La durata ragionevole del processo è un diritto
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Nonostante le mille difficoltà, i bracci di ferro, le levate di scudi di alcuni esponenti della magistratura, la Camera dei Deputati ha approvato la cosiddetta riforma Cartabia. Ad un certo punto l’impresa sembrava impossibile, visto la dura opposizione dei 5 Stelle e di quello che viene chiamato il partito dei giudici. Mario Draghi ha avuto il merito di insistere con caparbietà e anche con buon senso, accettando le necessarie modifiche e trovando un compromesso che, a detta di molti, ha migliorato la stessa legge. Un merito va riconosciuto anche a Giuseppe Conte, che ha tenuto unito il Movimento, e a Enrico Letta che ha lavorato per un compromesso alto. Ma al di là della politica e delle necessaria dialettica tra partiti, su una materia così delicata, conta il testo approvato. E il testo approvato fa ben sperare. Ecco perché.
È la prima volta che una riforma della giustizia penale dà l’impressione di voler affrontare seriamente il tema della ragionevole durata dei processi. Un processo che dura decenni è una pena in se stessa, sia per l’innocente che per il colpevole. Il primo sarà ingiustamente tenuto sotto accusa, il secondo, venendo rinviato il fare i conti con la giustizia e con se stesso, non inizierà quel processo di pena che è anche rieducazione del condannato, così come previsto dall’articolo 27 della Costituzione. Come ha scritto uno dei migliori giudici italiani, Armando Spataro ieri su Repubblica: “La ragionevole durata dei processi non è un principio astratto, ma un diritto il cui rispetto è imposto dalla nostra Costituzione (art.111), dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (art.6), dalla legge Pinto e dalle numerose condanne dell'Italia (prima nella relativa "classifica") ad opera della Corte Edu di Strasburgo per la violazione di tale diritto”.
La cancellazione di ogni prescrizione dava infatti l’impressione di una possibile infinita durata dei processi. E d’altra parte le nuove regole trovate impediscono quel mandare i processi in fumo che tanti temevano. Oltre “i due terzi di tutte le Corti d'Appello italiane già rispettano i tempi previsti dalla riforma”, scriveva ancora Spataro, “e ciò a prescindere sia dalla normativa transitoria che permetterà di testare la situazione all'atto dell'entrata in vigore della riforma, sia dalle numerose misure che essa pure prevede per alleggerire i carichi di lavoro di tutti gli uffici giudiziari”.
Lo spirito della riforma della giustizia penale, che dovrà ancora passare al vaglio del Senato, è quello di superare l’interesse corporativo della casta giudiziaria (la magistratura oggi, non dimentichiamolo, ha perso popolarità e autorevolezza nell’opinione dei cittadini). Ma allo stesso tempo la riforma Cartabia si propone di migliorare l’efficienza e il funzionamento della giustizia nel nostro Paese. Elemento decisivo per la crescita, anche economica, dell’Italia. La nuova legge è in linea con lo spirito di un governo di unità nazionale, varato per uscire dall’emergenza. Ammainate le bandierine dei partiti (e delle caste), si cerca di far salire il tricolore. E la cosa fa bene al cuore, non solo quando accade alle Olimpiadi.
PS Appuntamento alla rassegna mattutina di lunedì 9 agosto