Trump, il predestinato
Dopo l'attentato si sente protetto dall'alto. Oggi inizia la Convention, telefonata con Biden. Ci sono Due Americhe e Due Mondi che si odiano. Mieli: meglio Donald del caos. Ma vogliamo questa guerra?
Il giorno dopo l’attentato a Donald Trump, l’America e il mondo sembrano sospesi in una situazione surreale. Nonostante ciò che dicano i sondaggisti, la questione aperta non è più tanto quella della Casa Bianca. Il ritorno del tycoon alla presidenza pare infatti assicurato. Come ha scritto con lungimiranza qualche tempo fa sul Foglio Marco Bardazzi questa campagna elettorale è tutta a favore di Trump. Non a caso quei millimetri che lo hanno salvato dalla morte sono ora presentati dallo stesso Trump come un segno divino di favore, “mistico” scrive Paolo Mastrolilli su Repubblica, il “miracolato”. Gli antichi avrebbero parlato di fato. Nel mondo razionalistico di oggi, dominato però da oroscopi e sciamani, si ricorre ad una forma religiosa fondamentalistica. E tuttavia la realtà porta con sé una preoccupazione maggiore della propaganda vittimistica, e insieme trionfalistica, trumpiana, che terrà banco nei giorni della Convention repubblicana che comincia oggi a Milwaukee.
L’angoscia sul futuro riguarda la possibilità di svelenire il clima da guerra civile interno agli stessi Stati Uniti. “Ci sono due Americhe”, dice oggi Lucio Caracciolo alla Stampa, che si fronteggiano, si odiano, si vorrebbero eliminare reciprocamente. Se è democrazia, è una “democrazia manichea”, come è stato detto, che non contempla la legittimazione dell’avversario. E il mondo di oggi, quello della “guerra mondiale a pezzi” si specchia in questa America divisa, non più plurale (quella del motto “E pluribus unum”). È il mondo della nuova Guerra Fredda: dei missili Nato puntati contro Mosca, della Cina vista come il vero nemico da abbattere. Della Francia che coalizza il Fronte repubblicano per impedire a Marine Le Pen di arrivare al governo. È la Terra dei Nemici, che rinuncia alla politica e al compromesso.
Oggi Paolo Mieli scrive sul Corriere della Sera che è meglio l’elezione di Donald Trump del caos. Pur sottolineando che sarebbe meglio fosse eletto Joe Biden. È un ragionamento che si inscrive in questo drammatico scenario. E tuttavia andrà pur detto che non ci si può rassegnare alla follia dello scontro Occidente contro Sud del mondo, così come è giusto continuare a sperare in una democrazia compiuta. Non arrendersi al manicheismo dei social e della finta democrazia digitale. Scrive Enzo Bianchi su Repubblica: “Non permettiamo ai nostri governanti di farci scivolare in una guerra che non vogliamo”.
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