La rabbia contro il negoziato
Il Papa chiede la pace. Parolin spiega che l'appello è rivolto anche a Mosca. Ma monta l'odio. A Gaza vince la fame. Dopo l'Abruzzo Meloni ride, Conte e Salvini piangono. L'Oscar premia la bomba?
Appartengo ad una generazione che ha vissuto la profonda avversione, e a tratti l’odio, verso Giovanni Paolo II quando non volle benedire la guerra degli occidentali nel Golfo, che fu l’inizio di una catena fallimentare di guerre (Afghanistan, Iraq, Siria, Libia) con lo scopo di “esportare” la democrazia nei Paesi islamici. Dunque ho già visto momenti simili ma la rabbia, anche purtroppo di cattolici, verso Papa Francesco sta esplodendo in questi giorni senza più ritegno. Si tratta di un rabbia che è anche il frutto dell’aggravarsi della situazione. A Gaza siamo arrivati a 30 mila vittime, quasi tutti civili, almeno la metà donne e bambini. Gli ucraini stanno pagando un prezzo altissimo all’invasione russa e parte dei leader occidentali, i francesi e i polacchi, esplicitamente vorrebbero l’ingresso in guerra della Nato. In momenti oggettivamente più sanguinari e di eccitazione bellicista, la posizione sulla pace e sul negoziato diventa una sfida intollerabile alle coscienze. Si vorrebbe non esistesse, si vorrebbe sopprimerla.
Sulla polemica scaturita dalla controversa intervista televisiva di papa Francesco, due prese di posizione chiariscono molto bene nel merito. Quella del cardinale Pietro Parolin intervistato da Gian Guido Vecchi del Corriere e quella di Monsignor Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico in Ucraina, che ha parlato ieri in un colloquio con Iacopo Scaramuzzi, comparso sull’edizione web di Repubblica (ma non sul giornale cartaceo). Eppure ieri a sparare sul pontefice sono stati ancora il segretario generale della Nato Stoltenberg, il presidente Usa Biden e il cancelliere tedesco Scholz con la ministra degli Esteri tedesca Baerbock. Il “fronte del negoziato”, come lo chiama Avvenire, avanza a piccoli passi. Mentre cresce la minaccia oggettiva di un allargamento (mondiale e quindi nucleare) del conflitto.
A Gaza la lotta per la sopravvivenza è la ricerca quotidiana del cibo (vedi Foto del Giorno). Come spiega una dottoressa di Medici senza frontiere al Manifesto, sono i bambini e i giovani a pagare il prezzo più alto della carestia indotta dall’invasione della Striscia. È iniziato il Ramadan del digiuno forzato. Sempre più deboli le speranze di un negoziato, mentre Benjamin Netanyahu ha coniato un nuovo slogan: quella di Israele sarà la “vittoria totale”.
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