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Inizia l'inverno di Omicron
Borse giù e incertezza mondiale per la variante del Covid nel giorno più buio dell'anno. In Italia si litiga sulle nuove misure. Corsa al Colle: Mr. B è irritato dalla Moratti. Cile: sinistra in festa
Oggi è il giorno più buio dell’anno, nel nostro emisfero. Ce lo dice la Meccanica celeste che calcola il solstizio intorno alle 17 di oggi: finito l’autunno, entriamo nell’inverno. Che i tempi siano bui purtroppo ce lo dice anche l’attualità. A cominciare dalle perdite di tutte le Borse mondiali, segno sempre preoccupante di vera crisi. Perché i mercati vanno giù? L’allarme per il dilagare in Europa e Usa della variante Omicron si sovrappone alle ultime decisioni anti inflazione della politica monetaria di Usa e Cina. Nuovi lockdown significa nuova gelata dell’economia, laddove ci si aspettava inflazione. Il rischio dunque ora è quello della stagflazione.
Quanto alla pandemia, c’è ancora incertezza sulle conseguenze di Omicron: Massimo Gaggi sul Corriere spiega bene l’indecisione usa di Joe Biden, ma anche dello stesso Anthony Fauci sulla strada da prendere. Conviene rincorrere le varianti con sempre nuovi richiami o investire per un vaccino universale? Moderna ha pubblicato dei dati secondo cui la terza dose di richiamo aumenta di 37 volte il livello di anticorpi nei confronti della variante Omicron e questo dato dovrebbe essere confortante per i tanti italiani che hanno ricevuto il richiamo proprio di Moderna.
A proposito dell’Italia, c’è incertezza anche nel nostro governo e con i Presidenti di Regione sulle nuove misure da prendere entro giovedì. Non si vuole cedere all’idea di chiedere i tamponi ai vaccinati, mentre sulla mascherina obbligatoria per tutti (la ffp2), e anche all’aperto, ci sarebbe consenso. Resta viva l’ipotesi di un obbligo vaccinale per chi lavora, mentre dalle Regioni si chiede un obbligo anche per gli studenti. Unica certezza: Draghi non vuole cedere al lockdown modello olandese. Ma l’impennarsi della curva dei contagi può cambiare tutto.
Corsa al Quirinale. La mossa di Giorgia Meloni di incontrare Letizia Moratti sta mettendo in fibrillazione il centro destra. Anche perché Giuseppe Conte, ieri in tv a Tagadà, ha lodato le qualità morali della vice presidente della Regione Lombardia. Silvio Berlusconi è irritato che si pensi ad un piano B. Il Financial Times ci ripensa e indica Draghi necessario al Colle. Mentre il Corriere da oggi lancia una rubrica, Il Fanta Colle, di Antonio Polito.
Dall’estero. Si cerca di capire il segreto del Cile, dove ha vinto le elezioni un 35 enne di sinistra. Il suo primo discorso fa capire che è stato eletto anche grazie ai voti del centro e della destra moderata, spaventati dal populismo del suo rivale “trumpiano”. In Libia invece non si voterà tra tre giorni, come si sarebbe dovuto. Mancano le liste. Terribili notizie dalla Birmania, ci sarebbero evidenze di fosse comuni di oppositori, sterminati nella repressione dopo il golpe militare.
Qual è il significato del Natale? Comunque la pensiate, è la memoria di un dono, di una nascita, di una vita data per gli altri. L’invito che vi faccio è allora tornare ad ascoltare, in questi giorni più tranquilli e familiari di festa e di riposo, il mio podcast Le Vite degli altri realizzato per Chora Media e con Vita.it, grazie al sostegno della Fondazione Cariplo. Sono dieci puntate di circa venti minuti in cui dieci persone raccontano loro stessi e il motivo per cui sono state premiate dal Capo dello Stato per i loro meriti civili o sociali. Potete ascoltarle camminando, lavando i piatti, guidando la macchina (con bluetooth o cuffiette). La voce ha tutta la potenza estetica di un incontro intimo, ravvicinato e spesso profondo. Ci sono giovanissimi, come Mattia-Spiderman che fa visita ai bambini in Oncologia, quarantenni come Ciro che resiste dentro Gomorra dando nuove possibilità ai giovani del quartiere più difficile di Napoli ed anziani come il novantenne Nonno Chef, instancabile con i senza tetto, che ci ha lasciato le sue parole, prima di scomparire. In questa serie ci sono tante donne, che ho imparato ad ammirare e che stimo dal profondo del cuore: Chiara che ha mosso migliaia di giovani, Nicoletta che è una vera cuoca combattente, Rosalba che contende lo spazio alla camorra dalla sua scuola di Scampia, Tiziana che ama, e riscatta con l’impegno, la sua gente nei casermoni di Tor Bella Monaca, Rebecca che si è ripresa Roma cominciando a ripulire l’isolato di casa sua, Anna che ha messo su un’impresa sociale di moda con le eccedenze dei grandi marchi e i lavoratori disabili e suor Gabriella che guida una rete internazionale contro la tratta e lo sfruttamento delle ragazze. Simone Weil nel suo libro La persona e il sacro scrive: “Dalla prima infanzia sino alla tomba, qualcosa in fondo al cuore di ogni essere umano, nonostante tutta l’esperienza dei crimini, compiuti, sofferti e osservati, si aspetta invincibilmente che gli venga fatto del bene e non del male”. Il Natale conta su questo cuore. Cercate questa cover…
… e troverete Le Vite degli altri su tutte le principali piattaforme gratuite di ascolto: Spotify, Apple Podcast, Google Podcast... cliccate su questo indirizzo potrete trovare tutti gli episodi:
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LE PRIME PAGINE
Si studiano nuove misure anti Covid, nell’imminenza del dilagare di Omicron anche in Italia. Il Corriere della Sera dà notizia dei contrasti nel governo: Scontro sui test ai vaccinati. Il Quotidiano Nazionale spiega: Tampone ai vaccinati, un coro di no. La Repubblica sottolinea invece ciò che accomuna tutti, per ora: Obbligo di mascherina. Avvenire gioca con le parole: Stretta razionale. La Stampa ammette: Il governo si divide sui tamponi. La Verità sbeffeggia: I saltimbanchi del circo Covid. Pessimista il Domani: Covid e variante Omicron. Così abbiamo sprecato il nostro piccolo vantaggio. Il Fatto è scettico: “Omicron 3ª dose copre solo al 70%”. Il Giornale pensa al turismo: Vacanze in fumo. Il Manifesto ragiona sui numeri: I dati sono tratti. Libero stigmatizza le fake che circolano: La fabbrica delle balle che alimenta i No vax. A proposito, Il Mattino esalta l’allarme di Mattarella: «No Vax, troppo spazio sui media». E Il Messaggero concorda: «Troppa visibilità ai No vax». Il Sole 24 Ore mette in fila le tre cause delle perdite dei mercati mondiali: Borse ko per Covid, Usa e Cina.
IL GOVERNO SI DIVIDE: NIENTE TAMPONI AI VACCINATI
I Presidenti di Regioni e alcuni Ministri, Franceschini e Brunetta, sono contrari a costringere i vaccinati a sottoporsi ai tamponi. Ma Draghi non vuole cedere al lockdown, che sta prevalendo come scelta nel resto d’Europa. Giovedì si decide. Sarzanini e Guerzoni per il Corriere.
«A Palazzo Chigi nessuno sembra farsi illusioni. L'Italia è ancora in vantaggio rispetto ad altri Paesi europei, ma Omicron spingerà i contagi anche da noi. E poiché è ormai inevitabile che da qui a poche settimane la nuova fulminea variante diventi dominante, bisogna prepararsi in anticipo a combatterla. I numeri italiani sono in costante crescita e se il virus continua a correre con questi ritmi, ospedali e terapie intensive entreranno in difficoltà. Mario Draghi però è cauto. Prima di imporre nuove «eventuali» restrizioni in vista di Natale e Capodanno vuole consultare i dati fino all'ultimo secondo utile. Giovedì riunirà la cabina di regia con i vertici del Cts e, sulla base dell'ultimo sequenziamento di Omicron, deciderà la strategia, concordata con i presidenti delle Regioni. Il ritorno della mascherina obbligatoria all'aperto in tutto il Paese è la misura su cui sembrano tutti d'accordo nella maggioranza. Intesa anche sulla riduzione della durata del super green pass e sulla necessità di spingere ancora sui vaccini, terze dosi e prima iniezione ai bambini. Fa invece (molto) discutere l'obbligo di test per vaccinati e guariti. Tra governatori e ministri è un coro di «no». Franceschini ritiene sbagliato chiedere a chi si è vaccinato di fare un test per entrare al cinema o a teatro. Frena anche Brunetta e propone in alternativa «l'estensione del super pass, fino ad arrivare a tutto il mondo del lavoro». E oltre all'idea di chiedere il «rafforzato» per entrare nei bus o nei supermercati, si torna a parlare di obbligo vaccinale, l'arma estrema che Draghi tiene da mesi sul tavolo. Luoghi di lavoro L'idea è imporre il green pass rafforzato ai lavoratori della Pubblica amministrazione che sono a contatto con il pubblico, poi al settore privato e infine anche agli autonomi e all'intero mondo del lavoro. Discoteche e feste I presidenti delle Regioni si oppongono all'introduzione del test obbligatorio per vaccinati e guariti. Ma nelle riunioni tecniche di Palazzo Chigi si studia la possibilità di imporre un tampone negativo anche a chi ha il green pass rafforzato. Se la nuova norma avrà il via libera del Consiglio dei ministri, chi vorrà entrare in discoteche e pub o partecipare a feste di Capodanno e altri eventi al coperto dovrà presentare (oltre al green pass «super») anche un test molecolare o antigenico. La misura scatterebbe per tutti i luoghi dove ci sia il rischio di assembramenti, ma non per cinema, teatri, sale da concerto. Green pass «breve» Dopo alcuni mesi dalla somministrazione della seconda dose la protezione si abbassa, per cui il governo è pronto a ridurre la durata del green pass rafforzato. Il periodo di validità dovrebbe essere di 5, 6 o 7 mesi. Studenti I sindaci delle grandi città si sono appellati al governo invocando il green pass obbligatorio anche per gli studenti. Ma Draghi e Speranza sono molto prudenti perché, come spiega il ministro della Salute, «la scuola va tutelata il più possibile». Per la stessa ragione è al momento stata scartata l'ipotesi di prolungare le vacanze natalizie per far raffreddare la curva del virus. Mascherine Il ritorno della mascherina all'aperto anche in zona bianca sembra ormai scontato. Ed è sul tavolo l'idea di imporre per tre settimane la Ffp2 sui mezzi di trasporto e altri luoghi a rischio. Un obbligo che, secondo il professor Crisanti, «vale come un lockdown» in termini di contrasto al virus. Il problema è l'alto costo del dispositivo. Cenoni Non è escluso che Palazzo Chigi possa introdurre regole per la sera di Natale e Capodanno, così da limitare il rischio contagio durante pranzi e cenoni in famiglia. E se ieri ha preso a girare in Parlamento il timore di coprifuoco e nuovi lockdown, al ministero della Salute l'ipotesi viene smentita. La filosofia di Draghi non cambia: fare di tutto perché le attività economiche possano restare aperte».
COVID, BIDEN E IL VACCINO UNIVERSALE
Il punto di Massimo Gaggi per il Corriere della Sera su come gli Usa stanno affrontando la crisi Omicron. La ricerca sul vaccino universale “che gioca d’anticipo” e l’opzione dei booster anti varianti. Il virologo Anthony Fauci vuole avere altri dati per decidere.
«Il 4 luglio Joe Biden invitò gli americani a festeggiare l'indipendenza dal Covid oltre che quella degli Usa. Oggi parlerà alla nazione in un clima assai diverso. Da destra, poi, viene accusato di scarsa tempestività, di non avere una vera strategia anti Covid e una maldestra intervista di Kamala Harris al Los Angeles Times fa pensare che alla Casa Bianca non tutto fili liscio tra politici e scienziati. La vicepresidente sostiene che il governo è stato colto di sorpresa tanto dall'intensità della variante Delta quanto della Omicron e sembra scaricare la responsabilità sugli esperti. Biden, che paga cara la sottovalutazione di sei mesi fa, continuerà ad affidarsi ad Anthony Fauci come ha fatto dall'inizio, ma il problema, ora, è come affrontare la nuova emergenza (a gennaio negli Usa si temono un milione di contagi al giorno) e quali speranze dare a un popolo stremato. Il suo winter plan estenderà le precauzioni e le pressioni sui non vaccinati. Ma la gente vuole anche vedere la fine del tunnel. E per i critici il governo non sta facendo abbastanza: vorrebbero un altro sforzo imponente come il piano Warp speed da 10 miliardi di dollari che durante la presidenza Trump favorì la messa a punto dei rivoluzionari vaccini mRna di Pfizer e Moderna. Si sta lavorando a una nuova generazione di vaccini universali, ma ci vorranno anni. E Fauci teme che a enfatizzare ora le prossime versioni degli mRna si disincentivi l'uso dei vaccini attuali che non bloccano i contagi ma sembrano rendere la malattia quasi sempre benigna . Vari gruppi di ricercatori negli Stati Uniti e in altre parti del mondo lavorano allo sviluppo di un pan-coronavirus vaccine , cioè di un vaccino polivalente capace di colpire il virus indipendentemente dalla variante con la quale si presenta. Primi test di laboratorio fatti a Singapore partendo da soggetti che nel 2003 furono esposti alla prima epidemia Sars sembrano dimostrare la percorribilità di questa strada. La Duke University sta lavorando a un progetto in questo campo insieme agli scienziati dell'università di Singapore, ma sono in corso anche diversi altri tentativi: da quelli di una fondazione di Oslo che finanzia MixVax Ltd, una promettente start up israeliana, al Walter Reed Army Institute, il centro medico per i veterani dell'esercito Usa. Questo istituto, con l'aiuto di sussidi pubblici già stanziati, ha avviato la prima fase di sperimentazione di un vaccino multiplo. Un'altra strada, basata su un diverso modo di stimolare il sistema immunitario, ma sempre con l'obiettivo di arrivare a un vaccino universale, la sta battendo Corey Casper, Ceo dell'Infectuos Diseases Research Institute di Seattle. Secondo l'infettivologo Bruce Gellin, ora capo dell'area salute della Rockefeller Foundation, tutto questo non basta. Bisogna essere più determinati e capovolgere l'approccio attuale: cercare il Sacro Graal del vaccino universale significa passare a giocare d'anticipo sui virus. Altrimenti, con la logica dei booster dovremo sempre inseguire. Ed Eric Topol, altro celebre scienziato, nel chiedere un'altra operazione Warp Speed, sostiene che fin qui il governo è stato poco determinato: ma quella del vaccino universale è una sfida complessa che, a parte i costi stratosferici, richiederà anni per essere vinta. Alcuni di questi ricercatori hanno già creato prototipi dei loro vaccini ma sono talmente nuovi da richiedere lunghe sperimentazioni sugli animali prima di passare ai test sull'uomo. Nel frattempo dovrebbero arrivare i nuovi sieri di Pfizer e Moderna adeguati alle varianti Delta e Omicron. Ma se ne parla poco e anche qui i tempi d'attesa sono abbastanza lunghi, fino all'inizio della prossima estate. In tutto questo come si muove il virologo della Casa Bianca Anthony Fauci? È lui il principale bersaglio degli attacchi di chi sostiene che il governo è troppo lento. In realtà, anche in una recente audizione davanti al Congresso, l'infettivologo ha mostrato di puntare sulla scommessa più ambiziosa: quella del vaccino universale. Non avrebbe, invece, premuto l'acceleratore sulle nuove versioni dei vaccini mRNA tarate sulle varianti Delta e Omicron perché, come detto, il loro sviluppo richiede altro lavoro, molto tempo (e anche altri ingenti capitali), per le sperimentazioni su migliaia di individui. Il timore di Fauci è che il lancio di un Warp Speed 2, oltre a comportare spese colossali, potrebbe creare disaffezione nei cittadini per i vaccini attuali che non proteggono totalmente dai contagi, ma limitano la gravità della malattia. Fauci ha studiato con attenzione i risultati ottenuti in Israele, il primo Paese ad aver immunizzato quasi tutta la popolazione col booster della Pfizer. I primi dati raccolti sulla protezione rispetto a patologie gravi da Omicron sono molto positivi e questo spiega l'attendismo della Casa Bianca nonostante l'aumento dei contagi. Ma è una partita che si gioca sul filo del rasoio. In un Paese coi nervi a fior di pelle. Se, come sembrano indicare anche le incoraggianti ricerche che arrivano da Hong Kong, verrà confermata una natura essenzialmente «benigna» di Omicron e la pressione sugli ospedali risulterà gestibile, si potrà continuare sulla strada fin qui seguita. Altrimenti bisognerà accelerare coi trial clinici dei nuovi vaccini. E pare che gli scienziati di Moderna abbiano già trovato la giusta combinazione per un vaccino trivalente Covid-Sars, Delta, Omicron».
L’EMA APPROVA IL VACCINO NOVAVAX
Via libera a Novavax, il vaccino che piace anche agli scettici. Ultimo dei cinque farmaci approvati dall’Ema, si basa sulla tecnologia più tradizionale e consolidata. Giuliano Aluffi per Repubblica.
«Anche se arriva in Europa per ultimo - il via libera dell'Agenzia europea del farmaco (Ema) è di ieri - il vaccino anti-Covid Nuvaxovid, prodotto dalla biotech statunitense Novavax, è, dei cinque vaccini attualmente approvati, quello basato sulla tecnologia più tradizionale e consolidata. Proprietà che lo ha fatto ribattezzare, in modo suggestivo ma improprio, "il vaccino per i No Vax". Le due maggiori sperimentazioni cliniche rassicurano: lo studio condotto in Messico e negli Stati Uniti ha visto una riduzione del 90,4% nel numero di casi sintomatici di Covid-19 a partire dalla settimana successiva alla seconda dose, mentre lo studio inglese ha visto una riduzione dell'89,7%. «È un vaccino che ha un'alta efficacia. Anche se nei due studi non è stato sperimentato contro Omicron e quindi non sappiamo quale possa essere l'efficacia contro la nuova variante», spiega a Repubblica l'immunologa Antonella Viola, direttrice scientifica dell'Istituto di ricerca pediatrica Città della Speranza di Padova. «Ed è un vaccino classico: mentre con i vaccini mRNA è il nostro stesso corpo a produrre la proteina Spike, qui la proteina Spike è prodotta in laboratorio, viene fabbricata dalle cellule di falena, tramite tecniche di ingegneria genetica già consolidate e usate per altri vaccini come quello contro il meningococco B e l'epatite B. Non essendoci nulla di sperimentale o nuovo in questa tecnologia, chi, pur sbagliando, non si fida dei vaccini a mRNA (e non dei vaccini in generale) con Novavax non ha più scuse». Non utilizzando un vettore virale - a differenza dei vaccini di AstraZeneca e J&J - il vaccino Novavax dovrebbe avere, rispetto a loro, minori rischi di una reazione eccessiva del sistema immunitario. «Sappiamo che gli effetti collaterali sono molto modesti», spiega Viola. «Stanchezza, mal di testa, sensazioni di nausea, dolore nel sito dell'inoculo». A essere inoculate nell'organismo umano sono, in questo caso, delle nanoparticelle composte da un aggregato di proteine Spike. È venendo a contatto con queste che il nostro sistema immunitario impara a produrre gli anticorpi appropriati. «In più, la proteina Spike viene consegnata insieme a un adiuvante che aiuterà il sistema immunitario ad attivarsi e a rispondere bene, generando quel minimo di infiammazione che serve», aggiunge Viola. L'impatto più decisivo che il nuovo vaccino potrà dare riguarda, più che l'Europa, le nazioni in via di sviluppo, che sono oggi il campo di battaglia più importante per sconfiggere una pandemia globale altrimenti destinata a rigenerare di continuo le proprie teste come un'idra. «Il vantaggio principale è che questo vaccino è più facilmente trasportabile, perché la proteina è naturalmente stabile, molto più stabile dello mRNA: questo permette al vaccino di raggiungere facilmente quei Paesi dove mantenere la catena del freddo è un problema», continua Viola. «Però c'è un potenziale svantaggio: i vaccini a mRNA sono molto rapidi da aggiornare per fare fronte alle varianti perché basta cambiare delle lettere nel codice genetico necessario alle nostre cellule per fabbricare la proteina Spike aggiornata. Invece con il vaccino proteico (come NovaVax), la proteina Spike aggiornata va prodotta in laboratorio, in grandi quantità, e purificata, con un processo più laborioso e complicato: aggiornare questo vaccino vuol dire dover produrre di nuovo, in laboratorio, tutte le proteine Spike necessarie. Come se si ripartisse ogni volta da zero». Per l'emergenza varianti arrivano comunque segnali incoraggianti dai vaccini a mRNA: una nota appena diffusa da Moderna mostra come la dose di richiamo del vaccino (50 microgrammi) aumenti di 37 volte il livello di anticorpi contro Omicron».
SCHOLZ A ROMA SI PRESENTA COME ALLEATO
Vertice romano fra Mario Draghi e il neo cancelliere tedesco Olaf Scholz, che dice: “Saremo nella Ue con una voce sola". Nel primo incontro, 35 minuti di faccia a faccia, i due capi di governo concordano un "piano d'azione" su ambiente e rinnovabili. Tonia Mastrobuoni per Repubblica.
«Ogni inizio ha la sua magia, avrebbe detto Hermann Hesse. Più sobriamente, Mario Draghi ha sorriso alla domanda sulla forma concreta che potrebbe assumere il rinnovato sodalizio con la Germania avviato ieri grazie al blitz del neo cancelliere Olaf Scholz a Roma. «Abbiamo cominciato un percorso insieme, non se ne parlava fino a tre giorni fa. Sapere se l'approdo finale sarà un trattato, un memorandum, un protocollo d'intesa è un po' troppo». Sulle prime, l'intesa tra Italia e Germania sarà precipitata, come ha twittato ieri il superconsigliere del cancelliere tedesco, Joerg Kukies, in un "piano d'azione" che favorirà una forte collaborazione su ambiti come l'idrogeno, la microelettronica, le batterie elettriche e la cruciale transizione ambientale. L'obiettivo di una rinnovata amicizia italo-tedesca «è un'Unione più forte e coesa», ha puntualizzato Draghi. Ma uno dei risultati più importanti del ritorno di fiamma tra Roma e Berlino - dopo anni di relazioni tiepide - è che le due capitali si coordineranno sui grandi dossier europei. «Parleranno con una voce sola», ha confermato Scholz. I due hanno parlato a lungo - 35 minuti - a quattr' occhi, e fonti tedesche non escludono che il cancelliere abbia chiesto rassicurazioni a Draghi sulla stabilità dell'Italia. Ma nel colloquio a porte chiuse allargato alle delegazioni, i due non hanno accennato alle imminenti elezioni del Quirinale. Scherzando davanti ai giornalisti sul tema cruciale del Patto di stabilità, Scholz si è limitato e ricordare che «Draghi è estremamente competente. L'Italia deve essere felice di avere al vertice un uomo così competente». Il concetto chiave della rinnovata amicizia, però, è la transizione ecologica. Italia e Germania condividono un'ambizione comune, da prime economie manifatturiere d'Europa, che fa tremare i polsi. L'Europa "a emissioni zero" e l'uscita dal carbone, dal nucleare e dal gas sono l'equivalente di una seconda rivoluzione industriale, come Scholz ha sottolineato spesso nei mesi scorsi. Ed è ovvio, ragiona una fonte governativa a microfoni spenti, che alla luce di questo compito titanico, un ritorno alle attuali regole del Patto di stabilità "sarebbe un suicidio". Tanto più, come ha detto esplicitamente Draghi, che «dobbiamo essere vicini anche a coloro che sono toccati da questa transizione: la coesione sociale è fondamentale». Insomma, la rinuncia al diesel, al gas o al carbone non può essere pagata dai ceti più deboli. Perciò ieri tra Draghi e Scholz è cominciata anche la discussione sulla riforma delle regole di Maastricht. Scholz ha sciorinato il suo rosario sulle regole che hanno già mostrato di essere talmente flessibili da consentire all'Europa di varare il colossale Recovery Fund da 750 miliardi di euro. E si è detto fiducioso che si possa trovare anche in futuro il modo di fare investimenti. Ma come ricorda una fonte diplomatica, il commissario agli Affari economici Gentiloni ha calcolato che da qui al 2030 ci vorranno almeno 500 miliardi di investimenti nella riconversione ecologica. Ovvio che il Recovery Fund non basti né che si possa tornare tout court ai paletti di Maastricht. E Draghi ha rivelato che, pur essendo ai primi passi, il governo Scholz ha già segnalato una convergenza sugli obiettivi di Italia e Francia. «Credo ci sarà un avvicinamento delle posizioni», ha detto in conferenza stampa. Scholz ha elogiato poi la magistrale gestione della pandemia da parte dell'Italia: «È un modello da seguire nella lotta al Covid». A un certo punto si è girato verso il premier italiano e ha detto, ridacchiando, «anche noi abbiamo un generale» alla guida dell'unità di crisi anti-Covid: l'omologo di Figliuolo è il generale della Bundeswehr Carsten Breuer. Sulla campagna di vaccinazione, Scholz ha dovuto ammettere che la Germania è ancora indietro rispetto all'Italia. Draghi e Scholz hanno anche affrontato il nodo dell'unanimità delle decisioni di politica estera e difesa, che «va superato» e convergono sulla necessità di una Difesa comune europea, che dovrà esserci ma «non in antitesi con la Nato». Il premier italiano ha infine messo in risalto la «forte coincidenza di vedute» su temi di interesse comune come la Libia e l'immigrazione».
L’INCERTEZZA GLOBALE FA PERDERE LE BORSE
I tassi in Cina, lo stop al piano Biden sul fisco Usa e la minaccia Omicron sull’Europa creano un'incertezza globale che ieri ha fatto scendere i mercati. Con l'avanzare dei contagi e lo spettro del lockdown aumentano infatti le incognite per gli investitori. Vittorio Carlini per Il Sole 24 Ore.
«L'incertezza. È il sentimento, odiato dai mercati, comune a molti degli eventi che hanno contributo all'ultimo calo delle Borse. Così è per il taglio dei tassi d'interesse ad un anno (da 3,85 a 3,80%) da parte della People' s Bank of China. Una sforbiciata che, unitamente alla pandemia, ripropone il rischio dell'affaire Evergrande e del credito immobiliare. I dubbi sul piano Usa Che dire, poi, del «no» del senatore democratico Joe Manchin al piano infrastrutturale di Biden da 2mila miliardi di dollari. La mossa mette a rischio il programma e crea incertezza sulla spinta prossima-futura dell'economia Usa. Tanto che non stupisce come Goldman Sacs, rispetto ad esempio al primo trimestre del 2022, abbia tagliato le stime del rialzo del Pil Usa dal 3 al 2%. Non solo. L'insicurezza è legata -ovviamente- alla stessa maggiore diffusione della variante Omicron. Qui, a ben vedere, il ragionamento si articola su due livelli. Il primo, in un certo senso, è strettamente connesso alle Borse. «I mercati -sottolinea Lorenzo Batacchi, portafolio manager di Bper Banca- davano ormai per scontato che non si sarebbe più parlato di lockdown». Le indicazioni in arrivo dall'Olanda, invece, «ripropongono con forza l'attualità dell'argomento». Non importa se, e in che modo, le restrizioni saranno adottate in altri Paesi. «L'incertezza aumenta». Il secondo livello di discussione, invece, va a braccetto con l'inflazione. I prezzi al consumo, si sa, stanno volando. Negli Usa l'indicatore di novembre ha fatto segnare il rialzo del 6,8%. Nel Vecchio continente, invece, il caro vita è stato contraddistinto dall'incremento del 5,2% (+4,9% per l'Eurozona). Si tratta di numeri che, evidentemente, hanno confortato nella loro scelta le banche centrali. In primis la Fed che, mercoledì scorso, ha annunciato la chiusura a marzo del Qe e 3 rialzi dei tassi nel 2022 (altri 3 nel 2023). Ebbene: il riacuirsi della pandemia, rinnovando dubbi e problemi sul fronte delle filere globali di approvvigionamento, da una parte rafforza i timori sull'inflazione e conforta l'impostazione dei Governatori centrali; ma dall'altra, rinfocolando le paure sulla crescita economica, induce preoccupazioni rispetto alle mosse restrittive della stessa politica monetaria. La riprova di ciò può riscontrarsi nel rendimento dei titoli di Stato statunitensi. Il fatto che, nonostante l'annunciato giro di vite della Federal reserve, l'emissione decennale ieri viaggiasse sotto l'1,4% (circa l'1,8% il bond a 30 anni) è l'indizio che gli operatori temono la frenata della congiuntura. Il rischio, cioè, di finire in stagflazione (inflazione con bassa espansione economica). Uno scenario dove la strada delle Banche centrali si fa stretta e difficile. E dove, per l'appunto, una mossa sbagliata, con tempistica non adeguata, può fare cadere il castello di carte. Insomma: di nuovo il fil rouge dell'incertezza lega il tutto. Chiusure e analisi tecnica Già, l'incertezza. Ma quali, allora, i suoi effetti nella seduta di ieri? In Europa i principali listini, mentre Wall Street danzava attorno ad un ribasso dell'1,6%, hanno chiuso in rosso: da Milano (-1,63%) a Parigi (-0,8%) fino a Francoforte (-1,88%) e Londra (-0,99%). «In particolare - spiega Silvio Bona, analista tecnico indipendente - il Ftse Mib ha archiviato le contrattazioni sopra 26.100 punti». Si tratta «di un contesto dove il primo supporto statico di medio periodo è riscontrabile in area 25.450». Se quest' ultimo fosse rotto all'ingiù, «l'indice potrebbe indirizzarsi verso l'ulteriore supporto dinamico/statico di più lungo periodo a circa 24.100 punti». Ciò detto, però, «l'impostazione rialzista di fondo non sarebbe comunque modificata». Vale a dire? «Analogamente a quanto accade per l'Euro Stoxx 50 e l'S&P 500, ci troviamo per adesso in una tipica fase di correzione». Un trend, di fine anno e contraddistinto da bassi volumi, «dove, peraltro, le prese di beneficio per portare a casa la plusvalenza recitano un ruolo primario». Infine i cambi: ieri l'euro ha un po' guadagnato nei confronti del dollaro, arrivando a 1,128. Il chiaro effetto dei timori sul piano fiscale di Biden. Al di là di ciò, tuttavia, il ritmo dei cambi lo danno le banche centrali. Qui il differenziale dei tassi tra Usa e Ue induce gli esperti a vedere, nel medio periodo, la moneta unica più debole verso il biglietto verde. E anche rispetto alla stessa sterlina».
PENSIONI, IL TAVOLO PER SUPERARE LA FORNERO
Via al tavolo con i sindacati sulle pensioni. La ricetta del governo: sì alle uscite anticipate ma senza pesare sui conti pubblici. Attenzione a giovani donne e precari. Rosaria Amato per Repubblica.
«Un sistema previdenziale flessibile ma che salvaguardi la sostenibilità nel medio e nel lungo periodo. Governo e sindacati si sono trovati d'accordo ieri al termine dell'incontro a Palazzo Chigi sulla necessità di costruire insieme la riforma su tre linee: flessibilità in uscita, pensioni complementari e precarietà giovanile. Intesa accolta con molta soddisfazione dai sindacati: «Siamo di fronte ad una dichiarazione ufficiale sulla disponibilità del governo a fare una discussione sulla riforma della legge Fornero. Cosa mai avvenuta prima in questi 10 anni», ha sottolineato il leader della Cgil Maurizio Landini. «Finalmente - ha detto il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra - apriamo il cantiere della riforma per arrivare alla revisione della legge Fornero nella prospettiva di rendere il sistema più flessibile, più equo, più sostenibile». «Un appuntamento importante, abbiamo concordato il metodo. Domani il presidente Draghi ci consegnerà il calendario dei prossimi incontri, che partiranno subito dopo la pausa natalizia», spiega il leader della Uil Pierpaolo Bombardieri. Al tavolo Draghi era affiancato dal ministro dell'Economia Daniele Franco, da quelli del Lavoro Andrea Orlando e della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta. Nei futuri incontri Palazzo Chigi sarà rappresentato dal sottosegretario Roberto Garofoli e dal capo del Dipe Marco Leonardi. Una delegazione davvero ampia che dimostra l'apertura del premier a «qualsiasi modifica», purché «non sia messa a repentaglio la sostenibilità nel medio e nel lungo periodo e all'interno del contesto europeo ». Purchè quindi non si metta in discussione il sistema contributivo, si va in pensione con quello che si è versato e basta, soprattutto in caso di uscita anticipata. La piattaforma sindacale prevede flessibilità in uscita a partire dai 62 anni di età o 41 anni di contributi, una pensione di garanzia che permetta ai giovani con importanti buchi contributivi di avere pensioni dignitose, equità per i lavori gravosi e le donne. All'incontro i sindacati si sono presentati compatti nelle proposte, nonostante la lacerazione sui temi della legge di Bilancio, che ha portato Cgil e Uil allo sciopero del 16 e la Cisl alla manifestazione del 18 «per la responsabilità». Compatte sono anche le richieste che riguardano le nuove norme sulle delocalizzazioni, sbagliate «nel metodo e nel merito», dice Landini, perché messe a punto «senza il confronto con il sindacato». E poi nel merito perché «bisogna prevedere sanzioni che affrontino il tema dei finanziamenti pubblici togliendoli a chi fa delocalizzazioni ». E perché, afferma Sbarra, bisogna «obbligare le imprese prima di procedere con cessazioni o chiusure a presentare piani sociali al sindacato, alle istituzioni locali, al territorio, nella prospettiva di salvaguardare produzione e posti di lavoro». Sollevato dai sindacati anche il tema della sicurezza sul lavoro, dopo le ultime tre morti di sabato: « Abbiamo chiesto al governo di riprendere il tema perché - sottolinea Bombardieri - le decisioni già concordate probabilmente hanno bisogno di continuità e di ulteriori interventi».
QUIRINALE 1. L’ULTIMO COMMIATO DI MATTARELLA
Sergio Mattarella evoca “lo spirito che ha costruito la Repubblica” per augurare un futuro migliore all’Italia. È questo il sigillo del Presidente uscente, anche nella chiave della corsa al Quirinale. È il momento dei costruttori responsabili e collaborativi. Fabrizio d’Esposito per Il Fatto.
«Il presidente della Repubblica fa per l'ultima volta gli auguri ai rappresentanti di istituzioni, partiti e società civile e la sostanza politica arriva alla fine, a mo' di sigillo in vista della competizione per il Colle: "L'augurio che rivolgo a voi e al nostro amato Paese - per il futuro - è che lo spirito costruttivo e collaborativo, reciprocamente rispettoso, possa divenire un tratto stabile dei rapporti istituzionali. È questo lo spirito che ha costruito la Repubblica, che ne alimenta la vita, che rafforza tutte le istituzioni, che conferisce autorevolezza e che alimenta la fiducia nell'Italia". Quello di Sergio Mattarella è un memento ai partiti ("s' impone un'esigenza di chiarezza e di lealtà") affinché a prescindere dalla soluzione del rebus Draghi (Colle sì, Colle no), l'unità nazionale avviata dieci mesi fa con l'esecutivo dei Migliori vada avanti in questa emergenza pandemica. Partiti, peraltro, che il capo dello Stato ringrazia in un altro passaggio denso di significati: "Credo che si possa riconoscere come in Italia si sia affermata una sostanziale unità. Unità di intenti di fronte alla pandemia. E unità di sforzi per gettare le basi di un nuovo inizio. Il tempo dei costruttori si è realizzato in questa consapevolezza. Non era scontato. Voglio per questo esprimere un riconoscimento all'impegno delle forze politiche". E per supportare l'auspicio che questo "spirito costruttivo" diventi "un tratto stabile", Mattarella traccia un bilancio positivo di quest' ultimo anno, sia sul fronte sanitario e scientifico (ai no-vax è stato concesso "uno sproporzionato risalto mediatico") sia su quello della ripresa. Consapevoli, comunque, che anche quando tornerà la normalità non sarà più il "mondo di prima". In ogni caso una nota critica c'è. Pur elogiando le politiche espansive determinate dalla svolta dell'Ue e notando il tasso di crescita del Pil, il capo dello Stato non dimentica la questione sociale: tasso di occupazione basso, morti sul lavoro ("scandalosamente gravi"), squilibri territoriali. Senza dimenticare l'evasione fiscale, lo sfruttamento del lavoro precario e l'incuria del Belpaese che provoca catastrofi. L'appello di Mattarella incrocia l'endorsement del Financial Times per Mario Draghi al Colle. Si tratta di un ripensamento, visto che il quotidiano britannico aveva scritto un paio di settimane fa che temeva per l'addio del Migliore a Palazzo Chigi. Adesso invece è il momento della "soluzione imperfetta ma migliore": l'elezione di Draghi al Quirinale. Sale l'ipotesi cartabia come nuovo premier Marta Cartabia come nuovo premier, per portare avanti la legislatura e così tranquillizzare i partiti, che temono il voto anticipato. È la carta di Mario Draghi per facilitare la sua elezione al Colle, stando a forti voci in ambito parlamentare. Nell'attesa, la ministra della Giustizia spinge per portare la riforma del Csm nel prossimo Consiglio dei ministri».
QUIRINALE 2. MELONI LANCIA MORATTI E IRRITA MR. B
La mossa di Meloni su Moratti scatena la rabbia di Berlusconi. Giovedì il vertice a Villa Grande per accorciare le distanze. Per Salvini il pranzo fra la leader sovranista e la ex sindaca di Milano è una "montatura di panna". Emanuele Lauria e Matteo Pucciarelli per Repubblica.
«Non sarà forse la carta numero uno per il centrodestra nella partita quirinalizia, ma il nome di Letizia Moratti - attuale assessora regionale lombarda alla Salute e vicepresidente della Regione - a Giorgia Meloni piace davvero. Cosa che agita gli alleati: il fatto che il collega di coalizione Matteo Salvini, sempre nervoso quando a prendere l'iniziativa è l'amica-nemica di Fratelli d'Italia, abbia definito «montatura di panna» il pranzo romano al "Maxela" tra le due raccontato ieri da Repubblica, conferma che il nome è effettivamente sul piatto. Silvio Berlusconi ha subito chiamato Meloni e poi il segretario federale della Lega per convocare un vertice di coalizione, giovedì a Villa Grande, la magione del Cavaliere nella Capitale. Quest' ultimo è assai preoccupato, se non irritato, dell'attivismo della coppia sovranista, nell'ultimo caso di Meloni. «Normalissimo incontro sul tema della riforma appena approvata, nessun segreto», ha spiegato la ex sindaca di Milano. «"Incontro segreto" fa un po' ridere, quello è un ristorante frequentato da parlamentari. Eravamo lì per parlare della riforma sanitaria lombarda sulla cui approvazione c'era stato dibattito... », conferma Meloni. Nel suo stesso partito però, al netto delle dichiarazioni di rito, si fa un altro ragionamento: occorre tenersi più strade aperte, non basta un solo piano; Moratti è donna, esponente di un centrodestra moderato (addirittura il presidente dei 5 Stelle Giuseppe Conte ha detto di «non aver motivo di non riconoscerle qualità morali»), con un lungo curriculum e una vasta rete di rapporti anche col mondo dell'impresa. Potenzialmente può piacere a tutti: Forza Italia che era il suo partito, la Lega che l'ha ritirata fuori dal cilindro l'anno scorso per raddrizzare la gestione sanitaria della Lombardia, promettendole a mezza bocca la candidatura alla guida della Regione nel 2023. Il grosso "però" di questo ragionamento porta il nome di Berlusconi. La sua candidatura aleggia ormai da mesi ma non è ufficiale. Con lui davvero in campo, tutto il resto passa in secondo piano. «Intanto questo suo essersi candidato a metà un effetto lo ha: sarà lui di fatto a gestire le fiches del centrodestra», ammette un esponente di Fdi. Da qui l'iperattività di Meloni, ma così pure di Salvini, entrambi tirati per le orecchie da Osvaldo Napoli di Coraggio Italia: «Per chi ha vissuto altre elezioni presidenziali, quello che accade ci restituisce un'immagine di improvvisazione che rischia di mettere il centrodestra in grave affanno. Derubricare poi la candidatura di Berlusconi a un piano A, seguito da piani B e C è abbastanza umiliante per il piano A e poco esaltante per gli altri candidati che diventerebbero di risulta. Se il Quirinale diventa una storia di schieramenti in competizione fra loro significa votarsi a sconfitta». Che comunque Moratti sia tra le papabili d'area lo si dice da tempo, certo è che il faccia a faccia con Meloni ne fa aumentare le quotazioni. Da Arcore silenzio glaciale e non casuale. Nel Carroccio altrettanto, a parte le parole tese a minimizzare di Salvini. Attorno a Fratelli d'Italia, ormai stabilmente primo partito della coalizione secondo praticamente tutti i sondaggi, aleggiano risentimenti diffusi degli alleati. A partire dalle recriminazioni attorno alla sua comoda postazione dell'opposizione, che sta dando ottimi frutti in termini di consenso. «Mentre noi ci confrontiamo con la pandemia e la crisi economica, facile così», si lamenta un leghista di peso. E poi ci sono i sospetti sulle mosse per il Colle: cioè che al di là delle prese di posizione in cui si augura un "patriota" come Capo dello Stato, a Meloni non dispiacerebbe vedere Mario Draghi al Quirinale. Le ragioni sono due: aumenterebbero le possibilità di una fine anticipata della legislatura, dove appunto Fdi andrebbe all'incasso; e poi, ancor più importante per le ambizioni di Meloni, con un "tutore" del genere - giusto ieri il Financial Times ha scritto che all'Italia farebbe bene averlo presidente della Repubblica - gli ambienti internazionali che contano potrebbero sentirsi rassicurati se pure un'erede del mondo neofascista diventasse presidente del Consiglio dopo le prossime elezioni. Dice sempre Napoli, ex democristiano classe 1944: «Meloni e Salvini sono giovani, capisco che affrontino la partita con la baldanza dei loro anni. Ma sono necessarie doti come la prudenza e la discrezione...».
QUIRINALE 3. POLITO FA L’OROSCOPO AL PALAZZO
“Il Fanta Colle” è una nuova rubrica del Corriere a firma di Antonio Polito che spiega oggi: “si basa esclusivamente su ipotesi, ragionamenti, voci e chiacchiere di corridoio. Come il Fantacalcio, serve solo per giocare”. Ecco la prima puntata:
«Profetizza un ex ministro: «E se finisse così? I partiti non trovano un accordo prima delle tre votazioni iniziali. Sono stanchi del "commissariamento della politica", pensano di riprendersi lo scettro, altro che semi presidenzialismo. Tentano la prova di forza. Ma il centrodestra (più un pezzo di Italia viva) scopre di avere al suo interno un centinaio di franchi tiratori; e il centrosinistra (più un pezzo di Forza Italia), beh, anche peggio. Niente di fatto fino alla decima. Il Paese rumoreggia. I leader, spaventati, vanno in processione da Draghi, pregandolo ora di accettare: fa' tu il presidente e indica pure tu un nuovo premier. Draghi viene eletto e incarica Marta Cartabia (in subordine Daniele Franco), inaugurando proprio quel semipresidenzialismo di fatto che i partiti volevano evitare. Il governo nasce ma la Lega si sfila: torna all'opposizione, la sua migliore chance in vista delle elezioni, per controllare la Meloni e non perdere la guida della destra. Il Pd, volente o nolente, torna al governo; rivive l'incubo dell'era Monti, ma non ha altra chance . Addolcisce la pillola vantandosi dell'estromissione di Salvini e varando una maggioranza simil-Ursula, con dentro i centristi, compreso un pezzo di Forza Italia. In più, Salvini fa cadere il veto sulla riforma del sistema elettorale. Torna il proporzionale. Il governo dura poco ma scavalla settembre, quattro anni sei mesi e un giorno di legislatura. Si torna alle urne e non vince nessuno. Draghi dà l'incarico a una personalità di sua fiducia, che forma un governo tecnico».
MIGRANTI, L’ODISSEA NELLA NEVE
Nel rifugio 'Fraternità Massi', a Oulx, in alta Val di Susa, continua la tradizione di donare cibo e scarpe a chi tenta la traversata dall'Italia verso la Francia. Paolo Lambruschi per Avvenire.
«Non piangono mai i bambini che arrivano all'ultima tappa prima del confine francese. Sono esausti, dormono di continuo, qualcuno ha i piedi morsicati dai topi negli accampamenti di fortuna in Bosnia, eppure non piangono. Lo raccontano commossi gli operatori e i volontari del rifugio per immigrati 'Fraternità Massi' nella casa dei salesiani accanto alla stazione di Oulx. Ai piccoli il lungo viaggio sembra un gioco in compagnia dei genitori. Per gli esperti il gioco si chiama 'rotta italiana' oppure 'terminale della rotta mediterranea' e anche 'limite occidentale della rotta balcanica'. Comunque la si veda, Oulx dal 2017 è diventata una porta di uscita sempre più battuta dall'Italia verso la Francia e l'Ue, per marciatori della speranza in viaggio da anni. Non temono di andare in mezzo alla neve in scarpe da tennis, ma se vengono al rifugio voluto dalla fondazione 'Talithà Kum' con i medici di Rainbow 4 Africa aperto h 24 trovano scarponi, cibo, possono farsi visitare e passare una notte al caldo dopo le 16, quando d'inverno cala subito il buio e la temperatura scende sottozero. A pochi passi dal rifugio in Alta Val di Susa, ironia della sorte, fermano i treni di linea per la Francia e persino il Tgv. Ma il viaggio comodo è roba per chi ha documenti europei e Green pass. Il resto dell'umanità tenta di prendere un bus di linea, se non controllano i 'certificati verdi', o arriva a piedi fino alle piste di fondo di Claviere e poi si infila nei boschi per 20 chilometri per passare il Monginevro. Un'impresa al buio col freddo, specie per le famiglie con donne incinte e bambini. Oltretutto la sorveglianza dei gendarmi dotati anche di visori notturni al confine e lungo la statale è continua. Inflessibili anche con i più vulnerabili, non rilasciano il documento di respingimento, il 'refus d'entrée', contro cui presentare appello. Chi passa, però, in 5 giorni arriva a Parigi e da lì prosegue per Germania, Paesi Bassi, Belgio o Regno Unito, nell'Europa che cerca manodopera. Gli scarponi li lasciavano i valligiani quando si è aperta la rotta. Il rifugio prosegue la tradizione solidale, mettendoli nelle rastrelliere. Ogni giorno passano da qui almeno 60 persone, con punte di 100 dall'estate a novembre. Quando si supera quota 50 la Croce rossa sposta i profughi al polo logistico di Bussoleno, 20 chilometri a valle, così che nessuno dorma all'aperto. Da aprile a dicembre sono passate 9mila persone e altre 1.500 sono state portate alla Croce rossa. Il 60% proveniva dalla rotta balcanica, gli altri erano subsahariani sbarcati da poco e tunisini alle prese con disoccupazione. «È dura marciare nella neve, ma chi proviene dai Balcani dice che dopo Bosnia e Croazia passare il Monginevro è come bere un bicchiere d'acqua - spiega don Luigi Chiampo, 62 anni, da 10 parroco di Bussoleno, presidente di Talithà Kum e responsabile Migrantes della diocesi susina - e da quando abbiamo aperto il centro a Oulx nel 2018 non ci sono più stati morti sulle montagne. Passavano dal Colle della Scala, molto pericoloso. Nel 2021 dalla valle è passato un fiume di circa 15mila persone dirette a Claviere. Arrivano a Trieste e in 72 ore attraversano il nord in treno o bus, oppure vengono dai centri di accoglienza. Il rifugio lo abbiamo aperto per non far dormire più nessuno in mezzo alla strada ed è importante la rete che si è creata e la collaborazione con le istituzioni». I Comuni, al contrario di quanto accade Oltralpe, sono presenti. La Prefettura di Torino contribuirà al nuovo rifugio di fronte alla 'Fraternità Massi', sempre di proprietà dei salesiani, molto più grande, in cui a giorni si sposteranno le attività. Che comprendono le attività dei medici e infermieri di 'Rainbow for Africa' e degli operatori legali di Diaconia valdese e Danish refugee Council, che qui hanno un punto nodale del loro osservatorio dei tre confini. Cena e assistenza le offrono la rete solidale di Talithà Kum, aperta ad associazioni laiche e nazionali. «Prepariamo un piatto di pasta, offriamo un letto caldo - afferma racconta Giorgio Guglielminotti, storico operatore - e se lo desiderano parliamo. Soprattutto diamo le scarpe a chi arriva con i piedi rotti da marce interminabili». I single dormono in uno camerone e le famiglie nei container in cortile. Si resta al massimo 48 ore ad eccezione delle famiglie numerose. Secondo Serena Tiburtini, coordinatrice di programma per Danish refugee council, le famiglie sono soprattutto afghane (il 40%) e iraniane. Poi i pachistani. «Passano da Claviere a piedi - aggiunge - perché sono abituati alla montagna. Sono arrivati i primi evacuati in estate da Kabul, i più ricchi, gli altri li attendiamo nei prossimi mesi. I tempi di ricongiungimento con i parenti sono troppo lunghi. Una ragazza afghana a settembre mi ha detto che non poteva attendere sei mesi per raggiungere la madre in Svezia, mentre poteva farcela in 15 giorni. Un giovane curdo iraniano, rimasto storpio a una gamba, fratturata dalle botte prese in Croazia, non riusciva a passare a piedi. Ma voleva raggiungere moglie e figlioletta in Svizzera. Niente ricongiungimento, alla fine è partito con un passeur». «Chi arriva a Oulx dalla rotta balcanica è esausto fisicamente e mentalmente - prosegue Eloisa Franchi dei medici di Rainbow 4 Africa - poi c'è chi arriva con ferite da marcia o con le cicatrici delle torture inferte dai poliziotti croati. Noi offriamo primo soccorso per curare la 'patologia di confine', uno stress psicofico continuo. Nel nuovo rifugio avremo uno spazio per dare assistenza continuativa». A Oulx sono arrivate quest' anno due donne in procinto di partorire: una ci è riuscita, l'altra ha messo al mondo un bambino morto. Era da sola, marito e figlio erano già passati, ma sono tornati indietro per salutare il piccolo e ripartire con lei. Domani si concluderà qui il 'Cammino della Speranza', staffetta partita da Trieste in bici una settimana fa per ricordare cosa accade ogni giorno da un confine all'altro».
CILE, IL PRESIDENTE DELLA GENERAZIONE MILLENIAL
Gabriel Boric è il nuovo Presidente del Cile a 35 anni. Riformista e femminista, ha vinto col 56% dei voti. Nel suo primo discorso ha citato il leader socialista Salvador Allende. Sara Gandolfi per il Corriere della Sera.
«Via la chioma ribelle, la barba lunga, lo sguardo torvo. Il Gabriel Boric apparso domenica sera davanti alla folla che celebrava la sua vittoria alle presidenziali sull'avenida dell'Alameda a Santiago, sembrava più un giovane professore di economia che un ex leader studentesco sospettato di voler essere capo-popolo. Trentacinque anni, candidato della coalizione Apruebo Dignidad, che riunisce Frente Amplio di sinistra e Partito Comunista, Boric ha sconfitto con un distacco netto (56% contro 44%) il candidato dell'estrema destra Antonio Kast, al quale però ha subito teso la mano nel suo primo discorso da neo-eletto capo di Stato. Il più giovane presidente della storia del Cile e il primo della generazione Millennial, che non ha vissuto gli orrori della dittatura, è stato il portavoce nei palazzi del potere della contestazione che ha infiammato le piazze nel 2019. Un leader simbolo del cambiamento e della protesta contro le politiche economiche ultraliberiste ereditate dal regime Pinochet e mai del tutto modificate nei trent' anni successivi. Nel suo «discorso della vittoria», Boric si è comunque inchinato al passato - «la Storia non parte con noi» - dicendosi erede «di un lungo progetto che da diverse posizioni ha cercato incessantemente la giustizia, l'ampliamento della democrazia, la difesa dei diritti umani, la protezione delle libertà: questa è la grande famiglia che vorrei rivedere riunita». Un riferimento alla concertazione che pose fine alla lunga dittatura di Pinochet avviando la transizione, senz' altro imperfetta, che però evitò ulteriori spargimenti di sangue. Verso la fine, però, ha fatto capire chi è il suo padre politico, citando la frase pronunciata da Salvador Allende il 4 settembre 1970: Vayan a sus casas con la alegría sana de la limpia victoria alcanzada (Tornate a casa con la sana gioia della netta vittoria ottenuta). Erede dunque di una sinistra storica ma portavoce fino a non molto tempo fa di una sinistra movimentista, Boric non ha mai nascosto di voler seppellire il modello economico delle generazioni precedenti: «Se il Cile è stata la culla del neoliberismo, sarà anche la sua tomba», ha detto quando vinse la candidatura alle presidenziali. Domenica ha usato toni molto più moderati e si è detto pronto a governare cercando l'unità del Paese, anche dialogando con il rivale d'estrema destra, José Kast. «Sapremo costruire ponti. Il progresso richiederà ampi accordi». Nato l'11 febbraio 1986 a Punta Arenas, nel profondo Sud del Cile, Boric si è laureato in Giurisprudenza, ma la sua carriera politica è cominciata a soli 13 anni, partecipando alla rifondazione della Federazione degli studenti secondari. Da lì ha scalato tutti i gradini della rappresentanza studentesca fino a diventare il leader del movimento di protesta del 2011. Eletto deputato nel 2013, a 27 anni, per la regione di Magallanes e Antartide, è stato rieletto nel 2017. La sua forza politica si è consolidata nel novembre 2019 partecipando alla firma dell'«Accordo per la Pace Sociale e la Nuova Costituzione», dopo settimane di scontri di piazza. Riformista, ecologista e femminista, ha già annunciato di voler rivedere le concessioni per lo sfruttamento petrolifero e minerario, oltre all'abolizione del ruolo di «primera dama». La sua compagna Irina Karamanos, antropologa e militante del suo stesso partito, finora è rimasta nell'ombra e vuole restarci. «Meglio una nuova figura istituzionale, fondata sui meriti e sulle carriere di servizio civile, e non su vincoli di sangue o affinità», ha assicurato Boric».
IN LIBIA VOTO IMPOSSIBILE
Nessuna lista di candidati a tre giorni dalla data delle elezioni in Libia. Si va verso un posticipo ma si temono azioni delle milizie. La Ue chiede “Elezioni trasparenti”. La cronaca di Avvenire.
«Tutti lo sanno, ma ufficialmente ancora nessuno lo dice: il 24 dicembre non ci saranno le elezioni presidenziali in Libia. La scorsa settimana l'Alta commissione elettorale ha deciso di rinviare "sine die" la pubblicazione della lista definitiva dei candidati in seguito a controversie sui meccanismi di valutazione, bloccando così ogni tentativo di una brevissima campagna elettorale. «È ormai divenuto impossibile garantire lo svolgimento del voto del 24 dicembre», aveva ammesso Abu Bakr Marada, esponente della Commissione elettorale nazionale. L'Unione Europea, ha dichiarato il portavoce dell'Alto rappresentante Ue, Josep Borrell è impegnata a sostenere «lo svolgimento di elezioni libere, giuste e trasparenti» in Libia «quando avranno luogo. Preferibilmente ci auguriamo di vedere rispettata la data fissata per le elezioni presidenziali il 24 dicembre e per quelle parlamentari all'inizio dell'anno ». Dichiarazioni di prassi della diplomazia che non possono cancellare quella che è una realtà fin troppo evidente. Per circa un anno, le elezioni sono state l'obiettivo della "Road map" sostenuta dalla comunità internazionale per riportare pace e stabilità nel Paese nordafricano. Secondo alcuni analisti ora si va verso un rinvio "tecnico" delle elezioni a fine di gennaio o inizio febbraio, anche se si ipotizza pure la formazione di un nuovo governo di unità nazionale presieduto dall'attuale premier Dbeibah o da Fatih Bashagha, ex ministro dell'Interno con Serraj e candidato anche lui alle presidenziali. Manca solo l'annuncio ufficiale di un rinvio che è inevitabile, ma che non farebbe altro che prolungare il vuoto di potere che avvantaggerebbe le milizie. Dopo che nella notte tra tra mercoledì e giovedì scorsi gli uffici governativi a Tripoli sono stati circondati da milizie armate che protestavano per l'insediamento del generale Abdelkader Mansour come nuovo comandante militare della regione di Tripoli, in molti temono si ripiombi nella guerra civile».
BIRMANIA, TORTURATI A MORTE
Atrocità nelle repressione dopo il golpe in Myanmar: emergono le prime prove degli orrori. Fosse comuni con 40 cadaveri sequestri, decapitazioni, i militari uccidevano anche donne e bambini. Sara Perria per La Stampa.
«Nella prima settimana di dicembre, un padre in Birmania postava un annuncio: «Se qualcuno ha visto mio figlio, rapito dalla giunta, vi prego di farmi sapere qualcosa». Negli stessi giorni, immagini di corpi carbonizzati, immobilizzati nell'ultimo tentativo di salvarsi sono iniziate a circolare su Facebook e Twitter. Non ci è voluto molto prima che la Burmese Associated Press confermasse che uno dei corpi bruciati vivi era proprio il ragazzo scomparso. Questo è solo uno degli episodi più violenti a danno di civili birmani a dieci mesi dal colpo di Stato che ha portato al potere il generale Min Aung Hlaing, interrompendo la fragile transizione democratica guidata da Aung San Suu Kyi, finita agli arresti. Ora la Bbc aggiunge alla lista di accuse contro la giunta l'esistenza di una serie di fosse comuni risalenti a circa 40 uccisioni sommarie del mese di luglio, supportando con controlli incrociati quanto già denunciato attraverso filmati amatoriali e testimonianze. La giunta birmana non ha voluto negare la possibilità di fosse comuni: «Può succedere», ha detto il vice ministro per l'Informazione, il generale Zaw Min Tun. «Quando ci trattano come nemici, abbiamo il diritto di difenderci». Il riferimento è al contrasto della People' s Defence Forces, un esercito rivoluzionario formato da giovani, studenti, lavoratori, musicisti, che non aveva mai preso in mano un fucile prima di decidere di lottare contro la giunta per restaurare la democrazia. Molti appartengono alla generazione Z, vissuta con l'orizzonte di un'apertura democratica e per nulla intenzionata a ricadere nell'isolamento e nelle limitazioni repressive vissute da genitori e nonni. Ci sono anche donne, chi a volte mette giù il fucile e prende in mano un violino, o chi, come M.A.Y, che prima di farsi immortalare in uniforme lavorava per una Ong, occupandosi di ambiente e contrasto all'uso di plastica. Tutte e tutti, addestrati nella giungla dalle milizie etniche, sono consapevoli della reazione brutale dei militari, secondo modalità ben rodate durante le cinque decadi al potere. Sono tragici i dettagli dell'identità delle vittime trovate dentro le fosse o in fondo a un dirupo: un uomo disabile, un ragazzo di 17 anni. Anche un bambino. Secondo i testimoni, i militari sarebbero arrivati al villaggio nello Stato di Sagaing, in Birmania centro-occidentale, separando gli uomini dalle donne, per poi torturarli, legarli, picchiarli e infine ucciderli. L'accaduto era stato denunciato più volte, e ora si conferma l'esistenza di quattro episodi differenti, con il maggior numero di persone uccise - 14 - nel villaggio di Yin. Ricordano, fotogramma dopo fotogramma e testimonianza dopo testimonianza, le atrocità denunciate dai Rohingya, la minoranza musulmana nel vicino Stato Rakhine che accusa i militari birmani di genocidio. «Non riuscivamo a guardare, così abbiamo tenuto la testa giù, piangendo», ha detto una donna che ha visto uccidere tre membri della sua famiglia: fratello, nipote e cognato. Le uccisioni sommarie nei villaggi e le fosse comuni non sono un incidente, ma si tratta della rodata strategia dei «quattro tagli» che mira a privare la guerriglia - in questo caso quella sostenuta dal governo civile eletto in esilio - dei quattro elementi che li sostengono: finanze, cibo, intelligence e reclute».
GB, TUTTI I GUAI DEL PREMIER JOHNSON
Il "Guardian" pubblica nuove foto del premier a tavola con dirigenti e moglie, noncuranti del lockdown. Anche i conservatori esasperati dai suoi show. Scandali, Covid, bugie: Boris Johnson è in crisi. Sabrina Provenzani per Il Fatto.
«Il Regno Unito si trova in un guado pericolosissimo, stretto fra l'emergenza di salute pubblica riattivata, dopo qualche mese di relativa stabilità, dalla diffusione fuori controllo della variante Omicron, e una crisi politica che parte dal vertice, il primo ministro Boris Johnson, e ha già un impatto su governo e partito di maggioranza, superati nei sondaggi dal Labour. I dati aggiornati della pandemia destano allarme: ieri 91.743 nuovi casi, secondo record dall'arrivo del Covid nel paese dopo i 93.045 di venerdì. È un incremento del 51% sui sette giorni precedenti. Quelli da Omicron ieri erano 8.044, per un totale finora di 45.145. Già prima del manifestarsi di questa nuova ondata la capienza degli ospedali era al 94%, La notizia positiva è che i morti calano dagli oltre 100 delle settimane passate ai 44 di ieri, e che nel fine settimana i vaccini somministrati sono stati circa un milione e mezzo. Ma il Paese è stremato; guarda al leader e vede un uomo senza etica, sopraffatto da una serie di scandali che ha facilitato, o di cui è protagonista. Ormai da settimane Boris Johnson è al centro di accuse che vanno dal clientelismo all'incompetenza. Quelle che lo stanno danneggiato più profondamente sono però le bugie, reali o percepite, sull'osservanza delle restrizioni anti-Covid a Downing street. I giornali hanno fatto a gara a rivelare dettagli su festini avvenuti nel cuore del potere britannico quando il lockdown li proibiva. A uno di questi, il 15 maggio 2020, avrebbe partecipato proprio Boris Johnson. La ricostruzione ufficiale parla di breve riunione di lavoro nel giardino della sua residenza. Ieri lo scandalo nello scandalo: qualcuno ha passato al Guardian una foto che ritrae BoJo seduto a un tavolino del giardino con altre tre persone, incluse la moglie Carrie con il figlio allora bebè, in quello che ha tutta l'aria di un party di primavera. Attorno, rilassati fra un sorso di vino e un assaggio di formaggio, almeno una ventina di dipendenti evidentemente non alle scrivanie. È una immagine che ha scandalizzato profondamente il pubblico, non solo perché sembra confermare che Downing Street abbia mentito a più riprese sulla vera natura di quell'evento, ma anche perché sono fioccate le testimonianze di chi, in quei giorni e in osservanze delle regole imposte dal governo, non ha partecipato al funerale di persone care, non ha preso in braccio nuovi nati, non ha detto addio alla madre morta da sola in ospedale. La percezione è quella di un affronto moltiplicato per milioni di volte, un affronto che da politico diventa personale e, quindi, imperdonabile. È per disgusto che gli elettori del North Shropshire, roccaforte conservatrice da sempre, nelle elezioni suppletive di venerdì, hanno preferito la candidata Lib-Dem, con Boris costretto ad ammettere la responsabilità personale nella sconfitta. Nel partito c'è già chi pensa di farlo fuori, e l'occasione per mandare un messaggio forte e chiaro potrebbe essere vicina: per imporre le nuove restrizioni, che ormai gli esperti del governo invocano con urgenza, Johnson dovrebbe convocare il Parlamento già in vacanza. Il pacchetto di misure blande della scorsa settimana è passato grazie ai voti del Labour, dopo la rivolta di 99 deputati conservatori. Se alza l'asticella rischia di andare sotto: proprio per non collaborare a 'misure coercitive sul Covid' sabato a sorpresa si è dimesso il ministro per Brexit David Frost, che potrebbe essere presto seguito da altri grossi nomi dell'esecutivo. Sicuramente contrario a restrizioni è il ministro dell'Economia, Rishi Sunak, che è anche uno dei candidati alla successione. La pressione politica paralizza Johnson. Domenica non ha partecipato alla riunione del Comitato di emergenza. Ieri è uscito da un lungo Consiglio dei ministri con un nulla di fatto che non accontenta nessuno: "Sfortunatamente devo avvertire la popolazione che dovremo prendere in considerazione la possibilità di ulteriori azioni per proteggere il pubblico, la salute pubblica, la nostra NHS. Non esiteremo". La 'popolazione' però si ricorda dell'anno scorso, quando il Natale è stato 'cancellato" con due giorni di preavviso, generando caos e risentimento. E quindi, imparata la lezione, annulla viaggi e prenotazioni in locali e ristoranti. Perché considera il premier un bugiardo e nei messaggi ufficiali non ha più fiducia».
Leggi qui tutti gli articoli di martedì 21 dicembre:
https://www.dropbox.com/s/6r7mnwpe25bkfu5/Articoli%20La%20Versione%20del%2021%20dicembre.pdf?dl=0
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