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Zelensky europeo

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Oggi il presidente ucraino interviene al Consiglio europeo e alla vigilia ammette che è dura riconquistare Crimea e Donbass. Siria, i curdi assediati a Kobane. Meloni attacca tutti. Cognetti depresso

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Alessandro Banfi
dic 19, 2024
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Zelensky europeo
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Volodymyr Zelensky oggi interviene al Consiglio europeo e i leader dei Ventisette ribadiranno il loro appoggio a Kiev «per tutto il tempo necessario e con l’intensità necessaria» perché «la Russia non deve prevalere». Il messaggio dei leader UE (in prima fila il francese Macron, vedi Foto del Giorno) è apparentemente rivolto a Kiev ma il vero interlocutore è il presidente Donald Trump, che non perde occasione per chiedere il negoziato e il cessate il fuoco. L’offensiva diplomatica del presidente ucraino arriva poi all’indomani dell’attentato di Mosca, che è nella linea di portare la guerra in Russia. È vero: in un’intervista al quotidiano Le Parisien Zelensky ha ammesso di non avere le forze per riconquistare il Donbass e la Crimea e ha detto: «Se noi non abbiamo oggi la forza di riprendere tutti i nostri territori allora l’Occidente può trovare la forza di far sedere Putin al tavolo e affrontare questa guerra per via diplomatica». Ma non si tratta di una resa, come qualcuno in Italia scrive stamane. Anche perché nella stessa intervista il leader ucraino ricorda che è la Costituzione di Kiev ad impedire qualsiasi cedimento o trattativa.

Semmai va registrato un passaggio importante: dal “piano per la vittoria” a quello per una pace giusta e duratura. Per alcuni leader europei, e forse per la nuova amministrazione Usa, il modello potrebbe essere quello delle due Ucraine. Nel senso di una divisione del Paese in due aree di influenza: una europea-occidentale, l’altra russa. La prima custodita da forze militari di interposizione fornite dai Paesi europei o addirittura dalla Nato. Vedremo.

Anche sul futuro della Siria, pesa l’ipotesi di una spartizione in diverse sfere d’influenza. Non solo perché il nuovo regime jihadista ha aperto ufficialmente sia alle conquiste territoriali israeliani sul monte Hermon che alle basi militari russe. Oggi sul Corriere parla la leader Amina Omar, ai vertici del Rojava, il Nord Est del Paese governato dai curdi. Dice da una Kobane assediata: «Abbiamo festeggiato come tutti i siriani. Però non abbiamo avuto tempo di essere felici. I combattimenti sono finiti ovunque tranne che da noi. Le milizie filo-turche ci hanno attaccato e, al momento, la loro avanzata ci preoccupa molto».

Avvenire ha raggiunto il priore di Mar Musa, oasi di spiritualità fondata da padre Paolo Dall’Oglio, Jihad Youssef. Che dice fra l’altro: «Ho fede in Dio e nei siriani. Non è stato Hts a far crollare la dittatura. Le ha dato solo il colpo finale. Bashar al-Assad era già crollato nel cuore del suo popolo tanto tempo fa. Sono sorpreso da quanto i siriani siano rimasti vitali dopo tanta sofferenza. È questa vitalità a darmi speranza».

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