CADONO I MIGLIORI
L'uccisione dei nostri connazionali in Congo. Polemiche sui divieti "dragoniani". Conte mediatore fra i grillini?
La morte del nostro Ambasciatore in Congo ucciso in un tentativo di sequestro insieme ad un carabiniere ha sconvolto l’Italia. Sulla morte di Luca Attanasio e Vittorio Iacovacci indagheranno i Ros. Imboscata, agguato, fuoco amico, ipotesi orribili per una strage orribile. Questa tragica circostanza ci spinge ad occuparci dell’Africa, un continente che dimentichiamo spesso. Scopriamo così che miliziani dell’Isis sparano e combattono in quella zona. Zona ricchissima di materiali minerari che si usano nei telefonini. Zona con popolazione poverissima e colpita anche dall’Ebola. Per il resto sui giornali c’è la “gelata” Draghi sui divieti. Con le sue conseguenze politiche: nessuno spazio per chi sperava in rilassamenti. Nonostante Salvini con la t-shirt in mezzo ai ristoratori. Sui vaccini si va in ordine sparso nelle varie regioni, mentre l’Inghilterra vede la luce in fondo al tunnel. Sul fronte delle divisioni fra i 5Stelle si affaccia l’ipotesi di un Conte mediatore fra le diverse anime del Movimento. Per parafrasare, senza mancare di rispetto, l’enciclica del Papa: “Giuseppi tutti?”. Vediamo i titoli.
LE PRIME PAGINE
In molti titoli prevale la tragica notizia arrivata ieri dal Congo, anche se la nuova stretta di divieti, la questione dei vaccini e la palpabile delusione di chi si aspettava nuove aperture da Draghi fa fare altre scelte ai Direttori. Il Corriere della Sera entra nel racconto della strage: «Portati nella foresta e uccisi». La Repubblica: Congo, agguato all’Italia ucciso l’ambasciatore. Mentre La Stampa già va sul ricordo delle due vittime: Luca e Vittorio, l’Italia migliore. Per Avvenire, uno dei pochi giornali italiani che scrive spesso di Paesi africani: Congo, morti per la pace e lo sviluppo. La strage che strazia. Il manifesto è elegiaco: La sua Africa, con la foto di Attanasio. Le misure anti Covid catalizzano l’interesse del Messaggero: Riaperture, la settimana chiave. Il Quotidiano Nazionale più pessimista: Il debutto di Draghi: lockdown duro. Per il Giornale è guerra al commissario: I SEGRETI DI ARCURI. Libero: Richiudono tutto, pochi vaccini. Mentre La Verità è minacciosa: SE NON SBLOCCA VACCINI E RISTORI DRAGHI FARÀ LA FINE DI GIUSEPPI. Unica scelta diversa su questa materia è quella del Sole 24 Ore che sottolinea l’importanza del dialogo Draghi-Merkel: Vaccini, svolta su Europa e industria. Il Fatto prosegue nel suo deluso racconto della politica, con una punta di nostalgia: Draghi, un Conte 3 senza opposizione. Mentre Il Domani torna sul leader di Italia Viva: La crisi politica è finita, ora Renzi deve rispondere dei soldi sauditi.
CONGO, MINIERE E TERRORE
La ricostruzione di Francesco Battistini sul Corriere della Sera è dettagliata. L’imboscata che è costata la vita al nostro Ambasciatore e al carabiniere e al loro autista congolese è in parte ancora avvolta nel mistero. Vediamo secondo la versione più attendibile dei fatti che cosa è davvero successo:
«Ore 10,15, villaggio di Kibumba, tre chilometri da Goma. Nella savana più pericolosa del più pericoloso Paese africano, avanzano due jeep bianche. Davanti c'è una missione del World Food Programme, dietro c'è l'ambasciatore italiano in Congo, Luca Attanasio: l'accompagna un funzionario italiano del Wfp, Rocco Leone, e lo scorta un carabiniere, Vittorio Iacovacci. Due autisti, due bodyguard congolesi, sette persone in tutto: un piccolo e discreto convoglio, solo i distintivi Onu sulle portiere. È una missione informale, l'addetto consolare Alfredo Russo doveva parteciparvi ma all'ultimo è rimasto a casa. L'ambasciatore ha passato la domenica da un amico saveriano, padre Franco Bordignon, e ora in sneaker e occhiali scuri va a Rutshuru per visitare una scuola che deve ricevere aiuti alimentari. Nessuno porta l'auricolare di sicurezza, non ci sono ponti radio d'allerta, la strada è considerata «pulita» e relativamente sicura. L'agguato è rapido. Simile a tanti da queste parti: un mucchio di pietre nel mezzo della strada Rn4, le macchine costrette a rallentare, a frenare. Dalla boscaglia spuntano sei, forse sette uomini con armi leggere. All'inizio è una raffica d'avvertimento, verso l'alto. Un'altra mira subito alla macchina del diplomatico e uccide l'autista, Mustafa Milambo. L'ambasciatore Attanasio, Rocco Leone e il carabiniere Iacovacci vengono fatti scendere: sono loro l'obbiettivo, i bianchi. I banditi danno ordini in swahili ai tre italiani - «fate presto, camminate veloci!» -, ma parlano fra loro in kinyarwanda: è una lingua ruandese comune tanto tra i fuorusciti hutu delle Fdlr, le Forze democratiche per la liberazione del Ruanda, quanto fra jihadisti ugandesi Adf che vantano legami con l'Isis e imperversano in questi confini del Congo. Di chiunque si tratti, è un tentativo di rapimento: si intavola una trattativa ma inutilmente. L'ambasciatore e il carabiniere, già feriti, vengono fatti camminare per qualche decina di metri. Poi la sorpresa, almeno secondo la versione ufficiale di Kinshasa: compaiono dal nulla i soldati e i ranger governativi, richiamati dai colpi dei banditi, e c'è una sparatoria. Non si sa bene chi ammazza chi. Il carabiniere Iacovacci, 30 anni, latinese di Sonnino, muore subito. L'ambasciatore Attanasio, 43 anni, brianzolo di Limbiate, moglie e tre bambine, è colpito all'addome e perde molto sangue. Lo caricano su un pick-up, la bodyguard di Leone gli tiene la testa: quando arriva all'ospedale di Goma, una ventina di chilometri di strada, non c'è più nulla da fare. Rocco Leone finisce ricoverato, sotto choc, ma senza ferite. Non è chiaro che ne sia degli altri del convoglio: secondo alcune fonti sarebbero stati rapiti. È ancora meno chiaro che cosa cercassero i killer. Soldi? Un'azione terroristica? O magari un'arma di ricatto sugli investimenti energetici, anche italiani, nel Nord Kivu? L'ambasciatore Attanasio non aveva un'auto blindata. Non aveva una vera scorta. Non indossava un giubbotto antiproiettile. Non c'erano bandierine italiane che ne identificassero la presenza. I congolesi e l'Onu gli avevano garantito che quella strada era tranquilla. E allo stesso tempo il governatore della regione, Carly Nzanzu Kasivita, ora dice di sentirsi «sorpreso» dalla missione e di non esserne stato informato in anticipo. Troppe cose non tornano. E chi e perché abbia ucciso l'ambasciatore - questo è chiaro dal primo istante -, non è solo materia d'indagine per la polizia congolese. I Ros sono già in volo per il Congo, la Procura di Roma ha aperto il fascicolo di rito. La Farnesina chiede un report dettagliato al Wfp e un'inchiesta Onu per chiarire su quali basi, la Rn4 fosse ritenuta sicura. »
Tanti i ricordi e i profili dei nostri due “eroi”. Elisabetta Belloni, direttore generale della Farnesina ricorda Attanasio dalle pagine del Corriere della Sera:
«Ricorro alla penna per lasciare traccia dell'esempio di Luca che spero non svanisca negli anni a venire e che possa, invece, ispirare i più giovani che hanno fatto la stessa scelta professionale. Una persona buona, affettuosa con la stupenda famiglia che amava sopra ogni cosa e che lo ha accompagnato anche in Africa, nonostante la giovane età delle tre bambine. Ma anche un vero diplomatico che ha affrontato la «Carriera» con l'entusiasmo di chi è consapevole della necessità di imparare e farsi le ossa affrontando senza scorciatoie le sfide che la Diplomazia mette dinanzi a ogni passaggio della vita professionale e personale».
Padre Giulio Albanese è uno dei massimi esperti italiani di quelle zone. Viene intervistato da diversi quotidiani, fra cui Corriere e Stampa, lui scrive sull’Avvenire un articolo vibrante, in cui rivendica l’assoluta indifferenza che riserviamo di solito a quei Paesi africani. Spiega molto bene il contesto in cui la strage è avvenuta:
«Una terra che da lunghi anni continua a essere bagnata da sangue innocente, per questo raccontata spesso anche da questo giornale e inspiegabilmente e colpevolmente ignorata da gran parte della stampa nazionale e internazionale. Le ragioni che rendono infuocato questo territorio sono fondamentalmente due: la presenza di numerose formazioni armate che seminano quotidianamente morte e distruzione e la ormai endemica epidemia di ebola che ciclicamente si ripresenta causando pene indicibili ai malati. Si stima che nella regione siano attive circa 160 formazioni ribelli, con un totale di oltre 20mila combattenti. Basti pensare che nel solo territorio di Beni, dall’ottobre 2013, sono state massacrate oltre 4mila persone. Intanto, come se non bastasse, le autorità sanitarie congolesi stanno tentando di isolare proprio in quell’area un nuovo focolaio del micidiale virus di ebola (che da alcuni mesi sembrava fosse stato debellato e che tra il 2018 e il 2020 ha falciato oltre 2.200 persone). Ma al di là di queste considerazioni è importante comprendere che il Nord Kivu rappresenta la cartina al tornasole di quanto sta avvenendo in Congo. Come qui è stato più volte documentato e contrariamente a quanto si pensa, non stiamo parlando affatto di un Paese povero, semmai di una terra impoverita. È il paradosso di una delle nazioni più ricche al mondo di materie prime, ma con insediata una delle popolazioni più povere del pianeta. Proprio la popolazione del Nord Kivu potrebbe essere più benestante di quella del Canton Ticino se potesse gestire le immense risorse minerarie del proprio sottosuolo: oro, cobalto, petrolio, manganite, cassiterite e coltan. (…) da sempre queste ricchezze hanno condizionato la storia nazionale: sono state al centro delle guerre che dal 1996 al 2003 hanno insanguinato l’ex Zaire, provocando quattro, se non addirittura cinque milioni di morti. E proprio poiché a est, lungo la linea di confine con l’Uganda e il Ruanda, la guerra di fatto non è mai terminata, sarebbe auspicabile un rinnovato impegno da parte della comunità internazionale. Anche perché ormai da tempo la società civile del Nord Kivu sta duramente contestando la forza di peacekeeping delle Nazioni Unite (Monusco) presente nella Rdc, definendola 'inerte' e accusandola di non svolgere uno dei suoi compiti principali: proteggere la popolazione civile. Ma cosa dire dell’Europa tanto preoccupata dalla mobilità umana che proviene dalla sponda africana? Sarebbe ora che uscisse dal letargo sostenendo tutte le possibili iniziative a livello negoziale per amore del popolo congolese e per onorare la memoria del nostro ambasciatore, uomo di pace e di solidarietà».
Su La Stampa doppia paginata di un racconto spietato, amaro e preciso di Domenico Quirico, forse l’inviato italiano che conosce meglio quei territori. Racconta di “Stregoni, bambini-soldato e tagliagole del Califfato in guerra per coltan e oro”. Scrive fra l’altro:
«La missione Onu è iniziata vent’anni fa: rappresenta solo un enorme fallimento. (…) Piccoli signori della guerra, imprenditori di milizie che le affittano per difendere le miniere, saccheggiare, offrire protezione: la guerra business, la guerra che nessuno racconta perché è un romanzo criminale. (…) Queste terre ricche di minerali e politicamente fragili saranno l’eldorado del terrorismo mondiale».
COVID, LA STRETTA DI DRAGHI
Non ci sono chissà quali nuovi divieti ma il segnale spedito ieri dal Governo in occasione della sua prima riunione sul Covid è arrivato chiaro a tutti. Chi si aspettava riaperture e allentamenti delle misure è destinato a restare parecchio deluso. Marco Galluzzo sul Corriere della Sera:
«Il primo Consiglio dei ministri operativo guidato da Mario Draghi ha dato il via libera al decreto legge sull'emergenza Covid che proroga lo stop allo spostamento tra regioni. Il decreto vieta i trasferimenti tra regioni se non per motivi di necessità e lavoro fino al 27 marzo. Tra le novità del nuovo testo la limitazione delle visite nelle case private in zona rossa: non varrà più la regola della visita concessa una volta al giorno a due adulti con figli minori di 14 anni, valida invece per le zone gialle e arancioni. Un altro Consiglio dei ministri potrebbe tenersi giovedì, mentre è stato deciso di istituire un tavolo tecnico sui parametri di contagio e diffusione del Covid per adottare eventualmente misure diverse dal passato.(…) Di sicuro Draghi ha fatto intendere di essere contrario ad altri lockdown generalizzati, perché vanno contemperati sia il diritto alla salute sia i risvolti di ripresa economica del Paese. Dopo il Consiglio dei ministri il premier ha avuto una conversazione telefonica con la Cancelliera Angela Merkel. Al centro dei colloqui vi sono stati gli ultimi sviluppi in campo sanitario in preparazione del Consiglio europeo di giovedì e venerdì, dedicato al contrasto alla pandemia e ad un maggior coordinamento dei piani vaccinali della Ue. Agostino Miozzo, coordinatore del Cts, ha chiesto invece di essere ricevuto a Palazzo Chigi e ha incontrato il Segretario generale Roberto Chieppa. Ma non ha avuto per ora indicazioni precise sul cambio di passo che il governo vuole imprimere alla gestione dell'emergenza. »
Repubblica racconta come la prima decisione “dragoniana” (Copyright Il Foglio, gioco di parole tra Draghi e Dracone, che era un severo legislatore dell’antichità) abbia creato molta freddezza:
«Cala il gelo attorno al tavolo del primo vero Consiglio dei ministri dell'era Draghi. Roberto Speranza apre la riunione di governo con una relazione. È cruda. Dolorosa, per certi versi, perché spegne le speranze "aperturiste" del centrodestra e dei renziani. L'Iss, ricorda il responsabile della Salute, stima la diffusione della variante inglese al 17,8%. Una tendenza «in crescita», visto che corre del 39% più di tutte le altre mutazioni. Non possiamo allentare le misure, sostiene. E vanno "quantomeno" conservate le attuali. È lo stesso approccio rigoroso del presidente del Consiglio, che non intende arretrare dalla linea della prudenza delle altre Cancellerie europee. Convinto che la situazione vada «monitorata attentamente», tenendo «alta la guardia». E così, l'incontro di Palazzo Chigi prende una piega inaspettata. Faccia a faccia per la prima volta, la maggioranza si divide. Prima di entrare nella sala del Consiglio, tamponi rapidi per tutti: è la regola. Dentro, nessuno alza la voce, ma soltanto perché i numeri esposti dal ministro fanno paura. (…) Matteo Salvini vorrebbe riaprire i ristoranti la sera, si fa fotografare abbracciato con alcuni di loro e con t-shirt #ioapro. Sembra tornato ai vecchi tempi. Ma la propaganda da campagna elettorale permanente si scontra con una realtà assai diversa. E peggiore. Per un giorno intero, anche i governatori di centrodestra contattano il governo per trattare nuove restrizioni: Brescia, la Bassa Bergamasca, Ventimiglia, alcuni comuni in provincia di Ancona, senza dimenticare territori di Umbria, Abruzzo e la chiusura totale di Bolzano. Focolai ovunque, con le varianti brasiliana e sudafricana che minacciano il successo del vaccino. (…) Anche Draghi prende tempo. Dà il via libera al blocco dei movimenti regionali, ma preferisce rimandare di qualche giorno il nodo del dpcm che scade il 5 marzo. Non sembra praticabile la proposta di Dario Franceschini, che chiede di valutare il prima possibile la riapertura di teatri e cinema. Non tira aria neanche per questo, come per i ristoranti serali della Lega. Anzi, la scelta delle prossime ore sembra ridursi essenzialmente a questo bivio: ribadire il meccanismo dei colori, ben sapendo che entro qualche settimana buona parte d'Italia potrebbe tingersi di arancione e rosso a causa delle varianti. Oppure sospendere a tempo questo meccanismo, imponendo una stretta omogenea nazionale di un paio di settimane, come a Natale. Una sorta di zona arancione nazionale (e magari rossa nei weekend) per stoppare il contagio e accelerare sulla vaccinazione di massa. »
SALVINI L’INFILTRATO
Giuliano Ferrara, sulla prima pagina del Foglio, fa capire l’orizzonte politico della svolta “dragoniana” sui divieti anti Covid. Lo schema politico di fuoriuscita dal populismo prevede una Lega con Meno Salvini, e ha già ottenuto 5Stelle senza Dibba e senza Travaglio… :
«Salvini non capisce la politica. Sa solo dove va il vento provvisorio, e lo asseconda con parole immagini e comportamenti di basso conio, vicini alla sua rappresentazione belluina di cosa sia il popolo (il suo organo social si chiama la "Bestia"). Non ha la minima visione del passato, del presente e nel presente, del futuro. Vede bene soltanto il provvisorio degli stati d'animo, quello che lo induce a dire basta euro, viva l'euro, chiudere tutto, aprire tutto e altre scemenze da energumeno. In politica non ci vede proprio, è ultra miope, è solo un esperto e primitivo demagogo. Il suo vice, che è di un'altra stoffa, gli ha spiegato che doveva dire di sì a Draghi e a quello che rappresenta, prima di tutto una mentalità italiana evoluta, cioè europea e internazionale, se non voleva schiantarsi contro il suolo dell'irrilevanza rumorosa. L'Infiltrato questo non l'ha capito. Ha appena intuito che forse poteva tornare ministro, girare con un macchinone, darsi da fare nei comizi, minacciare le dimissioni a ogni angolo di strada, vantarsi dei suoi nuovi occhiali da adulto e da perbene, che gli stanno "come un cilindro a un cafone arricchito" (Eliot). Draghi naturalmente ha nominato ministro il suo vice, si è guardato bene dall'imbarcare un Infiltrato nella compagine di governo. »
LE TAPPE INGLESI
Maledetti inglesi, più lesti di noi sui vaccini (non hanno aspettato l’autorizzazione europea), diffusori di pericolose “varianti” contagiose, ora sono i primi ad annunciare l’uscita dal tunnel. Lo ha fatto ieri Boris Johnson. Il racconto di Luigi Ippolito sul Corriere:
«Il programma di riapertura è scandito su quattro tappe. La prima data importante è l'8 marzo, quando ripartiranno le scuole, seguita dal 29 marzo, quando sarà di nuovo consentito incontrarsi all'aperto, incluso nei giardini di casa, e sarà abolita la raccomandazione di «stare a casa». La fase due, il 12 aprile, vedrà la riapertura dei negozi, dei parrucchieri, delle palestre e la ripresa del servizio all'aperto per bar e ristoranti. La terza tappa, il 17 maggio, prevede la ripresa completa della ristorazione, oltre alla riapertura di cinema, teatri e stadi. Il 21 giugno saranno tolte le restanti restrizioni, incluse quelle alle discoteche. Raccomandazioni come il lavoro da casa, l'uso delle mascherine e il mantenimento della distanza sociale di due metri resteranno però in vigore per mesi, così come difficilmente le vacanze all'estero saranno autorizzate prima dell'estate. Il passaggio da una fase a quella successiva dipenderà tuttavia da una continua valutazione dei dati sulla pandemia. »
IL PUNTO SUI VACCINI
Al di là delle speranze suscitate dai colloqui e dai vertici internazionali, dai piani che coinvolgono industrie e fabbriche italiane, prendiamo da La Stampa una panoramica sui vaccini nelle varie regioni:
«Veneto
Sono iniziate sabato le vaccinazioni del personale della scuola, in Veneto. E sono state decine gli insegnanti e gli operatori che ieri non si sono presentate nel proprio istituto, avendo accusato sintomi dovuti alla prima somministrazione di AstraZeneca.
Puglia
Per sanitari, operatori e ospiti delle Rsa in Puglia è iniziata la fase dei richiami. Che andrà avanti per un po' perché qui si è scelto di immunizzare tutti, anche gli amministrativi. Sempre con Pfizer e Moderna si stanno immunizzando farmacisti, dentisti e medici libero professionisti. Da sabato si parte con il personale scolastico under 55 con AstraZeneca. Per primi si vaccinano gli operatori di asili ed elementari più esposti al rischio varianti che colpiscono i piccoli. Per ora ci si vaccina nei Palazzetti dello sport poi nelle scuole. Gli over 80 sono partiti proprio ieri con 160 mila prenotazioni su una platea di 160mila grandi vecchi.
Emilia Romagna
È stata la prima a partire con la vaccinazione dei disabili. Cittadini che si affiancano agli ultra 85enni e al personale scolastico. A Reggio Emilia, intanto, polemiche per il flop delle vaccinazioni fra il personale delle Rsa, dove solo la metà degli operatori ha aderito alla campagna e l'assessore Marchi ha ricordato che gli anziani delle case di riposo sono a rischio. Via libera alle prenotazioni anche per gli over 80.
Piemonte
Soddisfazione per le categorie toccate dalla nuova fase della campagna vaccinale - insegnanti under 55 e anziani over 80 - ma dubbi sulle risposte non ancora pervenute per altri sottogruppi e sui tempi di chiamata nei centri di somministrazione. (…) L'arcivescovo di Torino, Nosiglia ha scritto al presidente della Regione Cirio per ricordare che i preti impegnati nelle comunità svolgono servizi e attività in mezzo alla gente.
Lombardia
La prima fase ha riguardato i 340 mila operatori sanitari, sociosanitari e «a qualunque titolo presenti in ospedale». Dall'8 febbraio via a farmacisti, residenze psichiatriche e per disabili, medici liberi professionisti, informatori scientifici, forze dell'ordine, militari e docenti under 55. Il terzo settore ha chiesto di inserire anche i caregiver, «bocciati» invece gli operatori funebri. Ieri è partita la somministrazione ai vigili urbani, mentre il 18 quella agli over 80: 14.456 hanno avuto la prima dose. Questa settimana si inizia anche a domicilio con i 70 mila ottuagenari non trasportabili. Toccherà poi a fragili e cronici. Da metà aprile semaforo verde per 6,6 milioni di lombardi.
Lazio
Il Lazio ha deciso di seguire la via israeliana. Nella fase 1 si è cominciato con sanitari e Rsa. Ma non tutti, come hanno fatto altre Regioni, ma solo chi è in prima linea. Quindi no amministrativi o addetti alle pulizie. La Regione è stata anche la prima a immunizzare dentisti e altri sanitari libero professionisti con il ritrovato di Oxford. Iniziata già da tre settimane la vaccinazione degli over 80. Per ora il 20% è immunizzato, a fine aprile tutti. Contemporaneamente si stanno vaccinando gli «estremamemente vulnerabili» con Pfizer, Forze dell'ordine e insegnati con AstraZeneca. Dopo di che, in barba al piano nazionale vaccini, avanti per fasce di età cominciando dai classe 56 con l'AstraZeneca e dai 79enni in giù con Pfizer e Moderna, senza star troppo a badare alle patologie. Un modo per andar veloci. Come a Tel Aviv. »
5 STELLE, CONTE E DI BATTISTA
Caos 5 Stelle. Emerge qua e là l’idea che possa essere Giuseppe Conte colui che ricuce il tessuto lacerato dei 5Stelle. Sul Fatto lo propone in un’intervista Paola Taverna. Conte dunque non solo federatore ma mediatore con chi si è opposto alla scelta del sì a Draghi:
«Paola Taverna prova a guardare un po' più in là: "Dobbiamo fermarci un attimo, per riflettere. E dobbiamo rifondare il M5S ". Nei giorni scorsi lei ha invocato "unità", sostenendo che "tanti di quelli che hanno votato in dissenso sono parte fondamentale del M5S ". Ma le espulsioni sono ugualmente arrivate. Noi abbiamo delle regole, che vanno rispettate. I colleghi che hanno votato no hanno espresso un sentimento diffuso tra noi, ma finché le norme sono quelle, vanno osservate. Forse però ora è tempo di capire come evitare che certe situazioni si ripetano. Cosa intende? Voglio dire che è il momento di pensare a un nuovo modo di decidere e di stare assieme, per fare sì che non si debba arrivare a situazioni come quella attuale, con due anime contrapposte. Una situazione in cui sta finendo tutto a carte bollate Sarebbe l'epilogo peggiore. Ma tutto questo conferma che bisogna lavorare a un nuovo perimetro, a una nuova cornice per il Movimento. E in questa ottica Giuseppe Conte può essere una figura fondamentale. Lui ha cambiato l'approccio del Movimento alla politica, facendo una sintesi tra la nostra forza innovatrice e la sua capacità di stare al governo. In che ruolo lo vedrebbe? Oggi lo scenario politico è totalmente mutato. Spero che Beppe Grillo e lui possano individuare il ruolo più giusto. Per me potrebbe anche essere un ottimo capo politico, da solo o affiancato da una segreteria. E su questo potrebbero esprimersi nuovamente gli iscritti.»
DONNE UCCISE O QUASI
Femminicidio a Trento, tentato femminicidio a Torino, donna uccisa a Ferrara, per cui è sospettato il compagno. Le donne protestano ma i maschi italiani dove sono? Annalia Dongilli e Tommaso di Giannantonio sul Corriere raccontano la storia terribile di Vigo Meano, vicino a Trento:
«Secondo le prime ricostruzioni, dai messaggi che i due si sarebbero scambiati nelle ore precedenti, sarebbe stato Cattoni a attirare nella trappola la moglie, con la quale era in corso una causa di separazione. Deborah, 42 anni, aveva quattro figli, tre ragazzi di 17, 16 e 14 anni da una precedente unione e il più piccino di 4 anni e mezzo, avuto proprio con Cattoni. Lui le avrebbe scritto di raggiungerla nel suo campo perché le avrebbe voluto dare un assegno per il mantenimento del bimbo. Una volta lì, i due hanno discusso; quindi i colpi letali. A quel punto l'uomo si sarebbe procurato delle lesioni profonde con un coltello, perdendo i sensi e accasciandosi al suolo. Il copione, se l'ipotesi venisse confermata, si rivela lo stesso di tanti, troppi femminicidi: violenze che si ripetono nel tempo, tentativi di ricomporre la situazione, epiloghi tragici, un'altra donna uccisa dall'uomo con il quale divideva la vita. Quel pezzo di terra in campagna era uno dei pochi luoghi in cui il 39enne poteva recarsi in quanto luogo di lavoro, perché su di lui pendeva un'accusa per maltrattamenti ai danni della moglie per la quale era costretto dallo scorso 2 dicembre ai domiciliari.»