Ricostruzione senza pace
Conferenza a Roma per l'Ucraina: investimenti per 10 miliardi. Armi dai volenterosi. Manca la pace. Gaza, strage di bambini in fila per il latte. Ursula salvata, arrivano i dazi. Maturità e silenzio
La logica dei finanziamenti e dei profitti sembra prevalere in un mondo ormai apertamente cinico e cattivista, dove l’asse fra Washington e Kiev passa per lo sfruttamento delle terre rare e le speranze per Gaza da un piano immobiliare studiato a Londra. La Conferenza di Roma sull’Ucraina, nuovo e quarto appuntamento sulla futura ricostruzione del Paese, è stata un successo, perché Europa ed Usa sono sembrate concordi e ferme nella solidarietà con Kiev. Gli impegni presi dalla comunità internazionale con Volodymyr Zelensky avranno sicuramente un peso su Mosca. La Banca Mondiale stima servano 500 miliardi di euro per la ricostruzione dell’Ucraina. La Conferenza sulla ripresa ha prodotto circa duecento accordi per un totale di 10 miliardi. È meno dei 16,5 miliardi di quella precedente, che fu a Berlino. In compenso Kiev incassa dagli alleati impegni sulle forniture di armi.
Ma la pace? Dice il cardinal Matteo Zuppi, presidente Cei, che è rimasto inviato personale del Papa sulla vicenda ucraina: «È chiaro che bisogna fare di tutto perché la distruzione finisca al più presto. Altrimenti si fa fatica a parlare di ricostruzione. Mentre la guerra è ancora in atto, occorre guardare anzitutto alla popolazione che è la prima vittima di un conflitto per alleviarne le sofferenze. Dall’altra, è interessante guardare al futuro, prepararne il terreno. Perché la pace si realizza soltanto se la cerchiamo. E la comunità internazionale è tenuta a cercarla insieme. Ciò significa che non basta l’apporto delle due parti in causa: è necessario sempre un terzo interlocutore. Ed è appunto la comunità internazionale che deve aiutare a costruire la pace e farsene garante».
Politicamente Giorgia Meloni celebra la ritrovata “unità dell’Occidente” a difesa degli ucraini, nuovo scenario che risolve la precedente contraddizione dell’alleanza con un Donald Trump “amico” di Putin, ma allo stesso tempo deve affrontare l’aumento della spesa militare con un bilancio pubblico sempre sotto osservazione della Ue (c’è stato un colloquio Giorgetti-Dombrovskis sul tema). C’è poi da segnalare che dal Cremlino arriva anche una nuova “idea” del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov che è già stata recapitata a Washington. Vedremo. La Conferenza prosegue oggi.
Ma è dal fronte della guerra a Gaza, che arrivano le notizie più angoscianti. Ieri (vedi Foto del Giorno) c’è stata una nuova strage di bambini, in fila per ottenere delle cure all’ospedale. Mentre Benjamin Netanyahu fa ritorno in Israele, dopo il viaggio in Usa, i tempi dei colloqui nel Qatar sembrano allungarsi sempre di più, nonostante l’ottimismo americano. Tutta da leggere sul Sole 24 Ore l’intervista a Nir Hasson, il giornalista di Haaretz che ha scritto il reportage sul tiro a segno delle popolazioni affamate della Striscia. Racconta: «Abbiamo raccolto le testimonianze di cinque tra soldati e ufficiali. Hanno deciso di parlare principalmente per due motivi. Il primo è morale: sono pesantemente disturbati per aver visto l’esercito che uccideva persone affamate. La seconda motivazione è che non è più l’Idf che conoscevano. Le persone con cui abbiamo parlato sono tutti riservisti, non sono ragazzi giovani, sono nell’esercito da molti anni e dicono che questo non è il modo in cui l’esercito professionale si comporta, non sono i valori ai quali sono stati educati».
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