"Cambio di regime"
Netanyahu dice a Fox qual è l'obiettivo della guerra contro l'Iran. Centinaia i morti civili. Ritorna la dottrina neo-con. Oggi inizia il G7 in Canada, Gaza è già dimenticata. Invitato Zelensky
Sono già centinaia i morti in Iran e in Israele. Gli attacchi interessano le città: Teheran e Tel Aviv. Israele ora preme perché siano gli Stati Uniti ad intervenire direttamente per distruggere il programma atomico degli ayatollah. Ma la Casa Bianca resta riluttante anche se Donald Trump minaccia il regime a Teheran — «se colpite le nostre basi, risponderemo con una potenza mai vista» — e allo stesso tempo predice: «Iran e Israele dovrebbero trovare un accordo e troveranno un accordo». Trump vuole ancora ottenere un’intesa sul nucleare con Teheran: accordo al quale il suo invitato Steve Witkoff stava lavorando, proprio ieri avrebbe dovuto incontrare in Oman gli emissari del regime in colloqui poi saltati. Anche gli iraniani sembrano disposti a riprendere le trattative, con la condizione dello stop ai raid israeliani. The Donald, già si scriveva ieri, vuole coinvolgere Vladimir Putin come mediatore.
Ma qual è il vero obiettivo dell’operazione militare israeliana Rising Lion? Ieri Netanyahu in un’intervista all’emittente americana Fox News ha detto di sperare in «un cambio di regime come risultato della guerra», un obiettivo che il suo stato maggiore non condivide ma che soprattutto preoccupa oggi Washington. Perché se è stata questa la dottrina neo-con per molti anni, l’amministrazione Trump ha sempre detto di volersene liberare. Scrive oggi Lorenzo Cremonesi sul Corriere: «Se andiamo oltre alla propaganda della guerra, non è difficile osservare che nella realtà l'idea di intervenire in un Paese o in una società straniera per mutare a proprio favore la loro forma di governo ha sortito risultati per lo meno dubbi negli ultimi decenni, se non totalmente fallimentari. Non a caso negli Stati Uniti, dopo i flop sanguinosi delle campagne in Iraq e Afghanistan seguiti agli attentati di Al Qaeda l'11 settembre 2001, il principio di «esportare la democrazia», in auge tra i «neocon» di Bush junior dopo la fine della Guerra fredda, è oggi largamente screditato tra politologi e osservatori. Anche Israele ha pagato un caro prezzo tentativi simili». Eppure sullo stesso giornale Bill Kristol, che fu «padrino del movimento neocon», vede risorgere proprio quella strategia e dice: «Io penso che una qualche versione della visione neocon resti abbastanza forte. Anzi penso che ci sia un ritorno di queste idee in Europa. Dieci anni fa la Germania pensava di aprire un gasdotto con la Russia, adesso si sta riarmando e sta aiutando l’Ucraina. I neocon sembravano troppo allarmati dall’idea che dovessimo combattere dappertutto, ma Trump sta ricordando alla gente che l’ordine liberale internazionale che molti davano per scontato non lo è».
Secondo Gilles Kepel, grande islamista francese intervistato da Repubblica, l’Europa «è completamente fuori gioco. Il vertice alle Nazioni Unite, che doveva essere organizzato da Emmanuel Macron e Mohammed Bin Salman per riconoscere lo Stato palestinese, è stato rinviato a dati da destinarsi. È un segnale chiaro che il potere decisionale si trova altrove. L'Europa non è solo esclusa dai negoziati diplomatici, ma rischia di diventare vittima collaterale della disgregazione del Medio Oriente. La Turchia, ad esempio, teme un afflusso massiccio di rifugiati in caso di collasso iraniano, e ciò avrebbe inevitabilmente ripercussioni sull'Europa».
Interessante l’articolo di Massimo Cacciari sulla Stampa che parte da un’amara constatazione: «Manca qualsiasi energia in grado di “contenere” la guerra all’interno di una forma che somigli al diritto». Per arrivare ad argomentare nel finale: «È inutile nasconderlo. Nel corso della civiltà europea la forza spirituale che ha esercitato comunque un’influenza contenitrice rispetto al dilagare della guerra in quanto azione volta a negare l’esistenza del nemico, è venuta dalla cristianità, pur nelle sue diverse espressioni o confessioni e dalla Chiesa cattolica in particolare negli ultimi due secoli. È dalla cristianità che provengono le istanze più forti per stabilire un diritto alla guerra, nella guerra e per paci successive che non siano germi di nuove catastrofi».
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