Trump contro Putin
La svolta di Washington: missili subito a Kiev via Nato. Dazi al 100 per cento alla Russia fra 50 giorni. Pizzaballa nel villaggio in Cisgiordania. La Ue tratta sui dazi i mercati credono nell'accordo
È arrivata l’ennesima ora fatale. Dunque, Donald Trump è un falco contro Mosca? Sicuramente Washington ha cambiato posizione sulle armi da fornire all’Ucraina. Fino a poco tempo fa il presidente Usa criticava l’invio di armi, soprattutto offensive, a Kiev. Ora invece ha annunciato solennemente, dopo aver convocato alla Casa Bianca il segretario generale Mark Rutte: «Forniremo armi alla Nato in grandi quantità. Le consegneranno a Kiev e pagheranno loro al 100%». Sulle nuove sanzioni e sulle misure da prendere se Vladimir Putin non accetterà la tregua, per questa volta l’ultimatum del presidente Usa è dilazionato nel tempo. La Federazione russa dovrà pagare il 100 per cento di dazi, ma fra 50 giorni. Quasi due mesi. Ha detto su questo punto The Donald: «Siamo molto scontenti della Russia. Ne discuteremo forse un altro giorno e imporremo dazi molto pesanti se non abbiamo un accordo in 50 giorni, dazi del 100%, potete chiamarli dazi secondari, sapete che cosa significa». L’espressione è solitamente usata per parlare di dazi che colpirebbero i partner commerciali di Mosca.
La svolta annunciata più volte è perciò questa: sul breve periodo impegna la Nato. Mentre rinvia a settembre lo scontro più duro. Le reazioni da Mosca sono beffarde. Scrive Marco Imarisio sul Corriere che grossi dubbi sulle sanzioni secondarie arrivano anche da parte di un osservatore neutro come Alexey Kalmykov, commentatore economico per il servizio russo della Bbc: «Se Trump si riferisce alla Cina come principale partner commerciale della Russia, la sua carta è già stata battuta da tempo. Trump ci ha già provato, ma Pechino ha risposto duramente, facendogli passare la voglia. La sua è una minaccia insignificante». Volodymyr Zelensky ha comunque telefonato a Trump per ringraziarlo.
La guerra di Gaza. In Palestina è accaduto un fatto notevole (vedi Foto del Giorno). Il Patriarca dei latini di Gerusalemme, il cardinal Pierbattista Pizzaballa e il Patriarca ortodosso Teophilus III hanno portato un messaggio all’antica comunità cristiana in Cisgiordania di Taybeh, duramente colpita dai coloni nelle ultime settimane. In una dichiarazione congiunta hanno detto: «Denunciamo l’occupazione illegittima delle terre, l’intimidazione criminale che i coloni infliggono alla nostra comunità. Chiediamo l’aiuto della comunità internazionale perché Taybeh e i villaggi circostanti siano protetti. Non siamo stranieri, non siamo un’ombra che passa e scompare». Il parroco, Bashar Fawadleh, ha aperto con drammatica solennità la visita portata dai patriarchi e dai capi delle Chiese di Gerusalemme a Taybeh, l’ultimo villaggio interamente cristiano di Palestina. Qui martedì scorso i coloni israeliani hanno incendiato la vegetazione che arrampicandosi su una massicciata porta al cimitero e alle rovine dell’antica chiesa di al-Khader, uno dei luoghi religiosi più importanti di tutta la Terra Santa. Ne scrive Avvenire. Sul Manifesto una volontaria italiana, Francesca Bettini, commenta l’ultima strage, ammessa dall’esercito israeliano come “errore tecnico”: «È un dolore lacerante. La maggior parte delle persone in fila sono sempre bambini. Li si manda a prendere il cibo nei punti di distribuzione. Li conosciamo ormai uno a uno, dai video e dalle testimonianze che ci inviano i volontari sul posto. Come si può commentare un bombardamento su dei bambini in fila per l’acqua?». La distribuzione al momento è ferma.
Intanto prosegue la guerra commerciale di Trump con l’Europa. L’Unione Europea, con Ursula von der Leyen, sta cercando di capire che cosa fare a proposito dei dazi minacciati da Trump, che dovrebbero scattare, qui l’ultimatum è più vicino, già tra quindici giorni. La Francia è critica sulla linea scelta da Bruxelles ma i governi di Germania ed Italia approvano la prudenza e il sangue freddo della Commissaria. Le Borse soprattutto credono che sia ancora possibile una marcia indietro del presidente Usa, un ripensamento. Il nostro ministro degli Esteri Antonio Tajani volerà a Washington per colloqui.
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