Onda arancione, quasi rossa
Venerdì di attesa per i dati. Lite Salvini-Zingaretti sulle chiusure. Draghi si batte nella Ue per i vaccini. Polemiche sui sottosegretari. Conte in cattedra. La lezione di Luca
“Orange is the new black” torna alla memoria il titolo di una famosa serie televisiva americana di successo, in cui il colore arancione alludeva alla divisa da detenuto nelle carceri americane. L’arancione è la nuova angoscia da virus, è diventato il colore della terza ondata. Salvini contesta la Pasqua blindata e Zingaretti polemizza con lui. Ma diciamolo: la Pasqua è ancora lontana e i dati in prospettiva non fanno molto sperare. Soprattutto il parametro della lotta al Covid nel mondo occidentale è cambiato. La prima misura contro la diffusione del virus è lo strumento della vaccinazione, non più solo il restare chiusi in casa. Il nostro destino si gioca sulla velocità di distribuzione reale dei vaccini. Draghi lo sa bene e spinge dove la sua voce conta di più: in Europa. Anche in Italia tutti dicono che bisogna correre (in particolare nei pastoni serali del TG1) ma i vaccini dove sono? Sul fronte politico due temi: le critiche ai nuovi sottosegretari, in cui si uniscono le delusioni dei tagliati fuori, grillini e piddini, con le legittime osservazioni su chi è stato scelto e il dibattito nei 5Stelle dopo l’intervista bomba di Repubblica a Di Maio. Oggi torna Conte, il futuro Papa dei 5Stelle parlerà ex cathedra. Per una lezione all’Università di Firenze che sarà, dicono compiaciute le cronache, lectio magistralis. Quando si usa il latino, roba seria… I titoli di oggi.
LE PRIME PAGINE
La riunione fiume del Consiglio europeo sull’emergenza COVID 19 tiene banco sulle prime pagine. Il Corriere della Sera: Pochi vaccini, l’attacco di Draghi. Per la Repubblica è il nostro premier a criticare il comportamento europeo: Draghi: «La Ue cambi passo, una dose di vaccino a tutti». Sulla stessa linea Avvenire: Draghi pressa la Ue: più vaccini e rigore e Il Sole 24Ore: Vaccini, Draghi lancia la linea dura Ue.
La Stampa punta sulla possibilità di dare anche agli europei quel lasciapassare per chi si è vaccinato che stanno usando in Israele: Draghi: sì al passaporto vaccinale. Il Giornale va sul concreto: Fuori i vaccini. Mentre La Verità prosegue la campagna contro il commissario: «ARCURI COMPRA A OCCHI CHIUSI» LE CARTE CONTRO IL COMMISSARIO. Raggiunta adesso da Il Domani che afferma: L’inchiesta smentisce la versione di Arcuri sull’affare mascherine. Più preoccupato della diffusione del virus in Italia Il Messaggero: Il balzo dei contagi: ventimila Ma il Cts: sì a cinema e teatri. Come il Quotidiano Nazionale: Contagi, Bologna quasi in lockdown. Il Mattino: Campania, allarme terza ondata. Ci scherza il Manifesto: Onda su onda. Due soli quotidiani restano sulla politica. Il Fatto tematizza i vari maldipancia (e le critiche diffuse) sui nuovi sottosegretari: Ma Draghi lo sa chi ha nominato? Mentre Libero è tutto contento dei sondaggi in crescita per Fratelli d’Italia: I grillini si polverizzano, Meloni invece si rafforza. Ah, ecco.
COVID, VERSO IL NUOVO DECRETO
Ogni venerdì, da qualche tempo, c’è l’attesa per l’analisi dei dati dell’Istituto Superiore di Sanità. A fine giornata arriva la sentenza col colore stabilito per ogni regione. Il boom delle varianti sta però cambiando tutto. E la strategia del contrasto in questa terza ondata non è solo il lockdown, ma anche la vaccinazione. Il punto sul Corriere della Sera nell’articolo a doppia firma Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini:
«Il Piemonte in fascia arancione, il Lazio e la Lombardia in bilico, così come la Puglia, le Marche e la Basilicata. Potrebbe andare in rosso la Campania, ma anche l'Emilia-Romagna che ha già fatto entrare Bologna in «arancione scuro». I focolai causati dalle varianti del Covid-19 provocano l'innalzamento dell'Rt in molte aree d'Italia e sono diverse le regioni che potrebbero cambiare colore. L'andamento della curva preoccupa e la bozza del nuovo Dpcm, che sarà consegnata oggi ai governatori per essere messa a punto entro lunedì, non porterà ad alcuna riapertura. Su questo i ministri della Salute Roberto Speranza e degli Affari Regionali Mariastella Gelmini sono stati espliciti. Se ne riparlerà a partire dal 6 aprile, dopo le vacanze pasquali. Unica eccezione potrebbe riguardare i cinema e teatri, che oggi dovrebbero avere il via libera dal Cts per la riapertura delle sale il 27 marzo, ma solo se la curva sarà davvero in discesa. Prima potrebbero arrivare decisioni sulle scuole: in un vertice convocato ieri sera a palazzo Chigi si è deciso di approfondire l'andamento dei contagi in Lombardia e Piemonte»
Il Giornale racconta che adesso le scuole sono nel mirino per nuove chiusure in favore di una DAD totale. I dati di contagio del virus con le varianti coinvolge, infatti, giovani e giovanissimi in focolai improvvisi, a cominciare dalle scuole elementari. Maria Sorbi scrive:
«Per ora la chiusura delle scuole riguarda singoli istituti in quarantena o in zona arancione scuro o rossa, da Bolzano a Napoli, da Brescia a parte della Liguria. Ma, se i dati dovessero peggiorare, potrebbe essere estesa a province o regioni. Il tema non sarà uno dei punti dell'imminente Dpcm ma i presidenti di alcune regioni (Veneto, Puglia, Friuli Venezia Giulia e Campania), temendo i focolai della nuova variante inglese tra i giovani, chiedono al Cts di verificare gli effettivi rischi e di pronunciarsi al più presto. Solo in Lombardia 667 tra i nuovi positivi hanno meno di 18 anni, in particolar modo nel milanese e nel bresciano. A proporre di tenere le scuole chiuse, durante la riunione di ieri tra governo e Regioni, è stato per primo il governatore pugliese Michele Emiliano che, dopo un tira e molla tra Tar e Regione, ha emanato una nuova ordinanza con cui si dispone fino al 14 marzo la didattica digitale integrata al 100% per le scuole pugliesi di ogni ordine e grado. «Se volete riaprire la scuola - incalza - dovete vaccinarla. Non utilizzare la Dad in questa fase è un'omissione delle misure di sicurezza estremamente grave e rilevante in caso di incidente sul lavoro»
VACCINI, LA POSSIBILE SVOLTA
Se il cambio di paradigma, in questa terza ondata, nel contrasto alla diffusione da varianti non è solo il lockdown mirato, l’urgenza della vaccinazione si manifesta in modo drammatico. Ieri riunione fiume del Consiglio europeo in cui Draghi ha cercato di dare la sveglia alle autorità del nostro Continente. L’impressione è che Israele, Inghilterra, arrivando persino a San Marino e in Vaticano, comunque fuori dalla Ue, siano più efficienti nel vaccinare la popolazione. Marco Galluzzo sul Corriere della Sera:
«Insomma con molta schiettezza il premier ha chiesto un vero e proprio cambio di approccio da parte dell'Ue nei confronti delle imprese farmaceutiche che non hanno rispettato gli impegni nella fornitura di dosi. Preceduta da due telefonate con Angela Merkel e con Emmanuel Macron, e da molteplici contatti con le istituzioni comunitarie, la partecipazione di Draghi al Consiglio si è articolata su più punti e suggerimenti. Innanzitutto ha chiesto ai leader europei di avere un approccio più risoluto e pragmatico per accelerare la campagna vaccinale. «Dobbiamo andare più veloci, molto più veloci», ha detto ai colleghi, notando che una campagna vaccinale efficiente aiuta anche a ridurre il bacino di diffusione di varianti presenti e future. Draghi ha anche offerto una serie di opzioni concrete. In primo luogo ha invitato a riflettere sulla possibilità di dare priorità alle prime dosi di vaccino, per espandere più rapidamente la copertura vaccinale della popolazione, citando la recente letteratura scientifica. Ma questo senza negare la necessità di una doppia dose, ove previsto. Poi ha chiesto una linea molto più dura nei confronti dei colossi farmaceutici che producono i vaccini, se non dovessero rispettare gli accordi di fornitura presi. Ipotizzando anche un blocco delle loro produzioni europee, insomma un divieto di export al di fuori della Ue, e non solo nel periodo in cui non rispettano gli accordi, ma anche per un certo periodo dopo che riprendono a rispettarli. «Le aziende che non rispettano gli impegni non dovrebbero essere scusate», è stato il commento lapidario di Mario Draghi, che ha anche invitato a riflettere sulla possibilità di cambiare i contratti in essere, e quelli futuri, con le Big Pharma del settore.»
Il Sole 24 Ore riferisce del primo incontro ieri Governo-Farmindustria, presenti Giorgetti e Arcuri. Marzio Bartoloni e Carmine Fotina spiegano:
«Ci sono varie opzioni in campo per imbastire un piano per la produzione di vaccini. Il primo incontro tra il governo e Farmindustria non è risolutivo ma pone le basi per la costruzione di uno schema di cui si tornerà a parlare mercoledì sempre al ministero dello Sviluppo economico. Nel frattempo l'associazione delle industrie farmaceutiche completerà il suo censimento delle aziende che possono partecipare, ce ne sarebbero almeno una decina disponibili, con una avvertenza: la filiera italiana potrebbe riconvertirsi più rapidamente soprattutto per la seconda fase di produzione dei vaccini, confezionamento e infialamento, meno per la prima fase («bulk») durante la quale si produce la miscela e per la quale servono apparecchiature costose come i bioreattori. L'obiettivo è provare ad allargare il prima possibile la capacità produttiva dei vaccini esistenti almeno per la coda dell'epidemia di quest' anno oltre a prepararsi per le vaccinazioni che molto probabilmente si dovranno ripetere nei prossimi anni. »
Dal punto di vista scientifico, i dati sui vaccini che provengono da Israele, Inghilterra e Scozia fanno molto ben sperare. E devono ancor di più spingere le autorità a muoversi su questo fronte. Il giornalista scientifico Daniele Banfi (non siamo parenti) in un articolo per il magazine della Fondazione Veronesi (qui l’integrale https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/da-non-perdere/i-vaccini-per-covid-19-funzionano-casi-e-ricoveri-in-diminuzione) ha messo in fila i risultati della campagne di vaccinazione ed i risultati sono più che incoraggianti:
«I vaccini contro Covid-19 stanno cambiano la traiettoria della pandemia. Se sino a qualche mese fa l'efficacia di questi strumenti era stata valutata nei trial clinici su un numero relativamente ristretto di persone -diverse migliaia, rispetto alla popolazione totale-, oggi cominciano ad arrivare i primi confortanti risultati ottenuti su un gran numero di individui. Riduzione nel numero di nuovi casi, diminuzione dei ricoveri e blocco della trasmissione virale sono tra i principali effetti dovuti alla vaccinazione. Risultati importanti osservati in quelle nazioni avanti con la campagna di distribuzione dei vaccini.»
I NUOVI SOTTOMOSTRI
La politica si concentra sulle nuove nomine del Governo Draghi: quelle dei sottosegretari. Sono i “sottomostri”, per citare l’espressione da “governo horror” (copyright Di Battista) cara ai titolisti del Fatto. Andrea Malaguti, prima pagina de La Stampa è molto critico:
«Siamo vittime di una distorsione ottica. Avevamo creduto al governo dei migliori, ci troviamo di fronte a un pericoloso ircocervo che prima ci ammalia e poi ci atterrisce. È come se ogni cosa fosse fuori fuoco. Da un lato Draghi e i suoi tecnici superqualificati, algoritmi a sangue freddo apparentemente capaci di tutto, ma di discutibile empatia e abituati a fissare il nulla con un'espressione messa a punto negli anni, dall'altro gli ego arroventati e le competenze rudimentali di leader politici (absit iniuria verbis) che a meno di due settimane dall'insediamento del nuovo esecutivo extralarge hanno ripreso a gracchiare, insensibili al dovere del contenimento istituzionale. Un governo afflitto da un evidente disturbo bipolare. »
Marco Travaglio, sempre un po’ carogna, si cimenta con una delle sue attività preferite: attaccare i singoli, in questo caso i “vicemigliori”:
«…Spulciando la lista del nuovo bar di Guerre Stellari alla ricerca dei nostri preferiti, spicca subito la preclara figura dell'on. avv. Sisto a cui, essendo stato l'avvocato di B., spetta di diritto la Giustizia; un tocco di vintage che ci riporta ai bei tempi andati delle leggi ad personam, della "barbarie delle intercettazioni", di Patrizia D'Addario e Gianpi Tarantini statisti e di Ruby nipote di Mubarak (suo il pregiato emendamento alla legge Severino che svuotava vieppiù il reato di concussione per induzione, di cui era casualmente imputato il padrone). (…) il leghista Molteni, che insultava la Lamorgese ("vergogna, abolisce i confini e difende i clandestini!") e ora diventa il suo vice agli Interni. Lì incontra il grillino Sibilia, quello che voleva "Draghi in manette" e ora lavora per lui dopo avere sbianchettato i suoi tweet; e il renziano Scalfarotto, che aveva lasciato gli Esteri per allergia alle poltrone (massì: Esteri o Interni purché governi, è la meritocrazia 2.0). Un po' come la Bellanova, braccia rubate all'Agricoltura ieri e ai Trasporti oggi (sempre in omaggio alla competenza). Ottima anche la scelta della leghista Pucciarelli che, avendo messo un like a un post che invocava i forni per i migranti, si aggiudica la Difesa. Altra donna giusta al posto giusto: Lucia Borgonzoni è nota per essersi vantata di "non leggere un libro da tre anni" e aver situato l'Emilia-Romagna ai confini col Trentino Alto Adige e l'Umbria, risparmiando però la Puglia e la Sardegna, dunque va alla Cultura. Con la stessa logica meritocratica il leghista Sasso che cita una frase di Topolino attribuendola a Dante conquista l'Istruzione (sperando che ne faccia buon uso). Noi però abbiamo sempre avuto un debole per Deborah Bergamini, la segretaria tuttofare di B. che nel 2002 la infiltrò alla Rai come vicedirettrice, poi direttrice del Marketing strategico, poi nei Cda di Rai Trade e Rai International e, quando fu sospesa per l'inchiesta sui patti occulti Rai-Mediaset, deputata di FI dal 2006. Nel suo blog si presentava come Cartimandua, regina dei Celti, perché è anche una tipa equilibrata».
Fa un po’ malinconia che alle critiche politiche severe e ai giudizi aspri su un personale politico, spesso caduto in gaffe e contraddizioni, si affianchino poi gli ex delusi dei partiti della vecchia maggioranza: i mancati nella riconferma, particolarmente interessati e non proprio sereni. Nei 5Stelle (da Buffagni a Spadafora) e non solo. Sandra Zampa, Partito Democratico, è stata sottosegretario alla Salute ora è esclusa. Si sfoga con Giuseppe Alberto Falci del Corriere:
«Quello che mi dispiace profondamente è che il mio partito abbia rinunciato alla Salute, non comprendendo il valore di una buona sanità. E soprattutto quanto sia necessario ridurre le disuguaglianze territoriali in modo da dare risposte». Parla Sandra Zampa, sottosegretario uscente alla Salute. Nel gioco dei veti incrociati, il nome della storica portavoce di Romano Prodi sparisce dalla squadra di Mario Draghi. Ecco, Zampa, come le è stata comunicata l'esclusione? «Le confesso che non ho ricevuto alcuna telefonata». Nemmeno da Nicola Zingaretti? «Dal silenzio avevo intuito che non sarei stata della partita. Tuttavia la conferma l'ho avuta nel momento in cui i media hanno diffuso la lista». È delusa dall'atteggiamento del segretario? «In un anno come quello che abbiamo vissuto non ho mai avuto uno scambio né sul merito né sul piano delle relazioni personali. Mentre sono stati al mio fianco i parlamentari di tutti i gruppi di maggioranza. Non solo. C'è stato un comportamento leale e rispettoso con esponenti politici del campo avverso con i quali ho costruito relazioni che posso definire rispettose».
TORMENTO 5 STELLE
La bomba politica di ieri era stata l’intervista a Luigi Di Maio su Repubblica, come sanno i fedeli lettori de La Versione. L’evoluzione “liberale” e “atlantista” del Movimento, certificata e rivendicata dal Ministro degli Esteri, non è una cosa da poco. Oggi tutti i giornali, segno dell’importanza quasi storica dell’uscita, ci tornano, o per criticarla o per lodarne i contenuti. Annalisa Cuzzocrea, autrice ieri dello scoop, oggi su Repubblica racconta anche il tormento grillino:
«Sostiene il deputato siciliano Giorgio Trizzino che nel Movimento c'è «un malessere condiviso e condivisibile» e che se i 5 stelle non si rifondano e non rinascono daccapo - magari sotto la guida di Giuseppe Conte - lui andrà via. È uno dei parlamentari che ha avuto, in queste ore, un dialogo fitto con Emilio Carelli, il giornalista ed ex direttore di SkyTg24 uscito dal M5S nei giorni della crisi del Conte due per dar vita a un movimento di natura centrista e liberale (non a caso si congratula, Carelli, con le parole dette ieri a Repubblica da Luigi Di Maio). Oltre a Trizzino, nuovi segnali di insofferenza sono stati dati dall'ex ministro dello Sport Vincenzo Spadafora, rimasto senza deleghe nel governo guidato da Mario Draghi. Nega di voler andare via, l'ex braccio destro di Di Maio ai tempi della vicepresidenza della Camera, ma ha avuto un lungo faccia a faccia proprio con Carelli e sta, quanto meno, inviando segnali. Il Movimento ha difeso il suo nome fino all'ultimo per tentare di ottenere le deleghe allo Sport, rimaste poi a Draghi. E così facendo le ha di fatto perse, perché - secondo le ricostruzioni delle ultime ore - il mondo dello Sport avrebbe opposto una fiera opposizione a un ritorno di Spadafora. È dato in uscita anche un altro deputato, Roberto Cataldi, ma nega anche lui. Mentre sembra più che altro pronto a dare battaglia Stefano Buffagni. «Il Movimento è la mia casa», dice l'ex viceministro dello Sviluppo economico, che però lamenta una «gestione disastrosa dei 5 stelle».
Il Fatto intervista un leader storico del Movimento, Andrea Cioffi, critico nei confronti di Di Maio e della sua intervista. Cioffi pensa che i 5Stelle non possano essere moderati e liberali:
«No, quei due aggettivi proprio no. "Il Movimento non è moderato e liberale, non lo è mai stato e mai lo diventerà" twitta Andrea Cioffi, vice capogruppo vicario in Senato, uno dei veterani del M5S . Ed è la reazione all'intervista a Repubblica in cui Luigi Di Maio ha definito il Movimento come "una forza moderata e atlantista". Perché non è d'accordo? Il M5S ha sempre portato avanti determinati temi, come il Reddito di cittadinanza, che è una forma di sostegno agli ultimi ma anche una via per riqualificare il lavoro, e la battaglia per l'acqua pubblica. Ma penso anche alla lotta contro le lobby e i potentati, e per un più forte ruolo dello Stato. E non sono argomenti da moderati, secondo lei? No, sono posizioni che possono essere riferite al socialismo liberale. Penso all'ex presidente della Repubblica, Sandro Pertini, secondo il quale non poteva esserci libertà senza giustizia sociale. Per capirci: Giuseppe Conte è un moderato liberale? Secondo Di Maio l'ex premier "rappresenta questi valori". E a occhio li evoca anche per favorirne l'entrata nel Movimento. Non sono nella testa di Conte, che rispetto moltissimo e che è amato dal popolo. Ma non mi pare affatto che da presidente del Consiglio abbia agito come un moderato liberale. Ha portato avanti battaglie importanti assieme a noi, anche se abbiamo dovuto governare con forze conservatrici come Lega e Italia Viva. Conte deve diventare il capo del Movimento? Spero davvero che possa prendere parte a un processo di trasformazione del M5S. Di certo lui è molto determinato, che non significa moderato».
Emanuele Buzzi sul Corriere racconta invece come si sta preparando la strada per la nuova leadership di Giuseppe Conte. Prevista una riunione a casa di Grillo:
«Praticamente tutti i big al completo si sono già spesi in endorsement di benvenuto all'ex premier. Nel gruppo parlamentare l'ingresso viene accolto da percentuali bulgare in termini di assenso. La diplomazia pentastellata sta lavorando ancora senza sosta: negli ultimi giorni sono stati diversi i contatti tra Roberto Fico e Conte, ci sarà anche un vertice domenica prossima con Beppe Grillo. Il garante ha deciso di riunire lo stato maggiore del Movimento domenica a Marina di Bibbona: un summit che dovrebbe vedere tra i partecipanti Luigi Di Maio, Roberto Fico, Davide Casaleggio e probabilmente anche l'ex presidente del Consiglio (che oggi torna in cattedra a Firenze per una lectio magistralis ). Perché tanta fretta? Perché nel Movimento cresce l'ansia sull'iter. Il clima incandescente che c'è nei gruppi è un problema. E così pure la necessità di una conferma del nuovo disegno politico, che ha in Conte «un perno essenziale» (…)«Se dobbiamo costruire una nuova casa - è il ragionamento che fa un pentastellato - è meglio farlo dalle fondamenta, senza pendenze con il passato: un solco che prosegua ciò che è stato fatto, che metta anche al riparo il suo leader da strascichi in tribunale». Il summit da Grillo servirà proprio per dipanare questi dubbi e portare avanti il progetto di un Movimento 5.0, con le cinque stelle declinate in chiave «più moderna». Facile anche che tra i nodi toccati si guardi al terzo mandato, un totem che in un Movimento che ha bisogno di strutturarsi e che è profondamente cambiato non sia più intoccabile: un'altra spina da risolvere per il premier prima di entrare nella complessa sfera dei Cinque Stelle. La sensazione è che all'orizzonte ci possano essere altri scossoni e mal di pancia. Ma c'è chi lo tiene in considerazione. «Ripartiamo in fretta, ma soprattutto ripartiamo convinti: senza dover accapigliarci a ogni passo. Meglio pochi, ma buoni», chiosa un pentastellato.».
IN MEMORIA DI LUCA
Funerali di Stato ieri a Roma per le due vittime dell’agguato in Congo: l’ambasciatore Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci. Oggi Il Corriere della Sera, con Giampiero Rossi, intervista Don Gornati, che è stato parroco di Limbiate, paese di origine dell’ambasciatore:
«Don Angelo Gornati è un sacerdote in pensione che parla con voce ferma e frasi limpide. Ai tempi in cui era parroco a Limbiate - il piccolo centro brianzolo dove è nato e dove domani sarà sepolto l'ambasciatore Luca Attanasio - era lui il prete di riferimento per quel ragazzo «pieno di curiosità e di sguardi positivi verso gli altri». Lo ha visto crescere nella sua passione per l'umanità e nella sua voglia di aprirsi al mondo. E adesso che può soltanto ricordarlo, tiene a ripetere che «non sono stato io a formarlo ma lui ha aiutato me a crescere». Attanasio, dice qualcuno, aveva abbracciato la fede islamica. Don Angelo non si scandalizza, ma racconta il Luca che ha conosciuto, ammirato e amato. «Era entusiasta di ogni persona, coglieva il lato positivo in ogni messaggio - racconta il sacerdote, confermando una descrizione molto condivisa a Limbiate - e proprio per questo dico che era un costruttore di ponti. Perché sapeva stabilire immediatamente una relazione virtuosa con chi aveva di fronte». Qualità preziose per la carriera diplomatica che Attanasio ha percorso bruciando le tappe e che lo ha portato in Africa, dove si è sposato. «A Casablanca andammo insieme in quella bellissima moschea sul mare - ricorda ancora don Angelo - e pregammo insieme a tutti gli altri: aveva la straordinaria capacità di vivere la convivialità delle differenze». Poi il prete rievoca l'incontro fortemente voluto con l'arcivescovo di Milano Mario Delpini, che domani officerà la cerimonia di commiato, e ritorna al punto: «Senza dubbio Luca ha saputo accogliere la bellezza di ogni fede e di ogni cultura, ma se davvero avesse sentito il richiamo di una conversione ne avrebbe parlato a testa alta».
CANCELLAZIONE DEL DEBITO
Ieri avevamo sottolineato i dati disastrosi della mancata crescita italiana negli ultimi 20anni. Oggi chiudiamo La Versione con un altro importante tema di economia. Lo scorso ottobre su Avvenire era stato pubblicato un appello di cento economisti europei per la cancellazione del debito degli Stati. Oggi Leonardo Becchetti torna sull’argomento in un articolo di fondo del quotidiano della Cei, insistendo sulle possibilità di rispondere a quell’appello che ha oggi la BCE, la Banca centrale europea:
«L'appello di più di cento economisti europei sulla cancellazione del debito ha avuto il pregio di stimolare il dibattito sulle politiche della Banca centrale europea suscitando molte reazioni, alcune favorevoli altre critiche. Proprio come la riflessione su tale prospettiva che chi scrive ha sviluppato su queste pagine a partire dal 15 ottobre scorso. Ed esattamente come la scossa impressa dall'argomentata presa di posizione favorevole a questa scelta del presidente del Parlamento europeo David Sassoli. Ma la parola 'cancellazione' non deve sorprendere o scandalizzare. (…) La Bce ha in realtà molti strumenti a disposizione per intervenire quali le politiche sui tassi e sulla percentuale di riserve obbligatorie. Lo stock di titoli è inoltre talmente elevato (superando i 35 miliardi di euro nell'ultimo bilancio 2020 appena uscito) che le munizioni sarebbero comunque abbondanti anche in caso di parziale cancellazione (…) la mossa migliore sarebbe quella di accumulare una quota maggiore di titoli dei Paesi membri, aumentando la quasi cancellazione e avendo un potenziale accresciuto di munizioni a disposizione per le politiche anti-inflazionistiche».
Grazie Alessandro, strumento di lavoro fantastico!