Domandare la pace
Giornata di preghiera, digiuno e penitenza indetta dal Papa. Primi tank israeliani a Gaza. Erdogan in campo. Spiragli per gli ostaggi. La Ue chiede "pause umanitarie". Meloni nei guai per la manovra
24 ore per dire no alla guerra. Oggi è la Giornata di preghiera e digiuno indetta da papa Francesco per la Terra Santa e tutti i luoghi del mondo straziati da guerre e violenze. Il digiuno, la preghiera e la penitenza saranno condivisi nelle chiese e nelle città di tutta Italia. È un gesto che il Papa rilancia dopo l’iniziale giornata voluta dal cardinal Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini. Un’iniziativa che dal Medio Oriente si allarga al mondo. Domandare la pace oggi sembra impossibile eppure questo venerdì di fine ottobre ha una grande importanza, anche estetica. E può contare sulla complicità dell’animo umano: quando infatti si esce dalla contrapposizione e dall’odio, quando si guardano da vicino le foto, le storie, le biografie delle vittime, terrorismo e guerra dimostrano la loro insensatezza.
Quando il Nemico non è più un’astrazione ma uno di noi, è difficile insistere sulla voglia di distruzione e di morte. Ci racconta questo la storia di Omar e Omer, due bambini: uno israeliano, vittima dei terroristi di Hamas, e l’altro palestinese, vittima dei bombardamenti sulla Striscia di Gaza. Sono morti a pochi giorni e a pochi chilometri di distanza l’uno dall’altro. Sono solo due dei 4mila bambini uccisi dal 7 ottobre sui due fronti. Ci raccontano questo le istantanee degli ostaggi israeliani, diffuse dal governo di Gerusalemme. Ci ricordano questo due voci: una laica, quella di Nicholas Kristof, del New York Times, e una religiosa, quella di padre padre Bernardo Gianni, abate di San Miniato al Monte. Voci che trovate sui giornali di oggi.
Le notizie dal campo e dalla diplomazia sono controverse. La scorsa notte una prima colonna di carri armati israeliani è penetrata nella Striscia di Gaza. È la prima incursione via terra. Mentre alcuni caccia americani, nelle ultime ore, hanno compiuto una missione in Siria. Sempre aperta la questione degli ostaggi, che mette il governo di Netanyahu in difficoltà con l’opinione pubblica del suo Paese.
Sulla scena diplomatica, l’Europa è riuscita, a fatica, a raggiungere una posizione comune: la Ue non chiede il cessate il fuoco ma l’apertura dei valichi e “pause umanitarie” per far passare gli aiuti. L’intenzione occidentale sarebbe quella di rafforzare Abu Mazen e la Anp per fargli gestire la crisi di Gaza ed avere un interlocutore affidabile. Ma sembra troppo tardi. La regina Rania di Giordania accusa l’Occidente di avere un “doppio standard”. Mentre il presidente turco Racep Tayyip Erdogan ha chiamato al telefono papa Francesco, cercando di rilanciare il suo ruolo di mediazione. Politicamente i fratelli musulmani, che lui guida in Turchia, sono certamente il partito più affine ad Hamas. Hamas, nel frattempo, ha spedito un rappresentante a Mosca, che però non è stato ricevuto da Vladimir Putin, in cerca di solidarietà internazionale. Oltre a Turchia e Qatar, la Russia entrerà nel gioco di una trattativa? Difficile dirlo ma la guerra in Ucraina ha tolto molte possibilità a Mosca. Anche se Israele non ha mai aderito alle sanzioni economiche occidentali e non ha mai voluto dare armi a Kiev.
Se volete continuare a leggere, potete iscrivervi subito e SE NON SIETE GIÀ ABBONATI, cliccate su questo pulsante verde: