Morte di un Cavaliere
Ieri mattina è morto Silvio Berlusconi, 86 anni. Lutto nazionale e funerali solenni domani nel Duomo di Milano. Mattarella, Meloni e il Papa lo ricordano. Giornali ancora divisi sulle sue imprese
In queste occasioni di morti celebri, giornalisti e commentatori finiscono per celebrare anche se stessi e i propri incontri personali. Così da entrare nel selfie nazionale del lutto collettivo. Non è il caso di questa Versione. Ci saranno altre occasioni per ricordare le pagine del mio diario personale. Silvio Berlusconi in 50 anni di vita pubblica ha realizzato molto e segnato la storia di questo Paese: l’Italia domani osserverà il lutto nazionale. I giornali stamattina sono ampiamente dedicati al Cavaliere. E si dividono fra laudatori e critici. Come schierarsi? Non so se sia giusto farlo, ma alcune cose vanno dette.
Silvio Berlusconi è stato un uomo eccezionale, fuori dal comune. Un uomo che ha fatto la storia di questo Paese, influenzandone i costumi e la cultura. Nel bene e nel male. Ha avuto meriti e difetti, che il tempo giudicherà. Ma certo la sua è stata una vita intensa, appassionata, creativa, curiosa dell’umanità, che ha lasciato il segno sul nostro Paese. È anche stata un’esistenza spregiudicata, spesso refrattaria alle regole e alle misure, formalmente anche colpita dalla giustizia penale. Una giustizia di cui pure è stato oggetto in un’ossessione a tratti apparsa accanita. In 30 anni di vita politica il suo rapporto stesso col potere è stato altalenante: in alcuni momenti è sembrato raccoglierlo con facilità, interpretando i sentimenti popolari e anche scegliendo collaboratori di valore. In altri è sembrato entrare in collisione con la realtà delle cose, non volendo desistere da un suo astratto disegno. È stato il padre vero dell’anti-politica e del populismo, non accettando mai fino in fondo le regole non scritte della vita democratica, che avevano reso grande e laica la Dc, influenzando positivamente tutti gli altri partiti italiani del dopoguerra. Il consumismo della tv commerciale, che pure ha avuto il merito di aprire competizione e pluralismo nell’informazione, ha fatalmente contribuito all’omologazione culturale di questo Paese e il caso delle Olgettine resta una macchia sulla sua figura pubblica.
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