La Versione di Banfi

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L'azzardo di Boris (e quello di Enrico)

alessandrobanfi.substack.com

L'azzardo di Boris (e quello di Enrico)

Johnson riapre tutto in GB, puntando all'immunità di gregge. Letta andrà al muro contro muro sul Ddl Zan. Il centro destra trova il candidato per Milano. Fase due per Conte-Grillo. Addio alla Carrà

Alessandro Banfi
Jul 7, 2021
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L'azzardo di Boris (e quello di Enrico)

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Per una curiosa coincidenza oggi tengono banco due “azzardi“. Il primo è quello che la stampa inglese ha ribattezzato come il “Great gamble”, la grande scommessa. Di che si tratta? Boris Johnson ha deciso di far tornare il Regno Unito alla completa normalità, sfidando la circolazione del virus. Il suo ragionamento è semplice: ora è il momento migliore, con la possibilità di vaccinarsi e con un crollo del rischio di decessi, per far circolare il virus e quindi raggiungere l’immunità. Rischio ragionato? Qualcosa di simile farà anche la Germania, ma da agosto. I tedeschi però mettono in relazione la riapertura completa col vaccino. Solo quando tutti avranno avuto la possibilità di vaccinarsi si potrà riaprire. È un po’ come dovremmo fare noi per le scuole: se non vogliamo la DAD dobbiamo dare la chance di un vaccino sicuro a tutti coloro che entrano negli istituti. Intanto la nostra campagna vaccinale va avanti spedita: ieri 556 mila 311 somministrazioni.

L’altro azzardo, che tiene banco nella vita politica italiana, è quello sul Ddl Zan. Enrico Letta ha deciso di non accettare nessuna mediazione. Fra una settimana si andrà al voto in Aula, “al buio”, senza la certezza di una maggioranza. Letta ha sposato la linea Cirinnà - Fedez. Anche se vincerà nel voto segreto in Aula fra una settimana, avrà spaccato in due l’opinione pubblica su un tema che non dovrebbe, per l’appunto, creare odi e divisioni. Se alla fine la legge avrà qualche miglioramento, accadrà nonostante lui. Insomma una situazione, per stare agli inglesi, Lose-Lose, in cui si perde comunque. Matteo Renzi viene dipinto come il cattivo che vuole modifiche alla legge, ma non è il solo a sinistra. Persino in Leu, con l’ex ministro Stefano Fassina, si chiedono cambiamenti per l’approvazione finale. Tutta da leggere la rubrica di Mattia Feltri sulla prima pagina de La Stampa di oggi.

I 5 Stelle entrano nella fase due della trattativa fra Grillo e Conte. Non filtrano indiscrezioni, il che fa essere ottimisti. Euforia nel centro destra per la designazione, arrivata in extremis, del candidato sindaco di Milano: è il pediatra Bernardo del Fatebenefratelli. Dall’economia giungono le voci ottimiste di Visco e di Franco: la ripresa italiana è più tonica del previsto.

Due notizie “romane”: il Papa sta meglio e spera di recitare l’Angelus in piazza San Pietro, una volta dimesso dall’ospedale. Nella capitale ci saranno tre giorni di addio a Raffaella Carrà, che iniziano oggi con un corteo nei luoghi Rai della sua vita artistica, poi in serata camera ardente al Campidoglio. Vediamo i titoli. 

LE PRIME PAGINE

Il Corriere della Sera decide per una volta di mettere in primo piano la qualificazione della nostra Nazionale alla Finale degli Europei di calcio: L’Italia ci regala una notte magica. Siamo in finale. Stessa scelta della Stampa, che usa un’espressione simbolo della Carrà: Carramba che Italia! Per Il Messaggero è: Meraviglia Finale. Per Il Mattino di Napoli battono: Cuori azzurri. L’altro tema dominante è quello del disegno di legge sulla omotransfobia. Il Domani è didascalico e schierato: La legge Zan va in aula ma Renzi è pronto a fermarla col voto segreto. Prima pagina un po’ insulto e un po’ gioco di parole del Manifesto che stampa una grande foto di Renzi col titolo: Degenerati. Avvenire, sempre molto attento al tema, è più oggettivo sulla notizia: In aula senza intesa. Libero sottolinea il ruolo delle star miliardarie dei social: A sinistra comanda Fedez. Della scelta inglese di far cadere ogni divieto e lasciare circolare il virus, si occupano La Verità: «Variante Delta come l’influenza» e il Quotidiano Nazionale: L’Europa del liberi tutti (manca l’Italia). La Repubblica torna sulle violenze a Santa Maria Capua Vetere: I nuovi video dei pestaggi in carcere. Due quotidiani scelgono temi economici nazionali, Il Sole 24 Ore: Visco: biennio di crescita per l’Italia. E Il Fatto: Il Recovery di Draghi è il meno green dell’Ue.

DDL ZAN, SI VA IN AULA SENZA ACCORDO

Il Pd ha rifiutato la mediazione proposta da Italia Viva. A questo punto fra una settimana esatta si va in Aula, al Senato. Sul tavolo il testo del Ddl Zan, così com’è. Nessuna modifica. Maria Teresa Meli sul Corriere della Sera

«Enrico Letta in questa vicenda ci ha messo l'anima. Non il cacciavite, però. Questa volta ha preferito il muro contro muro. «Non si tratta» è stato il suo mandato al gruppo dem del Senato. Che lo ha preso in parola. E quando l'assemblea di palazzo Madama vota per la calendarizzazione, il segretario ritiene di aver segnato un punto: «Abbiamo messo la parola fine a sette mesi di ostruzionismo e di giochi al ribasso sui diritti. Da qui al passaggio in aula ci sono sette giorni. Che siano quelli della serietà e della coerenza. Il voto sulla calendarizzazione dimostra che la maggioranza c'è, è quella che ha approvato il testo della Camera. Da parte nostra non c'è stata nessuna forzatura e nessun diktat. La proposta di mediazione di Ostellari ha semplicemente svelato il bluff di Salvini. In ballo c'è una legge di civiltà e il Senato è la sede dove tutti devono assumersi la responsabilità di fronte al Paese». Dunque quella sulla Zan è ormai diventata la battaglia di Letta, con tutti i rischi che comporta questa scelta. Lorenzo Guerini e Dario Franceschini svolgono un ruolo da ministri tecnici. Il primo tace. Il secondo, interrogato ieri a Napoli dai giornalisti, ha glissato così: «Qui stiamo parlando di Capodimonte». Il segretario ha voluto il muro contro muro e sembra che non tutto il suo partito lo segua. Ci sono i silenzi eloquenti e c'è il presidente dell'Emilia-Romagna Stefano Bonaccini che si augura «una mediazione»: «Occorre fare di tutto per avere la maggioranza necessaria ad approvare la Zan. Non so se sarà approvata integralmente o con qualche necessario correttivo, so che l'importante è trovare i numeri». Che al momento, a dire il vero scarseggiano. Tutti nel gruppo dem del Senato assicurano che voteranno ma i nomi dei malpancisti sono diversi. Ci sono Valeria Fedeli e Valeria Valente che sono contrarie all'identità di genere. Con i cattolici Mino Taricco, Andrea Ferrazzi, Stefano Collina, Assuntela Messina, Vincenzo D'Arienzo. E c'è l'ex Iv Eugenio Comincini. Ma anche gli alleati dei 5 stelle non sono proprio un monolite compatto. Ieri il capogruppo Ettore Licheri confidava a un senatore dem: «Cinque o sei dei nostri sono contrari per motivi etici, poi ci sono sempre i possibili dispetti incrociati...». E persino dentro Leu si alza la voce di Stefano Fassina per chiedere al Pd di «farsi mediatore per correggere la legge». Insomma, i numeri potrebbero non esserci. E qualche emendamento di Italia viva, a voto segreto, potrebbe passare. A quel punto, con il provvedimento modificato in uno scrutinio segreto, il Pd dovrà decidere se votare la Zan mutilata o affossarla. A meno che i dem non cambino linea e decidano di utilizzare questi giorni per aprire una trattativa che non sia al ribasso. C'è chi nel Pd spinge in questa direzione. Non sarà una scelta facile. E spetterà direttamente a Letta farla. Comunque vada vincerà o perderà da solo.».

Wanda Marra e Giacomo Salvini sul Fatto, pur cercando di addossare la colpa all’odiato Matteo Renzi, sostengono che Letta ha fatto del Ddl Zan una “bandiera identitaria”. Mettendo però a rischio il risultato concreto.

«Non è ancora arrivato in aula a Palazzo Madama il ddl Zan ed è già iniziata la corsa a trovare i colpevoli per il suo fallimento. Sì, perché nella maggioranza non c'è accordo e non c'è neanche davvero la volontà di trovarlo. Ieri il Senato ha votato per la calendarizzazione il 13 luglio, dopo che ogni tentativo di mediazione è fallito. Matteo Renzi si è intestato il dialogo con la Lega per le modifiche, sostenendo di lavorare per salvarlo, lo Zan: ma questo vuol dire rimandare la legge alla Camera, con ottime possibilità che venga affossata definitivamente lì. D'altra parte, senza Iv, i numeri per approvarla non ci sono. Il sospetto è che - davanti a moltissimi voti segreti - non ci sarebbero stati nemmeno prima. Tanto che la convinzione di molti è che anche per i dem sia più importante individuare un responsabile per il suo fallimento, che approvarla. A farne le spese è Enrico Letta che l'ha scelta come bandiera identitaria e che ancora ieri twittava: "Calendarizzato il DdlZan. Quindi vuol dire che #iVotiCiSono. Allora, in trasparenza e assumendosi ognuno le sue responsabilità, andiamo avanti e approviamolo". "O così o niente", è la linea. Che evidentemente mette in conto il fallimento. Perché poi il tema è politico: al Nazareno di consegnare a Renzi l'atout della mediazione non ci pensano proprio. Un po' per mancanza endemica di fiducia nei suoi confronti, un po' per evitare di ridargli centralità, con l'elezione del Quirinale all'orizzonte. (…) Ma in realtà dentro il Pd serpeggiano i dubbi, sia di chi pensa che si dovrebbe lavorare a una mediazione, sia di chi teme i giochi di Renzi. "Non possiamo lasciarlo a Salvini, in vista del Colle", si è sentito dire Luigi Zanda. Nel frattempo, però, si intensificano anche i contatti tra Andrea Marcucci, il capogruppo renziano Davide Faraone e i leghisti Roberto Calderoli e Massimiliano Romeo per arrivare a modifiche condivise. (…) Alla fine si va in aula il 13. Martedì prossimo si comincia, risultato a rischio».

Mattia Feltri nella sua rubrica di prima pagina sulla Stampa (titolo: Il cuore in fiamme) ricorda alcune frasi dell’allora cardinal Ratzinger, che davvero illuminano.

«Ce la ricorderemo come la legislatura dei propositi messianici, i cinque anni dell'incoercibile purezza finalmente innalzata alla sommità delle nostre aspirazioni: la rivoluzione dell'onestà, la povertà abolita, l'immigrazione fermata con l'imposizione delle mani, l'odio cancellato per legge, la virtù imposta per decreto, e in fondo ai cinque anni resterà una collezione di donchisciottesche sconfitte a tracciare la nostra più recente e vanagloriosa biografia. Nel 1981, nella chiesa di San Winfried a Bonn, i parlamentari tedeschi sentirono risuonare parole di complicatissima semplicità: «Essere sobri e attuare ciò che è possibile, e non reclamare con il cuore in fiamme l'impossibile, è sempre stato difficile. Il grido che reclama le grandi cose ha la vibrazione del moralismo. Limitarsi al possibile sembra invece una rinuncia alla passione morale, sembra il pragmatismo dei meschini. Ma la verità è che la morale politica consiste precisamente nella resistenza alla seduzione delle grandi parole con cui ci si fa gioco dell'umanità dell'uomo e delle sue possibilità. Non è morale il moralismo dell'avventura, che intende realizzare da sé le cose di Dio. Lo è invece la lealtà che accetta le misure dell'uomo e compie, entro queste misure, l'opera dell'uomo. Non l'assenza di ogni compromesso, ma il compromesso stesso è la vera morale dell'attività politica». Chi crede in Dio si terrà le parole del teologo, chi non ci crede si terrà quelle del filosofo, ma soltanto uno sciocco può sfuggire alla grande verità pronunciata quarant' anni fa da Joseph Ratzinger, e continuerà a ululare col cuore in fiamme».

Marco Tarquinio, rispondendo sulla pagina 2 di Avvenire ad una serie di lettere, rivendica la bontà del dialogo e del confronto. Titolo: Un disegno di legge sbagliato si cambia e il ddl Zan può essere ben corretto.

«Sono lieto del fatto che sulle pagine di 'Avvenire' abbiano potuto dire la loro, con intonazioni differenti, tante voci di persone di diversa visione. Abbiamo lavorato per smontare, torno a dire anche questo con soddisfazione, la caricatura di uno scontro tra 'noi' (i cattolici e i reazionari) e 'loro' (i laici e i progressisti). Ci interessa, da cittadini, che ci sia una buona legge contro l'omotransfobia, non una cattiva legge scritta male, ma mascherata con slogan a effetto... Troppe idee e poche storie di fatti con protagoniste persone omosessuali o transessuali offese, dice la signora Giuliodori. Non è esatto. Anche perché le cronache in questo anno di dibattito sul tema hanno fornito occasioni per raccontarne, di storie, e per rendere chiaro, a chi vuol capire, che la realtà è sempre più complessa e dolorosa di ogni semplificazione e previsione di legge. Per questo non bisognerebbe pensare a educare le persone a colpi di sanzioni penali e non si dovrebbe giocare con leggero pressappochismo con i limiti a libertà fondamentali di tutti, come quella di pensiero e di parola (che non contempla mai l'insulto, la violenza anche solo verbale e la discriminazione e la denigrazione dell'altro). Questo ha sottolineato la Nota presentata dalla Santa Sede al Governo italiano, non al Parlamento che è ovviamente libero di discutere e decidere, e un grande e laico giurista come Natalino Irti lo ha colto e sottolineato in modo limpido su 'Avvenire' del 6 luglio. Su questo avevano avvertito anche i vescovi italiani. Per questo bisognerebbe emendare il ddl Zan e io, come il professore e sacerdote Roberto Colombo, spero che in Senato si sia capaci di farlo. È sbagliata, semplicemente sbagliata una legge penale che non offre fattispecie di reato chiare e che incentiva dubbi come quello sollevato da uomo di grande esperienza politica e amministrativa del calibro di Vincenzo Ortolina. Bisogna fare una legge decente. Continueremo a insistere».

SPERANZA: “SETTIMANE CRUCIALI”

Le analisi dei numeri ci dicono che i contagi risalgono ma gli altri indici (ricoveri, terapie intensive, decessi) fanno ben sperare. Restano però “settimane cruciali” per la vaccinazione, secondo il Ministro Speranza. Adriana Logroscino sul Corriere della Sera:

«I contagi risalgono. Lentamente e senza gravare sul sistema sanitario, che anzi continua ad avere un tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva del 2 per cento (a fine marzo era al 41%). Ma aumentano. Lo dicono i dati di giornata. Lo dice la risalita dell'indice di contagio, dopo quattro mesi di calo. E lo avvalora il ministro della Salute, Roberto Speranza, che invita alla massima cautela. «Viviamo settimane molto delicate, cruciali nella lotta contro il Covid - ha dichiarato il ministro - la pandemia non è ancora finita. I contagi vanno su anche in altri Paesi europei e del mondo, nonostante l'alto tasso di vaccinazione». (…) L'ultimo report dell'Istituto superiore di sanità dà l'Rt sotto l'1 in tutte le regioni. «Ma il Covindex - dice Sestili - lo anticipa di alcune settimane». La curva dei contagi non risale soltanto in Italia ma anche in altri nove Paesi europei: Belgio, Danimarca, Finlandia, Grecia, Irlanda, Norvegia, Portogallo, Regno Unito e Spagna. Effetto della circolazione della variante Delta, che ovunque si prepara a prendere il sopravvento sulla variante Alfa. In Italia il sorpasso dovrebbe avvenire a metà del mese. Tuttavia i quattro vaccini che vengono somministrati nel nostro Paese si rivelano efficaci anche contro questo ceppo del virus. «Nel giro di poche settimane siamo passati da 3.800 persone in terapia intensiva a poco meno di 200 - ha rilevato ieri Speranza -, oltre il 90% in meno. Abbiamo sfiorato le 30 mila persone ricoverate, ora siamo sotto le 1.500, circa il 95% in meno. Dobbiamo insistere con la campagna di vaccinazione, strumento essenziale che abbiamo per metterci alle spalle questa stagione così difficile. L'Italia ha ampiamente superato i 54 milioni di dosi somministrate, il ritmo continua a essere molto elevato. Queste settimane sono cruciali. Serve massima attenzione, massima prudenza, e proseguire questo lavoro imponente di vaccinazione per chiudere questa fase così difficile».

GLI INGLESI LASCIANO LIBERO IL VIRUS

Johnson ha deciso: è il momento di lasciare circolare il virus nel Regno Unito. Un azzardo? Lo pensa il 44 per cento dei britannici, ma il dado è tratto. Un’analisi, un po’cinica ma realistica, la offre l’articolo in prima pagina del Foglio.

«Se non ora quando? Il nostro non è "un azzardo", ha detto il ministro della Salute britannico, Sajid Javid, è un approccio "basato sul calcolo del rischio", prendendo in considerazione tutte le variabili: "Non sono il ministro del Covid, devo occuparmi della salute dei cittadini" in senso ampio. Così Javid, appena arrivato a questo dicastero dopo la dipartita dell'adultero Matt Hancock, ha spiegato la strategia della riapertura del Regno Unito, il tana libera tutti del 19 luglio, il "big bang" annunciato dal premier Boris Johnson che per alcuni è già diventato il "great gamble", il grande azzardo. La teoria del governo inglese è semplice: si potranno anche raggiungere i 50 mila casi ora del 19 luglio, "ma se non possiamo riaprire il nostro Paese nelle prossime settimane, quando siamo aiutati dall'estate e dalle scuole in vacanza, allora dobbiamo chiederci: quando saremo in grado di tornare alla normalità?". Johnson ha recuperato anche uno spettro del passato: "La pandemia non è finita, dobbiamo rassegnarci al fatto che, purtroppo, ci saranno altri morti". Mentre parlava, uscivano i dati del giorno: 27 mila, il doppio rispetto a dieci giorni prima. Però: a dicembre, quando c'erano gli stessi numeri di casi, 2.200 persone erano finite in ospedale, oggi sono 358. Il governo inglese non ha mai avuto una strategia definita con la pandemia, ma come ha scritto Tom Whipple, Science Editor del Times, "non è difficile da estrapolare: non sovraccaricare il sistema sanitario". Ora il sistema non è sovraccarico ed è il momento di aprire perché le condizioni ( ferie estive, caldo, vaccini) sono quelle ideali: se non ora quando? Il rischio si basa su un calcolo, "è una scommessa informata", scrive Whipple, "ma è pur sempre una scommessa". (…) Poiché la retorica del governo inglese ha sempre il lato nero, o cautelativo chissà, da qualche giorno circola la domanda: quanti morti sono troppi morti? Cioè in assenza di restrizioni, con la libertà ritrovata, quanti decessi è in grado il Paese di sostenere? L'ex consigliere del governo Dom Cummings, che nel giro di qualche settimana è passato dall'essere quello che violava il lockdown al più cinico refrattario al rischio del Regno, ha formulato direttamente la domanda su Twitter (con quei suoi tweet indecifrabili di numeri, sigle, +, =): quanti morti accettereste? Il Times ha fatto un sondaggio: a 5.000 decessi, il 44 per cento degli intervistati vuole indietro le restrizioni».

Vittorio Macioce sul Giornale ragiona sulla scelta inglese e ricorda il “rischio ragionato” di Draghi del 26 aprile. Un azzardo? Ma la sicurezza assoluta resta un’utopia.

«Il premier anglosassone ha però deciso di non chiudere tutto. Non usa l'arma del lockdown e scommette sulla forza dei vaccini: due terzi della popolazione adulta è completamente immunizzata e l'85 per cento ha ricevuto almeno una dose. Non si muove completamente al buio. È in qualche modo rassicurato dal numero dei ricoveri, 1.900 persone mentre a gennaio erano 40mila, e su quello dei morti, una decina. La scelta è puntare all'immunità di gregge. Lascia che il virus contagi i giovani e faccia il suo corso. È folle? No. È recidivo? Forse. È una strategia che ha provato a usare all'inizio della pandemia e non ha funzionato. Le condizioni adesso non sono quelle di allora. Il vaccino fa la differenza. Questo non significa che non ci sono rischi. Sono molto più bassi della polmonite. Boris Johnson sta facendo una scelta. È la responsabilità di governo. Mario Draghi, quando decise di riaprire l'Italia, parlò di «rischio ragionato». È una definizione che può valere anche per Londra. Non conosciamo il prezzo di questo azzardo. Potrebbe essere un nuovo fallimento. Non è però una politica irrazionale o irresponsabile. Johnson soppesa, sceglie e si assume la responsabilità di quello che fa. È interessante seguire il suo ragionamento. Lo Stato non può limitare o sospendere le libertà inalienabili all'infinito. Non può farlo perché crollerebbe la civiltà liberal-democratica. L'emergenza non può essere perenne. C'è un momento in cui bisogna scommettere sul ritorno alla vita quotidiana. Per Boris è questo. È rischio e coraggio. Dov' è l'azzardo? C'è una zona buia che nessun calcolo può prevedere. È la roulette dei contagi. Cosa accade al virus, come muta, sulla giostra dei grandi numeri? È lì che ci si gioca il destino. La sicurezza assoluta resta un'utopia».

Il Quotidiano Nazionale sostiene che la linea inglese sta prevalendo in Europa. Ad agosto sarà condivisa dalla Germania e anche la Francia ci sta pensando. Giovanni Rossi:

«La Germania battezza agosto come mese della svolta. Lo annuncia alla Süddeutsche Zeitung il ministro degli Esteri Heiko Maas, che non ha competenze sanitarie ma è una delle figure chiave del governo. «Se tutte le persone in Germania avranno un'offerta vaccinale - ipotizza il capo della diplomazia tedesca - non vi sono più motivazioni per qualsivoglia restrizione, sia dal punto di vista del diritto che da quello politico». Converge sullo stesso scenario il presidente dell'Associazione dei medici di base Andreas Gassen: «Al più tardi a settembre sarà disponibile la vaccinazione per tutti coloro che sono disposti ad accettarla: a quel punto - è la chiusura del ragionamento - dovranno sparire più o meno tutte le misure», anche se naturalmente «ognuno potrà decidere a livello personale se indossare la mascherina oppure no». L'orientamento tedesco si basa sulla pubblica promessa della cancelliera Angela Merkel, che entro il 21 agosto tutti i cittadini otterranno un'offerta vaccinale. Traguardo che il ministro della Sanità Jens Spahn è certo di poter cogliere già a fine luglio. Nel frattempo Berlino allenta le restrizioni togliendo la quarantena obbligatoria di 14 giorni ai viaggiatori provenienti da Portogallo, Regno Unito, Russia, India e Nepal. La variante Delta è ormai maggioritaria anche in Germania, ma il governo tedesco pensa di poterne controllare gli effetti più pesanti. La Francia oscilla tra la tentazione di emulare gli altri grandi d'Europa e una maggior ponderazione. Parigi non scrive date e tiene alta la guardia: «Da cinque giorni il virus non recede, è tornato ad aumentare a causa della variante delta - twitta il ministro della Sanità Olivier Véran -. L'esempio inglese mostra che una nuova ondata è possibile dalla fine di luglio. Possiamo limitarla e limitarne l'impatto sulla salute». Con le misure di sempre. Se la normalità è vicina, meglio non cercare strappi».

5 STELLE, SI TRATTA SU TAVOLI SEPARATI

Quando le trattative diventano serie, fatalmente escono meno indiscrezioni sulla stampa. Sta accadendo così anche per i 5 Stelle. Secondo Emanuele Buzzi il confronto a distanza fra Grillo e Conte è alla vigilia di una delicata “fase due”.

«Il comitato dei sette saggi entra nelle fase 2 del suo iter. E allarga il cerchio. «Le parti hanno rotto il ghiaccio e si stanno sentendo», confida un pentastellato. Ora i Cinque Stelle provano a coinvolgere anche Beppe Grillo e Giuseppe Conte con i loro rispettivi legali. Un passo importante, che lascia presagire come tra poco si entrerà nel vivo della trattativa, una fase dirimente per comprendere il futuro di contiani e grillini. Il garante e l'ex premier riusciranno a trovare un'intesa che salvaguardi entrambi? È possibile arrivare a un accordo? La domanda è inevitabile, ma i sette per ora fanno muro. «Non c'è nulla da dire, chi parla vuol solo far fallire il negoziato per interessi personali», assicurano. Sembrano all'apparenza compatti. E Iniziano a programmare i prossimi passi. A partire da oggi i sette (che hanno fatto un briefing di un'ora prima del match degli Europei Italia-Spagna) si siederanno al tavolo con Conte e Grillo e i legali. Incontri rigorosamente separati ora, per evitare bruschi strappi o equivoci che potrebbero far deragliare la trattativa. Il garante e il professore sono ancora distanti e l'equilibrio - in questa fase - è ancora precario. «Nonostante i passi avanti evidenti, il negoziato rimane difficile», spiegano fonti M5S. «Bisogna pesare ogni parola, evitare che voci infondate surriscaldino gli animi». Insomma, il quadro è complesso. Anche se le indiscrezioni continuano a rimbalzare forti all'interno del gruppo. Come quella di un Vito Crimi che si mostra - a detta di alcuni eletti - «spavaldo» nei confronti di Grillo. Voci, però, smentite dai vertici. Gettare acqua sul fuoco è l'imperativo, qualunque sia il sussurro. I parlamentari, però, sono divisi. C'è chi chiede un maggior coinvolgimento e chi vuole stare alla larga da una situazione potenzialmente spinosa. «Farsi del male senza motivo è inutile», dice uno di loro. C'è anche chi invece commenta il ruolo del comitato: «Sono come sette samurai uniti da uno scopo, ma divisi tra loro: alla fine per raggiungere lo scopo qualcuno dovrà cadere». Ma più che alle ricadute interne, si pensa agli orizzonti a breve. Le preoccupazioni - come anticipato dal Corriere - riguardano anche i territori e la presenza delle liste M5S alle Comunali. Ieri è intervenuto sul tema anche l'avvocato Lorenzo Borrè, legale «avversario» dei Cinque Stelle in molti casi in aula. «Il rinvio delle consultazioni per la nomina dei componenti del Comitato direttivo - ha detto all'Adnkronos - rischia di essere l'ostacolo principale per la presentazione delle liste alle amministrative». L'articolo 2 del Dpr n.132/1990 prevede che «il deposito del simbolo della lista deve essere corredato da una "dichiarazione sottoscritta dal presidente o dal segretario del partito", carica attualmente vacante secondo la lettera dello statuto, così come acclarato dal Presidente del Tribunale di Cagliari, e che non può essere surrogata da Crimi». Insomma, un vulnus burocratico a cui i pentastellati devono mettere una toppa in tempi brevi per non rischiare di scomparire da molti territori alle prossime Amministrative. Tuttavia c'è chi frena: «Ora però concentriamoci sulla trattativa: i territori possono comprendere che c'è anche il loro futuro in gioco, al di là di una singola elezione».».

BERNARDO, IL PEDIATRIA PER MILANO. VITTORIO, DIRETTORE MELONIANO

Dunque alla fine, all’alba del 6 luglio, il centro destra ha il suo candidato a Milano nella corsa per Palazzo Marino: è il pediatra Luca Bernardo. Ma non ci sarà il ticket con Albertini. Il designato parla al Corriere.

«Non ha l'auto («Non so guidare») e in città gira in Vespa (dopo aver venduto una Harley Davidson). «Però ha ragione Feltri: le piste ciclabili vanno fatte in sicurezza e non come le han tracciate finora». Abita in centro, nei palazzi degli sciuri dietro via Boccaccio, ma le periferie dice di conoscerle come nessuno per la sua attività di medico impegnato nel sociale. Luca Bernardo, primario di pediatria del Fatebenefratelli, è l'uomo scelto per riportare Milano al centrodestra. Si può battere Sala? «Io corro per vincere. Milano è in cerca di ripresa, di rilancio. Voglio però partire con una campagna di ascolto, perché la cosa peggiore è non sentirsi considerati. I milanesi hanno voglia di un cambio di passo, dopo il periodo terribile che hanno passato». Milano come ha reagito al Covid? «Durante la prima ondata ho vissuto un mese e mezzo in ospedale per affrontare da medico l'emergenza a tempo pieno. È stato terribile. Ora però c'è voglia di tornare alla vita e di voltare pagina definitivamente». Una cosa da fare subito per la città? «Ascoltare le persone. Un esempio da pediatra: una diagnosi di un bimbo che piange può esser fatta in maniera corretta solo se si sa ascoltare bene la mamma. Vale anche per la città, i cui bisogni vanno interpretati e capiti, dal centro alla periferia». Un voto a Sala come sindaco? «Insufficiente. Soprattutto in ambito sociale, non mi pare proprio che abbia fatto tutto quello che poteva essere fatto». Ha detto di voler usare sempre toni garbati, ma deve recuperare un divario di notorietà enorme sul suo avversario. «La notorietà non si guadagna alzando il volume della voce. Si raggiunge ragionando sui temi. Il sociale, l'innovazione, l'economia. Potrei dirne mille». Ma lei lo voleva Albertini vice? «Queste cose le decidono i partiti. Lui è un'ottima persona, ma la scelta spetta alla coalizione».

Vittorio Feltri spiega ai suoi lettori di Libero la scelta di fare il capolista di Fratelli d’Italia a Milano.

«Ebbene sì, mi sono candidato per le comunali di Milano, e non mi sembra una cosa eccezionale, eppure vedo che i media si interessano tanto della mia scelta. Sarò capolista di Fratelli d'Italia e, a Dio piacendo, diventerò consigliere, non presidente della Repubblica, con calma e gesso. Vi spiego perché ho entusiasticamente accettato di buttarmi nella mischia elettorale. Confesso ai lettori di Libero di avere sempre avuto una spiccata simpatia e ammirazione per Giorgia Meloni, della quale sono diventato un sostenitore. Lei è brava, condivido le sue opinioni improntate a coerenza e sincerità. Pertanto non ho resistito alla tentazione di accettare la sua offerta che mi lusinga e mi onora. Non ci sono retroscena da raccontare, mi limito a dire che spero di essere utile alla causa procurando qualche voto in più all'unica destra democratica italiana capace di sedurre i cittadini del Nord e del Sud. Si era detto che avrei potuto essere in gara anche per occupare il posto di sindaco di Milano, ma era solo una boutade: non sono un politico né di lungo né di breve corso, e non saprei amministrare nemmeno casa mia, figuriamoci se sono in grado di tenere a bada una metropoli. Se la lingua italiana ha un senso, il consigliere deve dare dei consigli, e fin qui ci posso arrivare. Dirò la mia opinione in sintonia con Giorgia Meloni, una fuoriclasse che va ascoltata e seguita fedelmente, perché è la migliore del Parlamento e non solo di quello. Noi di FdI non vogliamo cambiare il mondo né l'umanità, speriamo soltanto di rendere vivibile questo nostro Paese bloccato dal conformismo della sinistra più insulsa del mondo. Il nostro pensiero è rivolto alle masse, e siccome il nostro partito al momento è il primo della patria siamo convinti di poter contare molto ai fini di un cambiamento sostanziale della società. Non mi sono mai montato la testa, figuriamoci se me la monto ora che sono solo in lista e non in vista. Spero di non avervi annoiato». 

BUONE NOTIZIE SULLA RIPRESA ITALIANA

Il governatore della Banca d’Italia Visco e il ministro dell’Economia Franco hanno fornito dati positivi sulla ripresa economica del nostro Paese. La sintesi del Sole 24 Ore in prima pagina.

«La ripresa si consolida «favorita dagli investimenti; il recupero dei consumi sarà più lento, l'export di beni beneficerà della domanda estera». All'assemblea Abi, il governatore di Bankitalia Ignazio Visco rilancia il messaggio di fiducia: i rischi non mancano, specie per i piccoli istituti («noi pronti a intervenire») ma col supporto della politica di bilancio e condizioni favorevoli la fase espansiva sarà sostenuta nel biennio. Il ministro Renato Franco: Pil verso il 2% nel secondo trimestre, recupero dei livelli pre crisi nel 2022».

IL PAPA SPERA DI DIRE L’ANGELUS DA SAN PIETRO

Come sta il Papa? Franca Giansoldati sul Messaggero racconta che le condizioni di Bergoglio migliorano in modo costante. Tanto che ieri si è occupato di diplomazia vaticana, c’è l’idea di un viaggio in Corea del Nord. La speranza è di tornare nei Palazzi apostolici in tempo per recitare l’Angelus domenicale dalla finestra di Piazza San Pietro.  

«L'accesso al decimo piano del Policlinico Gemelli è off-limits, controllato a vista dai gendarmi che, a turno, fanno da filtro per proteggere Papa Francesco. Sono pochissime le persone provviste dell'autorizzazione ad entrare. Tuttavia nei prossimi giorni le maglie si dovrebbero allentare un po' viste le condizioni in via di recupero del paziente, e magari permettere la visita del Sostituto Pena Parra. Potrebbe essere proprio lui a fornirgli gli ultimi sviluppi del dialogo finora a singhiozzo tra Corea del Sud e Corea del Nord, un dossier piuttosto corposo, da tempo sulla scrivania di Bergoglio e da lui seguito con attenzione e pazienza. Forse stavolta potrebbero concretizzarsi davvero le condizioni per un viaggio (storico) a Pyongyan. La notizia clamorosa è arrivata da Park Jie-won, capo dei servizi dell'intelligence della Corea del Sud che ha confermato di stare lavorando al progetto. (…) Per Francesco un viaggio del genere sarebbe una grande, enorme sfida per la pace. Nell'appartamento al decimo piano del Gemelli Papa Francesco aspetta fiducioso che il decorso della sua operazione prosegua senza intoppi. Per altre 24-48 ore resterà sotto osservazione poiché la equipe dei chirurghi vuole seguire la cosiddetta «canalizzazione» con il ripristino delle funzioni proprie dell'intestino. Un esperto del settore, Marco Montorsi, Direttore dell'Unità Operativa di Chirurgia Generale e Digestiva presso l'Istituto Clinico Humanitas di Milano, spiega che con la tecnica fast-track usata ormai ovunque è possibile ritrovare la normalità in 3-4 giorni. «Ci sono ormai tempi di ripresa velocissimi, anche per pazienti anziani». Si tratta di un passaggio post-operatorio importantissimo dal quale dipenderà la valutazione dei tempi legati all'uscita di Francesco dal Policlinico. Se supererà questa fase senza problemi, come sembra, non è escluso che già domenica possa fare ritorno a Santa Marta, altrimenti dovrà restare ancora qualche giorno in reparto e, di conseguenza recitare l'Angelus domenicale dal Policlinico affacciandosi dalla finestra proprio come aveva fatto a suo tempo Papa Wojtyla».

RAFFAELLA CARRÀ, UN ADDIO LUNGO TRE GIORNI

Tre giorni romani di addio a Raffaella Carrà. Oggi un corteo toccherà i luoghi simbolo della sua carriera. La cronaca di Repubblica.

«Da Villa del Rosario oggi alle 16 partirà il corteo funebre che toccherà i luoghi simbolo della sua carriera, prima di raggiungere il Campidoglio dove sarà allestita la camera ardente. Il feretro, scortato dalla polizia, imboccherà Corso di Francia e passerà davanti al comprensorio inghiottito nel verde in via Nemea 21, a Vigna Clara, dove Carrà abitava da anni. Toccherà le sedi Rai, sosta di un minuto per ogni tappa, nel corso delle quali sarà tributato l'omaggio a un'artista che ha scritto pagine di storia della tv italiana. Il corteo raggiungerà l'Auditorium Rai del Foro Italico in largo Lauro De Bosis, dal quale per anni, tra il 1995 e il 2008, va in onda Carramba!. Si fermerà davanti alla sede in via Teulada 66, dove Carrà debutta nel 1961 al fianco di Lelio Luttazzi con la trasmissione Tempo di danza. Senza dimenticare Pronto, Raffaella?, format che nel 1993 riempie per la prima volta il mezzogiorno degli italiani. Terza tappa al teatro delle Vittorie in via Col di Lana, una seconda casa per l'artista che in quegli studi tra il '70 e il '71 conduce Canzonissima con Corrado. Immancabile la sosta davanti agli uffici in viale Mazzini prima di salire sul colle del Campidoglio per ricevere l'ultimo abbraccio dei romani. La camera ardente allestita nella sala della Protomoteca oggi rimarrà aperta al pubblico dalle 18 a mezzanotte. Domani dalle 8 alle 12 e ancora dalle 18 a mezzanotte. Venerdì alle 12 i funerali alla chiesa di Santa Maria in Ara Coeli, sulla piazza del Campidoglio. «Chiedo a tutti i suoi fan, in Italia e nel mondo - è l'appello commosso di Japino - di darsi appuntamento venerdì alle 12 nelle chiese dei piccoli paesini come in quelle delle grandi città, per offrire tutti insieme l'ultimo saluto virtuale a Raffaella».

Per chi vuole, ci vediamo dalle 16.50 su 10alle5 Quotidiana  https://www.10alle5quotidiano.info/ per gli aggiornamenti della sera.

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L'azzardo di Boris (e quello di Enrico)

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