"I popoli vogliono la pace"
Appello di Leone XIV ai grandi della Terra alla vigilia di Istanbul. Colloqui 3 anni dopo senza Putin e Trump, Zelensky "pronto a tutto". Nuova lite Meloni-Schlein. Inizia il Salone del libro a Torino
«Perché questa pace si diffonda, io impiegherò ogni sforzo. La Santa Sede è a disposizione perché i nemici si incontrino e si guardino negli occhi, perché ai popoli sia restituita una speranza e sia ridata la dignità che meritano, la dignità della pace. I popoli vogliono la pace e io, col cuore in mano, dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo! La guerra non è mai inevitabile, le armi possono e devono tacere, perché non risolvono i problemi ma li aumentano; perché passerà alla storia chi seminerà pace, non chi mieterà vittime; perché gli altri non sono anzitutto nemici, ma esseri umani: non cattivi da odiare, ma persone con cui parlare. Rifuggiamo le visioni manichee tipiche delle narrazioni violente, che dividono il mondo in buoni e cattivi».
Papa Leone XIV nell’udienza concessa ieri ai pellegrini del giubileo delle Chiese orientali (qui l’integrale) ha pronunciato parole chiarissime e drammatiche, mentre il mondo assiste sgomento alle accelerazioni e alle frenate dei Grandi della Terra per i colloqui che iniziano oggi a Istanbul sulla guerra in Ucraina. La profezia della pace di Francesco non cessa e anzi si proietta anche in questo nuovo pontificato. Il nuovo Papa, un “figlio di Agostino” combatte il manicheismo contemporaneo, così alimentato e diffuso dai social e contesta la guerra nella sua essenza: non riconoscere all’altro essere vivente la sua dignità umana.
Una dignità che non viene riconosciuta agli ucraini dagli aggressori russi. E non viene riconosciuta ogni giorno a Gaza. Ieri c’è stata una nuova strage di bambini fra le 80 vittime causate dall’esercito israeliano. Ha ragione il cardinal Pierbattista Pizzaballa, quando dice oggi ad Avvenire: “Il futuro dell’intero pianeta passa dalla Terra Santa”. Massimo Gramellini (non i commentatori ufficialmente cattolici, che in questi giorni è meglio non leggere) nota oggi acutamente sul Corriere: «Adesso che si comincia a vedere all’opera il nuovo Pontefice, si resta sorpresi dalla capacità del più longevo organo elettorale della storia, quello dei cardinali riuniti in Conclave, di alternare i caratteri dei prescelti. A un Papa estroverso e carismatico segue immancabilmente un Papa introverso e intellettuale che ne condivide le idee, però non il modo di esporle e di tradurle in pratica. Prevost promette di essere, rispetto a Bergoglio, quel che Montini fu rispetto a Roncalli e Ratzinger a Wojtyla: un discontinuo continuatore. E anche chi non crede all’intervento divino nella Cappella Sistina, deve arrendersi al mistero di questo ineffabile, ma si direbbe implacabile, bipolarismo dello Spirito Santo».
Se volete continuare a leggere, potete abbonarvi cliccando sul pulsante qui sotto: