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Il Meeting non può essere populista

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Il Meeting non può essere populista

Dopo due anni Mario Draghi torna al Meeting di Rimini con un discorso che lascia il segno. Mette i paletti per chiunque vinca al voto, dove la vera sfida è fra Calenda e Meloni. Mosca bombarda

Alessandro Banfi
Aug 25, 2022
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Il Meeting non può essere populista

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Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha fatto un altro importante discorso a Rimini. Due anni fa aveva spiegato, in piena crisi pandemica, che c’è un “debito buono” e un “debito cattivo”. Ieri, in piena campagna elettorale, non ha demonizzato nessun schieramento, né partito. Ha voluto rassicurare gli italiani, gli europei e i mercati che ci sono alcuni punti condivisi che non verranno messi a rischio. D’altra parte, al di là della retorica sull’agenda Draghi, una parte del centro destra, la formazione che sta per vincere le elezioni del 25 settembre, ha condiviso i principi europeisti che il Premier ha ricordato. Semmai il rischio è che la prevalenza dei voti a Fratelli d’Italia “svuoti” quella coalizione e la snaturi, fino in fondo, portandola in blocco per così dire all’opposizione di Bruxelles e dell’Europa. Mettendo a rischio il Pnrr e la nostra chance di crescita. Siamo realisti: Forza Italia è l’ombra di quello che fu. La Lega di Matteo Salvini oscilla fra l’ossessione anti migranti e il lealismo di un Giancarlo Giorgetti. Draghi non ha voluto fare preclusioni: ha messo dei paletti, come si dice, che valgono per chiunque vincerà le elezioni in Italia. Come dice oggi Alessandra Ghisleri alla Stampa, il suo discorso rappresenta “una sorta di benchmark, di pietra di paragone” per tutti i leader e i partiti. Teniamolo a mente.

Ma il popolo del Meeting è populista o no? Andrà pur fatta questa domanda, con tutta la buona volontà di capire gli applausi e le ovazioni alla giovane leader di Fratelli d’Italia da parte della platea della Fiera. Quando nacque all’inizio degli anni Ottanta, l’appuntamento riminese si chiamava: “Meeting per l’amicizia fra i popoli”. Un’amicizia fra i popoli, che allora voleva rompere lo schema est-ovest, ma che aveva tutta la forza di una solidarietà internazionale, in nome dei diritti dell’uomo. Quel mondo e quella cultura non possono finire oggi nella trappola del nuovo egoismo nazionalista, del sovranismo. Fratelli tutti non Fratelli d’Italia. Nel nome della formazione di destra c’è l’idea di un Paese che costruisce muri e chiusure, legittima egoismi e disuguaglianza sociale. Certo, poi ci saranno visitatori del Meeting che voteranno Giorgia Meloni, l’importante è che si rendano conto di essere in contraddizione con gran parte della loro stessa storia e identità. Comunque la si pensi.

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