Meloni coinvolge il Cnel
Giorgia Meloni chiede a Renato Brunetta di formulare proposte sul "lavoro povero" entro 60 giorni. Per Calenda è un fatto storico. Pd e 5 Stelle sorpresi. L'addio a Michela Murgia. Verso il Meeting
Ha ragione Carlo Calenda quando definisce comunque storico il confronto fra governo e opposizione che si è svolto venerdì a Palazzo Chigi in Sala Verde sul tema del lavoro. Nessuno si aspettava che la premier Giorgia Meloni rilanciasse il ruolo di un ente previsto dalla nostra Costituzione e per cui era stata tentata l’abolizione attraverso un referendum popolare come il Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro, il Cnel. Oggi quell’ente è presieduto da Renato Brunetta, che è stato ministro con Draghi. Brunetta è una figura istituzionale e allo stesso tempo una persona molto competente, in grado di cercare di formulare (entro 60 giorni) con le forze politiche alcune proposte concrete sul tema dell’occupazione in Italia. Non solo il salario minimo, proposto dalle forze d’opposizione, ma anche una riorganizzazione complessiva di quello che Meloni ha chiamato il “lavoro povero”. Lo schema ideologico che voleva Pd, 5 Stelle e Sinistra Italiana schierati sulla difesa dei lavoratori contrapposti a forze di maggioranza schierate a difesa dei ricchi è in qualche modo saltato. Ed è un bene. I critici del governo da sinistra hanno accusato Meloni di voler “buttare il pallone in tribuna”, ma l’osservazione è più in linea col mantra che da sinistra ha preceduto l’incontro (“ci prendono in giro”) che un confronto reale nel merito di quello che è accaduto. Se davvero i partiti di sinistra hanno a cuore l’interesse generale dovranno uscire dalla logica delle bandierine di partito da piantare sul terreno elettorale, così come Meloni, Salvini e Tajani dovranno confrontarsi con misure reali in favore delle fasce più svantaggiate. Non si ha memoria che un governo prenda così sul serio una proposta di legge dell’opposizione.
Quanto invece alla tassa sugli extra profitti delle banche, andrà registrato un certo dissenso interno al governo da parte di Forza Italia, espresso con un’intervista rilasciata da Antonio Tajani al Foglio di sabato. Non è chiaro che cosa Tajani critichi del metodo governativo, anche se sembra di capire che non sia piaciuta la conferenza stampa di lunedì scorso. Ma certo il merito della riforma fiscale gode di un’altissima popolarità. Oggi La Stampa scrive che il 75% degli italiani è d’accordo con la tassa sulle banche. (E anzi colpisce che un italiano su quattro dissenta). Quindi, al di là dei ritocchi tecnici, la legge di riforma fiscale viaggia velocemente verso l’approvazione.
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