al processo di pace: nuove elezioni in Ucraina perché Zelensky non sarebbe “rappresentante legittimo”. Rinnovando l’impressione di voler interferire nelle vicende politiche dei Paesi confinanti.
Da Washington la spinta c’è: Donald Trump in un colloquio telefonico con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, ha fatto sapere che la guerra «dura da troppo tempo». «È essenziale - ha riferito il leader tedesco-intraprendere al più presto possibile la strada verso una pace giusta, equa e duratura». L’Europa d’altra parte è divisa. Arriva al possibile momento del negoziato sull’Ucraina con una debolezza politica notevole: Francia e Germania non hanno di fatto governo, né avranno stabilità politica per i prossimi mesi. Ieri il New York Times ha dedicato il suo commento sulla crisi ucraina al “vacuum”, al vuoto europeo. Giorgia Meloni, racconta oggi il Corriere in un retroscena, avrebbe detto nel corso della cena con gli altri leader, che «bisogna essere onesti, per molti di noi è diventato anche un problema di politica interna e anche se il mio partito non ha mai avuto incertezze sul sostegno a Kiev, è anche vero che gli italiani fanno sempre più fatica a sostenere il nostro sforzo». Ieri, intanto, la Commissione Europea ha annunciato il varo di un’assistenza macrofinanziaria a Kiev di 18,1 miliardi di euro, che sarà erogata a rate nel corso del prossimo anno.
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