Ustica, strage francese (e Nato)
Giuliano Amato rivela: ad abbattere il Dc 9 nel 1980 fu un missile francese. Meloni cauta. Viaggio del Papa in Mongolia in nome della pace. A Cernobbio si invoca la tregua. Pnrr, si tratta
Giuliano Amato, più di quarant’anni dopo quella sera tersa nel cielo di Ustica, quando morirono 81 persone fra passeggeri ed equipaggio del Dc9 dell’Itavia, dà ieri una lunga intervista a Simonetta Fiori di Repubblica per rivelare che secondo lui l’aereo di linea italiano fu abbattuto da un missile sparato dai francesi, nel tentativo di uccidere il colonello libico Muammar Gheddafi. Fin dal 1981, si era sospettato che fosse andata proprio così e il giornalista Andrea Purgatori aveva scritto tanti articoli (ne ripubblica oggi uno il Manifesto) in cui puntualmente smontava la versione ufficiale della Nato o della Francia, facendo ben capire che cosa in realtà era davvero successo. Certo, Amato è un servitore dello Stato al massimo livello. Già presidente del Consiglio e della Corte Costituzionale, nel 1983 approdò a Palazzo Chigi come sottosegretario alla Presidenza nel governo Craxi. Le sue affermazioni sono pesanti. È comprensibile che la premier Giorgia Meloni abbia reagito con prudenza di fronte all’intervista. A quel che dice Amato, le verità su Ustica implicherebbero le relazioni italiane con la Nato e la Francia. Verità che avrebbero conseguenze soprattutto sulle relazioni di oggi. Nella storia politica italiana c’è un passaggio mai fino in fondo chiarito ed è proprio quello della caccia e della soppressione di Gheddafi. Lo ricordano bene, da fronti politico editoriali contrapposti, oggi i commenti di Alberto Negri sul Manifesto e di Maurizio Belpietro sulla Verità, che identificano proprio nella fine di Gheddafi un ulteriore passaggio di sudditanza della sovranità italiana ai grandi poteri internazionali. Vedremo come le istituzioni, a cominciare dal Quirinale, sapranno reagire alle rivelazioni di Giuliano Amato.
Papa Francesco sta facendo in Mongolia un viaggio straordinario: non solo perché è andato in un Paese lontanissimo con un piccolo gregge di cattolici, rispetto al resto della popolazione. Ma perché il suo viaggio è centrato sulla pace e sulle relazioni fra popoli. La “pax mongola” è additata come esempio di convivenza e di fratellanza, anche in presenza di fedi diverse. Bellissimo il momento (vedi Foto del Giorno) in cui papa Francesco benedice la statua della Madonna “salvata” da un’anziana mongola che l’ha trovata in una discarica. Qui il link per leggere tutti i discorsi e vedere foto e video del viaggio dal sito del Vaticano:
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