Attacco americano
Gli Usa bombardano l'Iran: colpiti tre siti. Netanyahu: "Cambia la storia". La guerra si allarga. Fino a che punto? Missili su Tel Aviv. Papa Leone contro la guerra. Parolin contro il riarmo
Edizione della Versione presta e d’emergenza oggi, sebbene sia domenica. I giornali sono superati dall’attualità. Perché nella notte italiana l’aviazione degli Stati Uniti ha colpito tre siti iraniani. Lo ha annunciato su X (vedi Foto del Giorno) il presidente Donald Trump, con alcune righe dal tono che vorrebbe essere solenne. Le parole “bombe” e “pace ora” sono scritte in maiuscolo a sottolineare la preoccupazione della Casa Bianca. Che cosa infatti succederà ora? Poco fa si sono verificate a Tel Aviv forti esplosioni per il lancio di alcuni missili dall’Iran. In un video pubblicato in inglese, il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha ringraziato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump per l’attacco. “La decisione di Trump è coraggiosa e cambierà la storia”, ha affermato il primo ministro. È l’inizio di un allargamento internazionale della guerra iniziata da Israele contro l’Iran? La domanda è angosciosa ed aperta.
In effetti nelle ultime ore, l’ipotesi che gli Usa entrassero direttamente in guerra circolava con insistenza. Si immaginava che la frase sulle “due settimane” prima di decidere fosse un’altra manovra elusiva di Trump e che il week end, coi mercati chiusi e i bombardieri spostati vicino al Medio Oriente, potesse essere il momento giusto dell’attacco. Sul fronte iraniano, il Corriere riporta oggi fonti da Teheran secondo le quali Ali Khamenei «ha scelto una serie di sostituti nella catena di comando militare nel caso in cui altri suoi luogotenenti venissero uccisi». Avrebbe anche nominato tre alti esponenti del clero come candidati a succedergli nel caso lui stesso venisse eliminato, forse presagendo l’attacco americano.
Dissidenti, rifugiati all’estero e oppositori degli ayatollah hanno ripetuto in questi giorni che le bombe israeliane potrebbero non portare al cambio di regime, che pure tanti auspicano dentro e fuori l’Iran. Lo dice la premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi sabato al Corriere: «Credo profondamente che la democrazia, i diritti umani e la libertà non si ottengano attraverso la violenza e le bombe. Chiedo che questa guerra venga fermata». Rami Bahrami, grande pianista iraniano, in questi giorni di scena a Taormina, dice oggi: «Prima da essere umano e poi da musicista io supplico i potenti che la Terra rimanga un posto dove valga la pena di vivere: se continuiamo con questo modo di agire tutto ciò è in pericolo. Supplico ed esorto la politica di trovare un accordo. Meglio un accordo, magari non del tutto riuscito, che le bombe: ricordo che Federico II di Svevia e il Saladino sono riusciti, giocando a scacchi, a salvare il Mondo nel Medioevo. Torniamo all’arte del dialogo e del ragionamento».
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