La Versione di Banfi

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Boom del virus, nuovi divieti

alessandrobanfi.substack.com

Boom del virus, nuovi divieti

Nuovo balzo nei contagiati e nei ricoveri. Inevitabile la stretta di Capodanno. Oggi parla Draghi. Corsa al Colle: centro sinistra unito, per la Moratti mr. B è il candidato unico. Il Papa sulla pace

Alessandro Banfi
Dec 22, 2021
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Boom del virus, nuovi divieti

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Il nuovo boom del Covid. Sono andato a vedere il bollettino dei dati giornalieri esattamente un anno fa. Era questo: il tasso di positività sale al 12,3%, 10.872 casi, 415 morti in 24 ore. Quello di oggi recita: il tasso di positività scende al 3,6%, 30.798 casi, 153 decessi in 24 ore. Nei numeri del raffronto c’è già tutto: siamo in un’enorme ondata di contagio, senza precedenti. La buona notizia è che se i contagiati sono tre volte tanto, i morti sono invece un terzo di allora. È il grandioso effetto dei vaccini e della saggezza degli italiani che quasi al 90 per cento (per la precisione 89,35%) degli over 12 hanno scelto di proteggersi con le dosi. Le nuove frontiere di prevenzione sono ora la terza dose (siamo stamattina al 76% di chi deve farla) e il vaccino ai bambini dai 5 agli 11 anni. Certo la grande quantità dei contagi mette sotto pressione tutte le strutture: dal semplice tampone (ieri code in tutta Italia) fino alle terapie intensive. 9mila i ricoverati nelle ultime 24 ore. Non possiamo permettercelo. Vedremo domani quali misure drastiche sceglierà il Governo di varare per contenere l’ondata invernale della pandemia.

Oggi Mario Draghi terrà la conferenza stampa di fine d’anno e certamente dirà qualcosa in più. Non solo sulla pandemia ma anche sulla legge di Bilancio, approdata finalmente in Aula al Senato, e forse anche sulla corsa al Quirinale. Corsa che agita leader e partiti. Ieri con una mossa a sorpresa il centro sinistra, con Letta, Conte e Speranza, si è riunito per parlarne, anticipando di 24 ore la convocazione del centro destra, prevista per oggi nella Villa di Berlusconi a Roma. Intanto ieri sera Sergio Mattarella ha ricevuto un altro caldissimo invito della gente a restare sul Colle: ovazione e grida di Bis al Maggio Fiorentino. Letizia Moratti, dopo un giorno nei borsini del Quirinale, ieri da Milano ha precisato: “Il centro destra ha un candidato unico: Silvio Berlusconi”.

Il Papa ha reso noto il tradizionale messaggio in occasione della Giornata mondiale della pace del primo gennaio. Ci sarà tempo per comprenderne la portata: si rivolge ad un pianeta turbato da venti di guerra e diseguaglianze, non solo economiche, come dimostra la pandemia. A proposito, fa inorridire la denuncia delle Nazioni Unite a Ginevra sul trattamento riservato da Polonia e Bielorussia al team dell’Onu che si è recato sul confine tra Polonia e Bielorussia. Come può l’Europa accettare simili comportamenti? Il Natale delle lanterne verdi dovrebbe essere un messaggio per tutti i governi.    

Qual è il significato del Natale? Comunque la pensiate, è la memoria di un dono, di una nascita, di una vita data per gli altri. L’invito che vi faccio è allora tornare ad ascoltare, in questi giorni più tranquilli e familiari di festa e di riposo, il mio podcast Le Vite degli altri realizzato per Chora Media e con Vita.it, grazie al sostegno della Fondazione Cariplo. Sono dieci puntate di circa venti minuti in cui dieci persone raccontano loro stessi e il motivo per cui sono state premiate dal Capo dello Stato per i loro meriti civili o sociali. Potete ascoltarle camminando, lavando i piatti, guidando la macchina (con bluetooth o cuffiette). La voce ha tutta la potenza estetica di un incontro intimo, ravvicinato e spesso profondo. Ci sono giovanissimi, come Mattia-Spiderman che fa visita ai bambini in Oncologia, quarantenni come Ciro che resiste dentro Gomorra dando nuove possibilità ai giovani del quartiere più difficile di Napoli ed anziani come il novantenne Nonno Chef, instancabile con i senza tetto, che ci ha lasciato le sue parole, prima di scomparire. In questa serie ci sono tante donne, che ho imparato ad ammirare e che stimo dal profondo del cuore: Chiara che ha mosso migliaia di giovani, Nicoletta che è una vera cuoca combattente, Rosalba che contende lo spazio alla camorra dalla sua scuola di Scampia, Tiziana che ama, e riscatta con l’impegno, la sua gente nei casermoni di Tor Bella Monaca, Rebecca che si è ripresa Roma cominciando a ripulire l’isolato di casa sua, Anna che ha messo su un’impresa sociale di moda con le eccedenze dei grandi marchi e i lavoratori disabili e suor Gabriella che guida una rete internazionale contro la tratta e lo sfruttamento delle ragazze. Simone Weil nel suo libro La persona e il sacro scrive: “Dalla prima infanzia sino alla tomba, qualcosa in fondo al cuore di ogni essere umano, nonostante tutta l’esperienza dei crimini, compiuti, sofferti e osservati, si aspetta invincibilmente che gli venga fatto del bene e non del male”. Il Natale conta su questo cuore. Cercate questa cover…

… e troverete Le Vite degli altri su tutte le principali piattaforme gratuite di ascolto: Spotify, Apple Podcast, Google Podcast... cliccate su questo indirizzo potrete trovare tutti gli episodi:

https://www.spreaker.com/show/le-vite-degli-altri_1

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Vediamo i titoli.

LE PRIME PAGINE

Il Corriere della Sera annuncia la stretta del governo: I divieti per Capodanno. Quotidiano Nazionale si chiede: L’Europa si blinda. Cosa farà l’Italia? La Repubblica sottolinea i dati record nei positivi: Contagi, l’ondata di Natale. La Stampa mette fra virgolette la porposta del ministro della Salute Speranza: “Tamponi anche nei luoghi a rischio”. La Verità ironizza: Il tampone sotto l’albero. Molto simile Il Giornale: Cenone con tampone. Il Fatto insiste che manca il tracciamento: Sempre più infetti ma non li cerchiamo. Il Mattino teme per la scuola: Omicron, torna l’incubo Dad. Della legge di Bilancio si occupano Il Sole 24 Ore: Primo sì alla manovra, le ultime novità. Così cambiano i bonus per la casa. Critico il Domani: Assalto alla legge di Bilancio meno discussa di sempre. Il Manifesto commenta la foto di Palazzo Madama riunito ad oltranza col titolo ironico: Bed & breakfast. Il Messaggero intervista il ministro della Transizione Cingolani: «Riapriremo i pozzi italiani per frenare il caro bollette». Libero dà spazio alle critiche di Israele perché la Boldrini ha ricevuto un ospite palestinese in una sede istituzionale: Un terrorista alla Camera. Avvenire racconta il messaggio del Papa per la Giornata internazionale del primo gennaio: Tre vie di pace.

LA STRETTA RIGOROSA DEL GOVERNO

Lotta al Covid. Domani il decreto del governo che dovrebbe stabilire nuove misure. Ieri oltre 30 mila contagi e 153 morti. E c'è chi chiede vacanze scolastiche più lunghe. Il punto sui possibili divieti di Sarzanini e Guerzoni per il Corriere.

«Divieti e restrizioni per le feste di Capodanno, mascherine obbligatorie all'aperto in tutta Italia, terza dose anticipata da cinque a quattro mesi dopo l'ultima inoculazione, green pass valido soltanto sei mesi. Di fronte a una curva epidemiologica che si impenna e alle strutture sanitarie che rischiano di andare in affanno, il governo decide per una stretta rigorosa. Senza escludere misure drastiche per i non vaccinati, compreso il coprifuoco. Il decreto che sarà approvato domani garantirà l'apertura delle attività e dei negozi, ma non potrà non tenere conto di quanto sta accadendo nel resto d'Europa e nel nostro Paese dove i contagi superano quota 30 mila, i ricoverati in terapia intensiva sono mille e i morti 153. Le parole che il presidente del Consiglio Mario Draghi pronuncia di fronte all'assemblea degli ambasciatori segnano la strada: «La campagna di vaccinazione ci ha permesso di salvare vite e di riaprire l'economia, le scuole, i luoghi della nostra socialità. L'arrivo della stagione invernale e la diffusione della variante Omicron ci obbligano però alla massima cautela nella gestione dei prossimi mesi». Lo stesso premier ha sempre messo in cima alle priorità dell'esecutivo la presenza a scuola degli studenti, ma sarà la cabina di regia convocata a Palazzo Chigi a decidere se sia necessario prolungare le vacanze di due settimane come chiede Forza Italia. I partiti Ieri sera, dopo l'incontro con il leader dei 5 Stelle Giuseppe Conte e di Leu Roberto Speranza, il segretario del Pd Enrico Letta ha confermato «la preoccupazione per quanto sta accadendo e l'appoggio a una politica di misure severe». Il leader della Lega Matteo Salvini dice di essere «contrario al tampone obbligatorio, altrimenti chi ha fatto tre dosi poi si chiede "perché ho fatto tutto questo?" e l'importante è che non ci siano chiusure a Natale, Capodanno, Epifania: lasciamo lavorare la gente», ma appare comunque possibilista quando spiega di essere «in attesa delle proposte». Variante Omicron Le prime evidenze sulla presenza della variante Omicron in Italia consegnate a Draghi dagli scienziati del Cts confermano la contagiosità del virus mutato e fanno presumere che entro la metà di gennaio possa esserci un nuovo picco. Di fronte a una situazione di massima allerta, gli esperti chiedono una spinta ulteriore alla vaccinazione riducendo i tempi di intervallo per il richiamo e il booster. Ma anche restrizioni severe «per evitare gli assembramenti che potrebbero causare conseguenze gravi». Richiamo a 4 mesi Come già sta accadendo in altri Stati, il decreto potrebbe contenere il via libera a effettuare la terza dose quattro mesi dopo la seconda, in modo da ridurre il rischio per la mancata copertura vaccinale già evidenziata con il trascorrere del tempo rispetto alla variante Delta e adesso anche per la Omicron. La carta verde L'intervallo ridotto porta inevitabilmente a una validità inferiore del green pass rafforzato. Gli attuali 9 mesi vengono ormai ritenuti dannosi per garantire una «copertura» adeguata e sembra scontato che saranno ridotti a 6, se non addirittura a 5. Tampone alle feste In discoteca, alle feste di Capodanno, agli altri eventi dove non è garantito il distanziamento anche chi è vaccinato dovrà presentare un tampone con esito negativo effettuato nelle 48 ore precedenti. Molti sindaci e governatori hanno già disposto divieti per i festeggiamenti in piazza ma se il quadro epidemiologico dovesse ulteriormente peggiorare non è escluso che il divieto valga per tutta Italia. Coprifuoco È escluso che possa essere fissato il coprifuoco per tutti, ma è aperta la discussione per imporlo a chi non è vaccinato. Obbligo vaccinale Alcuni ministri, in testa Renato Brunetta, premono per imporre l'obbligo vaccinale a tutti i lavoratori. Una misura che scatterebbe a gennaio, dopo le festività natalizie. Ma potrebbe essere previsto entro la fine di dicembre per alcune categorie, i dipendenti dei locali pubblici dove si fa ristorazione e chi lavora a contatto con il pubblico, il front office della pubblica amministrazione. Le vacanze scolastiche La dichiarazione dell'infettivologo Massimo Galli sulla «necessità di pensare a una procrastinazione delle vacanze se le cose vanno male o malissimo», ha scatenato la polemica. La decisione non sarà certamente presa domani, perché «dipenderà dal picco della variante Omicron e solo nel caso di una impennata simile a quella attualmente in corso in Gran Bretagna, potrebbero essere valutate misure ulteriori mentre adesso non siamo in questa condizione», ha chiarito il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri. Ma è comunque un'ipotesi non scartata e per questo per il presidente dell'Associazione nazionale presidi Antonello Giannelli si tratta di «una misura senza alcuna utilità: la via maestra resta quella delle vaccinazioni».

LA BANDA DEL FINTO VACCINO

Inchiesta a Palermo sulla banda dei finti vaccini: l’infermiera svuotava la siringa nella bambagia invece che nel braccio. Un’intercettazione dice: «Per fare la seconda dose servono altri 400 euro». La cronaca sul Corriere di Riccardo Lo Verso.

«L'appuntamento per la seconda dose era fissato nelle prossime ore. Anche stavolta, dicono gli investigatori, sarebbe stata una messinscena, con la siringa svuotata del vaccino anti Covid un istante prima dell'iniezione. Filippo Accetta, 52 anni, non si presenterà. Da ieri è in stato di fermo, assieme ad un amico, Giuseppe Tomasino, 48 anni, e ad Anna Maria Lo Brano, un'infermiera, pure lei 52enne, che in cambio di soldi avrebbe organizzato il bluff dei vaccini nell'hub della Fiera del Mediterraneo a Palermo. La Procura contesta agli indagati i reati di corruzione, falso e peculato per quel bene dello Stato, il vaccino, gettato via. Dieci i casi finora accertati, ma c'è il sospetto che siano di più. Si guarda soprattutto ad Accetta, che con la sua presenza in piazza e sui social si è cucito addosso il ruolo di capopopolo palermitano dei no vax. Potrebbe avere suggerito ad altre persone di rivolgersi all'infermiera, dipendente dell'ospedale Civico, il più grande della città, che faceva lo straordinario alla Fiera. In più avrebbe incassato cifre comprese fra 100 e 450 euro per svuotare la siringa in una garza prima dell'iniezione. L'indagine è partita da un controllo al porto di Palermo. Accetta lo scorso settembre mostrò un referto «alterato» di negatività al tampone ed è finito sotto intercettazione. «La dottoressa vi aspetta qua», diceva Accetta ai figli il 10 novembre scorso. I poliziotti della Digos li hanno pedinati. Tomasino, che nella vita fa il commerciante di detersivi, spiegava: «Però vedi che io nella bambagia ce l'ho visto buttare...». «Pure a me», confermava Accetta. Il bruciore al braccio avvertito da suo figlio era dettato dal «panico». Gli indagati parlavano degli «altri 400 euro» che servivano per la seconda dose, dopo che Accetta ne aveva già sborsati 450. «Ci vediamo al corridoio C», diceva Lo Brano ad altre persone a telefono. Si era sparsa la voce. All'altro capo della cornetta c'era gente disposta a tutto pur di non vaccinarsi e ottenere il green pass. Come «un padre di famiglia» che ha «pagato 450 euro per tre». O come la madre di una ragazza che «è in ansia, è andata fuori di testa». Le telecamere della Digos, d'intesa con i vertici dell'hub, hanno registrato le finte vaccinazioni, comprese quelle di un poliziotto e di una collega dell'infermiera. L'assessore regionale alla Salute Ruggero Razza ha avviato le procedure per il licenziamento. Gli investigatori, coordinati dal procuratore Francesco Lo Voi e dall'aggiunto Sergio Demontis, scavano nella rete di relazioni di Accetta, venditore ambulante di prodotti tipici della cucina siciliana. «Quelli come noi non mollano mai», ripeteva su Facebook prima di manifestare in giro per l'Italia contro governo, vaccini e green pass. In passato è stato leader di un gruppo di precari negli anni in cui Palermo veniva messa a ferro e a fuoco per avere la stabilizzazione. Di recente ha pensato di trasformare il seguito social in consenso elettorale. Voleva candidarsi alle prossime comunali con la Lega. In rete circolano ancora le sue foto con Matteo Salvini, incontrato ad una cena elettorale. Ma i rapporti con il Carroccio sono interrotti da qualche mese, e Accetta ha smesso di parlare della candidatura. «Nessuno gliel'ha mai prospettata e con Salvini non c'è stato nulla di più di un selfie in mezzo a centinaia di persone in occasione di una tappa a Palermo», dicono dallo staff del leader leghista. Accetta è tornato a sparare contro «i vaccini che non fermano i contagi». C'è un video su TikTok in cui finge di vaccinarsi con un prodotto per il corpo della Johnson & Johnson. In maggio, durante la trasmissione «Dritto e rovescio» su Rete 4, raccontava in lacrime la sua disastrosa condizione economica dopo 15 mesi di stop forzato dell'attività per le restrizioni anti Covid».

NELL’EST EUROPA NO VAX È PASSATA L’ONDATA

In Romania. Bulgaria, Slovenia i contagi tornano al minimo nonostante il numero dei vaccinati resti bassissimo. L'epidemiologo Lopalco dice: "Le epidemie vanno a ondate. Hanno lasciato correre il virus e hanno pagato un prezzo altissimo in termini di vite umane. Con Omicron sarà ancora peggio". Alessandra Ziniti per Repubblica.

«Nella mappa rosso scuro dell'Europa che torna a chiudere sotto lo tsunami del Covid c'è un unico Paese con due zone verdi e tutto il resto in giallo. Ed è la Romania No Vax, da dove è partita la spaventosa onda lunga del virus che in autunno ha travolto tutti i Balcani per poi propagarsi nel resto del Continente. Ma adesso, se c'è un posto in Europa dove il Covid sta arretrando visibilmente è proprio l'Europa dell'Est. In Romania l'esempio più lampante, gli oltre 17.000 contagi in 24 ore del 20 ottobre, ieri erano diventati appena 424. Che cosa ha raffreddato la pandemia considerato che il numero dei vaccinati non è affatto cresciuto e si attesta sempre intorno al 40 per cento? E lo stesso sta accadendo in Bulgaria, Slovenia, Croazia. Come è possibile allora che i Paesi che contano il minor numero di immunizzati in Europa siano adesso proprio quelli che stanno meglio? La risposta fa accapponare la pelle. E sta tutta nel numero dei morti: più di 30mila negli ultimi tre mesi. Ancora la Romania, quasi 25mila da settembre a dicembre a fronte dei 5mila in Italia nello stesso periodo: numeri che se letti in proporzione al numero di abitanti (la Romania ne ha un terzo dell'Italia) spiegano qual è il prezzo altissimo che i Paesi No Vax hanno pagato al Covid. "È esattamente così", spiega l'epidemologo Pierluigi Lopalco. "In questi Paesi con percentuali di vaccinazioni bassissime e senza rigide misure di contenimento, si è lasciato correre il virus a costo di fare strage tra la popolazione. Per molte settimane nei Balcani in ognuno di questi Paesi abbiamo contato anche 400-500 morti al giorno. È un po' la filosofia che all'inizio sembrava voler seguire Boris Johnson nel Regno Unito: lasciar correre il virus che infetta tutte le persone che trova sulla sua strada per poi placarsi. Per questo si chiamano ondate: c'è una partenza dell'epidemia, poi il picco e poi una discesa. È la dinamica naturale di ogni virus. Passata l'onda arriva un periodo di stasi in cui si aspetta che si ricreino le condizioni per far ripartire l'incendio. È chiaro che scegliere di pagare un prezzo così alto in termini di vite umane è folle". Qualche numero per definire meglio l'onda. In Romania il numero dei contagi si è attestato intorno ai 400 al giorno, tanti quanti erano a fine agosto quando è partita l'onda. Anche il numero delle vittime è crollato dai 591 del 2 novembre alle 36 di ieri. Ma, nonostante i 25mila morti di questa ultima ondata, il numero dei vaccinati non si è affatto incrementato e non raggiunge neanche il 40 per cento. Il peggiore d'Europa dopo la Bulgaria dove gli immunizzati non sono mai andati oltre il 27 per cento: 5mila morti in un Paese di 7 milioni di abitanti. Con un'onda anche qui in netta discesa, dove si è passati dai 334 morti dell'8 novembre ai 35 di domenica e i nuovi casi si sono ridotti dai circa 6mila al giorno dei primi di novembre ai poco meno di 2mila di ieri. Lo stesso accade in Slovenia dove il picco si è raggiunto più tardi, l'ultima settimana di novembre con 3.500 casi che adesso si sono ridotti ai 587 di ieri. Dimezzate anche le vittime con un tasso di vaccinazione che almeno qui è riuscito a superare il 55 %. Ovviamente la situazione di relativa tranquillità che, passata la bufera, stanno vivendo i Paesi dell'Est non deve indurre a pensare che la strategia di lasciar correre il virus sia premiante. Il Covid, con la variante Omicron, tornerà anche lì e senza la barriera delle vaccinazioni promette di fare una nuova strage. "Paradossalmente - spiega ancora l'epidemiologo Luigi Lopalco - il controllo della pandemia con i vaccini e con le misure di contenimento provoca lo schiacciamento di una ondata e la rende più lunga con il raggiungimento del cosiddetto plateau. Meno violenta, ma più lunga. Tutto dipende dall'obiettivo che ci si pone e se, come è ovvio, la prima finalità è quella di salvare vite umane, questa resta la strategia vincente. Se nei Balcani i governi non riusciranno a spingere la vaccinazione, a quest'ultima ondata scatenata dalla variante Delta ne seguirà certamente una ancora più violenta con la variante Omicron"».

ISRAELE: “PIONIERI DELLA QUARTA DOSE”

Decisa in Israele la quarta dose per gli over 60 e il personale sanitario: il provvedimento del Comitato di esperti è stato varato per contrastare la variante Omicron. La cronaca di Rossella Tercatin per Repubblica.

«Israele ha deciso: quarta dose di vaccino anti-COVID agli ultrasessantenni e al personale sanitario per contrastare Omicron e una nuova impennata di casi le cui prime avvisaglie si stanno verificando in questi giorni. "Questa è una notizia meravigliosa che ci aiuterà a superare l'ondata di Omicron che sta travolgendo il mondo" ha detto il Primo Ministro Naftali Bennett commentando il provvedimento del Comitato di esperti che coadiuva il Ministero della Sanità nella lotta al coronavirus. "Israele continua a essere in prima linea nello sforzo globale per affrontare la pandemia. I cittadini di Israele sono stati i primi al mondo a ricevere la terza dose del vaccino contro il COVID-19 e saremo i pionieri anche della quarta dose". La vaccinazione sarà a disposizione di tutti gli individui sopra i sessant' anni che abbiano ricevuto la terza dose da almeno quattro mesi - nello Stato ebraico il terzo richiamo è stato offerto a questa fascia di età già a partire da fine luglio. Anche il personale sanitario inoculato da almeno quattro mesi potrà ricevere l'ulteriore vaccino. Inoltre, l'intervallo di tempo minimo tra la seconda e la terza dose verrà ridotto da cinque a tre mesi. "Un altro vaccino per le persone di età superiore ai 60 anni e per il personale medico di tutte le età", ha twittato il Ministro della Sanità Nitzan Horowitz. "Questa è la nostra massima priorità di fronte a Omicron: proteggere gli adulti più vulnerabili e il personale medico". La campagna vaccinale dovrebbe partire immediatamente, hanno fatto sapere le autorità. Finora Israele conta 341 casi accertati della nuova variante, e altri 800 individui sono fortemente sospettati di averla contratta e in attesa dei risultati del sequenziamento genetico. In serata, il Paese ha registrato anche il primo decesso connesso a Omicron: un ultrasessantenne che però soffriva di altre patologie gravi. L'Ospedale Soroka di Beersheva ha comunicato che sebbene il paziente avesse contratto la variante, la causa del decesso non è da attribuire al coronavirus».

USA, “ANCHE TRUMP HA FATTO LA TERZA DOSE”

Il Presidente Usa Biden parla alla Nazione per invitare a vaccinarsi. +640% di contagi a New York nell'ultimo mese: è l'incremento più alto mai registrato. Interviene l’Esercito per aiutare la distribuzione dei tamponi: i supermarket limitano a 4 a testa i kit di autotest. Alberto Simoni per La Stampa.

«La vostra scelta può fare la differenza fra la vita e la morte». Più che parlare alla nazione in diretta tv, il presidente americano Joe Biden si rivolge direttamente agli americani che non sono vaccinati e li invita a mettere da parte dubbi e resistenze e a recarsi subito nel centro più vicino. Perché chi «non è vaccinato ha buone ragioni per preoccuparsi. Può ammalarsi, contagiare la famiglia, e morire». Nel giorno che certifica il dominio sui nuovi casi della variante Omicron su Delta (73% sono riferibili alla variante individuata in Sudafrica) e la prima vittima accertata - un uomo non vaccinato di Houston - a causa della mutazione del virus, il presidente delinea il suo Winter Plan per affrontare l'emergenza che sta mettendo a soqquadro i piani di ripresa e di ritorno alla normalità del mondo intero. Dalla Casa Bianca però Biden invita a non cedere al panico e sottolinea più volte che «non siamo nella situazione del marzo 2020» quando il Covid apparve letale sul palcoscenico occidentale. L'America - sottolinea - ora ha i vaccini, è più preparata, sa cosa fare e riesce a fronteggiare i numeri impressionanti di contagi, oltre 147mila con un più 22% rispetto alla media della scorsa settimana. Dall'inizio della pandemia l'America ha avuto 51,4 milioni di contagi e circa 810mila vittime. Anche se Biden ricorda che l'America è più pronta e cita l'esempio delle scuole che non vengono chiuse, il sistema è in sofferenza. Davanti ai centri analisi e alle farmacie ci sono code non solo per sottoporsi al tampone ma anche per comprare i kit casalinghi per il test rapido. In alcuni centri della capitale i tamponi sono esauriti e Walgreens, una delle catene più diffuse, ieri ha limitato a 4 kit il massimo acquistabile per persona. Milioni di americani fanno affidamento proprio sul test fai-da-te prima di mettersi in viaggio per riunirsi con la famiglia per le vacanze di Natale. Nonostante la diffusione di Omicron e l'aumento dei contagi le disdette aeree non sono molte. Biden ha promesso l'acquisto di mezzo miliardo di tamponi, ma la distribuzione nei punti più sensibili del Paese non potrà avvenire prima di gennaio. Verranno aperti altri 10mila siti per fare i tamponi che si uniscono agli 80mila già attivi. Per aiutare gli ospedali che hanno visto l'incremento del 27% dei ricoveri, verrà mobilitato anche il Pentagono: team medici militari, 1000 persone in tutto, saranno dispiegati negli ospedali e nelle strutture a sostegno dei medici. In Massachusetts è stata dispiegata la Guardia nazionale. Strumenti e mobilitazione sono fondamentali per la Casa Bianca, ma sono gli appelli ai vaccini il cuore della strategia. Biden fa un appello ai genitori affinché non neghino il vaccino ai figli e poi tocca le corde del Paese: «E' un dovere patriottico farsi il vaccino». Ad oggi il 62% degli americani adulti ha avuto la doppia dose, la percentuale più bassa fra i Paesi più ricchi del mondo, e la cifra include anche il 30% di coloro che ha fatto il richiamo. E' sottolineando queste cifre che il presidente alza la voce e accusa quelle «tv e social media che hanno lucrato sulla campagna anti vaccini». «E' immorale, i vaccini sono sicuri», dice Biden invitando a fermare subito la campagna di disinformazione. «La mia amministrazione non ha adottato misure per controllare la vostra vita ma per salvarla», spiega accennando all'obbligo vaccinale. Dentro l'Amministrazione si discute se le due dosi bastino per vedersi affibbiato l'etichetta di «fully vaccinated», ma non c'è ancora una decisione. La terza dose è lo scudo per contrastare la diffusione dell'ultima variante, ripete Fauci. «Si può ugualmente restare contagiati ed è successo nei giorni scorsi anche alla Casa Bianca, ma con il booster gli effetti del Covid 19 non sono gravi». D'altronde il richiamo l'ha fatto anche Trump - sottolinea il presidente in carico - «ed è una delle poche cose su cui siamo d'accordo». La campagna di persuasione verso il vaccino ricorre anche ai premi in denaro. Il sindaco di New York Bill de Blasio ha promesso cento dollari ai concittadini che entro fine anno faranno un richiamo. «Basta con i lockdown, i posti per vaccinarsi ci sono, fate l'iniezione», l'appello del sindaco uscente. Intanto eventi, celebrazioni e manifestazioni sportive vanno in pausa. La federazione di Hockey sospende da oggi a lunedì il suo campionato, mentre Eric Adams, che si insedierà al posto di De Blasio in gennaio, ha fatto sapere che la cerimonia di insediamento sarà posticipata».

IL SENATO RITOCCA LA MANOVRA DA 32 MILIARDI

Legge di Bilancio. Fisco, lavoro, scuola e imprese: il Senato ritocca la manovra da 32 miliardi. Dopo la maratona finale in commissione, domani il via libera dell'Aula con il voto di fiducia. Marco Mobili e Marco Rogari per Il Sole 24 Ore.

«L'incremento dal 3% al 5% del tetto delle quote di partecipazione al capitale di Bankitalia, il rinvio di due anni, fino al 2024, del regime Iva per il terzo settore e il prolungamento a tutto il 2022 del credito d'imposta sugli investimenti dei cosiddetti Pir "alternativi", con l'agevolazione diluita su 15 annualità invece delle attuali 10. Non ci sono solo la rimodulazione delle aliquote Irpef, il taglio dell'Irap, la riscrittura del patent box e la sterilizzazione del caro bollette nel testo della manovra uscito dalla commissione Bilancio del Senato. Che ha chiuso in appena 14 ore una tornata di fatto "unica" di votazioni su articoli e emendamenti dopo settimane di stallo non senza tensioni tra maggioranza e governo. Come quelle che hanno tenuto fino alla fine in sospeso la rivisitazione del Superbonus del 110%, con l'eliminazione del tetto Isee di 25 mila euro sulle villette e non solo, e che hanno accompagnato il tira e molla per il rinvio sulle cartelle esattoriali, conclusosi con l'estensione a 180 giorni del termine per il pagamento di quelle notificate nel trimestre 2022. La manovra taglia tasse, con un impatto che sale da 30 a 32 miliardi, è stata costruita all'interno di un perimetro di deficit di 23,4 miliardi e con un ulteriore spazio fiscale ricavato in corsa per consentire alla dote disponibile per arginare il caro energia di lievitare complessivamente fino a quota 3,8 miliardi. Il provvedimento è da ieri sotto i riflettori della Aula di Palazzo Madama, dove domani dovrebbe ricevere il primo via libera con il voto di fiducia sul maxiemendamento finale del governo. Che ricalcherà il testo uscito dalla Commissione, micromisure comprese insieme agli altrettanti "mini-gettoni" a pioggia. Poi la palla passerà alla Camera che dovrà riaprire i battenti tra Natale e Capodanno per concedere il disco verde definitivo, senza modifiche: il testo sarà in Commissione il 27 dicembre mentre il voto è previsto in Aula tra il 28 e il 30. Un testo che arriverà a Montecitorio con le misure anti-delocalizzazioni delle imprese che si applicano ai datori di lavoro con almeno 250 dipendenti, la proroga al 2025 del super sismabonus, il raddoppio del bonus mobili (con il tetto che sale a 10mila euro) e lo stop fino a marzo 2022 della tassa, nata dall'unificazione di Tosap e Cosap, per l'occupazione del suolo pubblico con i tavolini di bar e ristoranti. Ma con il restyling operato al Senato arrivano anche il rifinanziamento con altri 68 milioni per il prossimo anno del bonus tv e decoder, uno sgravio contributivo del 100% in favore delle micro imprese per i contratti di apprendistato di primo livello ai giovani under 25 e un sostegno economico ai lavoratori con contratto di lavoro a tempo parziale ciclico verticale attraverso un fondo di 60 milioni (30 nel 2022 e altrettanti nel 2023). Previsti anche nuovi limiti e multe per i tirocini extracurricolati. Confermati i ritocchi al capitolo pensioni, con la soglia contributiva per l'accesso all'Ape sociale dei lavoratori edili che scende da 36 a 32 anni e l'inserimento della mansione di ceramista tra le categorie di lavori usuranti che possono utilizzare questo strumento. Dopo lo stop all'emendamento sfratti, arriva un fondo di solidarietà da 10 milioni di euro nel 2022 per i proprietari di immobili residenziali non utilizzabili perché occupati abusivamente. E scatta la stretta contro la produzione delle pellicce naturali. Con il divieto di allevamento, riproduzione in cattività e uccisione di visoni, volpi, procioni, cincillà e animali di qualsiasi specie utilizzati per ricavarne appunto la pelliccia. Aumenta al 62,5% l'esenzione Imu sul primo immobile di proprietà in Italia per gli italiani all'estero che ricevono una pensione in pro-rata. Viene attivato un fondo da 150 milioni per sostenere il prossimo anno gli operatori economici dei settori del turismo, dello spettacolo e dell'automobile, colpiti dalla pandemia. Altri 180 milioni sono destinati alla scuola: cento serviranno per la proroga degli incarichi temporanei del personale Ata. Via libera anche all'emendamento che consente al ministro dell'Istruzione, per esigenze legate al Covid, di modificare con ordinanza la valutazione degli apprendimenti e le modalità di svolgimento dell'esame di Stato ma con un passaggio obbligato nelle commissioni parlamentari competenti. Ok al tax credit per l'installazione di sistemi di accumulo integrati in impianti di produzione di energia rinnovabile che se già esistenti e al riconoscimento del differimento termini per malattia ed infortunio dei professionisti. Scende del 20% l'accisa per i birrifici italiani con una produzione annua superiore a 10mila ettolitri e inferiore a 60mila. Scattano la stabilizzazione di 4.500 magistrati onorari e le misure salva-Comuni in dissesto, a partire da quello di Napoli. E vengono destinati 120 milioni in tre anni per i servizi psicologici nelle scuole, 43 milioni per l'adeguamento di stipendi e pensioni del Corpo dei Vigili del fuoco, 25 nel biennio 2022-23 per contrastare i disturbi alimentari e 50 milioni al Fondo per il sostegno temporaneo-Set destinato ai lavoratori dello spettacolo».

Stefano Feltri nel suo editoriale di Domani è molto critico sulla mancata discussione della legge di Bilancio in Parlamento.

«I parlamentari che da mesi hanno il terrore di andare a casa se Mario Draghi salirà al Quirinale stanno difendendo il proprio seggio (e il relativo stipendio) in una istituzione sempre più inutile. La fase finale del percorso sulla legge di Bilancio certifica il punto più basso mai toccato nella pur deprimente storia della politica economica italiana. La legge più importante dell'anno è arrivata ieri in aula al Senato, sotto Natale, alla Camera passerà un attimo, il 28 dicembre, per essere approvata entro il 31. C'è una riforma strutturale del fisco che vale 8 miliardi e non è stata mai davvero discussa dal parlamento. In compenso alcuni parlamentari sono riusciti a inserire mance e marchette contrarie allo spirito della manovra, che definisce i grandi numeri, non le singole spese. La legge di Bilancio non è stata il prodotto del dialogo tra governo e parlamento, ma tra governo e partiti (o meglio, tra ministri e capicorrente). Visto che questa volta praticamente tutti i partiti sono in maggioranza, non c'è controllo su questa melassa decisionale: l'assenza di opposizioni evita che qualcuno faccia ricorsi, denunce, polemiche. I negoziati sul Quirinale escludono la possibilità che il capo dello Stato o, se chiamata in causa, la Corte costituzionale possano censurare un processo che viola lo spirito e la lettera delle norme italiane ed europee sulla politica di bilancio. Nel 2018, in una situazione meno grave, 37 parlamentari del Pd avevano fatto ricorso alla Corte costituzionale per denunciare il governo Conte che aveva riscritto con un solo emendamento la manovra per adeguare il rapporto tra deficit e Pil da 2,4 per cento a 2,04, come richiesto dalla Commissione Ue. La Corte aveva riconosciuto che la pratica era discutibile, che l'articolo 72 della Costituzione (ogni legge va discussa ed esaminata da commissioni e aula, articolo per articolo) ormai non viene più rispettato. Ma in quell'occasione aveva riconosciuto all'esecutivo l'alibi di aver dovuto negoziare a lungo con Bruxelles, dunque non c'erano più i tempi per fare i passaggi parlamentari. Il governo Draghi non ha alcun alibi. E dunque il richiamo della Consulta è più valido, e inascoltato, che mai: «Occorre arginare gli usi che conducono a un progressivo scostamento dai principi costituzionali, per prevenire una graduale ma inesorabile violazione delle forme dell'esercizio del potere legislativo, il cui rispetto appare essenziale affinché la legge parlamentare non smarrisca il ruolo di momento di conciliazione, in forma pubblica e democratica, dei diversi principi e interessi in gioco». La democrazia parlamentare con maggioranza e opposizione che litigano sui provvedimenti di politica economica sarà forse un pessimo sistema decisionale, ma quello che stiamo vedendo all'opera è peggiore».

LA MEGA FABBRICA DEI MICROCHIP VA IN GERMANIA

Il gruppo statunitense Intel intende investire in Europa 80 miliardi di euro in 10 anni ma punta sulla Germania. Il nostro Paese (Torino o Catania) potrebbe essere scelto solo per uno stabilimento di assemblaggio. Per Repubblica Tonia Mastrobuoni.

«Il sindaco Lutz Trümper si è rivolto persino in inglese ai padroni del colosso dei chip: "Eulenberg waits for you". Ma al momento il terreno grande quanto 500 campi da calcio sgomberato dalla Sassonia- Anhalt per attirare la megafabbrica europea di semiconduttori di Intel, è una delle tre opzioni possibili. A fare concorrenza al piccolo land di Lutero sono la Sassonia, che sin da tempo si è specializzata nella produzione di microchip, e la ricca Baviera. Ma al di là della guerra tra campanili, una cosa sembra assodata: dopo il colpaccio della mega factory di Elon Musk nel Brandeburgo, la Germania è di nuovo in pole per uno dei più importanti investimenti americani degli ultimi decenni. Intel, che ha promesso di investire in Europa oltre 80 miliardi nei prossimi dieci anni, ha fatto sapere qualche giorno fa che la decisione sulla mega fabbrica slitta al 2022. E la Germania resta favorita. I vertici hanno lasciato intendere che si aspettano che almeno il 40% del loro investimento venga coperto da finanziamenti pubblici. E il governo Scholz ha già infilato una mano nel portafoglio per garantirsi il sì. La Germania e la Ue hanno imparato una lezione dalla pandemia: i blocchi nelle forniture dall'Asia e i colli di bottiglia che continuano ad affliggere ad oggi l'Europa (anche nel settore dei semiconduttori) le hanno indotte a riportare molte produzioni nel continente. Bruxelles ha varato un programma ambizioso, l'Ipcei, che ha l'obiettivo di raddoppiare la quota europea di chip entro il 2030 al 20% del mercato globale. Il nuovo mega ministero dell'Economia tedesco guidato dal Verde Robert Habeck ha già scelto 32 progetti da dieci miliardi di euro di microelettronica che vuole inclusi nel programma Ue. «Dobbiamo lavorare a coprire autonomamente il nostro fabbisogno di microelettronica e dobbiamo riportare le produzioni in Germania e in Europa», ha spiegato. Ad ospitare la mega fonderia europea di Intel si era candidata anche l'Italia, mettendo a sua volta sul piatto una serie di incentivi. Lo scorso luglio l'amministratore delegato della società Pat Gelsinger aveva fatto tappa a Roma, incontrando il premier Draghi e lasciando intendere che il nostro Paese era sulla mappa. Tra i siti ipotizzati c'erano Torino, per la vicinanza con l'industria dell'auto, la Brianza e Catania, dove sono già presenti due stabilimenti del produttore italo-francese StM. Ma nella sfida di attrattività e incentivi miliardari, l'Italia pare rimasta dietro alla Germania, penalizzata anche da alcune delle condizioni poste da Intel, come l'assenza di rischio sismico. A questo punto per il nostro Paese resta la possibilità di ospitare uno degli impianti collaterali, due o anche di più, che Intel costruirà per gestire le fasi "a valle" della produzione di chip, come assemblaggio e imballaggio. Stabilimenti importanti dal punto di vista occupazionale, ma meno pregiati per tecnologia - visto che le parti più avanzate si concentrano "a monte", nelle fonderie che stampano i microprocessori - e la cui costruzione partirà più avanti. Pure qui la concorrenza è forte, sono candidate anche Francia e Polonia. Il territorio meglio attrezzato, più che Torino, dove manca un indotto del silicio, e della Sicilia, dove le istituzioni non si sono fatte avanti, sembra essere quello lombardo. Nel governo c'è la convinzione che l'Italia abbia buone chance. Un modo per stare dentro la partita europea dei chip, anche se con un ruolo di secondo piano».

QUIRINALE 1. VERTICE LETTA CONTE SPERANZA

Per la corsa al Quirinale, mossa d’anticipo del centro sinistra. Enrico Letta, Giuseppe Conte e Roberto Speranza si incontrano un giorno prima dei leader del centro destra. Luca De Carolis per Il Fatto:

«Una risposta al centrodestra, che annuncia vertici e incontri multipli sul Quirinale. Ma anche un segnale ai parlamentari del M5S , per mostrare che l'avvocato sta entrando nelle partita del Colle. Nasce innanzitutto da queste motivazioni l'incontro di ieri tra Giuseppe Conte, Enrico Letta e Roberto Speranza: voluto - assicurano dal Movimento - soprattutto da Conte. Un vertice di centrosinistra svoltosi a casa di Speranza, in cui si sarebbe parlato anche di pandemia, ma dove in sostanza si è discusso del Quirinale. "Una riunione per fissare innanzitutto un metodo" spiegano fonti grilline e dem. Ossia, per stabilire il principio che 5Stelle, Pd e Articolo 1 dovranno giocare uniti, qualsiasi sarà a il nome sul tavolo. "Questa è stata la prima riunione, ma d'ora in poi ce ne saranno molte" spiegano dal Movimento. Di fatto verrà creata una sorta di cabina di regia, anche per fronteggiare il centrodestra, "con cui poi ovviamente si dovrà discutere". Dai partiti giurano che "non si è parlato di nomi". Ma il veto su Silvio Berlusconi è ribadito come sicuro. E chissà se anche i tre leader di centrosinistra si sono detti quello che tutti ripetono nei Palazzi, ovvero che Mario Draghi è di gran lunga il favorito, anche perché ha grande voglia di traslocare da Palazzo Chigi al Quirinale. "E se lui vuole andare, sarà molto complicato impedirglielo" conferma un grillino di governo. Ma il nodo, oltre a come arrivare all'elezione dell'ex presidente della Bce, è anche e soprattutto chi nominare come nuovo premier, per schivare quel voto anticipato, che - almeno ufficialmente - sia Conte che Letta rifiutano. Perché un conto sarebbe una transizione morbida con l'attuale ministro dell'Economia, Daniele Franco, a Chigi. Un altro la nomina della ministra della Giustizia Marta Cartabia, "perché per noi non sarebbe accettabile" sibilano dai 5Stelle. Nodo centrale, sullo sfondo di una giornata in cui soprattutto il segretario dem è stato attivissimo, visto che in mattinata ha visto per l'ennesima volta in pochi giorni la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni. L'occasione questa volta è stata la presentazione a Roma di un libro di Luciano Violante, Pietrangelo Buttafuoco ed Emiliana Mannese. "Ormai siamo come Sandra e Raimondo" ha scherzato Meloni. Ma Matteo Renzi, che ormai vorrebbe essere l'unico a parlare con il centrodestra, a L'Aria che tira si è mostrato un po' geloso: "Sandra e Raimondo facevano più ridere". Poco male per Letta, che nel frattempo ha tenuto anche una riunione di segreteria del Pd, dove ha proposto per il 13 gennaio una riunione congiunta dei gruppi parlamentari e della Direzione "per impostare il percorso di elezione del nuovo capo dello Stato". Traduzione, meglio sondare anche in pubblico i capi-corrente, perché il ricordo dei 101 in casa dem è vivido come non mai. Ergo, tenere ordinate le truppe non è un cruccio solo di Conte, che nel pomeriggio ha incontrato i sindacati in Senato. Ma il centro politico del suo martedì è stato il vertice con Letta e Speranza. "Non è affatto da escludere che il centrosinistra proponga un proprio nome" dicono dai 5Stelle. Ma tutto ruota attorno a Draghi. E a Berlusconi. Perché la convinzione, o meglio la speranza dei giallorosa, è che il centrodestra provi a eleggere il Caimano senza esito, o quantomeno si "incarti" sul suo nome, facendosi male. Ma è presto, per quasi tutto.».

QUIRINALE 2. PER MORATTI MR.B CANDIDATO UNICO

Oggi incontro a Villa Grande dei leader del centro destra. Letizia Moratti, vicepresidente della Regione Lombardia smentisce decisamente una sua candidatura al Quirinale e dice: “Per noi il candidato unico è Silvio Berlusconi". La cronaca di Chiara Baldi sulla Stampa.

«Da giorni il suo è il nome più pronunciato negli ambienti della politica, romana e non solo, come probabile candidata al Quirinale. Eppure lei, Letizia Moratti, vicepresidente di Regione Lombardia, non sembra curarsene troppo. La sua priorità, dice, resta la sanità lombarda: «La zona bianca per la Lombardia è un elemento psicologico importante che fa capire che il piano vaccinale serve e funziona. Dobbiamo cercare di rimanere in zona bianca il più possibile». Ciò nonostante ieri, a Palazzo Lombardia, per il tradizionale saluto natalizio del presidente Fontana e della giunta, gli occhi di giornalisti, telecamere e fotografi erano tutti per lei. Che all'appuntamento - al solito elegantissima con il vezzo di una mascherina nera attaccata a una catenella d'oro con pietre colorate coordinate a orecchini e anello - è arrivata con qualche minuto di ritardo, proprio dopo il discorso di Fontana, per attirare il meno possibile l'attenzione su di sé. Inutilmente. Il pranzo «segreto» con Meloni? «Era così segreto che lo abbiamo fatto di giorno, in un ristorante davanti alla Camera», risponde l'assessora lombarda al Welfare. E aggiunge: «Regione Lombardia è un impegno significativo, importantissimo, al quale tengo molto e a cui sto dedicando tutta me stessa». E allora perché incontrare Giorgia Meloni, leader del principale partito di centrodestra, Fratelli d'Italia? «Ho normalmente incontri con diversi leader della maggioranza e dell'opposizione per parlare di sanità e di Lombardia». Niente Quirinale dunque, ma se proprio deve fare un nome, Moratti ne ha in mente uno e uno solo: «Credo che per il centrodestra l'unico candidato sia il presidente Berlusconi», che domani parteciperà con Matteo Salvini e Giorgia Meloni al vertice a Roma. Sul suo futuro, tuttavia, Moratti non ha alcun dubbio, sebbene precisi di «pensare al presente»: all'orizzonte c'è solo la Lombardia «dove c'è una situazione di zona bianca, con i contagi che crescono ma con i ricoveri ancora sotto controllo». Eppure, a portarle un saluto natalizio appare anche Vittorio Sgarbi, che commenta con lei alcuni articoli usciti a proposito del suo nome circolato per il Quirinale - «hai letto quello sul Domani di Carlo De Benedetti? Pessimo, ma tu invece saresti una figura perfetta», le dice il critico d'arte - e l'assessora all'Istruzione Melania Rizzoli».

CALENDA LASCIA IL CONSIGLIO COMUNALE DI ROMA

Un passo indietro già annunciato quello di Carlo Calenda, leader di Azione. Marina de Ghantuz per Repubblica.

«Il Consiglio comunale non fa per lui, non è compatibile con le cariche di europarlamentare e di segretario di Azione. Così dice Carlo Calenda che questa volta lascia davvero il seggio da consigliere a Francesco Carpano, colui che ha coordinato il programma della lista Calenda sindaco. Addio al Campidoglio, ma non alle questioni romane: dalle critiche al sindaco Roberto Gualtieri fino alle suppletive del 16 gennaio, gli occhi di Calenda rimangono comunque puntati sulla Capitale. L'annuncio delle dimissioni è arrivato prima su Twitter, poi in un'intervista a Radio Capital dove ha commentato i lavori dell'Assemblea capitolina: "È tutto organizzato in modo assurdo. Ti avvertono delle riunioni con pochissimo anticipo. È un lavoro che, per farlo, devi dedicargli il 100% del tuo tempo". Anche per questo lascerà il posto a Carpano. "In Consiglio ci sono andato, ho commentato le linee guida di Gualtieri, ho partecipato alle prime votazioni però non avevo mai sperimentato nella mia vita una cosa simile - ha spiegato Calenda - la prima volta che sono andato sono arrivato all'orario stabilito ed eravamo in quattro. Premesso che lavorare così è sbagliato in assoluto ma sicuramente non lo può fare chi è un segretario di partito e un europarlamentare". Calenda, già in campagna elettorale, aveva detto che se non fosse stato eletto sindaco non avrebbe fatto il consigliere. Poi la retromarcia: pressato dalle critiche ha deciso di provare a partecipare ai lavori dell'Assemblea capitolina. Oggi, dopo due mesi, dovrebbe presentare ufficialmente le dimissioni. Ma il suo interesse per le questioni romane non si spegne e anche oggi non ha perso occasione per criticare il sindaco di Roma Roberto Gualtieri e in particolare la promessa, fatta non appena insediato, di ripulire la città entro Natale: "Io non mi sento di giudicare Gualtieri in due mesi, ci vuole tempo, mi sento di dire che ha detto una stupidaggine", ha detto il leader di Azione. "Se noi non facciamo un termovalorizzatore e non rimettiamo gli spazzini di quartiere possiamo pure fare una pulizia straordinaria ma alla fine quello che ti succede è che ti si risporca la città". Gli occhi di Calenda continuano a rimanere puntati su Roma anche per un altro motivo: il 16 gennaio ci saranno le suppletive nel collegio Roma 1 e alle elezioni per la poltrona da deputato lasciata libera dal sindaco di Roma il leader di Azione voterà Valerio Casini, esponente di Italia Viva che alle comunali è entrato a far parte della lista di Calenda. "Al Pd avevo detto: ritiriamo tutti i candidati e troviamone uno da portare insieme. Avevo fatto il nome di Carlo Cottarelli che poteva andare bene a tutti ma il Pd ha deciso di andare avanti per la propria strada scegliendo Cecilia D'Elia. Io voterò Valerio Casini però noi staremo un metro dietro"».

POLONIA E BIELORUSSIA: IMPEDITO L’ACCESSO AGLI ISPETTORI ONU

Dall’estero. Denuncia choc del team delle Nazioni Unite che chiedeva di visitare il confine fra Polonia e Bielorussia. Le gravissime accuse rilanciate ieri da Ginevra. La cronaca di Avvenire.

«Picchiati, minacciati, costretti a pagare cifre esorbitanti per cibo e acqua, forzati a passare il confine con la Polonia dai soldati della Bielorussia. Sono le gravi accuse raccolte da un team dell'Onu in Polonia a cui le autorità di Minsk, denunciano le Nazioni Unite, hanno impedito l'accesso alle zone 'calde' del confine. I migranti hanno «descritto condizioni terribili su entrambi i lati della frontiera», ha detto a Ginevra Elizabeth Throssell, portavoce dell'ufficio per i diritti umani dell'Onu. La maggioranza di quelli che gli esperti del team sono riusciti ad ascoltare in Polonia ha affermato che, «mentre si trovava in Bielorussia, è stata picchiata o minacciata dalle forze di sicurezza. Ha anche riferito che le forze di sicurezza bielorusse hanno costretto le persone ad attraversare il confine». Inoltre «diversi intervistati hanno raccontato che le forze di sicurezza bielorusse hanno chiesto somme esorbitanti per cibo e acqua». Chiediamo «alla Bielorussia di condurre indagini complete su queste inquietanti accuse e di porre immediatamente fine a tali pra- tiche», ha detto Throssell. Il team dell'Onu che ha condotto le interviste è stato in Polonia dal 29 novembre al 3 dicembre scorsi. Alla squadra, inviata per indagare sulla crisi dei migranti al confine non è stato concesso l'accesso in parte neppure in Polonia: al team dell'ufficio per i diritti delle Nazioni Unite, «non è stato permesso di entrare nell'area di confine riservata» ha denunciato ai giornalisti la portavoce dell'ufficio per i diritti umani dell'Onu. «Esortiamo le autorità di entrambi i Paesi a consentire l'accesso alle aree di confine per i diritti umani e gli attori umanitari, giornalisti, avvocati e rappresentanti della società civile e a fermare le pratiche che mettono a rischio i rifugiati e altri migranti» ha poi detto la portavoce dell'Alto commissariato. Polonia e Bielorussia dovrebbero inoltre condurre «indagini tempestive, indipendenti e approfondite, per garantire che le loro forze di sicurezza rispettino pienamente gli obblighi in materia di diritti umani», ha aggiunto evocando la situazione disperata di migranti e rifugiati al confine. In migliaia si sono accampati in Bielorussia per settimane, spesso in condizioni difficilissime, sperando di entrare nell'Unione europea. I Paesi occidentali accusano la Bielorussia di aver facilitato l'afflusso di migranti come ritorsione alle sanzioni imposte al regime per la repressione dell'opposizione».

PUTIN ALL’EUROPA: “NON FACCIO PASSI INDIETRO”

Vladimir Putin ricorda ad Usa e Nato la linea sull’Ucraina: “Non faccio passi indietro”. La telefonata con il nuovo cancelliere tedesco Scholz: appello alla de-escalation. La cronaca di Fabrizio Dragosei per il Corriere.

«Sia sull'Ucraina che sugli ex Paesi dell'Est ora membri della Nato la Russia non è disposta a fare passi indietro. «Se i nostri interlocutori occidentali continuano con questa linea aggressiva, prenderemo contromisure tecnico-militari proporzionali e risponderemo con fermezza a passi non amichevoli», ha detto Vladimir Putin in un discorso trasmesso in tv. Il Cremlino non ha intenzione di invadere l'Ucraina: vuole discutere con Stati Uniti e Paesi europei per risolvere diplomaticamente i contrasti esistenti. Quello che ha parlato ieri ai vertici militari è un Putin particolarmente franco. Il suo Paese ha appena presentato una bozza di accordo con le richieste volte a garantire la propria sicurezza. Perché questo è il punto vero, secondo il leader russo: l'espansione dell'Alleanza Atlantica, lo spostamento di missili nucleari vicino alle frontiere della Russia sono una minaccia vera e inaccettabile, un po' come quando Krusciov nel 1962 piazzò di nascosto ordigni a Cuba, a 150 chilometri dalle coste degli Stati Uniti. «Se i sistemi missilistici appariranno in Ucraina, il loro tempo di volo fino a Mosca si ridurrebbe a 7-10 minuti e, con l'uso di armi ipersoniche, scenderebbe a cinque minuti». La partita è quindi quella della tranquillità della Russia, problema che sembra ora essere riconosciuto anche dall'amministrazione americana e dal vertice della Nato. Il segretario dell'Alleanza Jens Stoltenberg ha annunciato una ripresa per l'inizio del 2022 dei rapporti con Mosca. E Washington ha aggiunto che gli Usa sono pronti a discutere delle richieste russe. Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, nella sua prima telefonata con Putin, ha espresso «preoccupazione» per le truppe russe al confine con l'Ucraina e sottolineato l'«urgente necessità» di una de-escalation. È chiaro che l'Occidente non potrà accettare un'intesa che preveda esplicitamente il divieto per l'Ucraina o la Georgia di entrare nella Nato. Ma altro è offrire alla Russia garanzie per la sua incolumità. Il tutto nel quadro del riavvio dei negoziati di pace per mettere fine alla guerra civile nell'ex Paese sovietico».

HAITI, IN SALVO I MISSIONARI USA

La fuga degli ostaggi di Haiti. Il racconto dei dodici missionari che si sono messi in salvo dopo 2 mesi di prigionia. Monica Ricci Sargentini per il Corriere.

«Una fuga rocambolesca in piena notte, tra i rovi e le spine, con un neonato di 10 mesi e un bambino di tre anni avvolti nelle coperte. Così dodici missionari nordamericani sono riusciti a mettersi in salvo ad Haiti dopo aver passato due mesi nelle mani della gang «400 mawozo». A darne notizia, in una conferenza stampa, lunedì scorso, è stata l'ong religiosa Christian Aid Ministries di cui il gruppo fa parte. «Hanno trovato il modo di aprire una porta che era chiusa e bloccata, si sono avviati in silenzio sulla strada che avevano pensato di seguire e hanno lasciato il luogo in cui erano tenuti prigionieri, nonostante il fatto che numerose guardie fossero vicine» ha raccontato con le lacrime agli occhi, Weston Showalter, il portavoce dell'organizzazione. I missionari e i loro familiari, diciassette in tutto, erano stati rapiti lo scorso 16 ottobre durante la visita ad un orfanotrofio che sorge in una zona, ad ovest di Port-au-Prince che è sotto il controllo di una delle principali gang di Haiti. Come riscatti i rapitori avevano chiesto un milione di dollari per ognuno degli ostaggi. Il 20 novembre una coppia era stata rilasciata per motivi di salute e il 5 dicembre altri tre membri del gruppo avevano riavuto la libertà, probabilmente dopo il pagamento di un'ingente somma di denaro. Agli altri - cinque uomini, tre donne, due adolescenti e due bambini - non era restato che programmare la fuga affidandosi, ovviamente, alla preghiera. Per giorni, ha raccontato Showalter, i missionari hanno chiesto a Dio di indicare loro la strada finché, la notte del 15 dicembre, è arrivato il momento tanto atteso. «Tutti si sono infilati le scarpe in silenzio, gli adulti hanno nascosto l'acqua sotto i vestiti e sono usciti orientandosi grazie alle stelle e tenendo come punto di riferimento una montagna». Dopo diversi chilometri i missionari hanno trovato qualcuno che li ha aiutati: nell'arco della stessa giornata il rientro negli Stati Uniti con un volo della Guardia Costiera diretto verso la Florida. Una storia a lieto fine che non è stata però confermata da fonti indipendenti. Di sicuro l'ong aveva messo insieme dei soldi e stava negoziando il rilascio degli ostaggi ma «da giorni non c'era alcuna notizia dai rapitori - ha detto David N. Troyer, direttore di Christian Aid Ministries - così Dio ha trovato il modo di fare il miracolo». I missionari hanno raccontato di essere stati spostati diverse volte durante la prigionia e di aver camminato per chilometri, di notte, su percorsi difficili. Ma i rapitori non sono mai stati violenti e non hanno mai fatto mancare il cibo. Secondo il Centro d'analisi e ricerca dei diritti umani (Cardh) nel 2021 Haiti è stato il Paese con il maggior numero di persone sequestrate per numero di abitanti: 949 su una popolazione di 11,4 milioni di abitanti (il 18 per cento in più sullo stesso periodo del 2020). La pratica del sequestro indiscriminato, senza cioè che l'obiettivo fosse individuato in anticipo, è sempre più diffusa ad Haiti, soprattutto dopo l'omicidio del presidente Jovenel Moise, a inizio luglio, causa di una profonda instabilità nel Paese. Tra i rapiti, si legge nel rapporto della Cardh, si contano 55 stranieri provenienti da cinque Paesi».

IN COREA DEL NORD VIETATO RIDERE PER 11 GIORNI

La decisione di Kim Jong-un è stata presa per ricordare i dieci anni dalla scomparsa del padre, Kim Jong- Il avvenuta il 17 dicembre, e copre così il periodo delle Feste natalizie. Stefano Vecchia per Avvenire.

«Ridere? In Corea del Nord sarà vietato per undici giorni. A dieci anni dalla morte del padre, secondo nella dinastia comunista che governa il Paese dal 1948, Kim Jong-un ha imposto 11 giorni di lutto e una serie di regole draconiane quanto discutibili. Era il 17 dicembre 2011 quando Kim Jong-il moriva dopo 17 anni di "regno" giocato tra eccessi e rigore, testimone di un dialogo altalenante con la comunità internazionale, segnato dal rilancio del programma nucleare e missilistico poi proseguito e perfezionato dal figlio con un successo sperimentale che nessuno, tanto meno il vicino sudcoreano, vorrebbe mai confermato in un conflitto reale. Quello che è per Costituzione «leader supremo» a capo di «una dittatura della democrazia popolare» sottoposta all'organizzazione del Partito dei lavoratori coreani non ha l'umorismo tra le sue prerogative ufficiali. Di conseguenza i cittadini nordcoreani sanno di non potere ignorare le direttive che impongono di evitare manifestazioni di gioia, celebrare lieti eventi e darsi a un qualsiasi svago o acquisto non indispensabile. Anche perché, come ricorda Radio Free Asia (Rfa) che ha raccolto la testimonianza di una fonte locale, «in passato molte persone sorprese a bere o assumere droghe durante il periodo del lutto sono state arrestate e giudicate come criminali politici. Sono state portate via e mai più viste». Non ignaro dei rischi di "contagio" imperialista, memore dell'esempio paterno che - considerando non voluttuari i molti milioni di dollari spesi tra nucleare, pellicole per soddisfare la passione cinematografica e importazione clandestina di pregiato cognac francese - aveva precluso ai sudditi una serie di insane abitudini borghesi, Kim Jong-un ha negli anni scorsi già imposto il bando a jeans, capelli lunghi, piercing e cappotti di pelle. Comunque sia tra i divieti imposti per ricordare l'illustre genitore e garantire il cordoglio nazionale vi è anche quello di celebrare lutti familiari, alla stregua dei compleanni e di bere alcolici e assumere sostanze di altro genere. Ligia al suo ruolo e guidata da funzionari sopravvissuti a pressioni e purghe da far tremare i polsi, la forza pubblica è stata allertata e sarebbe pronta a individuare e reprimere con fermezza ogni contravventore. La popolazione è avvisata. È difficile che la maggioranza dei 25 milioni di nordcoreani, che vivono al 60 per cento in povertà e condividono le risorse con oltre un milione di militari e altrettanti funzionari di partito, possano solo pensare a shopping o a manifestazioni di giubilo. Forse, però nel clima di cordoglio anche un sospiro di sollievo davanti alla constatazione che il Paese resta ufficialmente l'unico al mondo a non avere registrato un solo caso di Covid-19 pur avendo la sua frontiera settentrionale ermeticamente sigillata dal fraterno alleato cinese potrebbe costare caro».

CHI SONO GLI ALLEATI DEL PREMIER ETIOPE? TURCHIA, CINA E IRAN

La guerra in Etiopia. Fino a poche settimane fa sembrava che l’esercito tigrino stesse per irrompere ad Addis Abeba. Ora invece annuncia la “ritirata”. Perché? Chi sta appoggiando il governo etiope? Enrico Pitzianti per il Foglio.

«Lo scorso novembre il fronte politico e militare separatista tigrino, il Tplf, avanzava da nord verso sud sconfinando oltre la regione del Tigrè fino in quella degli Amhara e degli Afar. Si era creato un equilibrio avverso al governo federale guidato dal premio Nobel per la pace Abiy Ahmed e diverse città strategiche, come Dessie e Lalibela, passavano sotto il controllo dei separatisti. La situazione sembrava grave, tanto che nella capitale etiope, Addis Abeba, era stato proclamato lo stato d'emergenza e tutti i cittadini chiamati a dichiarare le proprie armi e tenersi pronti per eventuali scontri. Nelle scorse ore, però, gli eventi hanno cambiato segno e il Tplf è arretrato. In poche decine di ore la quasi totalità delle truppe tigrine è nuovamente all'interno dei confini del Tigrè. A leggere la lettera inviata alle Nazioni Unite dal loro capo e portavoce, Debretsion Gebremichael, la ritirata è una mossa volontaria e distensiva. Serve per spianare la strada a un processo di pace: tornare all'interno dei propri confini regionali innanzitutto per permettere, finalmente, l'arrivo degli aiuti umanitari ( l'esercito federale aveva messo proprio la ritirata dei tigrini come condizione per lasciar passare ong e rifornimenti) e poi per normalizzare i rapporti col resto delle forze regionali e federali. Secondo Addis Abeba, al contrario, si tratterebbe di una sconfitta sul campo che le forze tigrine starebbero nascondendo e pubblicizzando come ritirata volontaria. In ogni caso un'evoluzione dello scenario in questo senso è proprio ciò che chiedevano entrambi i mediatori internazionali impegnati a portare l'etiopia sulla strada della de- escalation: gli Stati Uniti e l'Unione africana. Ma i motivi della ritrovata stabilità del governo etiope vanno ricercati anche oltreconfine. Lo scorso novembre il ministro degli Esteri turco, Mevlüt Çavusoglu, avrebbe discusso con la sua controparte etiope, Demeke Mekonnen, e l'oggetto della discussione sarebbe stato proprio il supporto di Ankara alle truppe del governo federale guidato da Abiy Ahmed. I droni turchi, però, i Bayraktar Tb2, erano stati notati già diversi mesi prima. Ancora prima della chiamata tra i due ministri, nel mese di agosto, Addis Abeba e Ankara firmavano un patto di cooperazione militare che, di fatto, ha ampliato la proiezione turca nella regione. E' un processo già in atto: nella vicina Somalia, infatti, la Turchia ha la sua base militare oltreconfine più grande e fornita in assoluto, Camp Turksom. E va tenuto conto anche che è sempre la Turchia il primo stato estero per investimenti in territorio etiope. Il sostegno turco, inoltre, non è l'unico di cui ha goduto Addis Abeba: c'è stato innanzitutto quello delle truppe eritree, che hanno partecipato al conflitto sconfinando da nord all'interno del Tigrè sin dalle prime settimane di scontri e violenze. Ma ciò che ha contato di più è stato quello di altri attori regionali e globali, a partire dagli Emirati, l'iran e la Cina. Potenze che, proprio come la Turchia, hanno dimostrato di voler aiutare il governo federale etiope e il suo esercito, l'endf, contro quelli che, a più riprese, sono stati derubricati a "terroristi". Gli emiratini, secondo diverse fonti, compreso il sito di giornalismo investigativo Bellingcat, avrebbero messo a disposizione dell'esercito federale i droni di fabbricazione cinese modello Wing Loong II, partiti dalla base di Assab ( base emiratina in territorio eritreo). Anche Iran e Cina avrebbero offerto supporto al governo federale con l'obiettivo di rendere inutili sia i tentativi di mediazione occidentali sia le minacce di sanzioni internazionali da parte di Stati Uniti e dell'Unione Europea. Minacce che non hanno funzionato. Come ha detto alla Bbc Kjetil Tronvoll, esperto di conflitti nel Corno d'Africa, "Il governo etiope sente che può fare a meno dell'Occidente, che può ottenere armi dall' Iran, dalla Turchia e dalla Cina, prestiti agevolati dall'Arabia Saudita e dagli Emirati arabi uniti e protezione politica dalla Russia e dalla Cina". Una dimostrazione plastica di ciò che dice Tronvoll c'è già stata: la visita a sorpresa ad Addis Abeba del ministro degli Esteri cinese Wang Yi l'ultima settimana di novembre. Motivo della visita? Dichiarare il sostegno di Pechino ad Addis Abeba».

IL MESSAGGIO DEL PAPA PER LA GIORNATA DELLA PACE

Presentato ieri il tradizionale messaggio del Papa in occasione della Giornata mondiale della pace del primo gennaio. La cronaca di Luca Kocci per il Manifesto.

«Meno fucili e meno bombe, più libri e più quaderni. È l'appello ai governi di papa Francesco che, nel messaggio per la Giornata mondiale della pace del primo gennaio 2022, denuncia come nel mondo si spenda sempre più in armamenti e sempre meno in scuola. Ed esorta a ribaltare le proporzioni: gli Stati taglino le spese militari e investano in istruzione (più o meno quello che da anni dice in Italia la campagna Sbilanciamoci!). «Negli ultimi anni è sensibilmente diminuito, a livello mondiale, il bilancio per l'istruzione e l'educazione, considerate spese piuttosto che investimenti. Eppure, esse costituiscono i vettori primari di uno sviluppo umano integrale: rendono la persona più libera e responsabile e sono indispensabili per la difesa e la promozione della pace», si legge nel messaggio del pontefice. «Le spese militari, invece, sono aumentate, superando il livello registrato al termine della guerra fredda, e sembrano destinate a crescere in modo esorbitante. È dunque opportuno e urgente che quanti hanno responsabilità di governo elaborino politiche economiche che prevedano un'inversione del rapporto tra gli investimenti pubblici nell'educazione e i fondi destinati agli armamenti», «liberando risorse finanziarie da impiegare in maniera più appropriata per la salute, la scuola, le infrastrutture, la cura del territorio». È un messaggio quello di Francesco per la cinquantacinquesima edizione della giornata "inventata" da Paolo VI nel 1968 in cui emerge un marcato «pessimismo della ragione», con il quale si fotografa la realtà di un pianeta caratterizzato da «inequità» - per utilizzare un termine bergogliano - e ingiustizia sociale. «Il cammino della pace», esordisce il documento, rimane «lontano dalla vita reale di tanti uomini e donne e, dunque, della famiglia umana, che è ormai del tutto interconnessa»: «si amplifica l'assordante rumore di guerre e conflitti, mentre avanzano malattie di proporzioni pandemiche, peggiorano gli effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale, si aggrava il dramma della fame e della sete e continua a dominare un modello economico basato sull'individualismo più che sulla condivisione solidale. Come ai tempi degli antichi profeti, anche oggi il grido dei poveri e della terra non cessa di levarsi per implorare giustizia e pace». Ma c'è anche «l'ottimismo della volontà», per la costruzione di una «pace duratura», fondata sull'«istruzione come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo», sul «dialogo tra le generazioni» e sul «lavoro per una piena realizzazione della dignità umana». «Dialogare fra generazioni per edificare la pace» secondo il pontefice significa soprattutto ascoltare i giovani dei movimenti che si battono contro i cambiamenti climatici e per la salvaguardia del pianeta. «Lo fanno con inquietudine e con entusiasmo - scrive Francesco -, soprattutto con senso di responsabilità di fronte all'urgente cambio di rotta, che ci impongono le difficoltà emerse dall'odierna crisi etica e socio-ambientale». Il mondo del lavoro è messo a dura prova dalla pandemia: «milioni di attività economiche e produttive sono fallite, i lavoratori precari sono sempre più vulnerabili» e ancora peggio stanno i «lavoratori migranti», molti dei quali «non sono riconosciuti dalle leggi nazionali, come se non esistessero, vivono in condizioni molto precarie per sé e per le loro famiglie, esposti a varie forme di schiavitù e privi di un sistema di welfare che li protegga». La scorsa settimana, parlando ai giuristi cattolici, Bergoglio aveva fatto esplicito riferimento ai «braccianti, 'usati' per la raccolta dei frutti o delle verdure e poi pagati miserabilmente e cacciati via, senza alcuna protezione sociale». Le responsabilità sono dell’impresa e della politica, conclude Francesco il proprio messaggio. La prima sappia «promuovere in tutto il mondo condizioni lavorative decenti e dignitose, orientate al bene comune e alla salvaguardia del creato», «il profitto non sia l’unico criterio-guida». E la politica svolga «un ruolo attivo, promuovendo un giusto equilibrio tra libertà economica e giustizia sociale».

Leggi qui tutti gli articoli di mercoledì 22 dicembre:

https://www.dropbox.com/s/lk6v6tx9d3zyutn/Articoli%20la%20Versione%20del%2022%20dicembre.pdf?dl=0

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