La Versione di Banfi

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La Madre di Gaza

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Banksy narra in un'icona il dramma nella Striscia. Siria divisa. Cade il governo tedesco, si vota il 23 febbraio. Meloni sulla Ue alle Camere. Salvini si prepara alla sentenza. Convoglio Bonacina

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Alessandro Banfi
dic 17, 2024
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Cade il governo tedesco, si scioglie il Bundestag e verranno indette nuove elezioni che con tutta probabilità si terranno il 23 febbraio del 2025. Ieri il premier tedesco Olaf Scholz ha ottenuto quello che voleva, cioè essere bocciato dall’aula, pronunciando un discorso molto duro contro l’alleato liberale accusato di «sabotaggio» e di non avere «la statura morale» per governare la Germania. La polemica di Scholz, che manda in frantumi l’esperienza del governo semaforo, è sintomo del grande nervosismo dei socialdemocratici: la Spd, secondo i sondaggi inchiodata al 18 per cento, deve recuperare un gap difficilmente colmabile con i rivali CDU-CSU che viaggiano sul 30 per cento. Soprattutto il rischio è che il voto di protesta si riversi copiosamente sui sovranisti di AFD e sul partito di Sahra Wagenknecht, ex leader della sinistra grande critica della guerra in Ucraina. Cade la Germania, la Francia annaspa senza un vero governo ed Emmanuel Macron è in pieno tramonto. L’Europa stessa non sta per niente bene. Lo ha confermato anche Christine Lagarde, che pur promettendo ulteriori tagli di interesse per l’euro, si è detta preoccupata della nuova politica dei dazi annunciata da Donald Trump.

Stamattina Giorgia Meloni ne parlerà alle Camere in vista del vertice europeo e prima della riunione della Nato in Lapponia. Sarà lei, la politica “più potente d’Europa” ad indicare una nuova strada per il nostro continente? Al di là del consenso sul tema dei migranti (diventata l’ossessione numero uno dei 27), qual è la prospettiva di uno sviluppo tecnologico e industriale per il nostro continente? Se la locomotiva tedesca è quasi ferma, se la spocchiosa Francia è nei guai, se il Nord Europa si chiude a riccio, sarebbe il caso di aprire un grande dibattito fra sovranisti, popolari e socialisti (le famiglie politiche di Strasburgo) sull’economia, non per creare nuove maggioranze ma per trovare soluzioni condivise.

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