Memoria e libertà
25 aprile nel segno del ricordo della lotta di liberazione. Meloni: la destra è democratica. Libertà e uguaglianza per i profughi e il ripudio della guerra rendono attuale la Carta
La festa della Liberazione, il 25 aprile, è vissuto oggi all’insegna di una memoria condivisa, dopo le polemiche dei giorni scorsi. Sergio Mattarella iniste sul valore della Memoria, dopo il suo viaggio in Polonia e con la visita ad Auschwitz. Non dimenticare la testimonianza di “quanti hanno lottato per la difesa degli ideali di indipendenza e di libertà che permisero la liberazione dell’Italia dall’oppressione nazi-fascista”, 78 anni fa. Giorgia Meloni in una lettera al Corriere della Sera rivendica l’itinerario della “destra democratica” che condivide i principi della democrazia, pur ricordando gli strascichi di odio della “guerra civile”, anche dopo la fine della guerra. La premier cita anche positivamente Luciano Violante (per il suo famoso discorso di insediamento come presidente della Camera) e Silvio Berlusconi nel corteo partigiano di Onna, mentre sceglie una donna partigiana (ma anche “patriota”) della Brigata Osoppo come suo simbolico riferimento alla guerra di liberazione. Meloni ricorda nella sua lettera anche il filosofo Augusto Del Noce, per le sue critiche all’uso della Resistenza come ideologia: l’antifascismo di facciata usato come strumento di esclusione e di divisione.
A noi del grande pensatore piemontese piace ricordare anche il suo pacifismo assoluto, il suo intransigente antifascismo segnato dalla non-violenza, che, come ricordava spesso alla fine della vita, lo isolò insieme ad Aldo Capitini negli anni in cui tutti, o quasi, gli italiani erano fascisti. Ieri sera TV2000 ha proposto uno straordinario film, La vita nascosta-The hidden life, di Terence Malick, che racconta la testimonianza eroica contro il nazismo dell'obiettore di coscienza austriaco Franz Jägerstätter, che fu giustiziato dai nazisti nel 1943 e poi beatificato nel 2007, perché non accettò mai di giurare fedeltà ad Adolf Hitler. Insieme ai ragazzi bavaresi della Rosa Bianca, insieme alle suore che a Roma salvarono la vita almeno alla metà degli ebrei dopo il 16 ottobre del 1943, è questa Resistenza che oggi non vogliamo dimenticare.
Oggi, mentre il mondo corre verso la guerra e l’autodistruzione, e produce armi e conflitti in una continua escalation, il 25 aprile ha soprattutto senso nella chiave della liberazione dalla violenza e dai conflitti. Dopo l’Ucraina, la peste della guerra è arrivata in Africa, in Sudan, da dove sono fuggiti gli occidentali, tranne i missionari e i volontari delle tanto disprezzate Ong, come Emergency e Medici senza frontiere, che invece vogliono restare. La guerra genera profughi e migranti, che arrivano sulle nostre coste (tutto da leggere il dossier del Sole 24 Ore di oggi sui numeri di questa emergenza): dobbiamo resistere alla tentazione di chiudere le porte, di erigere muri, di impedire gli accessi. Lo dobbiamo anche a chi ha dato la vita per una Carta costituzionale che ripudia la guerra e che sancise l’uguaglianza “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali”.
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