"Arrestate Netanyahu"
Richiesta di arresto dall'Aia per il premier israeliano insieme a Gallant e ai capi di Hamas. Israele furioso. Lutto a Teheran, si vota il 28 giugno. Slitta il CdM sui piccoli abusi. Schmitt a teatro
Folle in preghiera e lutto ufficiale ma anche giubilo nei social e sui balconi per la morte del “boia” di Masha Amini e di tante donne ferite e uccise in questi mesi. La notizia ufficiale della morte del presidente iraniano Ebrahim Raisi, il suo corpo fra i resti dell’elicottero caduto è stato trovato 24 ore fa, è già stata metabolizzata dall’Iran e dalla comunità internazionale. Iniziano oggi i funerali ed è già stata fissata la data del 28 giugno, fra cinque settimane, per il voto. Al di là dei messaggi di protocollo, come nota Daniele Raineri su Repubblica, il mondo si è tornato a dividere anche in questa occasione nei due nuovi blocchi dell’ultima stagione geopolitica: fra Paesi occidentali e Sud del mondo. In India, per fare un esempio, è stata proclamata una giornata di cordoglio nazionale. All’interno dell’Iran, come spiegano gli esperti, paradossalmente gli ayatollah rischiano di perdere sempre più potere rispetto al peso dei pasdaran e dei militari: il nome del Presidente designato farà capire il nuovo equilibrio fra le diverse fazioni del potere a Teheran. Difficile invece pensare che la morte del boia Raisi possa aprire una stagione di veri cambiamenti.
L’altra grande notizia di oggi riguarda la richiesta del Procuratore inglese alla Corte Penale dell’Aia Karim Ahmad Khan di mandati di arresto per tre capi di Hamas: Yahya Sinwar, Mohammed Deif e Ismail Haniyeh. E per i vertici israeliani, il premier Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant, in riferimento alla violazione degli articoli 7 e 8 dello Statuto di Roma: crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Le parole usate dal giudice Khan si riferiscono a fatti circostanziati come: starvation, civilian targeting, extermination. Le conseguenze, se la richiesta fosse accolta, sarebbero soprattutto politiche. 123 Paesi nel mondo riconoscono la Corte Penale. Fra di essi non ci sono Usa, Russia, Cina e neanche Israele. Ma certo politicamente e storicamente è la prima volta che un Paese che si definisce democratico viene accusato in questi termini.
Israele si ribella in blocco a questa decisione: si sente profondamente ferito dall’equiparazione di vittime e carnefici, come scrive da noi Giuliano Ferrara sul Foglio. E tuttavia le accuse dell’Aia sono tutt’altro che generiche e si riferiscono a fatti che avrebbero bisogno di una risposta nel merito.
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