Usa-Iran su Cecilia
Gli Usa accusano gli iraniani per l'arresto della nostra inviata. Timori per la fermezza di Trump. Oggi l'imputazione. Ferrara pro, Feltri contro. A Gaza quinto neonato morto di freddo. Morto Carter
Oggi dovremmo conoscere le imputazioni per cui la giornalista italiana Cecilia Sala è stata arrestata ed è detenuta nel famigerato carcere di Evin a Teheran. Passaggio importante anche per arrivare ad una eventuale trattativa. La notizia di ieri è stata però la presa di posizione americana, che purtroppo ha confermato il sospetto peggiore: che l’inviata italiana sia ostaggio di un tentativo di scambio con un ingegnere iraniano arrestato in Italia su richiesta degli Stati Uniti. Gli Usa hanno infatti condannato l’arresto di Cecilia Sala, utilizzata dall’Iran come «leva politica». E sono tornati a chiedere con forza l’estradizione dell’iraniano arrestato a Milano. Preoccupa, e non poco, anche l’atteggiamento di Donald Trump, da sempre molto anti-iraniano, che confermerebbe sul punto la fermezza dell’amministrazione Biden, contraria ad ogni scambio.
La Farnesina ha comunque fatto sapere che ci sono aperture dalle autorità iraniane, sensibilizzate dall’Italia sulla condizione di detenzione della giornalista. Di lei oggi scrive Giuliano Ferrara (Cecilia Sala è collaboratrice del Foglio), scrivendo fra l’altro: “Il suo modo di registrare la realtà che vede e documenta ha il crisma dell’affinità e della sensibilità prima che quello dell’opposizione e dell’ideologia. Non che faccia sconti nella propria percezione del bene e del male, come sa chi ha letto quel che ha scritto e ascoltato quel che aveva da dire dall’Ucraina all’Iran, ma è e si sente parte del mondo che origina il suo sguardo professionale e personale, vita donna e libertà sono parole che la assimilano alle cose viste oltre ogni confine, in un tutto unico”. Molto critico e per certi versi irricevibile (non lo trovate nel pdf di oggi) il commento di Vittorio Feltri sul Giornale. Realistico e pessimista come sempre l’articolo di Domenico Quirico (a suo tempo sequestrato dai jihadisti) che ci tiene a sottolineare: i giornalisti non sono eroi, fanno il loro mestiere.
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