La guerra contro il Sud del mondo
Israele annuncia intervento di terra a Gaza. Valico ancora chiuso. Biden nella notte parla in tv e paventa una guerra mondiale. Bilancio del razzo su Gaza ridimensionato. Meloni lascia il partner
“Israele sta andando verso un disastro?”. Fareed Zakaria è uno dei commentatori più accreditati e seguiti d’America per la Cnn e il Washington Post. Nella sua newsletter, arrivata nella notte italiana, si è posto questa domanda, di fronte al rinnovato annuncio di un attacco di terra israeliano all’interno della Striscia di Gaza. Aggiungendo: “La guerriglia urbana è terribile e il mondo osserva con ansia”. Joe Biden ha portato tutto il peso degli Stati Uniti a fianco di Benjamin Netanyahu. Mai come adesso una crisi “regionale” rischia di far saltare tutti gli equilibri mondiali. Lo ha ammesso lo stesso presidente americano parlando alla nazione nelle ultime ore. Biden ha messo insieme la crisi ucraina e quella mediorientale presentando un possibile confronto globale armato (a questo punto sempre più probabile) fra democrazie e autocrazie. Il Domani titola: La guerra globale del soldato Biden.
Uno spiraglio si potrebbe aprire con l’ingresso di 20 camion dal valico di Rafah. Ma la crisi umanitaria di Gaza sta diventando un’emergenza mondiale che rischia di amplificarsi ogni ora di più. Poco importa che si ridimensioni il numero delle vittime nell’esplosione dell’ospedale (471 per i palestinesi, un centinaio per gli americani) e che sia probabilmente di mano terroristica della Jihad o di Hamas. Il mondo arabo è in rivolta. Ha scritto ieri con chiarezza Sara Gandolfi nella sua newsletter per gli abbonati del Corriere: «La crisi in Medio Oriente ha creato una nuova, forse profonda, spaccatura fra mondo occidentale e Sud globale. (…) La difesa Usa dei raid israeliani sulla Striscia di Gaza ha infatti avvelenato gli sforzi per creare consenso contro la guerra della Russia, in particolare sollevando obiezioni in India, Brasile e Sud Africa. “I funzionari occidentali sono stati accusati di non aver difeso gli interessi di 2,3 milioni di palestinesi nella fretta di condannare l’attacco di Hamas e sostenere Israele”, scrive il Financial Times, che cita un diplomatico senior del G7: “Abbiamo definitivamente perso la battaglia nel Sud del mondo... Dimenticate l’ordine mondiale. Non ci ascolteranno mai più”».
In questo scenario l’Europa, storicamente e culturalmente la parte dell’Occidente che più sapeva parlare al Sud del mondo, è diventata irrilevante. Chiusa in se stessa, non solo alle frontiere. Bloccata, immobile. Nelle sue società minacciate da un dilagante antisemitismo e da un’altrettanto contagiosa islamofobia. Parigi è l’emblema di questa disfatta, come ben racconta Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera. Riccardo Redaelli su Avvenire scrive: “Per riprendere l’iniziativa serve che anche l’Europa batta un colpo. Finora ha solo espresso solidarietà: una pochezza imbarazzante per un continente che è innervato nel Mediterraneo e nel Medio Oriente. Proprio perché non è una potenza muscolare come Washington, proprio perché non manda le portaerei al largo di Israele, l’Europa può e deve giocare un ruolo costruttivo”. Massimo Cacciari è dello stesso avviso in un accorato commento sulla Stampa.
Una speranza contro la speranza ce là dà il rabbino “conservative” Abraham Skorka che in una bella intervista ad Avvenire racconta lo scambio di messaggi con papa Francesco. Ricordando il sacrificio del presidente egiziano Sadat, dice: “Israeliani e palestinesi hanno molti conflitti da risolvere, non, però, con la guerra e la distruzione reciproca”. Interessante anche la riflessione di Peter Beinart, direttore di The New Republic, che dice a La Stampa: «Se i palestinesi non hanno il diritto di tornare in patria nemmeno noi lo abbiamo».
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