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La rivolta della piazza e di De Luca
"Io Apro" finisce nei disordini. Il presidente della Campania sfida Draghi sui vaccini. Intanto si pensa a come riaprire. Travaglio bastona Casaleggio. Tronti spiega Bettini. Di Maio ricevuto in Usa
Chi aveva letto ieri la Versione già poteva immaginare che ci sarebbe stato un po’ di casino nel centro di Roma. La piazza dei ristoratori, organizzati da quelli di “Io Apro”, era in realtà stata vietata dalla Questura di Roma ed era prevedibile che la protesta potesse degenerare. Accanto ai commercianti in difficoltà, c’era infatti chi voleva strumentalizzare lo scontro con le forze dell’ordine, ad un passo dal Parlamento, con tanto di bombe carta. Oggi si replica. Sulle riaperture ragiona Draghi, che vuole puntare sul consumo all’aperto per bar e ristoranti. E anche Franceschini sta preparando un piano per cinema e teatri.
Ma la tensione non è solo nelle piazze. Vincenzo De Luca, presidente della Campania, è stato protagonista di un “pronunciamento” sulle precedenze dei vaccini nella sua regione, costringendo il generale Figliuolo ad una precisazione sul “modo uniforme” della vaccinazione su tutto il territorio nazionale. Curcio ne parla su Repubblica. È come se la pandemia avesse esasperato il lato autoritario di De Luca, dando a tutto il Pd nazionale l’immagine di un partito che predica bene (a sinistra, con Letta) e razzola male (a destra, con lui). Sui giornali di oggi il Presidente della Campania riesce nel piccolo capolavoro di raccogliere le critiche insieme di Michele Serra e di Maurizio Belpietro. Nonostante l’ordine ancora sparso delle Regioni, dalle 6 di ieri mattina alle 6 di stamattina sono state somministrate 253 mila dosi. Il nuovo obiettivo fissato da Figliuolo è arrivare almeno a 310 mila al giorno. Intanto si apprende che il vaccino dei cinesi, per loro stessa ammissione, pare non funzioni troppo bene.
Per la politica italiana c’è un grande dibattito nel Movimento 5 Stelle. Il ricordo di Gianroberto Casaleggio, cinque anni dopo la sua morte, il Sum #05, è diventato la ribalta per le critiche del figlio Davide e di Di Battista all’attuale leadership. Travaglio è durissimo nel fondo de Il Fatto di oggi contro queste critiche. Bella intervista di Repubblica a Mario Tronti, che aderisce all’area di Goffredo Bettini. Emerge un forte dissenso a sinistra sul DDL Zan che regola l’omotransfobia. Due i punti contestati: non sarebbero garantiti i diritti delle donne e la libertà d’espressione. Di Maio vede Blinken nella sua missione in Usa. Quello di Draghi è il primo governo ricevuto ufficialmente dall’amministrazione Biden. Vediamo i titoli.
LE PRIME PAGINE
Il titolo più diretto è quello del Mattino: Vaccini, De Luca sfida il governo. Il Corriere della Sera presenta per l’ennesima volta il piano del generale Figliuolo: «Così vaccinerò gli italiani». Piano che riduce l’obiettivo a 310 mila dosi giornaliere. Per Avvenire Figliuolo sta facendo bene: Vaccini, la linea giusta. Mentre il Manifesto titola sulla foto del generale: Obiettivo mancato. Brutto dirlo, ma uno dei due sbaglia. Per la Repubblica è il presidente del Consiglio che gioca la partita: Vaccini, la sfida di Draghi alle Regioni ribelli. Il Fatto è salomonico: sbaglia il generale, sbagliano i presidenti. Dove hanno sbagliato Figliuolo e le Regioni. Ah, se ci fosse stato Arcuri… Libero è rassicurante: Allarme vaccini: sono quasi finiti. Mentre La Verità stigmatizza la ribellione di De Luca e ne chiede conto a Letta: IL PD BOICOTTA IL PIANO VACCINI. Poi ci sono i titoli che puntano sulle riaperture. Come quello de La Stampa: Draghi: «Due settimane per riaprire». Il Messaggero quasi promette: «A cena fuori da metà maggio». Il Quotidiano nazionale rivela: Sale la tensione, Draghi vuole riaprire. Il Giornale vede la situazione delle piazze: Fuori controllo. Il Domani va su un argomento diverso: Ossessione migranti: giornalisti intercettati anche nel caso Lucano. Mentre Il Sole 24 Ore annuncia un nuovo alleggerimento delle tasse per partite Iva e anche per titolari di bar e ristoranti: Pagelle fiscali, stop per 1 milione. Segnaliamo che da oggi in edicola La Verità propone il libro La dittatura del pensiero unico di George Orwell a cura di Martino Cervo.
“IO APRO”, A ROMA SCONTRI CON LA POLIZIA
La cronaca sul Corriere della Sera è di Rinaldo Frignani:
«Noi ve lo abbiamo detto, non volete ascoltarci: allora sappiate che siamo pronti alla guerra». Un giovane con la camicia nera lo annuncia al funzionario del Reparto mobile che presidia piazza San Silvestro e impedisce ai manifestanti di raggiungere piazza Colonna e quindi Montecitorio. Dietro di lui una ventina di incappucciati, gli stessi che poco prima avevano lanciato petardi e fumogeni contro la polizia all'angolo con via del Tritone. Uno ha anche tirato una bottiglia, ma ha colpito un altro manifestante, finito in ospedale per una ferita alla testa (contusi anche un agente e un cameraman). La protesta di ieri pomeriggio di alcune centinaia di ristoratori aderenti alla piattaforma #IoApro (400 per la Questura, ne erano stati annunciati 20 mila) - con movimenti di estrema destra, come CasaPound, che ha rivendicato con vari comunicati il proprio ruolo nella manifestazione - ha avuto tuttavia anche altri volti. Come quello di chi sotto la pioggia battente ha applaudito polizia e carabinieri: «Non sono loro i nostri nemici», ha detto un organizzatore al megafono, mentre più tardi si creava tensione con un altro gruppetto che ha cercato di passare da piazza del Popolo. Anche qui mani alzate, proteste, spintoni. (…) Una delegazione di #IoApro è stata ricevuta al ministero dell'Economia dal sottosegretario Claudio Durigon, come ha confermato Umberto Carriera, leader delle partite Iva, che si è dissociato da CasaPound, mentre dal movimento di estrema destra Luca Marsella nega tutto: «Non siamo infiltrati, non abbiamo lanciato noi le bombe carta». Oggi si replica sempre a Roma con altri due sit-in: in tanti sono rimasti a dormire nella Capitale, ospiti di albergatori».
Secondo Libero, Draghi ha già chiesto agli esperti del CTS un piano per riaprire bar e ristoranti. Piano incentrato sull’incentivazione degli spazi all’aperto.
«Il clima s' è fatto insostenibile e c'è il rischio che la protesta diventi davvero violenta. Mario Draghi se n'è reso conto e ieri mentre a Roma infuriava la nuova manifestazione degli esercenti ha chiesto al comitato tecnico-scientifico di istituire protocolli meno rigidi per la riapertura delle attività, in primis ristoranti e bar dotati di plateatico (occupazione di suolo pubblico all’esterno ndr). D'altronde autorevoli studi internazionali, ce ne fosse stato bisogno, hanno provato che solo un contagio su mille avviene all'esterno. Il ministro della Salute Roberto Speranza è ormai uno dei pochi che continua a negare la realtà, e però, dramma nel dramma, ricopre ancora un ruolo di prim' ordine. Il premier, stando a quanto trapela da fonti governative, avrebbe chiesto al Cts di collaborare anche col ministero delle Finanze: questo per evitare aperture definite «anti-economiche», quindi ritenute più dannose per la salute che utili per rimpinguare le casse. La riapertura, spiegano a Palazzo Chigi, dovrà essere «sostenibile». Insomma: potrebbero essere posti dei cervellotici "paletti" in base al giro d'affari. Per incentivare i dehors (si va verso il limite massimo di 4 persone non conviventi per tavolo) potrebbe comunque essere abbassata la tassa per l'occupazione degli spazi pubblici. Al vaglio l'obbligo di prenotazione. Dopo il fine settimana del primo maggio dovrebbe tornare la fascia gialla. Al momento nessuna certezza. Che però qualcosa si stia muovendo è un dato di fatto».
ANCHE DE LUCA È IN RIVOLTA
Vincenzo De Luca finisce fatalmente nel mirino dei commentatori. Marco Demarco sul Corriere della Sera lo dipinge come la principale contraddizione per il Pd:
«Da uomo d'ordine ad attaccabrighe istituzionale. L'evoluzione del personaggio De Luca sta prendendo una brutta piega. E non solo per lui, ma anche per il Pd. Che stiano al governo o nei paraggi, i suoi interlocutori sono sempre tutti idioti, stupidi, capaci solo di dire e fare sciocchezze. L'unico a salvarsi in questo Stato alla deriva è lui, ovviamente. E infatti Vincenzo De Luca continua ad attribuirsi miracoli antipandemici, nonostante il nemico della prima ora, il sindaco de Magistris, gli ricordi perfido che «la Campania è la regione più a lungo in zona rossa, quella con le scuole più a lungo chiuse e con il più alto numero di contagi». Letta chiama Salvini al senso di responsabilità nazionale, lo invita alla lealtà nei confronti del governo, ma fino a quando potrà continuare a tapparsi le orecchie per non sentire il crescendo da autarchismo borbonico e rivendicazionismo scarfogliano che viene da un governatore del suo partito? Ora De Luca minaccia di non aderire al piano vaccinale del generale Figliuolo. Vuol dire che non intende rinunciare al progetto isole Covid-free nonostante il piano preveda altre priorità e nonostante un invito a non procedere sia venuto anche dall'emiliano Bonaccini, sprovvisto di meraviglie turistiche come Capri e Ischia ma preoccupato per la concorrenza sleale a Rimini e Riccione. Ma magari fosse solo questo. De Luca fa sapere anche che non parteciperà più alla Conferenza Stato-Regioni se non otterrà quello che chiede. Vuole più vaccini, più personale sanitario e più fondi per la Campania. E li vuole subito, per questo lancia l'ultimatum direttamente a Draghi e Mattarella.».
Anche Michele Serra nella sua “Amaca” su Repubblica critica De Luca e con lui i vari Presidenti di Regione.
«In attesa della secessione della Campania, che il viceré De Luca intende governare secondo leggi autoproclamate, ci si interroga sull'assetto regionale del Paese: se ci si divide su una pratica sanitaria come i vaccini, come reggerebbe, l'Italia delle Regioni, a una grave crisi internazionale, per non dire a una guerra? (…) Non disponendo di eserciti propri, le velleità locali avrebbero comunque il fiato corto. Sebbene a malincuore i cosiddetti governatori, nei fatti presidenti di Regione, potrebbero offrire agli Stati esteri alleanze solo virtuali, un po' come ha fatto il Salvini con l'Ungheria. Dispongono, invece, di una sanità propria. Che per adesso ha dato risultati difformi, ma senza che un solo presidente abbia mai ammesso di sentirsi in ritardo, o in difficoltà, se non a causa dello Stato centrale, della sua imprevidenza, della sua inettitudine. L'Italia, oltre a essere un'espressione geografica, è anche un eccellente capro espiatorio».
Maurizio Belpietro su La Verità evoca Maurizio Crozza, il De Luca di queste ore sembra davvero una parodia comica:
«In Campania la categoria più vaccinata è quella dei furbi. Non contento di questo incredibile primato, De Luca che, varrà la pena di ricordarlo, fu il primo dei saltafila perché si fece inoculare in diretta tv già il 27 dicembre, appena arrivate le fiale della Pfizer, ora dice che non rispetterà le fasce di età. Con ciò pare di capire che abbia intenzione di procedere in ordine sparso, facendo un po' quel che gli pare, vaccinando le persone in base a un suo personale criterio. Dicevo che sembrerebbe una parodia messa in scena da Crozza, ma come avete capito non lo è. A questo punto però, sono necessarie alcune domande: ma Enrico Letta, segretario dello stesso Pd in cui milita il governatore campano, oltre a parlare di ius soli e di leggi contro l'omofobia, ha qualche cosa da dire? E il ministro della Salute, quello che fa ordinanze per fermare i turisti che vanno all'estero, che fa? E tutte le discussioni sulla supremazia statale in fatto di misure anti pandemiche, invocate per esempio contro la Lombardia di cui un giorno sì e l'altro pure mezzo Pd chiede il commissariamento, dove sono finite? Il semaforo rosso serve solo a fermare gli italiani o anche certi governatori che si credono imperatori?».
I Presidenti mi parlano, dice conciliante Fabrizio Curcio, capo della Protezione civile. Ma certo, le soluzioni migliori vanno rispettate da tutti. Mettiamo in sicurezza gli over 80, gli over 70 e gli over 60. L’intervista su Repubblica è di Corrado Zunino.
«Non sarò mai tra quelli che vogliono un ritorno allo Stato centralista. Da quattordici anni sono un uomo di Protezione civile, ho girato l'Italia in lungo e in largo e ho capito che ogni Provincia è unica: ha una sua economia, una sua sofferenza, un suo bisogno. Non credo che quando riavremo le bocce ferme, la fine della pandemia, torneremo a una sanità centralizzata, uno Stato che fa tutto». Come si possono, allora, dare informazioni certe ai cittadini? Come si organizza un Piano nazionale che poi venga rispettato dal governatore De Luca? «Dobbiamo invertire la prospettiva. Non c'è uno Stato centrale e poi De Luca. C'è uno Stato fatto dal governo romano e dalle Regioni, dalle province e dalle microautonomie. Sono loro a conoscere il territorio, noi abbiamo l'onere di tenere un filo comune, usare un linguaggio valido per tutti. Quando vado nei territori, i presidenti mi parlano, non ringhiano. E da qui, via Ulpiano a Roma, provo a far dialogare la Protezione civile regionale con la sanità regionale. Cerchiamo le soluzioni migliori e alla fine, certo, vanno rispettate da tutti». I rifiuti al vaccino AstraZeneca, le proteste di piazza. C'è una crisi di fiducia nei confronti dello Stato? «Senza fiducia la più grande vaccinazione di massa mai progettata non si realizza. Un pezzo di Paese, purtroppo, ascolta ogni sussurro complottista. (…) «Stiamo crescendo lentamente, ma stiamo crescendo. Siamo arrivati a trecentomila iniezioni al giorno e andremo oltre. La questione è che non ci sono abbastanza vaccini per far girare la macchina al massimo. Andiamo, lo dice il generale Figliuolo, a 315 l'ora, potremmo andare a 600». È vero che ci sono due milioni e mezzo di dosi nei frigoriferi? «Abbiamo consegnato 15,5 milioni di vaccini e 13 milioni sono stati somministrati. Il 16 per cento di dosi avanzate, soprattutto scorte per la seconda inoculazione, è una percentuale fisiologica». Il nodo è quello della priorità. È convinto che seguire la data di nascita sia il modo più efficace per vaccinare il Paese? «Dobbiamo salvare vite, mettere in sicurezza gli anziani e i fragili. Come si può convivere con 358 morti al giorno? Si è diffuso un cinismo della tabella, la conta quotidiana ci fa perdere il senso delle tragedie. Quando avremo messo in sicurezza gli over 80, gli over 70 e anche gli over 60 potremo ragionare su un piano vaccinazioni più flessibile, uscire dalla rigidità anagrafica». Quando chiuderete gli over 80? «Fine aprile, inizio maggio. Potremmo usare le dosi del Johnson per finire il lavoro con questa coorte. I docenti, per ora, sono fuori».
RIAPERTURE, SI PENSA ANCHE ALLA CULTURA
Il Ministro Franceschini sta lavorando alla riapertura di cinema e teatri. Ieri ha incontrato gli esperti del CTS. La cronaca da La Stampa.
«Al cinema a teatro e nelle sale da concerto con le poltrone mezze piene. E riprendere anche i grandi eventi, come i concerti all'aperto, ma anche le partite di calcio. Magari a partire dagli europei alle porte con il pass del tampone eseguito di fresco e mascherine ffp2 "doc". Il ministro della Cultura Dario Franceschini si è presentato ieri davanti agli esperti del Cts con un bel bagaglio di idee. Tecnici e scienziati hanno ascoltato con attenzione e chiesto di ripassare oggi con il compito scritto, un nuovo protocollo che al ministero stanno finendo di mettere a punto. Perché Franceschini lo ha detto senza girarci troppo intorno: «Il settore dello spettacolo è in una situazione non più sostenibile e al pari della scuola deve essere considerato come un comparto speciale». Parole che il ministro si è affrettato a tradurre in indici di riempimento delle sale. Non più un quarto dei posti a sedere come approvato dal Cts per le poi mai avvenute riaperture di marzo, ma poltrone occupate al 50%. E a raddoppiare dovrebbe essere anche la capienza massima consentita per i diversi eventi: da 200 a 500 per quelli al chiuso e da 400 a mille spettatori per quelli all'aperto. Tutto questo sempre e soltanto nelle regioni in fascia gialla, quando il colore delle misure meno drastiche potrà essere ripristinato. «Non prima delle scadenze del decreto in vigore, ossia dopo il 30 aprile» per l'ala rigorista del governo capeggiata dal ministro della salute, Roberto Speranza. «Magari qualche giorno prima, lunedì 26 aprile se la verifica del 20 sull'andamento dell'epidemia dirà che qualche segnale di ripresa al Paese si può lanciare», sostiene dal fronte degli aperturisti moderati Mariastella Gelmini, ministro degli Affari regionali».
DUBBI CINESI SUL VACCINO CINESE
Sicuramente costa meno ma il Sinopharm, il vaccino anti Covid messo a punto in Cina, rischia di essere poco efficace. Lo ha ammesso in un primo tempo un esperto cinese che poi ha ritrattato. Filippo Santelli su Repubblica dice fra l’altro che la stessa informazione era arrivata anche alla nostra intelligence.
«Sabato scorso Gao Fu, capo del Centro per il controllo delle malattie di Pechino, ha ammesso con schiettezza rara, almeno per la Cina, l'esistenza di un «problema». I vaccini contro il coronavirus, ha detto, «non assicurano livelli di protezione molto alti». Il giorno dopo, con un'intervista al quotidiano di Stato Global Times, il virologo ha subito ritrattato: il mondo ha frainteso le sue parole, che non erano riferite alla Cina, bensì, in generale, a tutti i preparati globali. Eppure i dubbi sull'efficacia dei vaccini made in China, i cui dati scientifici non sono mai stati pubblicati, vanno ben oltre le parole di Gao. Alla fine dello scorso anno, secondo quanto ricostruiscono a Repubblica fonti occidentali a Pechino, l'azienda farmaceutica di Stato Sinopharm, una delle protagoniste nella grande corsa nazionale all'immunizzazione, avrebbe fatto presente al governo che il suo composto BBIBP-CorV non garantiva una piena protezione dal virus. Anzi: alcune persone a cui era stato inoculato nei mesi precedenti, durante i quali era stato utilizzato "in emergenza" per categorie a rischio come medici o militari, si erano poi ammalate di Covid-19. In particolare si erano contagiati alcuni dipendenti di aziende di Stato in missione all'estero. Di fronte a questo campanello d'allarme, di cui attorno a Natale anche il governo italiano era stato messo al corrente dalla nostra intelligence, le autorità di Pechino avrebbero deciso di tirare dritto. Da un lato vendendo milioni di fiale oltre confine, la cosiddetta "diplomazia del vaccino", e dall'altro autorizzando l'uso del preparato in Cina per l'intera popolazione. La versione ufficiale di Pechino resta sempre la stessa: i composti nazionali sono sicuri ed efficaci».
SCANDALO VATICANO, CHIESTO L’ARRESTO PER ZORZI
La giustizia italiana ha chiesto l’arresto di Gianluigi Zorzi, il broker molisano che era stato ingaggiato dalla Segreteria di Stato vaticana, come mediatore per l’acquisto di un palazzo a Londra. Affare controverso, realizzato con i soldi donati dai fedeli per l’Obolo di San Pietro, su cui da tempo indaga anche la stessa Gendarmeria vaticana. Affare di cui si è occupato a lungo ieri sera Report su Rai Tre. Ilaria Sacchettoni sul Corriere.
«Provvedimento di arresto firmato dal giudice di Roma Corrado Cappiello contro Gianluigi Torzi, il broker molisano protagonista della compravendita del palazzo al 60 di Sloane Avenue a Londra, South Kensington. Uno degli affari più complessi e controversi gestiti dal Vaticano, scoperto due anni fa, è al centro di una nuova svolta investigativa. I pm contestano a Torzi il reato di autoriciclaggio. In sostanza il broker avrebbe utilizzato parte dei 15 milioni, provento della vendita del palazzo di Sloane Avenue, per due operazioni: un investimento finanziario in alcune società (fra le quali Mediaset spa) e il ripianamento di un debito precedentemente contratto. L'una e l'altra operazione, effettuate con società di comodo, gli avrebbero procurato guadagni e benefici fiscali illeciti. «L'indagato - sottolinea il gip - non si è limitato a trasferire le somme provento di delitto su un conto corrente o altro rapporto finanziario a lui stesso intestato ma le ha parzialmente reimpiegate in attività imprenditoriali idonee a ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza». Tutto rinvia alla compravendita del famoso palazzo londinese, ex magazzino di Harrods. Operazione estorsiva per l'accusa: Torzi avrebbe ottenuto i 15 milioni in virtù di mille azioni detenute dalla sua Gutt Sa che lo autorizzavano a esercitare il diritto di voto. E invece soluzione vantaggiosa per la difesa, secondo cui Torzi avrebbe sbloccato un bene altrimenti immobilizzato dal fondo costituito dal collega Raffaele Mincione cedendolo al Vaticano. Assieme a Torzi sono accusati di autoriciclaggio l'amministratore della Meti Capital (che investì i proventi illeciti) Gianluca Capizzi e i commercialisti Alfredo Camalò e Matteo Del Sette, ai quali è stata notificata un'interdizione dagli affari della durata di sei mesi. L'operazione, curata in Vaticano dai promotori di giustizia Alessandro Diddi e Giampiero Milano, aveva portato alle dimissioni del cardinale Giovanni Angelo Becciu e del suo braccio destro Alberto Perlasca che decisero l'investimento finanziario foraggiato con le donazioni dell'Obolo di San Pietro».
LE CRITICHE DI CASALEGGIO E DI BATTISTA
L’anniversario della scomparsa di Gianroberto Casaleggio è diventato l’occasione per una serie di polemiche interne al Movimento. Ieri al Sum #05 è intervenuto anche Alessandro Di Battista. Davide Casaleggio risponde alle domande del Corriere.
«Tra una parte di attivisti si sente parlare riguardo a suo padre di «memoria tradita». È così? Vale anche per Grillo e Di Maio? O per qualcun altro? «Credo che a Roma ci sia molta confusione su quello che si vuol fare in futuro. Ma credo anche che le persone che meglio hanno conosciuto mio padre sapranno nel loro cuore che direzione prendere. Il suo vocabolario era fatto di parole come fiducia, lealtà, comunità». L'ultimo atto politico di suo padre è stato dare vita a Rousseau, che ora è in difficoltà finanziarie. Teme possa non esserci un futuro? «Ci sarà un vivace futuro per le idee di mio padre e anche per Rousseau. Abbiamo semplicemente chiesto si faccia chiarezza su quello che si vuole fare entro il 22 aprile quando scadranno questi 15 mesi di stallo del Movimento iniziati con le dimissioni dell'ultimo capo politico democraticamente eletto a gennaio 2020. Rousseau porterà avanti il suo progetto di cittadinanza attiva digitale con coerenza in ogni caso». Viste le difficoltà economiche, è possibile che Rousseau non possa garantire la tutela legale nelle cause in corso, molte delle quali riguardano Grillo? «Tra i fornitori che sono in attesa da tempo ci sono anche gli avvocati. In realtà sono certo che il Movimento 5 Stelle onorerà i suoi debiti. La domanda che mi pongo è se si vorrà continuare a mantenere la piramide rovesciata, mettendo le decisioni dei cittadini al centro, nelle scelte future o si preferirà una struttura partitica verticistica dove decisioni come la composizione delle liste o le alleanze locali continueranno ad essere prese dagli iscritti a livello locale o invece come tradizione dei partiti in qualche sala romana. In questo secondo caso ovviamente Rousseau non sarebbe più necessario». Conte ha detto in assemblea che lui è l'ultimo arrivato: lascia agli attuali vertici la soluzione della diatriba in corso. «Credo sia anche lui rispettoso dei ruoli». Dopo il suo intervento che metteva in relazione i mancati contributi a Rousseau con la volontà di superare il tetto dei due mandati, Vito Crimi ha parlato di falsità e di parole misere. «Credo che oggi sia arrivato un momento di chiarezza necessaria, chiunque voglia guidare con saggezza il Movimento 5 Stelle deve prendere posizione chiara sul futuro che desidera. Leggo ormai troppi retroscena su modifiche a regole o decisioni che invece sono state ribadite anche recentemente dagli iscritti. Se si vogliono ribaltare credo sia opportuno che ci si metta la faccia. Ho apprezzato molto l'uscita di Beppe Grillo sui due mandati. Spero si faccia chiarezza anche sulle alleanze strutturali bocciate dagli iscritti lo scorso novembre e sulle scelte delle liste locali fino ad oggi proposte e scelte dal basso. Non è più tempo di ambiguità». Lei ha dichiarato che è stato suo padre a volere una distinzione tra Rousseau e M5S. Lei se ne è pentito? «Credo che sia essenziale al buon funzionamento della democrazia partecipata. Se i politici sono portavoce dei cittadini, l'idea è che ci sia una "separazione di poteri" in modo che nessuno abbia la tentazione di forzare la mano o prendere spazi non suoi».
Marco Travaglio dedica il commento in prima pagina de Il Fatto proprio a Casaleggio junior. È un attacco durissimo. Titolo: Casaleggio e bottega.
«Per anni Davide Casaleggio, come già suo padre Gianroberto, ha dovuto smentire le fake news che lo dipingevano come il capo della Spectre grillina, il padrone occulto dei 5Stelle, il burattinaio dei voti sulla piattaforma Rousseau: "Io svolgo solo un ruolo di supporto gratuito, sono uno dei tanti attivisti volontari", "i parlamentari versano una quota dello stipendio come si fa con qualunque associazione culturale". Un fornitore. Ma da un po' di tempo fa di tutto per confermare le fake news e smentire le sue smentite. Fino al tragicomico ultimatum dell'altro giorno, con l'accusa al M5S di "mettere in difficoltà finanziaria Rousseau per mettere sul tavolo il terzo mandato e altre regole". Non sappiamo se sia vero o falso e ce ne importa il giusto. Ma anche se fosse? Lui che c'entra, se non è il padrone? Il limite dei due mandati non è neppure nello Statuto: solo nel regolamento elettorale. Se qualcuno lo vuol cambiare, lo metterà ai voti e gli iscritti, non Casaleggio, decideranno. Idem per la piattaforma: dove sta scritto che la democrazia digitale si realizza solo con la Rousseau e non con la Pippo? Casaleggio lacrima per i sacrifici fatti: "Potevo fare il ministro, chiedere uno stipendio". Ma, se avesse fatto il ministro, difficilmente avrebbe potuto fare il presidente della Casaleggio Associati, consulente di gruppi toccati da norme del suo governo, tipo Philip Morris e Onorato (come il Fatto documentò due anni fa): sarebbe passato dal conflitto d'interessi potenziale a quello reale. Quanto allo stipendio, vi ha rinunciato perché non poteva averlo: Rousseau è un'associazione non profit. Ora, visto che il nuovo corso non gli garba, ha tutto il diritto di farsi un partitucolo con qualche fuoruscito portandogli la piattaforma Rousseau, sempreché riesca a dimostrare che è sua. E così non è, visto che è stata costruita con le donazioni di parlamentari e amministratori locali M5S (3,5 milioni solo negli ultimi tre anni per un servizio che vale sul mercato, a dir tanto, 500mila euro). Trattarla come proprietà privata sarebbe come costruire una casa per conto e coi soldi di un cliente e poi pretendere di andarci ad abitare. Basta leggere lo Statuto: "L'Associazione ha lo scopo, senza il perseguimento di alcuna finalità di lucro, di promuovere lo sviluppo della democrazia digitale nonché di coadiuvare il M5S ". C'è poi una questioncella di privacy: Casaleggio è solo il "responsabile" del trattamento dei dati degli iscritti: ma per conto del "titolare", che è il Movimento. E spetta al Movimento, non a lui, decidere regole, leader e tutto quel che gli pare. A meno che non conosca un fornitore che detta ai suoi clienti le strategie aziendali e decide pure come devono vestirsi e chi devono sposarsi».
DOMANI NASCE L’AREA DI BETTINI
Bella intervista di Concetto Vecchio su Repubblica a Mario Tronti, già senatore di sinistra e intellettuale, teorico dell’operaismo. Tronti racconta che aderisce alla nuova Area di Goffredo Bettini nel PD, alla vigilia della sua presentazione.
«Ha firmato il manifesto di Goffredo Bettini, che sarà presentato domani a Roma. Cos' è, una nuova corrente? «Il contrario. È quello che nel manifesto viene definito un partito-campo, una piattaforma culturale per un'area politica ampia, che ridisegni gli orizzonti della sinistra. Il documento declina questo aspetto in senso programmatico e progettuale. Il titolo è Socialismo e cristianesimo». Marx e Papa Francesco? «La sinistra deve riscoprire una nuova radicalità. Negli ultimi trent' anni di fronte al neoliberismo e alla globalizzazione non è stata all'altezza, venendo meno alla sua vocazione storica. La destra si può battere nelle urne, serve però recuperare una forte critica al capitalismo». Lei ha giudicato Draghi "un'opportunità". Non è in contraddizione con questa sua idea di sinistra? «No. Quello di Mario Draghi è un governo di necessità provvisoria dettata dalla pandemia e dall'urgenza di sfruttare i fondi europei del Recovery. È un passaggio, non un approdo». L'altra contraddizione è che collabora con Bettini, che è stato fino all'ultimo il grande sponsor di Giuseppe Conte. «Con Goffredo siamo d'accordo sui valori di fondo da dare a questo progetto, in disaccordo sull'esito del governo Conte. Ho molto criticato l'alleanza esclusiva con i Cinquestelle: Conte non mi sembrava in grado di gestire la fase che stiamo vivendo». Letta riuscirà ad allargare il campo, mantenendo una radicalità? «Lo conosco bene. Ha una sicura professionalità politica. Ha dato una scossa, questi anni all'estero lo hanno maturato. Ma non può pensare di risolvere tutto nel rapporto con Conte. E dovrebbe pronunciare di più la parola lavoro».
LEGGE ZAN, CRITICHE DA SINISTRA E FEMMINISTE
L’Avvenire dà grande spazio ad una raccolta di firme per la modifica della legge Zan sull’omotransfobia che va in discussione al Senato. Le firme sono di personalità vicine al Pd e a Italia Viva ma anche di femministe storiche. Due soprattutto le questioni: il disegno di legge ridurrebbe i diritti delle donne e la libertà d’espressione. Scrive Francesco Ognibene:
«Una legge «scritta male», una «proposta pasticciata», divenuta «manifesto ideologico», un «articolato che mischia questioni assai diverse fra loro e introduce una confusione antropologica che preoccupa». A chiedere che il testo contro l'omotransfobia firmato dal deputato Pd Alessandro Zan venga «emendato prima di essere approvato» non sono oggi esponenti del centrodestra, come sarebbe lecito attendersi. Insieme a 161 firme di politici, intellettuali, professionisti e simpatizzanti di Pd e Italia Viva - solo le prime, altre ne stanno arrivando - circola infatti in queste ore un «appello» di «donne e uomini che fanno riferimento all'area politica del centro sinistra, ispirati ai valori di estrazione democratica e progressista», provenienti «da esperienze sociali e culturali differenti», che si sono «sempre schierati in battaglie contro ogni discriminazione». A promuovere l'appello, tra gli altri, sono la scrittrice e regista Cristina Comencini, il filosofo e storico Beppe Vacca, le ex europarlamentari Silvia Costa e Francesca Marinaro, la storica Emma Fattorini, la filosofa Francesca Izzo, l'ex presidente di Arcigay Aurelio Mancuso, ora alla guida di Equality Italia, i consiglieri comunali del Pd Piergiorgio Licciardello (Bologna) e Alice Arienta (Milano), i consiglieri regionali dem Giuseppe Paruolo (Emilia Romagna) e Fabio Pizzul (Lombardia), Maria Teresa Menozzo, della direzione nazionale Pd, e gli ex sindacalisti Raffaele Morese e Giorgio Benvenuto. A scanso di equivoci, i firmatari chiariscono di ritenere «essenziale e non procrastinabile l'estensione alle persone omosessuali e transessuali delle tutele previste dalla vigente legge Mancino» e si augurano che nasca «presto un provvedimento che combatta in maniera severa l'omotransfobia». Tuttavia - aggiungono - «con amarezza rileviamo che questo disegno di legge si è trasformato in un manifesto ideologico, che rischia di mettere in secondo piano l'obiettivo principale e di ridurre pesantemente diritti e interessi delle donne e la libertà di espressione». Di qui la ferma richiesta che il ddl Zan sia «emendato» perché «una legge scritta male porta a delle interpretazioni e applicazioni controverse che riducono i diritti e non ne consentono la piena tutela». Infatti il progetto ora all'esame del Senato «facendo leva su un tecnicismo che appare secondario e terminologico introdurrebbe, se non emendato, una pericolosa sovrapposizione della parola 'sesso' con quella di 'genere' con conseguenze contrarie all'articolo 3 della Costituzione per cui i diritti vengono riconosciuti in base al sesso e non al genere e non in armonia con la normativa vigente», la legge 164/82, che «ammette e consente la transizione da un sesso a un altro sulla base non di una semplice auto-dichiarazione. La definizione di 'genere' contenuta nel ddl Zan che non è accettata dagli altri Paesi - si legge ancora - crea una forma di indeterminatezza che non è ammessa dal diritto, che invece ha il dovere di dare certezza alle relazioni giuridiche e di individuare le varie fattispecie».
DI MAIO INCONTRA BLINKEN
L’America di Biden sceglie l’Italia per il primo appuntamento diplomatico con un Paese straniero. Il nostro ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha incontrato, a Washington, il segretario di Stato Usa Tony Blinken. Due temi sul tavolo: vaccini e Libia.
«Consegne più rapide dei vaccini già prenotati e un maggior impegno politico in Libia. Gli Stati Uniti aprono alle due richieste che il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha messo sul tavolo con il Segretario di Stato Antony Blinken. Innanzitutto il governo italiano prende atto della linea Biden sulla pandemia, che il virologo Anthony Fauci ieri ha ripetuto allo stesso Di Maio: prima immunizziamo gli americani e poi penseremo agli altri. Niente fiale extra, dunque, almeno per il momento. Il ministro, però, ha sollecitato Blinken a fare pressioni sulle tre multinazionali Usa, Pfizer, Moderna e Johnson&Johnson perché rispettino gli impegni e se possibile, accelerino le consegne pattuite. Come dire: capiamo le vostre priorità, ma dateci una mano almeno ad avere nei tempi stabiliti le dosi che abbiamo ordinato. «Anche perché - ha detto Di Maio ai giornalisti - siamo nel pieno di una campagna geopolitica dei vaccini che Italia, Europa e Stati Uniti devono affrontare insieme. Blinken è pienamente d'accordo». Il modo migliore per arginare «l'offensiva dello charme di alcuni Paesi (Cina e Russia ndr)», osserva Di Maio, «è lavorare insieme per velocizzare la campagna di vaccinazione. Sicuramente nel resto del mondo, ma anche nell'Ue». La visita del numero uno della Farnesina ha colto di sorpresa la comunità diplomatica di Washington. Il Dipartimento di Stato ha fatto uno strappo alle regole anti-Covid. Blinken, ieri lo ha accolto così: «Luigi sei il primo ministro straniero che ho l'onore e il piacere di ricevere». Il contesto è quello delle celebrazioni per i 160 anni di relazioni diplomatiche tra Italia e Usa. Ma il colloquio, durato oltre un'ora e al quale si è poi unito anche l'inviato per il clima Kerry, è stato pragmatico».
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