Cecilia Sala ostaggio in Iran
La giornalista è in carcere a Teheran, senza accuse. Si sospetta una "rappresaglia" per l'arresto di un iraniano a Malpensa su richiesta Usa. Approvato il Bilancio, show di Renzi. Altre Porte Sante
La giornalista italiana Cecilia Sala è stata arrestata ed è detenuta in Iran, a Teheran nel carcere di Evin, dal 19 dicembre. Lo si è saputo solo venerdì. L’Iran non ha comunicato finora il motivo dell’arresto: l’inviata, regolarmente accreditata, è stata prelevata dal suo albergo. I giornali ipotizzano che quella degli ayatollah sia una rappresaglia e mettono in relazione il suo arresto con l’arresto in Italia di Mohamed Abedini Najafabadi, 38 anni, iraniano finito in manette 3 giorni prima a Malpensa su mandato di cattura Usa. Gli americani lo accusano di commerciare armi e di occuparsi di droni e chiedono agli italiani la sua estradizione. Commenta oggi Camille Eid su Avvenire: «La detenzione di cittadini occidentali come strumento di pressione è una politica rodata in Iran. In fondo, la cosiddetta “diplomazia degli ostaggi” si è rivelata vincente, con diversi governi che si sono piegati ai desiderata di Teheran negli ultimi anni». Alberto Negri sul Manifesto mette in luce le difficoltà del regime iraniano: «L’Iran oggi si tiene in piedi grazie alle sue risorse energetiche e ai rapporti privilegiati con Russia e Cina (…). Ma è in Medio Oriente che l’Iran sta assistendo allo sgretolamento dell’asse della resistenza contro Usa e Israele e della Mezzaluna sciita».
Il governo italiano, con esplicite dichiarazioni di Giorgia Meloni e di Antonio Tajani, si dice fiducioso e spera di riportare a casa Sala. Ma è una partita complicata che si inserisce nel grande braccio di ferro internazionale su Medio Oriente, con gli Usa in pieno passaggio di consegne e un Iran che si gioca le ultime carte per sopravvivere.
Oggi c’è un bel ritratto di Cecilia Sala scritto da Francesca Mannocchi per La Stampa, che è anche una difesa di una missione, quella giornalistica, sempre aggredita da chi chiede ai cronisti il bianco e il nero, il buono e il cattivo, chi siano i cow boy e chi gli indiani. Scrive Mannocchi: «È una donna seria. E tra le cose che la sua storia lavorativa ci dice, è che ha saputo scardinare quella stantia convinzione tutta italica per cui sei troppo giovane per fare qualcosa finché non diventi troppo vecchio per non poterla fare più. L'artista e designer Bruno Munari nel suo Verbale Scritto, del 1992, disse “quello che non si può dire in poche parole non si può dirlo neanche in molte”. Una frase che si cuce perfettamente addosso a Cecilia Sala, che riesce a dire il mondo attraverso le sue storie brevi perché studia, si nutre della complessità e riesce a semplificarla senza mai banalizzarla, senza mai ridurla a stereotipo».
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