“Vittoria islamica”
Caduto Assad, in esilio a Mosca. Al Jolani tiene il discorso della vittoria in moschea. Choc nel mondo per il governo islamico. Bombe Usa sull'Isis, invasione israeliana nel Golan. Trump ottimista
Sui giornali di oggi (che ieri non riportavano ancora della caduta di Assad) spicca un ossimoro, degno del linguaggio politico di altri tempi. I liberatori della Siria vengono presentati dai nostri giornali come jihadisti moderati. È il modo con cui l’Occidente sta metabolizzando lo choc. Uno choc senza precedenti: un governo islamico a Damasco (e non solo a Kabul) è un fatto enorme. Certo, il presidente Usa Joe Biden gioisce della caduta del regime di Bashar Assad, e lo si capisce bene nel clima di nuova Guerra Fredda. Il feroce regime della famiglia Assad è stato per 50 anni fedele alleato di Mosca ed infatti è lì che l’ultimo dittatore si è rifugiato in esilio. Le preoccupazioni del mondo però riguardano le vere intenzioni di Abu Mohammad al-Jolani, ex al Qaida, a capo del movimento Hayat Tahrir al-Sham, sulla cui testa prende ancora una taglia degli Stati Uniti da 10 milioni di dollari. Jolani ha da giorni prodotto un’offensiva mediatica parlando con Cnn e New York Times. Ed è dalle sue affermazioni che nasce l’idea degli islamisti moderati, «nazionalisti». Senza, dunque, quell’aspirazione universale del Califfato che vuole sottomettere tutti all’Islam. A parole il nuovo Comandante ha promesso di parlare coi governi occidentali e persino coi Vescovi (ma poi l’incontro è stato rimandato).
Nei fatti ieri simbolicamente il capo dei ribelli arrivato al potere ha pronunciato il suo discorso a Damasco, in moschea (vedi Foto del Giorno). E non in una moschea qualsiasi, ma nell’antica moschea degli Omayaddi, la prima dinastia di califfi. Soprattutto ha parlato di “vittoria islamica” che ha un significato per tutta la “Nazione islamica”. Dunque, rimarrà davvero nell’orizzonte nazionale? Israele non si fida, teme il Califfato e intanto muove il suo esercito alla conquista del Golan, invadendo la Siria per la prima volta dal 1973. Gli Usa non si fidano e intanto bombardano le roccaforti dell’Isis, che potrebbe rimettere fuori la testa.
Scrive Gianluca Di Feo su Repubblica: “Il jihadista della terza generazione ha le idee chiare su come pacificare la Siria. Il suo fondamentalismo moderato, accompagnato dal buongoverno, è comunque rivoluzionario e fa più paura ai governi arabi che non i tagliagole dell’Isis: può diventare un esempio concreto per i salafiti egiziani, giordani, iracheni e sauditi, perché offre un’alternativa vincente al settarismo armato”. Scrive Federico Rampini sul Corriere, che lo mette in relazione con il nuovo vento trumpista: “In Afghanistan gli americani combatterono più a lungo che nelle due Guerre mondiali e in quella del Vietnam messe assieme. La nuova generazione di repubblicani è figlia di quella disillusione; d’altra parte nel partito democratico pochi ancora credono di esportare democrazia e diritti umani attraverso interventi militari. La realpolitik verso i jihadisti siriani è anche una manifestazione di questa nuova America”.
Domenico Quirico sulla Stampa come al solito è il più scettico. Non crede per nulla nella novità di al Jolani: “Gli islamisti non sono gli eredi delle rivoluzioni laiche, sono i figli perfetti della dittatura che hanno rovesciato, ne hanno assorbito violenza e intolleranza come dottrina unica. La loro forza è nel fanatismo dottrinario. Altrimenti come avrebbero resistito negli anni duri di Idlib quando una epoca favorevole di disattenzioni globali sembrava un miracolo improbabile?”.
È sempre importante per capire il Medio Oriente capire che cosa dicono i cristiani. Domenico Agasso sulla Stampa intervista padre Firas Lutfi, frate minore della Custodia di Terra Santa, parroco e guardiano dei Francescani a Damasco. Dei ribelli che avrebbero assicurato rispetto ai vescovi dice: «Hanno promesso di incontrare presto le autorità religiose allo scopo di rassicurare chi è preoccupato e presentare il loro programma per salvare la Siria dal baratro in cui è caduta». Alla domanda su che cosa dovrebbero fare le potenze internazionali, risponde: «Se questi gruppi sono riusciti a rovesciare Assad, è evidente che sono stati sostenuti da forze regionali e internazionali. Ora, però, è fondamentale che la comunità internazionale continui a impegnarsi con determinazione, supervisionando il nuovo progetto politico per garantire un futuro inclusivo per tutti. Occorre evitare che un’ideologia estremista e radicale islamica prenda il posto del regime esclusivista degli Assad. La Siria ha bisogno di tornare a essere un Paese accogliente dove regna la legge e non l’appartenenza etnica o religiosa».
Se volete continuare a leggere, potete iscrivervi subito e SE NON SIETE GIÀ ABBONATI, cliccate su questo pulsante verde: