“No alla fame usata come arma”
Il Papa condanna l'uso iniquo della fame come arma di guerra. Missile contro i reporter a Gaza, strage. Il mondo sotto choc anche per le mine antiuomo. Flussi il governo apre: 500 mila nuovi stranieri
Papa Leone XIV non usa mezzi termini. Va dritto alla questione. «Oggi assistiamo desolati all’uso iniquo della fame come arma di guerra. Far morire di fame la popolazione è un modo molto economico di fare la guerra. (…) Ciò fa sì che ingenti quantità di persone soccombano al flagello dell’inedia e periscano, con l’aggravante che, mentre i civili deperiscono per la miseria, le élites politiche s’ingrassano con la corruzione e l’impunità. È quindi ora che il mondo adotti limiti chiari, riconoscibili e condivisi per sanzionare questi soprusi e perseguire i loro responsabili e i loro esecutori». Il giudizio è contenuto nel messaggio inviato dal Papa ai partecipanti alla 44esima sessione della Conferenza della Fao (qui l’integrale). E arriva in un giorno particolarmente drammatico per Gaza. La parrocchia cattolica della Sacra Famiglia è tornata sotto i bombardamenti. Ieri un missile israeliano ha colpito la caffetteria al-Baqa, luogo di ritrovo di giornalisti e attivisti (vedi Foto del Giorno). Tra le vittime ci sono il fotografo e regista palestinese Ismail Abu Hatab. È stato ucciso insieme alla giovane pittrice Frans Al-Salmi, che aveva ritratto Ismail un mese fa e pubblicato il quadro nel suo portfolio su Instagram, un viaggio dentro i volti di Gaza. Salgono così a 228 i reporter rimasti uccisi nella Striscia dal 7 ottobre 2023, secondo il calcolo di Al Jazeera.
Nell’altra guerra, quella in Ucraina, è caduto un altro tabù. Come scrive oggi Monica Perosino su La Stampa: «Una delle conquiste più luminose della comunità globale – la Convenzione di Ottawa, che nel 1997 aveva bandito le mine antiuomo, simbolo di barbarie e promessa di guerre senza fine – si sta sgretolando sotto il peso delle nuove paure. Una dopo l'altra, Nazioni fino a ieri garanti di quell’accordo scelgono di voltarsi indietro, di rimettere mano a ordigni sepolti non solo nel terreno ma nella memoria collettiva». Dopo Finlandia, Paesi Baltici e Polonia ora anche l’Ucraina, il Paese più minato al mondo, ha annunciato di uscire dal Trattato. Dice oggi ad Avvenire Nicoletta Dentico, paladina italiana della campagna internazionale di cui fu protagonista Lady Diana e che portò alla Convenzione: «L’Ucraina aveva già comprato mine dagli Stati Uniti: si tratta di mine più tecniche, a tempo. Ci prepariamo a guerre lunghe e dobbiamo tornare, come è stato detto con toni propagandistici durante l’assemblea della Nato della settimana scorsa, a concepire la guerra come strumento di gestione delle controversie internazionali. Kiev uscirà devastata da tutto questo, senza dimenticare i danni che la popolazione locale già colpita dagli effetti delle mine denuncia, insieme all’ecocidio in corso, come sempre succede durante i conflitti». Per Domenico Quirico «stiamo smontando, pezzo per pezzo, conflitto dopo conflitto, le ipocrisie dei tempi in cui volevano farci credere che la guerra potesse avere regole diverse da quella unica ed universale, vincere con qualsiasi mezzo. (…) Tutti vogliono avere le mani libere in questi tempi di isterismo morale, di ossessione bellicista».
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