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Ripresa e resilienza
Draghi presenta il Piano alle Camere. Molti ok, ma anche dubbi e critiche. Meloni soffia sul coprifuoco. Letta e Conte fanno squadra. Ritorsione di Putin. Vescovo gambizzato in Sud Sudan
Non so se, come ha scritto il Financial Times, Draghi ci abbia davvero riscattato dall’essere i “delinquenti” d’Europa. L’osservazione è irritante e, come direbbe Erdogan, maleducata. Però quando Draghi argomenta, si capisce perché nel mondo sia tanto apprezzato. Ieri nel discorso alla Camera ha detto ad esempio: «Nell’insieme dei programmi che oggi presento alla vostra attenzione, c’è anche e soprattutto il destino del Paese». E più avanti citando una frase di Alcide De Gasperi del 1943: «L’opera di rinnovamento fallirà, se in tutte le categorie, in tutti i centri non sorgeranno degli uomini disinteressati pronti a faticare e a sacrificarsi per il bene comune». Il Pnrr contiene sei missioni: 1. Digitalizzazione, Innovazione, Competitività e Cultura. 2. Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica. 3. Infrastrutture. 4. Istruzione e Ricerca. 5. Lavoro, Formazione, inclusione sociale e coesione territoriale. 6. Salute. I giornali illustrano il Piano ma tentano anche delle interpretazioni e avanzano critiche. Per Repubblica nel discorso del premier c’è stato un altolà preventivo a Salvini. Il Fatto si esercita su quanto di Conte sia rimasto in Draghi. Ma, come direbbe Bertinotti, in questo campo siamo quasi all’ossessione. Semmai, nei contenuti del Piano, il giornale di Travaglio teme una svolta liberista o come scrive “neo neo-liberista”. La Confindustria è preoccupata dell’esatto contrario: il presidente Bonomi chiede che le imprese private siano più coinvolte. La Verità agita lo spettro di nuove tasse “europee”, sulla casa.
Le riaperture hanno visto piogge ed entusiasmi un po’ in tutta Italia. Mentre la campagna di Figliuolo riprende ritmo. Dalle 6 di ieri mattina alle 6 di stamattina sono state fatte 339 mila 839 vaccinazioni. Meloni prova a parlamentizzare lo scontro sul coprifuoco, contando sulla contrarietà dei leghisti e sul maldipancia dei 5 Stelle e di Forza Italia. Letta e Conte si parlano e cercano una strada per arginare Salvini.
C’è la ritorsione dei russi. Mosca ieri ha espulso un nostro militare. Ma a guardar bene la notizia è la reazione dura della Farnesina. Sta cambiando qualcosa nel mondo per gli “autocrati”. Drammatica la notizia dal Sud Sudan. Padre Christian Carlassare, vicentino, 43 anni, vescovo eletto comboniano di Rumbek è stato vittima di un feroce attacco. Lo hanno colpito alle gambe con armi da fuoco. Un messaggio intimidatorio in piena regola, arrivato prima della sua ordinazione già fissata per il giorno di Pentecoste. È stata sobria la notte degli Oscar con la vittoria di un film sulla crisi economica negli Usa, Nomadland. Ci consoliamo con la colonna sonora del film, che è di Ludovico Einaudi, perché né la Pausini, né il costumista di Pinocchio hanno avuto premi. Vediamo i titoli.
LE PRIME PAGINE
Tema obbligato stamattina sui giornali: la presentazione del Piano da parte del Presidente del Consiglio. Il Corriere della Sera: Appello di Draghi: in gioco l’Italia. Sulla metafora del gioco, va anche l’Avvenire: Ci giochiamo tutto. Resta sulla ricostruzione la Repubblica: Draghi: «Ricostruiamo l’Italia». Mentre La Stampa sceglie l’accenno al nostro futuro: «Nel Recovery il destino del Paese». Il Sole 24 Ore cita un passaggio del discorso: Draghi: «Il gusto del futuro prevarrà su corruzione, stupidità e interessi di parte». Per Il Giornale è un’: «Ultima occasione». Per il Quotidiano Nazionale, prevale lo spirito per l’appunto nazionale: Draghi: «Ho fiducia nel mio popolo». Il Messaggero sottolinea per l’appunto il messaggio al mondo politico: Draghi ai partiti: basta miopia. Poi ci sono i critici. Il Fatto con un fotomontaggio dei volti di Conte e Draghi: Il piano c’è (monco) ma nessuno lo vede. Il Manifesto ricorda Luigi XIV: Il piano sono io. La Verità teme l’arrivo di nuove imposte: Si scrive Recovery, si legge eurotassa. Il Domani: Draghi si appella ai partiti per non sprecare 222 miliardi. Ma le riforme restano incerte. Libero va completamente a soggetto anche oggi, mettendo insieme alcuni recenti fatti di cronaca: Nuovo sport: uccidere il papà.
Il PNRR IN PARLAMENTO
Il Giornale con Vittorio Macioce enfatizza le possibilità del Pnrr, titolo: La direzione giusta al bivio della storia. Ecco un passaggio dell’editoriale in prima pagina:
«È proprio tutto sulle nostre spalle. Draghi non si è nascosto. Il primo responsabile è lui. Ci sono 248 miliardi da spendere bene. Tre grandi obiettivi da raggiungere. Riparare i danni della pandemia. Le riforme strutturali di cui si parla da sempre: fisco, giustizia, welfare e burocrazia. Ripensare il capitalismo italiano: più solido e più verde. L'ultimo punto è quello più indefinito. A chi destinare una fetta importante delle risorse? Giovani, donne e Mezzogiorno. Sono scelte e, come tutte le scelte, hanno costi e rischi. Non manca in questa storia una quota rilevante di azzardo. Se ne parlerà per anni. È il senso di come si giocherà lo scambio finale. Adesso però c'è da chiarire cosa c'è in ballo. Lo dice Draghi: «Il futuro». Non è solo questione di numeri. La posta in palio non si ferma ai soldi, agli alti e bassi dell'economia, agli indici statistici messi in colonna dall'Istat. La sconfitta non si paga con una delle tante recessioni di questi decenni. La ferita questa volta sarebbe molto più profonda. «Nel conto metteteci dentro le vite degli italiani, le nostre, ma soprattutto quelle dei giovani, delle donne, dei cittadini che verranno e soprattutto il destino del Paese». Il Sud sarà decisivo. È l'ultimo atto della questione meridionale. Non ci saranno altre possibilità».
Il Corriere della Sera intervista il presidente della Confindustria Carlo Bonomi, che batte su un punto: le riforme, a cominciare da quella sulle semplificazioni, devono attrarre investimenti privati. Altrimenti “le imprese non capiscono e non condividono”.
«Vuole dire che le riforme nel Recovery contano più dei trasferimenti? «Per me sì. Due aree, quelle sulla pubblica amministrazione e sulla giustizia civile, sono abbastanza declinate. Le altre non ancora. Le riforme già ben definite sono 5 su 47. Ma lì noi ci giochiamo tutto ed è la vera sfida con l'Europa, che ci sta dicendo: voi italiani potete mettere tutti i miliardi che volete sulle infrastrutture, ma perché stavolta dovreste riuscire a eseguirle se per fare opere sopra i 100 milioni di euro ci mettete in media 15,7 anni? Cosa ci fa pensare che entro il 2026 realizziamo, paghiamo e rendicontiamo opere per 200 miliardi?» Dunque da dove partire? «Dalle semplificazioni, con il decreto di maggio». Più di 200 interventi subito e un tavolo tecnico, nel quale però non sono coinvolte le imprese. «È il nodo del documento sul Recovery. Per 25 anni ci è stato detto che non c'erano risorse per sostenere i costi sociali delle riforme. Ora le abbiamo. Quel che manca nel testo, se si vuole, è la partnership pubblico-privato. Credo sia nell'interesse del presidente Draghi aprire su questo un'interlocuzione con il settore privato: lo svincola da chi vuole solo lo status quo». Che intende dire? «Come si faranno le riforme? Come verranno coinvolti i privati nella realizzazione per esempio del cloud o della transizione energetica? Come si scriveranno i bandi per le imprese? Il punto del piano è mettere risorse pubbliche, perché facciano da leva a investimenti privati. Dunque dobbiamo capire come il governo intende eseguire le riforme. Perché se poi le imprese non capiscono e non condividono, gli investimenti privati non arrivano. L'Italia non diventa attrattiva. Il Pil cresce meno, meno occupati e quindi il debito è meno sostenibile».
Sul Fatto l’analisi di Salvatore Cannavò è per certi versi sullo stesso tema. È infatti centrata sul sospetto che Draghi voglia realizzare in Italia quel commissariamento “neo neo-liberista” voluto dall’Europa fin dal 2011 e che era già in pillole contenuto nella sua stessa lettera all’allora Governo Berlusconi.
«Giusta l'osservazione di Mario Draghi che nel Piano nazionale di ripresa e resilienza occorre metterci "dentro le vite degli italiani". Ma Draghi è uomo d'onore e sa bene che il Pnrr si farà soprattutto per le garanzie offerte all'Unione europea in termini di maggiore libertà di impresa, possibilità che il mercato entri in settori dei servizi essenziali e qualche colpetto alle leggi anti-corruzione. Sembra quasi di rileggere, sia pure in un contesto tutto mutato, le raccomandazioni che lo stesso Draghi scriveva nella famigerata lettera della Bce all'Italia (Quella dell’agosto 2011 firmata con Trichet ndr). (…) Se nel piano Conte si parlava sostanzialmente di due grandi riforme, Pubblica amministrazione e Giustizia, ora ci sono anche le Semplificazioni, con un accenno inquietante alla Corruzione, e la Concorrenza a qualificare il piano Draghi. Nel testo, ovviamente, si trovano una miriade di innovazioni che sono inserite all'interno delle 6 diverse missioni - anche se nell'ultima versione di ieri pomeriggio è saltato il "salario minimo legale" che pure rappresenta una richiesta Ue - ma sono quelle le priorità inscritte in una visione chiaramente spiegata ieri da Draghi: l'obiettivo è contrastare "la debole crescita della produttività e il basso investimento in capitale umano e fisico" per "superare le debolezze strutturali che hanno per lungo tempo rallentato la crescita". Questo orientamento di stampo neo-neoliberista (si scusi il neologismo) si ritrova nella centralità degli incentivi alle imprese, nell'idea di superare l'impianto "teorico" della scuola italiana, nell'utilizzo di ogni strumento, anche il Servizio civile internazionale, per mandare i giovani a fare stage in azienda. (…) Pensando che più privato - i servizi come i trasporti locali -, sia la soluzione al malfunzionamento del pubblico. E così il Pnrr prevede che "al fine di favorire la rimozione di molte barriere all'entrata dei mercati" bisognerà superare "alcuni ostacoli regolatori al libero svolgimento di attività economiche". In particolare in materia di "servizi idroelettrici" di "distribuzione del gas" e "vendita di energia elettrica" o di "concessioni autostradali". In materia di servizi pubblici locali, ancora, occorre "imporre all'amministrazione una motivazione anticipata e rafforzata che dia conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato" e spiegare perché si è scelto l'in-house e l'autoproduzione. È il pubblico che deve dimostrare che 'pubblico è meglio', altrimenti si ricorre al privato. La filosofia di questo Piano sembra essere questa».
Insieme al Fatto di Travaglio, nella trincea dell’opposizione a Draghi, dal lato opposto dello schieramento, c’è Maurizio Belpietro con La Verità. Belpietro, nell’editoriale, sospetta che Draghi, col Pnrr, voglia reintrodurre una tassa mascherata sulla casa.
«A che cosa ci riferiamo? Ad alcuni passaggi chiave del documento presentato a Bruxelles. In particolare, ce n'è uno che comincia bene, ma finisce male. Vi si legge infatti, che è necessario «spostare la pressione fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati». Sul primo proposito, ovviamente siamo d'accordo, perché i lavoratori incassano troppo poco, ma i datori di lavoro pagano troppo tanto. Dunque, è giusto ridurre il carico fiscale. Sul secondo proposito, ahinoi, qualche dubbio lo abbiamo, perché si rischia di vedere qualche soldo in più in busta paga, ma altrettanti in meno di esenzioni fiscali. Ciò però su cui non siamo assolutamente d'accordo è la «rivalutazione dei valori catastali», perché significa una sola cosa, ovvero una patrimoniale sulla casa. I proprietari di immobili sono dai tempi di Mario Monti la mucca da mungere perché, a differenza dei capitali, i mattoni non li puoi trasferire all'estero. Dunque, non c'è governo che non si lecchi i baffi al pensiero di mettere le grinfie sul patrimonio immobiliare degli italiani, che nel nostro Paese è assai cospicuo. Il proposito ovviamente non può lasciar tranquille le persone che hanno investito i propri risparmi in una seconda casa, perché quella rischia di essere la più tartassata, quasi che avere l'appartamento al mare o in montagna sia un bene di lusso. Ovviamente, il governo negherà di avere in animo di innalzare le aliquote, ma non serve aumentare quelle, basta ritoccare gli estimi, cioè i valori dell'immobile, così da farlo risultare più prezioso e dunque più fruttuoso per il fisco».
Il retroscena di Tommaso Ciriaco su Repubblica è tutto centrato su quella frase pronunciata da Draghi alla Camera, in cui ammonisce di evitare miopi visioni di parte. A chi si riferiva il presidente del Consiglio? Secondo Ciriaco, alla Lega.
«Non è un generico appello a evitare «miopi visioni di parte». (…) Il principale destinatario del messaggio del premier è Matteo Salvini. Perché quel «grave precedente» - l'astensione in Consiglio dei Ministri su un decreto fondamentale dell'azione di governo - è stato archiviato, ma non dimenticato. E perché, soprattutto, non sarà più accettato un atteggiamento del genere. Non dovrà più accadere, perché restare in maggioranza prevede la comune assunzione di responsabilità e la disponibilità ad accettare un punto di compromesso, sempre, accantonando le «bandierine di partito». E d'altra parte, lo strappo di Salvini ha scavato nel profondo della maggioranza. Spaccando la Lega, facendo infuriare Giancarlo Giorgetti. Irritando Palazzo Chigi. Quel metodo non dovrà più ripetersi, perché l'intero progetto di unità nazionale ne uscirebbe con le ossa rotte. Senza contare che tra quattro mesi, con la campagna elettorale per le amministrative, una dinamica di smarcamento dagli atti ufficiali del governo rischia di diventare distruttiva. E dire che all'inizio dell'avventura dell'esecutivo Draghi, la preoccupazione di Palazzo Chigi era opposta. Per lunghe settimane, gli effetti della nascita del nuovo governo erano visibili soprattutto nel campo del centrosinistra, destrutturato dal trauma della caduta di Conte. La debolezza del Pd e del Movimento apriva praterie al Carroccio, generando un "vuoto" che aveva allarmato il presidente del Consiglio. Poi è arrivato il tempo della ristrutturazione del campo progressista. Non a caso, il primo a reagire è stato Enrico Letta, visto che il fuoco amico leghista danneggia innanzitutto i dem. «D'ora in poi - ha promesso ai suoi il leader - risponderò a Salvini ogni volta che sarà necessario. Ne va dell'umore dei nostri». Tradotto: ribatterò colpo su colpo per non indebolire il partito. Per non parlare del nuovo Movimento di Giuseppe Conte, che fatica su tutto, anche a convincere la base parlamentare della necessità del coprifuoco. Può compattarsi solo attorno alla linea della responsabilità. A patto che Draghi la imponga a tutti, questa responsabilità. Ecco perché nelle interlocuzioni informali il presidente del Consiglio ha promesso che quanto accaduto non ricapiterà. O meglio: che non potrà ricapitare senza conseguenze. L'ha spiegato prima di tutto all'ala governista della Lega, con cui si confronta quotidianamente, ma il messaggio è arrivato anche all'ex ministro dell'Interno. Senza drammatizzare, perché non è nello stile del premier, ma ribadendo la portata storica della sfida del Recovery, che non consente altre distrazioni dall'unico obiettivo per cui è nata questa maggioranza: provare a far rialzare il Paese dopo la terribile pandemia».
LA MELONI SOFFIA SUL COPRIFUOCO
Sembra incredibile ma la vicenda del coprifuoco avrà uno strascico parlamentare oggi pomeriggio. Fratelli d’Italia ha chiesto di mettere ai voti un ordine del giorno per cancellare la misura del coprifuoco. La cronaca del Corriere della Sera.
«Oggi pomeriggio a Montecitorio il clima si surriscalderà quando verrà messo ai voti l'ordine del giorno di Fratelli d'Italia che propone di cancellare il coprifuoco. Anche la Lega, nel merito, vuole la stessa cosa, visto che Matteo Salvini ha promosso una petizione online che «in 24 ore ha raccolto 60 mila firme». Politicamente, però, quella di Meloni sembra una mossa per mettere in difficoltà Salvini all'interno del governo. Dice Francesco Lollobrigida, capogruppo FdI alla Camera e primo firmatario della proposta: «Ho sottoscritto la petizione degli amici della Lega per abolire il coprifuoco, perché la proposta del partito di Salvini chiede la stessa cosa che Fratelli d'Italia ripete da tempo. Credo sia una conseguenza che chi la pensa come noi voti l'odg». (…) . Il leader leghista aspetta il tagliando di metà maggio che gli è stato promesso da Draghi. Ecco perché sull'ordine del giorno della Meloni si mostra fedele all'esecutivo: «Le mozioni lasciano il tempo che trovano, se si apre o se si chiude lo decide il governo non gli ordini del giorno». E a chi gli fa notare che il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana non ha ancora firmato la petizione della Lega, l'ex ministro dell'Interno minimizza: «Il governatore ha tanto da fare. Quindi può farlo magari stasera sul tardi». A Montecitorio, però, l'imbarazzo dei leghisti sull'ordine del giorno di FdI si tocca con mano».
Il meteo lavora per i chiusuristi (meno contagi) ma aizza gli aperturisti che vorrebbero il via libera a ristoranti e bar anche al chiuso. Maurizio Crippa sul Foglio, nel suo Contro Mastro Ciliegia, usa, come al solito, l’ironia:
«Ieri a Milano faceva così freddo, ma proprio un vento autunnale e barbino, che solo a pochi esagitati è venuta voglia di mettersi ai tavolini da marciapiede o ai dehors. A prendersi un cocktail formato pinguino o una tisana bollente, altro che uno spritz da ritrovata felicità sociale. Insomma un deserto, sotto un cielo di piombo da ispettore Callaghan: sarà stato contento il governo dei chiudidores. Epperò, come possa evolvere una situazione così, non si capisce proprio. E' vero che quando il governatore friulano Max Fedriga dice che le riaperture aiutano a limitare il virus, probabilmente dice una fesseria. Però ieri sulla claire di un bar rimasto chiuso, c'era scritto: "Riapriremo soltanto quando il servizio meteorologico ci avviserà che c'è il sole. Grazie al governo dei migliori". Che in effetti uno ci pensa e dice: ma se prima avevano riaperto bar e ristoranti anche al chiuso, perché adesso, che abbiamo anche i vaccini, è diventato più pericoloso? Per dare alla Meloni qualcosa di cui occuparsi?».
Dario Franceschini, Ministro della Cultura, del Pd, prova ad indicare una strada: ricordare a tutti che è un governo composto da “avversari”, che devono stare assieme per fronteggiare “l’emergenza”.
«L'atmosfera nel governo è tesissima. Franceschini ne è consapevole: «Questo è un governo di avversari nato per l'emergenza... di avversari che devono collaborare, inclusa la redazione del Recovery and resilience plan. Io sono convinto che non ci vorrebbe molto a mantenere, da parte di tutti, un atteggiamento costruttivo nell'interesse del Paese». Quindi, fa capire, occorre andare avanti. I mesi passati hanno visto forti proteste della gente di spettacolo. Ora, da ieri, per le riaperture delle sale nelle zone gialle è tutto deciso e in vigore: ingressi al 50% delle capienze, distanziamenti, mascherine ovviamente obbligatorie, divieto di consumare cibo nelle sale, regolamentazione degli accessi, solo per i teatri di grandi dimensioni (per esempio la Scala o l'Opera di Roma) si può arrivare a 500 posti, tetto a 1000 per gli spettacoli all'aperto. Ricorda Franceschini: «Sono tutte norme ovviamente concordate con il Comitato Tecnico Scientifico e che andranno rigorosamente osservate. Vedere un film sulle piattaforme è bellissimo, per tutta l'emergenza Covid ha funzionato, però ora si riapre e l'esperienza nella sala è irripetibile. Dobbiamo rendere i cinema appetibili anche per i giovani».».
Annalisa Cuzzocrea e Giovanna Vitale su Repubblica raccontano come Conte sia uscito da un lungo silenzio e provi a fare argine comune con Letta, sul coprifuoco e non solo.
«Non poteva più restare immobile, Giuseppe Conte. Continuare a lavorare in silenzio alla riorganizzazione dei 5 stelle, ignorando il dibattito su riaperture e piano di ripresa che da giorni infiamma il Paese. Pena, la progressiva scomparsa dalla scena politica, preludio a un rapido oblio. Specie alla luce del protagonismo di Enrico Letta, ormai diventato il principale antagonista di Matteo Salvini in funzione di argine a difesa del governo Draghi. (…) Così ieri Conte ha scritto un lungo post in cui ricorda la difficoltà di governare in tempo di Covid. E dice: «È intollerabile in piena pandemia fingere di essere all'opposizione per cavalcare il malcontento dei cittadini e al tempo stesso assestarsi comodamente al vertice di ministeri importanti e sedersi tra i banchi della maggioranza per lucrare vantaggi, per appuntarsi medaglie e piantare bandierine». Sotto, i commenti - dello stesso tono - di molti parlamentari M5S, tra cui l'ex ministra della Scuola Lucia Azzolina. Una sorta di corrente contiana che comincia a farsi vedere. I contatti dell'avvocato del popolo con Enrico Letta sono costanti. Giovedì saranno insieme a un'iniziativa pubblica organizzata da Goffredo Bettini, tra i consiglieri più ascoltati dall'ex premier M5S. Al centro dei colloqui, oltre alla partita delle amministrative che però stenta a decollare, la comune strategia per affrontare insieme - Pd e Movimento - la difficile sfida del governo d'unità nazionale. Con l'esigenza, da una parte, di difendere e portare avanti alcune delle riforme a suo tempo avviate dai giallorossi, dall'altra di impedire alla controffesiva leghista di prendere il sopravvento sulle scelte dell'attuale esecutivo. Sul cui sostegno, il segretario dem l'avrebbe detto chiaro a Conte, non possono esserci timidezze né dubbi. Un'unità d'intenti che tuttavia, sul fronte delle prossime comunali, non ha fin qui prodotto i risultati sperati. In particolare a Roma, dove l'ipotesi di una candidatura di Nicola Zingaretti sembra allontanarsi ogni giorno di più».
L’INCHIESTA SU CIRO GRILLO
Beppe Grillo avrebbe ingaggiato un professionista per indagare sulla ragazza vittima del presunto stupro di gruppo, di cui è accusato anche suo figlio Ciro. Lo scrivono Paolo Berizzi e Giuseppe Filetto su Repubblica:
«Beppe Grillo avrebbe chiesto "indagini conoscitive" su Silvia, la 19enne studentessa italo-svedese appassionata di kite surf che ha denunciato di essere stata violentata, la notte del 17 luglio 2019, a Porto Cervo, da Ciro Grillo, figlio del leader M5S e dai suoi tre amici e compagni di vacanza. Inoltre, il Guru ha incaricato un medico legale di fare una perizia sulla ragazza. La notizia - per come si sta sviluppando, anche mediaticamente, la vicenda del presunto stupro subito dalla ragazza - rischia di avere l'effetto di un secchio di benzina su un fuoco già acceso. Inevitabile dopo il video choc con cui il gran capo Cinquestelle ha difeso il figlio e i suoi amici dall'accusa di avere abusato sessualmente di Silvia. Ed ora lo è ancora di più con il mandato a un professionista, l'outsider Marco Salvi, noto per essersi occupato del serial killer Donato Bilancia e dell'omicidio di Carlo Giuliani durante il G8. A Salvi, attraverso i filmati e le foto, il compito di definire quanto Silvia quella notte fosse ubriaca o capace di intendere e di volere. Inoltre, c'è l'intento di ricostruire la personalità ed i comportamenti di quella che appare sin qui la vittima di una brutta storia iniziata male e finita peggio. Una vicenda che rischia di aprire un nuovo scontro, con riverberi anche politici. Mentre la Procura di Tempio Pausania sta decidendo se chiedere il rinvio a giudizio per Ciro, Francesco Corsiglia, Edoardo Capitta e Vittorio Lauria - o solo per qualcuno di loro - la seconda notizia arriva dal fronte dei legali che difendono i quattro ragazzi genovesi. Dietro un'immagine apparentemente granitica – con gli avvocati che ufficialmente si allineano sullo stesso asse -inizierebbero ad aprirsi in realtà le prime crepe».
Per Il Fatto è importante, perché alleggerirebbe la posizione del figlio di Grillo, la testimonianza di uno dei quattro giovani.
«Uno dei quattro ragazzi si sfila dall'accusa di stupro di gruppo: "Ho avuto un rapporto consenziente con S.J., eravamo solo io e lei, poi mi sono addormentato. Di ciò che è successo dopo io non so niente". È quanto ha raccontato ai magistrati Francesco Corsiglia, indagato per la presunta violenta sessuale di gruppo insieme agli amici Ciro Grillo, Vittorio Lauria ed Edoardo Capitta, avvenuta secondo la vittima nell'appartamento di famiglia del figlio del fondatore del M5s a Porto Cervo. La sua è una testimonianza è particolarmente importante, perché, se fosse dimostrata, potrebbe cambiare parecchio la ricostruzione della vicenda fatta fino a oggi dalla Procura di Tempio Pausania. Corsiglia, dopo essersi iscritto all'università, è attualmente in Spagna con il programma Erasmus. Come gli altri ragazzi, rigetta completamente la contestazione di aver abusato della studentessa di Milano, conosciuta quella notte alla discoteca Billionaire insieme all'amica R.M.. La parte forse più rilevante di questo resoconto - confermato l'ultima volta due settimane fa davanti ai Pm - è però un'altra: il dettaglio sull'ora in cui avrebbe preso sonno collocherebbe Corsiglia fuori dal rapporto sessuale di gruppo, circostanza da cui il giovane prende completamente le distanze».
SUD SUDAN, PESANTE INTIMIDAZIONE AL VESCOVO
Attentato in Sud Sudan ad un Vescovo cattolico italiano, già nominato da papa Francesco, alla vigilia della sua ordinazione, fissata per Pentecoste. La cronaca dell’Avvenire da Dakar:
«Picchiato e gambizzato. Padre Christian Carlassare, vicentino di 43 anni, vescovo eletto, comboniano di Rumbek, in Sud Sudan, è stato vittima, ieri, di un attacco feroce. Non volevano ucciderlo: hanno colpito alle gambe. Ma hanno colpito pesante. Un messaggio intimidatorio in piena regola. Arrivato a poche settimane dalla sua ordinazione, il 23 maggio, giorno di Pentecoste. Un avvertimento preoccupante in un Paese che non riesce a ritrovare pace. «Trenta minuti dopo mezzanotte abbiamo sentito degli spari - ha raccontato Rebecca Tosi, volontaria dell'organizzazione umanitaria Cuamm -. Siamo volati giù dal letto e abbiamo capito che erano indirizzati a padre Christian». Secondo le prime ricostruzioni, un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione nella camera del religioso sparando alla porta. Dopo averlo picchiato, diversi proiettili di fucile gli hanno perforato i polpacci. Gli spari gli hanno causato una fuoriuscita di sangue. Non ci sono fratture, ma la muscolatura ha subito lesioni. Gli assalitori hanno sparato alle gambe anche di un altro religioso locale, senza riuscire a colpirlo, e poi hanno aggredito una suora. Il tutto è durato qualche minuto. «Abbiamo subito portato padre Christian all'ospedale di Rumbek, quindi siamo riusciti a farlo volare verso la capitale sud sudanese, Juba - ha spiegato uno dei sacerdoti comboniani in loco -. A breve arriverà a Nairobi, per altre cure». Le autorità sud sudanesi hanno lanciato una caccia all'uomo. «Condanno nella maniera più assoluta questo attentato alla vita del religioso - ha riferito William Kocji Kerjok, ministro della Comunicazione in Sud Sudan -. Per ora abbiamo arrestato 24 sospetti». Appena si è sentito meglio, padre Christian ha telefonato alla famiglia e alla casa italiana dei Comboniani. «Pregate non tanto per me ma per la gente di Rumbek - ha detto il vescovo eletto -. La popolazione locale soffre più di me». «Perdono chi mi ha sparato - ha concluso padre Christian -, dal profondo del cuore». «Christian ha perdonato i suoi aggressori ma da madre e soprattutto da italiana mi chiedo: chi ha fornito loro le armi?», ha sottolineato la madre del religioso. Il Sud Sudan ha conquistato l'indipendenza dal Sudan nel 2011 dopo un conflitto iniziato negli anni Cinquanta. Nel 2013 sono scoppiate nuovamente le violenze tra le popolazioni delle due principali etnie: dinka e nuer. Tra il presidente Salva Kiir, un dinka, e il suo vice Riek Machar, un nuer, c'è ancora un'intensa rivalità. La pace è stata firmata a febbraio dell'anno scorso ma le tensioni rimangono alte. Rumbek, la prima capitale del Sud Sudan, abitata in maggioranza dai dinka, è stata una delle località più devastate dai conflitti civili sud sudanesi».
LA BLANDA RITORSIONE DI PUTIN
Alla fine Mosca reagisce all’espulsione dei due agenti russi da Roma, obbligando ad allontanare un nostro addetto militare dell’Ambasciata, che stava comunque per rientrare in Italia. Risposta blanda del Cremlino, alla spy story della nostra Capitale. Semmai la notizia è la reazione, dura, della Farnesina. Iacopo Iacoboni su La Stampa:
«In altre stagioni politiche anche recenti, l'Italia avrebbe sicuramente considerato la cosa una specie di pari e patta («tit for tat», occhio per occhio), abbastanza scontato nelle vicende di controspionaggio. Stavolta, e va sottolineato, la Farnesina ha scelto un'altra strada, reagendo con un comunicato che non dà l'idea di un appeasement: «Consideriamo la decisione infondata e ingiusta perché in ritorsione a una legittima misura presa dalle Autorità italiane a difesa della propria sicurezza». Al ministero degli Esteri c'era irritazione. L'aria, sottolineano fonti diplomatiche a La Stampa, è cambiata durante il governo Draghi, soprattutto verso le autocrazie, Cina, Russia, Turchia in primis. Il premier ha insistito sul tema anche nelle celebrazioni del 25 aprile, rendendole non rituali: nonostante le difficili ripercussioni della frase su Erdogan dittatore (la Farnesina sta tuttora mediando con Ankara), l'altro ieri Draghi ha continuato a tenere il punto, «vediamo crescere il fascino perverso di autocrati e persecutori delle libertà civili». Draghi parla al plurale, ed è chiarissimo a quali autocrati si riferisca. In questo scenario, nel dossier-Russia del nostro ministero degli Esteri si inserisce la sostituzione, a fine mese, dell'ambasciatore Terracciano a Mosca. Terracciano è in scadenza e l'avvicendamento era previsto, certo poche figure di diplomatici occidentali sono state così amate al Cremlino. In questi mesi era stato l'ambasciatore italiano a mettere in contatto, sul vaccino Sputnik, il Fondo russo di Kirill Dmitriev e alcune realtà italiane, la Regione Campania o l'Istituto Spallanzani. A fine gennaio i giornali italiani avevano riferito che l'ambasciatore si era vaccinato lui stesso con Sputnik, spiegando che «collaborare è importante». Parole usate come una clava dalla propaganda russa. Al suo posto, all'ambasciata italiana a Mosca a Villa Berg - dove negli anni Venti, negli uffici del Comintern, aveva lavorato anche Antonio Gramsci - dovrebbe arrivare, da Tokyo, Giorgio Starace, un profilo europeista e atlantista».
LA NOTTE (SOBRIA) DEGLI OSCAR
Mentre in Italia si riaprono i cinema (Nanni Moretti viene immortalato in una foto di Repubblica mentre fa entrare il pubblico al Sacher), si è celebrata la notte degli Oscar più sobria della storia di Hollywood. Il film premiato racconta la storia, poetica, di un nomadismo contemporaneo provocato dalla crisi economica in Usa. Una specie di Furore, Steinbeck, datato 2020. Unico apporto italiano al film la musica di Ludovico Einaudi, scelta dalla regista cinese. Pausini e il costumista di Pinocchio sono rimasti invece senza premi. Paolo Mereghetti sul Corriere:
«Ha vinto Nomadland eha perso l'Italia, ma ha perso un po' anche il cinema. La 93ª edizione degli Academy Awards sarà ricordata per lo spostamento delle date, per i limiti imposti alla mondanità e alle presenze in sala ma soprattutto per la «mestizia» che ha soffocato la serata e che Frances McDormand, ritirando il premio per la miglior attrice, ha come sintetizzato in un discorso di rara stringatezza (il più corto della cerimonia), dove non ha nemmeno chiamato «Oscar» la statuetta vinta ma sbrigativamente «questa qui». (…) Nomadland si aggiudica tre premi, due troppo generosi e uno inattaccabile. Racconta la storia di Fern che dopo essere rimasta vedova decide di vivere su un camper e inizia a girare per gli States, incontrando chi come lei ha scelto di abbandonare tutto per vivere solo con il minimo indispensabile, libero però da vincoli e obblighi. Ma è curioso che la ragione più vera della simpatia che il film sa ispirare e che è alla base del suo successo - la scelta di chi rifiuta i simboli dell'American way of life, a cominciare dal successo e dalla ricchezza - non le sia stata riconosciuta dall'Academy: il film ha vinto per il miglior film, per la regia a Chloé Zhao (diciamolo: niente più che scolastica), per l'attrice protagonista (Frances McDormand, gigantesca) ma non per quello che poteva essere più giustificato, per la sceneggiatura non originale, il vero grimaldello che è stato capace di aprire e conquistare il cuore del pubblico».
Per chi vuole, ci vediamo dalle 16.50 su 10alle5 Quotidiana https://www.10alle5quotidiano.info/ per gli aggiornamenti della sera.