Miraggio bianco
La Sardegna ci fa sognare. Draghi vuole vaccinare 200 mila persone al giorno. Renzi nei guai: deve dimettersi per i sauditi. Oggi è il Conte day. Agguato in Congo? Messaggio in francese.
Il Covid ci tiene in apprensione, con un’Italia segnata da grandi differenze. Arriva una buona notizia sulla Sardegna, che diventa “bianca”, mentre aumenta la preoccupazione delle scuole come luoghi di contagio privilegiato di questa “terza ondata”, fatta di varianti. Ma la vera trincea del Governo Draghi è la vaccinazione di massa. Sembra che non ci sia altra priorità ora per Palazzo Chigi. Dopo aver battuto i pugni sul tavolo in Europa, il presidente del Consiglio vuole arrivare a 200 mila vaccinazioni al giorno. Intanto per Matteo Renzi si mette male. Il rapporto Cia, diffuso dalla Casa Bianca, contro il principe saudita, alla cui corte era andato il leader di Italia Viva, ha scatenato molte polemiche. Soprattutto da parte di Pd e grillini. Oggi è anche il Conte day. Confermato che ci sarà il vertice dei 5Stelle che lo incoronerà nuova guida, anche se il dove e il come è ancora avvolto nel mistero. Dovrebbe essere l’inizio di una nuova “fase costituente” (copyright Patuanelli) del Movimento. Ultime notizie sul fronte dell’agguato in Congo al nostro ambasciatore: c’è il mistero di un messaggio in francese. Chissà perché quando gli italiani sono in Africa, dalla Libia in giù, c’è sempre di mezzo la Francia… Vediamo i titoli di oggi.
LE PRIME PAGINE
Titoli domenicali concentrati in larga parte ancora sull’emergenza COVID e in particolare sui vaccini. Primo fra tutti quello di Repubblica che spinge a tutta forza: Vaccinazioni, il piano Draghi per salire a 200mila al giorno. Stesso tema per il Corriere della Sera: Il nuovo piano per i vaccini. Il Messaggero è in pressing sulle case farmaceutiche, citando Sassoli, presidente del Parlamento Ue: “Vaccini, sbloccare i brevetti”. L’Europa è in ritardo? Adesso, sostiene Libero, lo ammettono tutti: L’EUROPA NELLA BUFERA. Più preoccupato delle cose di casa nostra il Quotidiano Nazionale che va su un’emergenza di cui si parla molto: Contagi tra i bimbi, allarme scuola. Mentre Il Mattino ha toni drammatici: Campania più malati gravi De Luca “Restate in casa”. Ottimismo domenicale per Avvenire che titola sulla Sardegna: C’è un’isola “bianca”. Sui vaccini, nel senso del commissario insiste La Verità: ARCURI È USCITO DALL’INCHIESTA DOPO UNA LETTERA SCRITTA AI PM. A proposito di forti polemiche e richieste di dimissioni, Il Fatto attacca frontalmente il leader di Italia Viva: Renzi d’Arabia si tiene i soldi insanguinati. Sull’economia ci sono Il Giornale: Cartelle esattoriali: boccata d’ossigeno. E La Stampa che propone un’intervista al Ministro delle Infrastrutture: Giovannini: il mio piano per il Recovery. Il Sole 24 Ore mette in prima una statistica sconfortante sull’emergenza educativa nel nostro Paese: Scuola, solo il 12% di figli laureati se i genitori sono poco istruiti.
IL MIRAGGIO DELL’ISOLA BIANCA
Le ultime sul Covid: contagi in crescita, preoccupazioni in diverse regioni e in zone molto limitate. Consuete polemiche sugli assembramenti, sulla Darsena a Milano, in via del Corso a Roma, sul lungomare di Napoli. Ma c’è una buona notizia. La prima regione decretata bianca dal ministro della Salute. È il caso di dirlo: un’isola felice. Andrea Cuomo sul Giornale festeggia l’unica regione “virtuosa”: la Sardegna.
«Se il sogno degli italiani è andare in bianco, i sardi saranno i primi a farlo. Perché la Sardegna è stata dichiarata ieri, con un'ordinanza firmata dal ministero della Salute Roberto Speranza, la prima regione italiana passare in zona bianca, quella con il minimo grado di rischio Covid. Nelle ultime settimane si era parlato molto della Valle d'Aosta ma noi tra i primi avevamo segnalato che la «pagella» migliore era quella dell'isola amministrata da Christian Solinas. Numeri nettamente migliori non solo del resto dell'Italia ma anche delle altre regioni virtuose. Basti pensare che negli ultimi sette giorni qui si sono verificati appena 459 nuovi contagi, pari a 28,48 ogni 100mila abitanti, quando la media nazionale dello stesso periodo è di 187,99 e la Lombardia, per dire, è a 234,26. E anche gli altri indicatori inducono al sorriso: i ricoveri sono in calo, e attualmente solo 19 positivi sono in terapia intensiva su una dotazione di 208 posti totali (quindi il 9,13 per cento quando il livello d'allarme fissato dal ministero è del 30). Quindi da domani la Sardegna torna quasi normale. Potrebbero riaprire i ristoranti la sera, le palestre, i cinema e i teatri».
Sul Sole 24 Ore, approfondimento sul ritorno delle prenotazioni degli aerei in UK (“Trasporto aereo, prenotazioni boom”) e su come ci si prepara alle vacanze dell’estate 2021, non solo in Sardegna. Iniziative covid free e uso del passaporto vaccinale.
«Una misura unica nazionale che rimetta in moto il comparto turistico in sicurezza e con tutte le garanzie possibili per turisti e lavoratori. È l'obiettivo cui puntano un po' tutti: se n'è parlato nei giorni scorsi in conferenza Stato-regioni ed è stato avviato un confronto con il neo ministro Massimo Garavaglia. Ma in attesa che arrivi una decisione o che ne arrivi una, ancora più importante, a livello europeo sull'introduzione del passaporto vaccinale (la presidente della Commissione ne ha parlato ancora un paio di giorni fa) territori e imprese provano a organizzarsi con l'idea, pur nell'incertezza determinata dalla diffusione del virus e delle sue varianti, che sia possibile fare una vacanza in sicurezza e che le strutture siano in condizione di attuare tutte le misure necessarie. Il ministro ha recentemente spiegato che serve «una corsia preferenziale per le vaccinazioni degli addetti che operano nel turismo e l'estensione del superbonus per le ristrutturazioni anche al settore alberghiero». Mentre per quanto riguarda il passaporto vaccinale, «penso che ci si arriverà in maniera naturale, senza obblighi» ha detto Garavaglia.»
SCUOLA DI CONTAGI
Accantonando i sogni domenicali sulle future vacanze, sono le scuole ad essere ora nel mirino. Diversi articoli raccontano la preoccupazione legata al contagio fra i giovani, come se il Covid nel formato varianti viaggiasse più veloce in fasce di età più basse. Luca Zaia, presidente regione Veneto, affronta il tema di petto e si rivolge direttamente a Draghi:
«Faccio appello al presidente Draghi affinché valuti con la sua obiettività scevra da retaggi ideologici l'apertura o la chiusura delle scuole, l'obiettivo deve essere la salute». Luca Zaia, come governatore, è il responsabile della sanità pubblica in Veneto. E ora si trova a dover fronteggiare una decisione tra le più delicate: la possibile chiusura delle scuole superiori. Ieri sera il Cts ha sancito la chiusura nelle zone rosse e nelle aree in cui i contagi superino i 250 casi ogni 100 mila abitanti. È d'accordo? «Quel parere l'avevo chiesto io. Però, il Cts ammette la relazione tra scuole e contagi, con la previsione di chiudere da qualche parte. Ma il problema c'è o non c'è? Pensare che si possa chiudere a macchia di leopardo, sapendo che il virus non conosce confini, alla fine ci porterà a chiudere ovunque. Meglio una chiusura breve ora che un'agonia trascinata per settimane». Ma ci sono aree in cui il virus è meno aggressivo... «In questo momento è fondamentale guardare in faccia alla realtà. Si fa un gran parlare di una possibile terza fase ed è indubbio che l'Italia si stia ricolorando di arancione e di rosso. I dati epidemiologici ci parlando una situazione sotto pressione e, anche se in Veneto dal primo di gennaio si è in calo di ricoverati, basta guardarsi in giro (…) Io ho tenuto le scuole chiuse a gennaio sulla base di articoli scientifici che dicono che la riapertura porta a una diffusione esponenziale. Intendiamoci: non sto dicendo che i ragazzi siano untori». Dice che le scuole sono un luogo di contagio... «Prima cosa, i ragazzi sono spesso asintomatici. E la presenza a scuola implica quella di più persone, in Veneto 700 mila, in ambienti confinati. La scuola rischia di diventare il punto di snodo per portare l'infezione da una famiglia all'altra. Senza colpe, ma i ragazzi rischiano di essere i vettori del contagio. Del resto, l'abbiamo appena visto...». La riapertura delle scuole ha aumentato i contagi? «Lo dicono i numeri. L'infezione in Veneto ha preso quota venti giorni dopo la riapertura delle scuole. E ha toccato la sua fase più impressionante tra novembre e dicembre. Sarà una lettura empirica, ma vedo regioni che hanno aperto un mese prima di noi che hanno alte infezioni e parlano di richiudere».
DRAGHI NELLA TRINCEA DEL SÌ VAX
Su Draghi abbiamo capito una cosa: il suo vuole essere il Governo della vaccinazione di massa. L’esecutivo del Sì vax. Su Repubblica Emanuele Lauria illustra il piano ambizioso. Obbiettivo portare le vaccinazioni a 200mila al giorno, quanto prima:
«Il raddoppio del numero di vaccinazioni giornaliere nel giro di un mese, il traguardo dell'immunità di gregge entro la fine dell'estate. Alla fine della settimana in cui ha battuto (metaforicamente) i pugni sul tavolo di Bruxelles, Mario Draghi traccia un piano aggressivo per raggiungere e superare il virus (e le sue varianti) in fuga. Eccolo, il cronoprogramma, con obiettivi e date. La parola d'ordine che il premier ha consegnato ai suoi collaboratori è immodificabile: accelerazione. Si gioca tutto e subito, il governo: marzo sarà decisivo per la campagna di vaccinazione. Il piano, che viaggia insieme al nuovo Dpcm che prenderà forma nei prossimi giorni, ha un primo obiettivo: passare in un mese dalle attuali 100 mila dosi somministrate quotidianamente a 200 mila. Non siamo ancora alle 300-400 mila indicate qualche settimana fa dal commissario Domenico Arcuri ma questo incremento dovrebbe essere il segnale di un deciso scatto in avanti. Molto ruota attorno al via libera dell'agenzia europea del farmaco al vaccino di Johnson&Johnson, previsto per l'11 e il 12 marzo. Un ok al quale è legato l'arrivo in Italia di una dose massiccia di dosi: 7,3 milioni nel giro di 15 giorni, altri 19 milioni nei due successivi trimestri. I robusti rinforzi di J&J si sommano ai quantitativi che le aziende che già forniscono i vaccini al nostro Paese continueranno a far pervenire. Nel mese di marzo. Pfizer, Moderna e Astrazeneca dovrebbero garantire sei milioni di vaccini. L'ottimismo di Draghi e del ministro Roberto Speranza nasce da questi numeri e da una serie di fattori collegati I vaccini di Johnson&Johnson, ad esempio, sono monodose mentre la soluzione Astrazeneca garantisce un'ampia copertura con le quantità che man mano arrivano, considerato che il richiamo va fatto solo dopo tre mesi. E poi è in corso un confronto con gli scienziati sulla possibilità - caldeggiata da Draghi - di somministrare subito le dosi disponibili di Pfizer e Moderna, senza accantonare le quote per le seconde somministrazioni, escamotage che amplierebbe di circa due milioni la popolazione di vaccinati nel breve periodo. Le pressioni che Draghi sta facendo sull'Ue per vincolare le imprese farmaceutiche agli impegni presi ma anche, sul piano nazionale, l'utilizzo dei medici di base per la somministrazione dei vaccini sono altri elementi sui quali si basa la fiducia dell'esecutivo. C'è anche attenzione per Sputnik, l'antidoto russo, che funziona ma l'Ema non ha esaminato il dossier perché Mosca non autorizza le ispezioni europee nelle proprie fabbriche.»
A proposito di Sputnik e della sua efficacia, nessuno ci toglie il sospetto che la burocrazia europea e le autorità sanitarie abbiano pasticciato nelle scorse settimane, per motivi non proprio scientifici, almeno su un paio di vaccini: quello russo e quello di Astrazeneca. Per motivi geo politici e di competizione economica. Speriamo che il nostro Presidente del Consiglio, dopo aver battuto i pugni sul tavolo UE, si faccia sentire o semplicemente ignori certi lacci e lacciuoli. Il Corriere intervista Nicola Magrini, direttore dell’Aifa, l’agenzia italiana per il farmaco.
«Perché aspettare se il vaccino Sputnik funziona e all'Italia servono dosi? «In base allo studio su Lancet è un preparato che potremmo definire ottimo, nuovo e intelligente, con risultati di efficacia eccellenti. Altrettanto non è per quanto riguarda la trasparenza di accesso ai dati che deve essere completa. Le autorità regolatorie inoltre richiedono una documentazione aggiuntiva sulla qualità e sulla sicurezza. Solo dopo aver avuto tutte queste prove di affidabilità l'Ue darà il via libera e così anche noi». L'Italia non potrebbe ricorrere alla decretazione d'urgenza come chiede il Lazio? «Se un singolo Stato decide di aprire questo fronte emergenziale dipende dalla politica a livello nazionale. Io rappresento una agenzia tecnica sia per il livello nazionale che europeo». Però gli italiani non possono essere immunizzati per insufficienza di materia prima. Come metterla? «Guardiamo il quadro generale. La consegna del vaccino Johnson & Johnson è attesa ad aprile. Inoltre due preparati molto promettenti anche contro le varianti sono già all'esame di Ema. Si tratta di Novavax e Curevac che, se approvati ad aprile, potrebbero da maggio portare a nuovi quantitativi disponibili per il secondo trimestre 2021». Intende dire che non c'è bisogno dei russi? «In questa pandemia c'è bisogno di tutti e degli sforzi di tutti, senza confini. Volevo dire di guardare in prospettiva. Già da aprile, i quantitativi di vaccini disponibili in Italia saranno in forte aumento. Avremo indicativamente il 50% in più delle dosi e poi da maggio un raddoppio. La campagna vaccinale avrà una svolta da giugno-luglio con 400-500 mila inoculazioni al giorno, rispetto alle attuali 100 mila. In base ai dati disponibili, visto che AstraZeneca ha ridotto i rifornimenti, per i prossimi due-tre mesi il vaccino prevalente sarà comunque Pfizer-Biontech che andrà riservato alle persone fragili o ai grandi anziani che hanno la mortalità più elevata. I rifornimenti di J&J saranno invece ideali, grazie al vantaggio della dose unica, per distribuirlo ai medici di famiglia e ad altri nuovi vaccinatori».
RENZI A PEZZI
Si mette male per il leader di Italia Viva Matteo Renzi. Il rapporto della Cia, fatto diffondere dalla presidenza Biden, sulle responsabilità del principe saudita a proposito della morte del giornalista Khashoggi lo mette in grande imbarazzo. Renzi, proprio durante l’ultima crisi di Governo, era volato a Riyad per una visita a pagamento dal principe saudita. Dopo le inevitabili polemiche italiane (e prima della diffusione del rapporto Usa) aveva promesso una conferenza stampa sul tema, che poi non c’è mai stata. Ieri, alla fine di una giornata di grandi critiche, si è difeso con la sua e-news, come racconta Il Corriere:
«Intrattenere rapporti con l'Arabia Saudita «non solo è giusto, ma è anche necessario». Matteo Renzi risponde così alle critiche di Pd, M5S e Leu e in una lunga e-news replica alle polemiche sulla sua partecipazione alla conferenza di Riyad, un mese fa, e tornate d'attualità venerdì dopo il rapporto della Cia contro Mohammed bin Salman, accusato dell'omicidio del giornalista Jamal Khashoggi. Il leader di Iv ricorda di aver spesso difeso i giornalisti perseguitati dai regimi dittatoriali e respinge l'accusa di aver taciuto sulla vicenda; sottolinea di pagare in Italia le tasse sui compensi ricevuti per le sue conferenze e afferma di non aver mai avuto finanziamenti stranieri per il partito. «L'Arabia Saudita - sostiene Renzi - è un baluardo contro l'estremismo islamico ed è uno dei principali alleati dell'Occidente. Anche in queste ore, segnate dalla polemica sulla vicenda Khashoggi, Biden ha riaffermato la necessità di questa amicizia in una telefonata al re Salman». Il M5S lo incalza: «Approva le condizioni di donne, omosessuali, oppositori politici in Arabia Saudita? Quanto riceve dalla fondazione saudita e per fare cosa?». Il Pd pure attacca: ha il dovere di chiarire. E Renzi: «Se c'è una cosa che mi caratterizza è che io non scappo davanti ai problemi. Sono felice perché in queste settimane M5S, Pd e Leu litigano su tutto ma io sono uno dei rari motivi di unità. Mi spiace solo che si utilizzi la vicenda saudita per coprire le difficoltà interne e per giustificare un'alleanza nella quale si sta insieme contro l'avversario e non per un'idea».
Il fatto è che Renzi non ha accumulato su di sé molte simpatie, nelle ultime settimane, anche per aver innescato la crisi del governo Conte. Ed oggi i suoi molti critici trovano una buona occasione per vendicarsi. Marco Lillo sul Fatto:
«Dopo la pubblicazione del rapporto Usa sull'assassinio di Khashoggi, Renzi dovrebbe scrivere due e-mail. La prima al FII (Future Investment Initiative di Riyad ndr) per dimettersi dal board. La seconda ad Amnesty International per donare i soldi incassati. Nel rapporto dell'intelligence Usa, svelato dal presidente Joe Biden, si legge che "il principe regnante Mohammed bin Salman ha ordinato l'operazione di Istanbul per rapire o uccidere Jamal Khashoggi".(…) Renzi poi dovrebbe dimettersi per tutelare l'onore degli italiani. L'ex sindaco di Firenze non può dire a davanti a MbS e al mondo che in Arabia intravede il neo-rinascimento. Infine Renzi dovrebbe lasciare FII anche per rispetto di sé stesso. L'ex premier fa vanto della sua cultura cattolica e scout. Quante volte avrà spiegato ai suoi figli che non si sta dalla parte dei forti ma si sostengono le ragioni dei deboli? Quante volte avrà predicato che si aiuta la vittima anche se il carnefice è ricco, munifico e potente?»
Molto dura contro Matteo Renzi anche Concita De Gregorio su Repubblica, che pure non è sospettabile di avere simpatizzato (o tifato come invece il foglio di Travaglio) per il governo Conte:
«Renzi, senatore della Repubblica italiana in commissione Difesa è invece esponente di una democrazia. Un dettaglio che fa di lui un rappresentante del Paese intero, dell'Italia e di tutti gli italiani. Quando parla in pubblico, all'estero, con un ministro di un governo straniero non gli è possibile farlo a titolo personale. Lo fa per mandato a nome nostro. L'intervista in cui si rivolge a Bin Salman come «grande principe ereditario» artefice di «un nuovo rinascimento arabo» non è perciò solo una questione di etica privata - con la quale ciascuno fa i conti con se stesso. C'è inoltre la questione dei soldi. Un senatore italiano pagato 80 mila euro all'anno per far parte del board della Future Investment Iniziative, fondazione costituita dal principe sanguinario al principale scopo di far corona al suo prestigio, oltreché - è lecito pensare non sia solo beneficienza - per incubare futuri affari. Vibrante levarsi di sdegno, ieri. Centinaia di voci a commento in rete, dichiarazioni di esponenti di partito, specie a sinistra. Dimettersi per lo meno dalla fondazione, non prendere soldi da chi fa a pezzi i dissidenti, sarebbe un gesto minimo. Dare spiegazioni in Parlamento un dovere. (…) Neppure si può ridurre tutto a fatto personale: una gita in jet privato nella "Davos del deserto" dal generoso amico principe, a cui l'Italia del resto ha inviato armi fino al 2019. Per una volta, davanti a chi viola i diritti umani - siano arabi turchi cinesi o russi - bisognerebbe provare ad essere all'altezza del proprio ruolo e dire preferirei di no»
Un altro nemico storico, questa volta a destra, di Renzi è sempre stato Maurizio Belpietro. Belpietro scende in campo con l’editoriale su La Verità per infierire sull’autodifesa del leader di IV:
«Nella nota praticamente Renzi giustifica tutto. Le sue conferenze pagate da un regime e anche i rapporti con l'Arabia, dicendo di non essere pentito per aver elogiato il programma Vision di bin Salman, quello del nuovo Rinascimento. Nella e-news riesce perfino a sostenere che a Riyad le cose vadano meglio, perché le donne ora possano guidare l'auto e le condanne a morte dalle 184 del 2019 sono scese a 27 nel 2020. Poi però, sul tema spinoso dell'omicidio di Jamal Khashoggi, ossia del giornalista del Washinghton Post letteralmente fatto a pezzi da sicari arabi all'interno del consolato turco di Istanbul, se la cava dicendo di aver già condannato «il tragico evento». Peccato che del «tragico evento», cioè di un editorialista assassinato il cui corpo è stato sezionato con una motosega per poterlo far sparire meglio, sia accusato proprio il principe cui Renzi ha leccato le scarpe. Un dossier americano reso noto da Joe Biden, l'amico americano dell'ex sindaco di Firenze, ritiene Mohammed bin Salman il mandante dell'omicidio, mentre l'ex segretario del Pd è convinto che sia l'uomo del nuovo Rinascimento , al quale invidia il costo del lavoro. Ovviamente, Renzi sarà ancora stordito dall'eccesso di interviste concesse nelle ultime settimane e dunque comprendiamo. Ma noi sappiamo attendere, e siamo certi che prima o poi vorrà spiegare - meglio di come abbia fatto ieri - il suo pensiero sull'Arabia, magari rispettando la promessa di una conferenza stampa con domande vere. Già, perché gli vorremmo chiedere se sia disposto a restituire i soldi che ha incassato, visto che vengono - secondo Biden - dalle mani del mandante di un assassinio. Non abbiamo fretta di ricevere la risposta, anche perché credo che nessuno al mondo dimenticherà tanto velocemente la genuflessione pubblica davanti al principe del nuovo Rinascimento.»
IL CONCLAVE DEI 5STELLE: CONTE PAPA?
Attenzione. E’ arrivato il Conte day. Il giorno in cui Il Movimento 5Stelle dovrebbe incoronare l’ex presidente del Consiglio a capo dei grillini, una designazione che appare già molto apprezzata. Emanuele Buzzi sul Corriere della Sera conferma che è il giorno del vertice che dovrebbe cambiare la storia del Movimento in Italia.
«Oggi è il Conte-Day per i Cinque Stelle. I vertici del Movimento si riuniscono per incontrare l'ex premier e ragionare con lui sul suo probabile ingresso nel Movimento. Se i tempi sono abbastanza certi (brevi, brevissimi), i modi sono ancora da definire. Ciò che è certo è che saranno una dozzina le persone presenti al summit che dovrebbe cambiare il volto del M5S. Grillo ha dato lui in prima persona le carte, decidendo chi invitare. Oltre a Giuseppe Conte, ci saranno legali, referenti di Rousseau (Davide Casaleggio è stato invitato ma non dovrebbe partecipare per via di altri impegni) e big pentastellati. A quanto risulta al Corriere dovrebbero sedersi al tavolo Vito Crimi, Luigi Di Maio, Roberto Fico, Paola Taverna, Alfonso Bonafede, Riccardo Fraccaro e i capigruppo Ettore Licheri e Davide Crippa. Il garante, furioso per la fuga di notizie, è molto attivo: sta sondando anche i mal di pancia interni per tenere insieme il gruppo. Sul luogo dell'incontro vige il riserbo più stretto anche se ormai le alternative sono solo un paio: Marina di Bibbona (in Toscana, dove c'è il buon ritiro di Grillo) o un'altra sede più comoda per i big pentastellati. »
Sull’imminente svolta Repubblica intervista Stefano Patuanelli, Ministro delle Politiche agricole, uno degli esponenti più stimati del Movimento che parla di “fase costituente”.
«Giuseppe Conte è il leader naturale del Movimento». Stefano Patuanelli lo dice senza tradire dubbi. Nel nuovo ufficio dai soffitti affrescati, in via XX settembre, il ministro delle Politiche agricole traccia il percorso che - secondo lui - dovrebbero compiere i 5 stelle: una rifondazione guidata dall'ex premier, «l'unico in grado di unirci». La leadership di Conte è ineluttabile? «Lo dico non solo per quello che ha fatto in questi tre anni da presidente del Consiglio, ma seguendo un ragionamento che mette al centro il percorso del Movimento in questa legislatura. I 5 stelle sono passati da forza di opposizione a forza centrale su cui costruire tre governi. Questo passaggio non ha un ritorno. Conte ha il profilo giusto per una rifondazione, non per una manutenzione straordinaria». Cosa intende per rifondazione? «Il Movimento è nato ufficialmente nel 2009, ma in realtà il progetto dei 5 stelle esisteva - grazie ai meet up - dal 2005. Sono passati 15 anni e abbiamo sempre guardato al futuro. Quindi, quello che c'era va rinnovato. Serve una fase costituente».
MESSAGGIO IN FRANCESE SULL’AGGUATO IN CONGO
Francesco Battistini che dal primo giorno scrive sul Corriere della Sera a proposito dell’attentato in Congo in cui hanno perso la vita l’ambasciatore Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci, oggi pubblica un messaggio in francese molto significativo. “Qualcuno ha tradito Luca”, aveva sostenuto la moglie di Attanasio nei giorni scorsi.
«Nessuno sapeva niente? Leggete qui. «Ambassade d'Italie. Prot. n: 219. Note verbale». Diciassette righe che non dicono tutto, ma di sicuro spiegano molto. È il documento che la segreteria di Luca Attanasio inviò al ministero degli Esteri congolese una settimana prima dell'agguato. Per informare le autorità di Kinshasa del viaggio che l'ambasciatore stava per compiere nel Nord Kivu. La Farnesina lo fa filtrare mentre troppe verità e molti scaricabarile banalizzano, confondono le ultime ore di Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci. Una bugia su tutte: già lunedì scorso, pochi minuti dopo la sparatoria, il governatore della regione Carly Nzanzu Kasivita s' affrettava a dire che nessuno l'aveva informato della missione italiana. E per tutta la settimana, questa è stata la linea: Attanasio era partito senza informare i congolesi. Invece no: la lettera dell'ambasciata, data 15 febbraio, forniva tutti i dettagli».
ORA E SEMPRE RESILIENZA
In deroga a quanto stabilito da Draghi, oltre a Patuanelli che però si è concesso per un’intervista politica, parla un altro Ministro e proprio del suo mandato. Marco Zatterin Su La Stampa intervista infatti Enrico Giovannini, Ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile. Il tema è: che cosa farà davvero l’Italia con il Recovery plan, anzi con il PNRR, Piano nazionale di ripresa e resilienza? Eh sì perché anche in questa sigla è finito il termine resilienza, diventato di moda…
«Nella struttura tecnica di missione del ministero, già molto qualificata, inseriremo nuove professionalità per affrontare aspetti specifici, come la digitalizzazione delle infrastrutture o l'adozione di un approccio di economia circolare nella costruzione di reti durevoli e resilienti. Con il Ministero dell'Economia e delle Finanze stiamo lavorando per assumere, grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza, figure altamente specializzate come elemento trasformativo». Assumete col Recovery? «Saranno assunzioni limitate, mirate e su temi innovativi. Ma lo stesso approccio andrebbe applicato anche alle assunzioni a tempo indeterminato per tutte le pubbliche amministrazioni, compreso questo ministero. Poiché 500 mila dipendenti pubblici andranno in pensione nel breve-medio temine, abbiamo l'occasione per cambiare le competenze e le stesse procedure concorsuali. Il nostro sistema ha bisogno di figure professionali con specializzazioni nuove. Peraltro, nel ministero che guido verrà creato un nuovo dipartimento dedicato alla programmazione a lungo termine di infrastrutture e sistemi a rete. Per queste attività sono indispensabili competenze specifiche. Il decreto di riorganizzazione predisposto dalla ministra De Micheli è stato registrato e questo ci darà una marcia in più». (…) Cosa conserverà del Recovery Plan del Conte-bis? «La buona notizia è che la parte infrastrutturale del Pnrr è stata già accolta dalla Commissione. Mi aspetto quindi che il cuore del Piano sarà confermato, anche se proporremo modifiche». Quali sono i dossier finiti fuori dal Pnrr ? Due esempi? «La manutenzione delle strade, che pure è importante, non è considerato eleggibile per il Pnrr, così come tutte le opere che non si possono completare entro il 2026, vincolo preciso e stringente». Questo lascia fuori il ponte sullo Stretto? «Lascia fuori molte cose che non rispettano le linee guida indicate da Bruxelles. La realtà è che non bisogna caricare il Pnrr di ambizioni irrealistiche».