Il governo invoca Dante e Garibaldi
Padri della Patria in soccorso di Giorgia Meloni, che replica a Berlusconi: "O si fa l'Italia, o si muore". Dante tirato per la giacchetta. In guerra russi come automi. Addio a Pell e a fratel Biagio
È il momento dei padri dell’Italia: Dante Alighieri e Giuseppe Garibaldi. Del resto quando i Fratelli (d’Italia) sono in difficoltà, come adesso, è giusto che si rivolgano ai presunti progenitori della Patria. E le difficoltà non mancano a Giorgia Meloni in questi giorni: problemi che le vengono soprattutto dall’interno della compagine di governo, in quel tallone d’Achille che sono, dal primo giorno delle nuove Camere, gli azzurri di Forza Italia. “Meloni avvisa gli alleati” titola oggi il Corriere della Sera, riprendendo la prospettiva della scena vista da Palazzo Chigi. Repubblica, che sta all’opposizione, esalta invece la rottura che arriva da Arcore, scegliendo un più drammatico: “Lo strappo di Berlusconi”. Comunque sia, Giorgia Meloni replica agli alleati citando il vecchio motto risorgimentale garibaldino: “O si fa l’Italia o si muore”. Motto adeguato sicuramente per una campagna militare, un po’ meno per le accise sulla benzina. Fossimo a Torino, verrebbe da dire: “Esageruma nen”, non esageriamo. Ma tant’è. Quanto al poeta della Divina Commedia, è toccato al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, appropriarsi di quell’eredità. Massimo Cacciari su Repubblica e Tomaso Montanari sul Fatto prendono in giro il Ministro, che si è avventurato su un terreno oggettivamente sdrucciolevole. A me pare che ci sarebbe da vergognarsi a tirar fuori le ideologie quando si parla di cultura e in ispecie di poesia. Ideologie che fra l’altro tanti di noi hanno avversato negli anni Settanta quando quello schema, “Dante di destra”, serviva per non farlo leggere nelle scuole. Dante è Dante e non andrebbe strumentalizzato. Semmai letto e studiato. Ci sarebbe proprio da sprofondare. Come diceva il Sommo: “Ahi dura terra perché non t’apristi…”.
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