Meloni parte bene (in salita)

La premier in pectore parla in pubblico. Trattativa in corso con gli alleati riottosi. Bossi fonda il Comitato del Nord. Kissinger indica la strada diplomatica. Il mistero del gasdotto. Lula favorito

“Gli inizi sono sempre difficili”, recita un detto del Midrash ebraico. È vero. Anche per questo è giusto elogiare Giorgia Meloni nei suoi primi passi da presidente del Consiglio in pectore. Silente, pragmatica, prudente. Nella sua prima uscita pubblica sul palco della Coldiretti, ha confermato la sensazione di responsabilità che comunque si era avvertita in campagna elettorale: Meloni è ben cosciente che attraversiamo una crisi gravissima e che per uscirne bisogna mettere in primo piano l’interesse generale dell’Italia. Certamente la sua ricetta può non essere condivisa ma le va dato credito che ci sta provando nel migliore dei modi. Un segnale preciso ci viene dal rapporto con i due alleati, Lega e Forza Italia, e dalla volontà di avvalersi di tecnici. Intanto la Lega si sente ostaggio di un Matteo Salvini bocciato dagli elettori. È Umberto Bossi stesso a fare da grande sponsor alla rinascita di un partito del Nord che soppianti il Capitano. La nuova Lega è già pronta ad essere l’alleato “bavarese” di Fratelli d’Italia. Forza Italia è un partito che ha poco tollerato dibattito e nuove leadership, da Angelino Alfano a Stefano Parisi. E non si smentisce neanche ora: appare ormai una formazione politica letteralmente senza futuro o con un futuro non definito. A sinistra è Achille Occhetto a riassumere in una sentenza il sentimento diffuso sul Pd: è diventato antipatico. L’ex segretario del Pd in un’intervista a Repubblica cita anche la definizione di Augusto Del Noce: “Partito radicale di massa”.

Se volete continuare a leggere, potete iscrivervi subito e SE NON SIETE GIÀ ABBONATI, cliccate su questo pulsante verde: