Governo senza pietà?

Non c'è dibattito sul carcere o sul digiuno di un detenuto. Il governo costretto a essere inflessibile in quello che è diventato il caso Donzelli-Delmastro. Per papa Francesco una Woodstock in Congo

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Il caso di Alfredo Cospito, il detenuto anarchico sotto il regime del 41 bis in sciopero della fame da 100 giorni, è diventato un caso politico istituzionale che mette in difficoltà il governo di Giorgia Meloni. Non perché ci sia un dibattito sul merito della protesta o sulla responsabilità dello Stato o sulle carceri in Italia. Come forse sarebbe stato meglio in un Paese che non sia ferocemente giustizialista. La polemica politica è stata scatenata dalle accuse di paraterrorismo rivolte nell’aula di Montecitorio al Pd dall’esponente di FdI Giovanni Donzelli, e dall’uso di intercettazioni riservate passategli dal collega di partito, il sottosegretario Andrea Delmastro. Carlo Nordio ha spiegato ieri nelle due Aule di Senato e Camera che della fuga di notizie, forse riservate, si occuperà la Procura di Roma. Poco ha detto però Nordio sul merito della vicenda di Cospito. È giusto il 41 bis? Che cosa fa lo Stato per garantire la salute di quel detenuto? E non è forse una violenza accusare chiunque provi pietà e attenzione per uno sciopero della fame di un detenuto in carcere di fiancheggiamento della mafia? La sensazione è che Giorgia Meloni sia in imbarazzo, stretta dall’immagine “fascistina” di un governo tutto legge e ordine e quindi inflessibile. E da una classe dirigente che “continua a comportarsi da opposizione mentre è al governo”, come è stato scritto oggi.

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