Trump, promessa di pace
"Fermerò le guerre" dice nel discorso della vittoria Donald Trump, rieletto alla Casa Bianca con 72 milioni di voti. Tutti i commenti e le analisi. La disfatta dei dem. Le reazioni dal mondo e da Roma
Anche oggi, fatalmente, questa Versione è dedicata in grandissima parte alle elezioni americane. A questo punto lo sapete tutti: Donald Trump torna alla Casa Bianca sull’onda di un consenso molto ampio in termini assoluto di voti popolari. I repubblicani con lui conquistano anche la maggioranza della Camera e del Senato. Il che significa che questa seconda volta Trump avrà uno spazio di manovra e di azione ancora maggiore al suo primo periodo di presidenza. Anch’io avevo creduto ai sondaggi che nelle diverse versioni davano la gara ridotta ad un testa a testa fra i due candidati. O qualcosa non va nelle tecniche di rilevazione oppure anche qui (come in altri aspetti della nostra democrazia) sono saltati i comportamenti classici. Dei cittadini intervistati e anche dei sondaggisti, schierati e non obiettivi.
Una cosa a noi non americani era però chiarissima da mesi: la presidenza di Joe Biden è stata disastrosa. Sicuramente nel mondo e dopo il suo ritiro è stata platealmente anche fallimentare negli Stati Uniti. La stampa Usa pro-democratici e i nostri giornali, quasi tutti schierati pregiudizialmente a favore degli alleati americani, in questo tempo di guerra e di crisi in Europa, hanno impedito di vedere la realtà con obiettività. Di constatare che gli americani erano profondamente scontenti e angosciati dalle scelte di Biden. Il grande scrittore Colum McCann, che pure era schierato per i democratici, ha raccontato qualche giorno fa alla Stampa di una discussione con un suo fornitore. “L'altro giorno è venuto a dirmi: Trump non ha mai cominciato una guerra…”. Lo avrebbe votato perché non voleva più guerre. E ieri è stata la prima cosa che ha detto nel comizio di autocelebrazione il futuro presidente: “Lavorerò per far finire le guerre”. Non c’è da illudersi nel merito, ma la maggioranza dei cittadini americani gli ha creduto.
Il cambio in corsa disperato di Kamala Harris non è bastato ai democratici. E non solo per la scarsa capacità di leadership della candidata. La cultura della sinistra democratica americana non ha oggi un pensiero, non ha un intellettuale, non ha retroterra ideale. Bastava leggere le critiche di Noam Chomsky e di Jeffrey Sachs in questi mesi. Ieri Bernie Sanders ha scritto su X: “Non dovrebbe sorprendere che un Partito Democratico che ha abbandonato la classe operaia si accorga che la classe operaia lo ha abbandonato. Mentre la leadership democratica difende lo status quo, il popolo americano è arrabbiato e vuole un cambiamento”. Oggi sul Fatto Sachs commenta: “L’Amministrazione Biden-Harris (come quella di Obama prima) non ha realizzato miglioramenti economici ed è stata schiacciata da guerre infinite che il popolo non sostiene e che prosciugano risorse del bilancio”.
Nei contenuti, grazie ai neo-con che hanno conquistato la leadership dell’amministrazione, Biden ha attuato una politica guerrafondaia, anti-migranti, a favore dei dazi, ingigantendo la Nato e il G7 contro il Sud del mondo. La sinistra Usa ha snobbato non solo la classe operaia ma anche il movimento per la pace e la difesa della Terra. In politica economica e sociale ha ignorato l’assistenza sanitaria. L’unica cultura democratica si è ridotta a quella woke, gli unici intellettuali organici alla sinistra sono stati i divi di Hollywood (lo scrive Fulvia Caprara sulla Stampa). Sempre oggi con chiarezza Federico Rampini sul Corriere spiega il dramma dei dem.
Dall’altra parte della barricata l’impresentabile Donald Trump ha saputo attraversare i quattro anni di deserto e di cause giudiziarie, senza perdere la leadership ma trovando facce nuove. E argomenti convincenti: primo fra tutti il costo della vita salito vertiginosamente. Le tre persone citate sempre ieri nel discorso di Palm Beach hanno avuto ed avranno un peso notevole nel futuro: Elon Musk, Robert Kennedy jr. e il nuovo vicepresidente J.D. Vance. A proposito di quest’ultimo, per chi non l’avesse ancora visto, molto si può capire del voto americano di ieri guardando il film a lui dedicato Elegia americana. Interessante, al proposito, l’analisi di Stefano Graziosi sulla Verità.
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