La Siria di padre Paolo
La foto di padre Dall'Oglio in piazza a Damasco, speranza di una nuova Siria. L'Europa pensa solo a rispedire i migranti. Sì al referendum sull'autonomia, no alla precettazione. Addio a Riccardo
Padre Paolo Dall’Oglio, in effige, torna in piazza a Damasco. È fra i volti dei desaparecidos siriani, i tanti che non hanno ancora dato segni di vita e di cui non sono stati ritrovati i corpi. Volti che la folla mostra al mondo: vittime del feroce regime del dittatore Bashar Assad. Padre Dall’Oglio, fondatore di Mar Mussa, manca dal 2013. Sognava una Siria di pace: di dialogo e convivenza fra le diverse religioni ed etnie e oggi è riconosciuto dal popolo siriano come un simbolo della resistenza al regime di Assad. Come ricorda in una bella intervista ad Avvenire oggi la sorella. Sarà così la nuova Siria del dopo Assad? Il “comandante” Al Julani ha lasciato la divisa militare ma nel frattempo ha annunciato che Parlamento e Costituzione sono sospesi. In più, altra incertezza, due terzi del Paese non sono sotto il suo controllo. Mentre soprattutto le donne (come scrive Repubblica) si chiedono se sarà applicata la sharia sotto il nuovo governo jihadista.
E l’Europa? Le prime mosse di Kaja Kallas, alto rappresentante della politica estera, sono in favore di un governo stabile a Damasco. Ma è il fine che sconcerta. Sembra che la principale preoccupazione europea sia liberarsi il prima possibile dei profughi dalla Siria. Già poche ore dopo la caduta del regime, il ministro degli interni austriaco Karner diceva di avere in preparazione un «programma di deportazione ordinata» verso la Siria dei circa centomila siriani a cui Vienna ha dato ospitalità. Dell’ex ministro Cdu Jens Spahn, che ha proposto di pagare mille euro i siriani che volessero rimpatriare, abbiamo già detto ieri. L’Italia è tiepida anche perché ha numeri molto più bassi: ha dato protezione in questi anni a soli 4.850 siriani richiedenti asilo.
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