La vittoria è una sconfitta. Perché la maggioranza degli elettori, una maggioranza molto larga in Lombardia, schiacciante a Roma, non ha votato. E dunque, ad essere realisti, la stra-prevista e prevedibile affermazione del centro destra, con l’elezione di Francesco Rocca nel Lazio e la rielezione del presidente uscente Attilio Fontana in Lombardia, è un sorpasso in discesa verso l’inferno del non voto. La nostra democrazia è su un piano inclinato e scivola lentamente nella sfiducia più totale dei suoi elettori, in una progressiva gara al ribasso. Al netto della scontata prevalenza del centro destra, che ha il governo del Paese, e non ha avuto avversari, ieri come già alle Politiche, la riflessione deve riguardare la partecipazione democratica. Se in politica ci fosse l’indice della fiducia dei cittadini, come c’è degli imprenditori in economia, avremmo la certificazione di una crisi profonda. Leader e partiti dovrebbero fare un esame di coscienza e chiedersi perché la cittadinanza non abbia più alcuna speranza nelle loro proposte. È un discorso che riguarda tutti (compresi i “vincitori” della Lega, ora secondi in Lombardia, e di Forza Italia che è ormai un partito intorno al 7 % nelle due principali regioni italiane), con la sola eccezione di Giorgia Meloni e dei Fratelli d’Italia, che pure dovranno meritarsi la nuova popolarità raggiunta. I numeri hanno una loro cruda eloquenza. Fosse stata una riunione di condominio o di un Consiglio d’amministrazione, non sarebbero elezioni valide per mancanza del numero legale. È anche vero che fiducia e speranza, in questo momento nel mondo, scarseggiano davvero ad ogni livello.
Quando noi boomer italiani eravamo ragazzi ci sembrava impossibile che in un Paese andasse a votare alle elezioni solo il 30 per cento degli aventi diritto e si rideva di atteggiamenti simili negli Stati Uniti o in Inghilterra. Oggi il modello americano (davvero più maturo?) ha prevalso persino in materia elettorale. Siamo stati colonizzati anche su questo e così siamo diventati più moderni e più depressi. Le statistiche dicono che la gente del 2023 è più sola, non si sposa e ha meno figli. In economia i consumi galoppano sull’oggi, ma in pochi, privati e aziende, rischiano sul domani. Una volta la domanda post elettorale era: moriremo democristiani? Oggi forse è: moriremo meloniani? Alternative non se ne vedono.
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