"No alla tregua"
Netanyahu boccia la proposta di Hamas. "Il nostro fine è la vittoria totale". Gli agricoltori ottengono il via libera su Roma a numero chiuso. Schlein protesta sotto la Rai. Il Papa sulla tristezza
Ieri sera il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha rotto gli indugi. E ha parlato in tv da solo, senza Antony Blinken, il segretario di Stato americano, che era a Gerusalemme e che aveva tentato fino all’ultimo una mediazione. Nell’intervento “Bibi” è stato molto diretto: ha rifiutato il piano di Hamas per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, ribadendo che l’obiettivo di Israele è la "vittoria totale" contro Hamas. Il premier israeliano ha anche confermato ai giornalisti di aver dato ordine all’esercito di avanzare su Rafah, dove sono ammassati i profughi palestinesi, a ridosso del confine con l’Egitto.
Che cosa non funziona nella tregua proposta da Hamas? Trapela che il piano prevede un cessate il fuoco di 135 giorni, diviso in tre fasi da 45 giorni l’una, la liberazione di tutti gli ostaggi, il ritiro delle truppe israeliane e un accordo sulla fine della guerra. La bozza sarebbe il frutto dei negoziati tra Stati Uniti, Israele, Egitto e Qatar cominciati a Parigi la settimana scorsa. Il fatto è che l’attuale governo israeliano non può accettare che Hamas continua ad esistere nella Striscia. Qualsiasi accordo sul cessate il fuoco potrebbe essere una grande vittoria per Hamas, ha scritto il giornale della sinistra israeliana Haaretz. Ma sarebbe una pesante sconfitta per Gerusalemme anche la morte di tutti gli ostaggi. Ci sono ancora spiragli per un’intesa? Per gli americani sì. Oggi una delegazione di Hamas dovrebbe recarsi oggi per colloqui con l’Egitto e il Qatar.
Fra le ricadute della crisi di Gaza in Italia, si segnala la querela della senatrice a vita Liliana Segre nei confronti dell’ex funzionaria della Farnesina Elena Basile, che insisteva a diffamarla sui bambini palestinesi. Basile scrive da mesi per Il Fatto commenti di politica estera (molto schierati) con il nome di Ipazia.
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